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Storia di Pistoia - Wikipedia

Storia di Pistoia

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Voce principale: Pistoia.

Indice

[modifica] Fondazione, età romana

Pistoia fu fondata nel nel II secolo a.C. per appoggiare le truppe romane in lotta contro i Liguri. Divenne subito un oppidum di Roma. La città è menzionata anche da Sallustio, che riporta la battaglia del 62 d.C. in cui perse la vita Catilina

[modifica] Epoca ostrogota, bizantina, longobarda

Pistoia fu distrutta dagli Ostrogoti nel 406 d.C. Dopo la ricostruzione fu assoggettata al potere bizantino, per poi conoscere un momento di grandezza sotto il dominio longobardo nell'VIII secolo; il periodo longobardo ha lasciato un'importante impronta nell'urbanistica della città, infatti ancora oggi troviamo molti edifici ella stessa centrale piazza della sala che hanno origini in quei secoli di splendore.

[modifica] Età comunale

Nel 1105 Pistoia diventa un comune autonomo e subito fece notare la sua impronta filo-imperiale e poi ghibellina. Suo è il documento più antico in Italia dell'età comunale; del 1117, lo "statuto dei consoli" racconta dei primi 5 consoli della città: Bonetto, Placito, Diotisalvi, Gerardo e Guido e della nascita del comune. Nel 1158 subentra la carica del podestà che risiedeva nel palazzo del tribunale. Il podestà a Pistoia, diversamente dalla realtà italiana e da come accede nella città obbligatoriamente dal 1219, fu scelto non tra i personaggi delle altre città ma era proprio pistoiese. Questo fu dovuto alla grande credibilità che la città ebbe nei confronti di Federico Barbarossa che nel 1165, nel periodo della "dieta di Roncaglia" (Federico voleva scegliere i funzionari alla guida dei comuni), le conferì il titolo di "Imperio fidelissima": cioè un diploma che l'imperatore lasciava alle città da lui ritenute esempio di fedeltà per tutto l'impero. In questi anni di protezione sotto Federico stesso la città visse un momento di vera crescita infatti nel 1150 Pistoia sconfigge Firenze impossessandosi della rocca-castello di Carmignano. Nel 1180, quando Federico è troppo impegnato a sedare i tentativi di rivolta dei futuri comuni del settentrione italiano, Pistoia si scontra per motivi di frontiera con la vicina guelfa città di Montecatini che con l'appoggio di Lucca riesce a avere la meglio e a stabilizzare il confine sul crinale naturale rappresentato dalla cittadina di Serravalle cioè dal fiume Nievole; e così i confini cittadini nel 1180 sono a est Serravalle con Lucca, a ovest Montemurlo con Firenze, a sud il fiume Arno sempre con Firenze e a nord il crinale della collina pistoiese con Bologna.

Il XII secolo fu caratterizzato da un'economia vivace e da una rapida espansione edilizia e fu il secolo medievale di massima espansione della città. In questo periodo fu eretta la seconda cinta muraria dovuta all'incremento demografico. Essa quadruplicò il territorio cittadino rispetto al tracciato preesistente, che risale al VII-VIII secolo e di cui rimangono ancora alcune vestigia nel centro urbano. Si pensi che nel 1200 nella sola città di Pistoia esistevano 20 banchi di cambiavalute, cioè punti dove si poteva cambiare il denaro, e questo ricorda l'importanza commerciale che fu di Pistoia. In questo periodo arrivavano mercanti da tutta Europa ma la maggior parte erano provenienti dalla grandi fiere delle fiandre. L'ultima espansione cittadina si ha nel 1219-1220 con un guerra vinta contro Bologna che fece conquistare a Pistoia Treppio, Torni e Pavana, ancora oggi gli attuali confini tra le due provincie. Nel 1228 si arrestò la serie positiva di Pistoia con una sconfitta con Firenze che, come fece Montecatini anni prima per vincere, si alleò con Lucca. Pesanti furono per la città le condizione destinate agli sconfitti: fu obbligata a comunicare ogni decisione cittadina a Firenze e a non difendere Carmignano. Nel frattempo l'incremento demografico non si arrestò e secondo il "liber focorum" (libro dei fuochi, cioè nuclei familiari) nel 1244 il castrum, cioè i territori fuori le mura, aveva una popolazione di 34 000 abitanti mentre solo all'interno della città ne risiedevano 11 000 circa. Tornando agli avvenimenti storici nel 1237 a Pistoia viene instaurata una breve signoria da Agolante Tedici che era il rappresentante della "pars populi" (del popolo) cittadina per il decennio tra il 1230 e il 1240. La cosa non fu gradita da Firenze che stroncò il tutto sul nascere e creò un nuovo attrito tra le città che si placò, solo apparentemente, nel 1254 con la "pace di Empoli". Realmente questa pace non servì a niente e nel 1257 si ha un'ulteriore scontro tra le due perenni nemiche, che finì ancor peggio del precedente con l'umiliazione di Pistoia del vedersi distrutte parte delle mura[1]. Nel 1260 si riebbe una rivincita dei ghibellini in Toscana con la battaglia di Montaperti dove le truppe di Siena, Pistoia e di Manfredi di Svevia sconfissero i guelfi cacciandoli da Firenze. Ma solo nel 1266 morì Manfredi nella battaglia di Benevento che oltre a ridare vigore ai guelfi decretò la fine simbolica del partito ghibellino italiano. Gli anni successivi del XIII secolo decretarono un declino Pistoiese anche se non si interruppero le molte attività e si ritornò ai normali problemi di amministrazione cittadina con il podestà e la neo-figura del capitano del popolo, nato per difendere i diritti dei ceti più bassi da i sempre più potenti nobil uomini che spadroneggiavano in città. Così nel 1280 furono approvate le "leggi contro le schiatte", cioè contro queste caste nobiliari che effettivamente avevano il controllo cittadino. Per esempio nelle storie pistoresi dell'"anonimo" si scrive che la famiglia Cancellieri aveva 18 cavalieri "a speroni d'oro" (di miglior livello) che svillaneggiavano per il centro urbano.

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«[...] e avea quella schiatta in quel tempo diciotto cavalieri a speroni d'oro, ed erano sì grandi e di tanta potenza che tutti li altri grandi soprastavano e batteano; [...]. Molto villaneggiavano ogni persona, e molte sozze e rigide cose faceano...»

Fu proprio all'interno di questa famiglia, come racconta il cronista Giovanni Villani, che nacque la differenza tra guelfi bianchi e neri che poi si espanse a Firenze[2]. Nel 1294 viene eletto podestà Giano della Bella, il fautore nel 1293 degli "ordinamenti di giustizia" a Firenze; come prima volontà fu subito intenzionato a ridurre i privilegi delle classi magnatizie che a Pistoia erano rappresentati dalla famiglia Cancellieri, Lazzari, Pancianti, Ricciardi, Rossi, Sigimburdi, Taviani e Tedìci. Nell'adempiere alla sua intenzione si schierò contro l'allora vescovo Tommaso che lo scomunicò e mise fine al suo breve periodo di potere a Pistoia. Dal 1296 al 1301 Firenze avanza le sue pretese di scegliere i podestà e nel 1296 modifica persino lo "statuto del podestà" cittadino introducendo fra l'altro la figura del "gonfalone di giustizia", figura già introdotta nella "città del giglio" da lo stesso Giano, incaricato della difesa del popolo disponendo anche di un piccolo corpo di sicurezza.

Il XIV secolo fu segnato anch'esso da numerose guerre in cui, dopo alterne vicende, Pistoia finì per soccombere ed essere definitivamente assoggettata a Firenze.

Nel maggio del 1301 il capitano del popolo Andrea Gherardini appartenente alla fazione dei guelfi bianchi, conduce un'azione repressiva contro i guelfi neri. Fu una fulminea vittoria che darà lui il soprannome di "scacciaguelfi" e che farà del comune città di riferimento per i guelfi bianchi e per i ghibellini di tutta la Toscana. Sempre nel 1301 inizia la celebre "guerra dei 5 anni" dove la sola Pistoia fronteggerà i guelfi neri da essa appena esiliati, Firenze, Lucca, Siena, Prato, S. Gimignano, Colle di Val d'Elsa e altri borghi tutti sotto la guida del futuro re di Napoli Roberto I d'Angiò allora duca di Calabria. La città venne universalmente descritta valorosa e inespugnabile bellicamente[3]e così solo lentamente si arrese: nel 1302 perse Piteglio, Serravalle e Larciano; nel 1303 Montale e Verruca. Nel maggio 1305 iniziò l'assedio della città dove i pistoiesi, sicuri delle loro mura invalicabili, capitanati da Tolosao degli Uberti, cugino di Farinata, resistettero per 11 mesi per poi aprire le porte nel 1306, spinti dala fame, a Morello Malaspina (chiamato da Dante "vapor di Val di Magra" nel XXIV canto dell'inferno) signore di Lunigiana e comandante di Lucca. Per questa sconfitta fu privata di ogni difesa: le vengono riempiti i fossati e demolite integralmente le mura, e deve accettare durissime condizioni da sconfitta. Sull'accettare o meno le condizioni le famiglie nobili pistoiesi, come faranno nel 1322 sul discutere di una tregua con Lucca, si divideranno fino a farsi guerra.

Nel 1314 si ha l'opposto risultato militare da parte di un ghibellino: Uguccione della Faggiucola conquista Pisa e Lucca nel medesimo anno e non accontentandosi nel dicembre tentò l'assalto a Pistoia accampandosi a Montecatini e conquistando nel 1315 Serravalle[4]. Sempre nel 1315 Uguccione con l'ausilio di Castruccio Castracani e Cangrande della Scala sconfiggono le truppe guelfe di Firenze, Lucca e Napoli. In seguito a questa sconfitta Firenze allentò il controllo su Pistoia. Nel 1316 Castruccio divenne signore di Lucca, carica che ricoprirà fino alla sua morte nel 1328. Nel 1319 muore Vanni Lazzari: colui che con Ormanno Tedici aveva svolto l'opera di plagio popolare per la tregua con Lucca. Infatti in quell'anno Castruccio dopo l'esser stato nominato "capo dei ghibellini pistoiesi" aveva tormentato i confini razziando i contadini e i pastori che arrivarono persino a pagare un pizzo purché evitasse di vandaleggiare sui loro averi, come accade oggi nei regimi mafiosi. Le famiglie cittadine che erano state unite durante l'assedio quindi tornano a litigarsi sul se rimanere fedeli a Lucca, come volevano i Ricciardi e i Tedici o no, come era intenzione dei Cancellieri e dei Taviani[3]. Questa da prendersi, anche se può sembrare una notizia di poca rilevanza storica, ebbe un'importanza enorme nella storia della città. Alla fine si optò per l'accettare la tregua. Questo sia secondo l'"Anonimo"[1], sia secondo il Fioravanti[4] e il Cherubini[5] fu il risultato della persuasione dell'abate di Badia a Pacciana (monastero benedettino del VIII secoloG. Beani - La Chiesa pistoiese dalla sua origine ai tempi nostri. Ormanno Tedici che convinse il popolo della necessità della tregua solo per ottenere il potere sulla città ma secondo documenti emersi la tregua era un sentim,ento popolare, per lo più contadino, di rivalsa che portò non pochi benefici. La tregua fu accettata da Castruccio che accolse gli ambasciatori mandati a trattare. Nel 1320 comunque intervenne Firenze con Guglione dell'Uliva che sorprendentemente vinse Castruccio alla badia di S. Baronto. Tornado alla tregua il patto era un impegno a non attaccare la città in cambio di 3.000/4.000 fiorni d'oro annui; una somma non ingente per la città e considerando i benefici che portò come una ripresa dell'economia agricola. Nello stesso anno il vescovo Ermanno Anastagi venne deposto dal neo-Papa Giovanni XXII con l'accusa, fondata, di propendere per la fazione ghibellina e guelfa bianca[1]. Nel 1321 Anastagi muore a Pisa dove era fuggito dai pistoiesi che lo inseguirono. Sulla sua morte si parla di un sospetto di avvelenamento da parte di un membro della famiglia Lazzari come riporterebbe ironicamente l'ArferuoliP. Arferuoli - Historia delle cose più notabili in Toscana ed altri luoghi et in particolare in Pistoia..

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«[...] sopraffatto dall'estremo o pure dal veleno preso in una pesca cavata fuori da Lazzari...»
(P. Arferuoli)

Fatto sta che nella città si aprì una contesa per la successione vescovile ed è da ricordare un documento del 21 agosto 1321 quando l'abate Ormanno Tedici e altri scrissero una lettera al re di Napoli Roberto I d'Angiò per raccomandarsi la candidatura di Rustichello de Lazzari. Nel 1322, come risultato della tregua, l'abate Ormanno Tedici divenne signore di Pistoia e iniziò la sua politica filo-popolare cacciando le famiglie nobili filo-fiorentine dei Taviani e dei Lazzari. Il suo governo non fu dispotico e infatti lasciò in vigore gli ordinamenti comunali precedenti e personalmente non volle neppure abitare nel palazzo del comune. Il punto importante della signoria fu il riuscire a mantenere indipendente la città nonostante le pressioni di Firenze e Lucca. Per fare ciò si avvalse di chiamare l'aiuto di una in scontro alle pressioini dell'altra e viceversa. Così quando Firenze voleva riprendere il controllo su Carmignao chiese laiuto di Lucca e quando Lucca volevano conquistare la zona montana della Lima chiese aiuto a Firenze. La signoria di Ormanno vennè però interrotta dalla presa di potere del nipote Filippo Tedici con l'appoggio di alcuni cavalieri e del podestà.


I dissidi interni non si esaurirono e Pistoia vide nel XV secolo continue lotte tra le famiglie rivali dei Panciatichi e dei Cancellieri.

[modifica] Rinascimento e età pre-risorgimentale

Nel XVI secolo la città entrò a far parte del ducato mediceo. Risale a quest'epoca la terza cinta muraria, ancora esistente, voluta da Cosimo de' Medici. Nel XVII e XVIII secolo Pistoia godette di scarsa importanza politica. È da rimarcare l'ascesa al soglio pontificio di Giulio Rospigliosi, con il nome di Clemente IX, nel 1667. Altro momento importante nella storia non solo pistoiese del XVIII secolo fu l'ordinazione a vescovo di Scipione de' Ricci nel 1780. Egli era di pensiero giansenista, e in questo fu di sostegno alle rivendicazioni del granduca Pietro Leopoldo di Lorena, anche tramite il Sinodo di Pistoia che indisse.

[modifica] Ottocento e novecento

A partire dalla metà del XIX secolo la città riprese ad espandersi al di fuori delle mura. Nel 1927 Pistoia fu elevata al rango di capoluogo di provincia da Benito Mussolini. Nel 1944, esattamente l'8 settembre, Pistoia venne definitivamente liberata dall'occupazione nazi-fascista. Il maggior merito fu dovuto, non già all'arrivo degli alleati (Sudafricani e Brasiliani arrivarono in città dopo qualche giorno rispetto alla effettiva liberazione), ai partigiani locali tra i quali si distinse Silvano Fedi, guida delle cosiddette "Squadre Franche" che, diversamente dai più attivi gruppi partigiani, operavano in zone molto vicine alla città e spesso addirittura in città (celebri e ricordate dal racconto del vice comandante della formazione Capecchi Enzo le incirsioni alla ex questura di via Palestro, alla Fortezza ed alle carceri di Collegigliato). Fedi muore a luglio (insieme a Marcello Capecchi), a pocchissimi mesi dalla liberazione e la sua opera, fino al raggiungomento dell'agognato obliettivo, viene proseguita da Enzo Capecchi, suo vice, da Artese Benesperi e dagli altri partigiani della formazione.

[modifica] Note

  1. 1,0 1,1 1,2
  2. Giovanni Villani - Cronica.
  3. 3,0 3,1 "anonimo"- Storie pistoresi
  4. 4,0 4,1 J. Maria Fioravanti - Memorie storiche della città di Pistoia.
  5. G. Cherubini - Apogeo e declino del libero comune in Storia di Pistoia volume II.


[modifica] Bibliografia

  • Paolo Paolieri - Un abate al potere - Editrice C.R.T., 2002, ISBN 888817236.

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