Cosimo I de' Medici
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Cosimo I de' Medici (12 giugno 1519 - 21 aprile 1574), fu duca di Firenze e, in seguito, il primo granduca di Toscana. Governò dal 1537 al 1574, attraverso gli anni di decadenza del Rinascimento.
Indice |
[modifica] La vita
[modifica] La conquista del potere

Figlio del condottiero Giovanni dalle Bande Nere e di Maria Salviati, Cosimo salì al potere nel 1537, a soli 17 anni, dopo l'assassinio del duca di Firenze Alessandro de' Medici. Il delitto fu ordito da Lorenzino de' Medici, lontano cugino del duca Alessandro che, tuttavia, non seppe cogliere l'occasione di sostituirsi al proprio parente e finì col fuggire da Firenze. Nessuna delle famiglie più importanti sembrava essere in grado di prendere il posto dei Medici; niente pareva opporsi alla fagocitazione nell'Imperio di Carlo V o, eventualmente alla restaurazione della repubblica quando Cosimo, allora pressoché sconosciuto, apparve in città, seguito da pochi servi. Egli veniva dal Mugello dove era cresciuto dopo la morte del padre e riuscì a farsi nominare duca nonostante appartenesse ad un ramo secondario della famiglia. Infatti, vista la sua giovane età ed il suo contegno modesto, molti personaggi influenti della Firenze del tempo speravano di avere a che fare con un giovane debole, svagato, attratto solamente dalla caccia e dalle donne; una persona facile da influenzare. Cosimo venne, quindi, nominato capo del governo con la clausula che il potere sarebbe stato esercitato dal consiglio dei Quarantotto. Ma Cosimo aveva interamente ereditato lo spirito battagliero ed, all'occorrenza, crudele della nonna Caterina Sforza.
Infatti, appena investito del potere e dopo aver ottenuto un decreto che escludeva il ramo di Lorenzino da qualsiasi diritto di successione, esautorò i consiglieri ed assunse l'assoluta autorità. Restaurò il potere dei Medici in modo così saldo che da quel momento governarono Firenze e la Toscana fino alla fine della dinastia, avvenuta con la morte senza eredi dell'ultimo granduca Medici, Gian Gastone, nel 1737. Ma la struttura di governo creata da Cosimo durò, ereditata dai nuovi granduchi Lorena, imparentati con gli Asburgo e perciò vicini all´Impero Austriaco, fino alla proclamazione del Regno d'Italia.
La tirannia di Cosimo fece scegliere a molti importanti cittadini l'esilio volontario. Essi radunarono le loro forze col supporto della Francia e degli stati vicini di Firenze per rovesciare il governo fiorentino. Alla fine del luglio 1537 marciarono in Toscana sotto la guida di Piero Strozzi.
Quando Cosimo seppe che si stavano avvicinando, inviò le sue migliori truppe, guidate da Alessandro Vitelli, a scontrarsi con i nemici. Lo scontro avvenne nei pressi della rocca di Montemurlo il 1 agosto 1537 e, dopo aver sconfitto l'armata degli esuli, il Vitelli assaltò il castello, dove lo Strozzi ed i suoi compari si erano rifugiati. L'assedio durò solamente poche ore e terminò con la caduta degli assediati, dando a Cosimo la sua prima vittoria militare.
In realtà, la fortuna giocò un grosso ruolo in questa vittoria: le truppe sconfitte non erano che una piccola avanguardia dell'esercito nemico, ma tutti i principali capi della rivolta ne facevano parte e furono catturati. Solamente lo Strozzi, rimasto sulle montagne con il grosso dell'esercito, si salvò. Ma non appena venne informato della disfatta, decise di battere in ritirata.
I capi della rivolta furono dapprima imprigionati e poi decapitati nel palazzo del Bargello. Filippo Strozzi, padre di Piero, che era invece riuscito a fuggire, fu trovato morto con accanto una spada sporca di sangue ed un biglietto in cui citava Virgilio: probabilmente anch'egli fu ucciso. Per tutta la vita Cosimo agì crudelmente contro chi cercava di opporsi ai suoi piani. Bisogna però ricordare che il suo dispotismo si rivolgeva in massima parte non contro il popolo, ma contro i nobili ed i ricchi borghesi fiorentini che cercavano di mettere in discussione il suo potere.
Dopo i fatti di Montemurlo, Cosimo si rivolse all'imperatore Carlo V per offrirgli i suoi servigi contro i francesi. In cambio ottenne un diploma imperiale che conferiva a lui l'autorità del duca Alessandro.
[modifica] Matrimonio
Inizialmente Cosimo cercò di sposare Margherita, figlia dell'imperatore e vedova del duca Alessandro. Ma non ottenne che un secco rifiuto e la pretesa che alla vedova fosse versata una cospicua parte del patrimonio dei Medici. Abbandondato questo progetto, sposò, nel 1539, Eleonora di Toledo (1519-1562), figlia di Don Pedro Alvarez de Toledo, marchese di Villafranca e viceré spagnolo di Napoli. Si incontrarono per la prima volta nella villa di Poggio a Caiano e si sposarono con grandi fasti nella chiesa di San Lorenzo: lui aveva 20 anni e lei 17. Grazie a questo matrimonio Cosimo entrò in possesso delle enormi ricchezze della moglie e si garantì l'amicizia politica del viceré di Napoli, uno dei più fidati luogotenenti dell'imperatore. Il Bronzino eseguì molti ritratti di Eleonora, il più famoso dei quali è conservato agli Uffizi.
Assieme a Cosimo Eleonora ebbe undici figli, assicurando così in teoria la successione e la possibilità di combinare matrimoni con altre importanti case regnanti, anche se l'unico che sopravvisse in maniera duratura fu Ferdinando I. Eleonora morì nel 1562 all'età di soli quarant'anni, assieme ai suoi figli Giovanni e Garzia. I tre furono uccisi dalla malaria, contratta durante un viaggio verso Pisa, dove volevano curarsi dalla tubercolosi, malattia dovuta all'insalubre situazione cittadina, per sfuggire al quale proprio Eleonora aveva comprato la residenza di Palazzo Pitti in Oltrarno.
[modifica] I primi anni di governo
Già dal 1537, iniziò l'inarrestabile ascesa autoritaria di Cosimo I. A partire dal 1543, dopo avere riscattato le ultime fortezze ancora in mano all'Imperatore, Cosimo I, secondo un disegno sistematico commisurato alle particolari condizioni dello Stato Toscano esposto ai frequenti passaggi di truppe e, minacciato di dentro dal banditismo e dai fuoriusciti fiorentini, avviò una sorprendente attività edilizio-militare:
- Intraprese la realizzazione di nuovi presidi costruendo fortezze a Siena, ad Arezzo, a Sansepolcro e a Pistoia;
- Rafforzò le difese di origine medioevale a Pisa, a Volterra e a Castrocaro, in Romagna, a pochi chilometri da Forlì;
- Fece erigere una nuova cinta muraria a Fivizzano a sbarramento dei passi appennici della Cisa e del Cerreto;
- Fece fortificare San Piero a Sieve, Empoli, Cortona e Montecarlo ai confini della Repubblica di Lucca;
- Fece costruire ex-novo la città-fortezza di Portoferraio (Cosmopoli) nell'Isola d'Elba e piazze d’armi quali Sasso di Simone nel Montefeltro e Terra del Sole (Elipoli), tra la vecchia fortezza di Castrocaro, destinata ad essere abbandonata, e Forlì, quindi ai confini con lo Stato della Chiesa.
Come indica il nome, Terra del Sole doveva costituire non un semplice luogo fortificato ma addirittura un piccolo esperimento di città ideale. La breve distanza da Forlì (meno di 10 km) indica, da un lato, la forte penetrazione del potere di Firenze in Romagna (la cosiddetta "Romagna Toscana"); dall'altro, costituiva un abisso incolmabile perché il capoluogo romagnolo non cadde mai in potere dei fiorentini e segna, quindi, l'estremo limite della loro espansione.
Altra priorità di Cosimo fu la ricerca di una posizione di maggior indipendenza rispetto alle forze europee. Egli abbandonò la tradizionale posizione di Firenze, di norma alleata con i francesi, per operare dalla parte dell'imperatore Carlo V. I ripetuti aiuti finanziari che Cosimo garantì all'impero gli valsero il ritiro delle guarnigioni imperiali da Firenze e Pisa ed una sempre maggior indipendenza politica.
Il timore di nuovi attentati alla sua persona lo spinsero a crearsi una piccola legione di guardia del corpo personale, composta da svizzeri. Nel 1548 a Venezia Cosimo riuscì a far uccidere Lorenzino de' Medici per mano di Giovanni Francesco Lottini che assoldò due sicari volterrani. Per anni lo aveva fatto inseguire per tutta Europa e con la sua morte tramontava ogni possibile pretesa dinastica contro di lui sul comando della Toscana. L'anno successivo mediò uno scontro tra Siena e l'impero facendo accettare l'indipendenza della città in cambio della presenza di una guarnigione spagnola al suo interno.
Preferì non intraprendere la conquista di Lucca, fermato dal timore che i lucchesi, gelosi della loro indipendenza, si sarebbero trasferiti altrove con i loro capitali rovinando il commercio della città (come del resto era avvenuto in precedenza con la conquista di Pisa). Andarono a vuoto, invece, i suoi tentativi per ottenere Pontremoli e la Corsica che, pur di sottrarsi dal dominio genovese, avrebbe accettato l'unione con la Toscana, con la quale aveva, se non altro, vincoli culturali e linguistici più profondi.
Sapendo di non essere granché amato dai fiorentini, egli li tenne fuori dall'esercito, quindi disarmati, e arruolò quindi solo dalle altre dei suoi domìni.
[modifica] La conquista di Siena
Nel 1552 Siena si ribellò contro l'impero, scacciò la guarnigione spagnola e fece occupare la città dai francesi. Nel 1553 una spedizione militare, inviata dal viceré di Napoli Don Pedro, aveva tentato di riconquistare la città ma, complice anche la morte dello stesso viceré, l'impresa era stata un fallimento. Nel 1554 Cosimo ottenne il supporto dell'imperatore per muover guerra contro Siena utilizzando il proprio esercito. Dopo alcune battaglie nelle campange tra le due città e la sconfitta dei senesi a Marciano, Siena fu assediata dai fiorentini. Il 17 aprile 1555, passati molti mesi di assedio, la città, stremata, cadde: la popolazione senese era diminuita da 40.000 a 6.000 abitanti.
Siena rimase sotto protezione imperiale fino al 1557, quando l'imperatore Filippo II la cedette a Cosimo, tenendo per sé i territori di Orbetello, Porto Ercole, Talamone, Monte Argentario e Porto Santo Stefano, che andarono a formare lo Stato dei Presidi. Nel 1559, in seguito alla pace di Cateau Cambrésis Cosimo ottenne anche Montalcino, ultimo presidio dei senesi sotto protezione francese.
[modifica] L'organizzazione dello stato
Sebbene Cosimo esercitasse il potere in modo dispotico, sotto la sua ammistrazione la Toscana fu uno stato al passo coi tempi. Esautorò da ogni carica, anche formale, la maggior parte delle importanti famiglie fiorentine, non fidandosi dei loro componenti. Scelse piuttosto funzionari di umili origini. Divise giuridicamente ed amministrativamente il suo territorio tra "Stato vecchio" (Firenze ed i suoi territori) e "Stato nuovo" (Siena), quindi tenendo le due zone sapientemente separate. Rinnovò l'amministrazione della giustizia, facendo emanare un nuovo codice criminale. Rese efficienti i magistrati e la polizia. Le sue carceri erano tra le più temute d'Italia.
Spostò la sua dimora da Palazzo Medici (oggi Palazzo Medici Riccardi) a Palazzo Vecchio, in modo che ogni fiorentino avesse ben chiaro che il potere era tutto nelle sue mani. Anni più tardi si trasferì a Palazzo Pitti.
Introdusse e finanziò la fabbricazione di arazzi. Costruì strade, opere di prosciugamento, porti. Dotò molte città toscane di fortilizi. Rafforzò l'esercito, istituì nel 1561 l'Ordine marinaresco di Santo Stefano e migliorò la flotta fiorentina, partecipando alla battaglia di Lepanto. Promosse le attività economiche, sia recuperando antiche lavorazioni (come l'estrazione dei marmi a Seravezza), sia di nuove. I continui aumenti delle tasse, seppur controbilanciati da un incremento dei commerci, posero il germe di uno scontento popolare che si acuirà sempre di più con i suoi successori. Nonostante le difficoltà economiche, fu molto prodigo come mecenate.
Proseguì, inoltre, gli studi di alchimia e di scienze esoteriche, la cui passione aveva ereditato dalla nonna Caterina Sforza.
Negli ultimi dieci anni del suo regno rinunciò alla conduzione degli affari interni dello stato in favore di suo figlio Francesco.
[modifica] Granduca
Cosimo si adoperò per ricevere un titolo regale che lo affrancasse dalla condizione di semplice feudatario dell'imperatore e che gli desse quindi maggior indipendenza politica. Non trovando alcun appoggio da parte imperiale si rivolse al Papato. Già con Paolo IV aveva cercato di ottenere il titolo di re o arciduca, ma invano. Finalmente, Nel 1569, dopo molti favori e maneggi più o meno legittimi da parte di Cosimo, Pio V emanò una bolla che lo creava granduca di Toscana. Nel gennaio dell'anno successivo fu incoronato dal papa stesso a Roma. In realtà tale diritto sarebbe spettato all'imperatore e per questo Spagna e Austria si rifiutarono di riconoscere il nuovo titolo, mentre Francia ed Inghilterra lo ritennero fin da subito valido e col passare del tempo tutti gli stati europei finirono per riconoscerlo.
[modifica] Gli ultimi anni
La morte della moglie nel 1562 e di due dei suoi figli colpiti da malaria lo aveva profondamente segnato. Nel 1564 abdicò a favore del figlio Francesco, ritirandosi nella villa di Castello vicino a Firenze. Guardando anche il profilo umano, c'è da credere che la vita nelle sale ormai vuote di Palazzo Pitti, già occupate dall'amatissima moglie e dai numerosi figli che non gli erano sopravvissuti, lo deprimesse enormemente.
Dopo aver frequentato Eleonora degli Albizi, dalla quale ebbe due figli naturali, nel 1570 Cosimo prese in seconde nozze Camilla Martelli come moglie morganatica, che gli diede una figlia, poi legittimata e integrata nella successione. Purtroppo, il peggioramento del suo burrascoso carattere ed i continui scontri con i figli (Francesco aveva una visione dello Stato completamente diversa dal padre), a causa della nuova moglie, resero i suoi ultimi anni turbolenti. Morì il 21 aprile 1574, a cinquantacinque anni.
[modifica] Cosimo e l'arte
Tra le varie opere da lui compiute, si ricorda la creazione degli Uffizi, originariamente destinati agli uffici amministrativi dello Stato ed oggi uno dei più importanti musei del mondo. Realizzò la costruzione di Palazzo Pitti, che divenne la residenza ufficiale dei Medici; portò a compimento il meraviglioso giardino di Boboli, parco della residenza granducale. Collegò la sua nuova residenza con palazzo Vecchio attraverso il Corridoio vasariano. Finanziò molti artisti, tra i quali Giorgio Vasari, Agnolo Bronzino e Benvenuto Cellini. Intraprese, inoltre, ampie ricerche di artefatti etruschi a Chiusi, Arezzo ed in altre città, portando alla luce numerosi oggetti e statue.
Una grande statua equestre di Cosimo I, eseguita dal Giambologna, si trova ancora oggi in piazza della Signoria, a Firenze.
[modifica] Discendenza
La discendenza di Cosimo, sebbene numerosa, non fu certo toccata dalla fortuna, a causa della tubercolosi endemica a Firenze, che richiedeva spesso soggiorni nelle zone costiere, dove a loro volta esisteva in male peggiore della malaria. Morirono così sua moglie Eleonora e i figli Maria, Giovanni e Garzia; altri cinque morirono ancora in fasce; Francesco e Lucrezia morirono nel pieno della maturita, con forti sospetti di essere stati avvelenati (per Francesco questo è divenuto certezza solo nel 2006); Isabella venne strangolata dal marito; Pietro fu invece un uxoricida, oltre a protagonista di tante altre malefatte, che lasciò al mondo solo figli bastardi; Restano Don Giovanni e Virginia, nati però illegittimamente, anche se Virginia fu poi legittimata ma in età avanzata fu dichiarata affetta da pazzia. Ferdinado, appunto, resta l'unico a meritarsi una duratura e positiva memoria.
Img | Nome | Nascita | Morte | Età alla morte | Note |
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1537 | 1542 | 5 | Figlia naturale di madre ignota, soggetto di un famoso ritratto di Agnolo Bronzino |
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1540 | 1557 | 17 | Morì di malaria |
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1541 | 1587 | 46 | Sposò Giovanna d'Austria e, in seconde nozze, Bianca Cappello. Fu avvelenato con sua moglie probabilmente su commissione del fratello Ferdinando |
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1542 | 1576 | 34 | Morì soffocata dal marito, Paolo Giordano Orsini |
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1543 | 1562 | 19 | Cardinale, morì di malaria |
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1545 | 1561 | 16 | Sposò Alfonso d'Este, duca di Ferrara, esistono sospetti che sia stata avvelenata dal marito | |
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1546 | 1547 | quasi 1 | |
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1547 | 1562 | 15 | Morì di malaria |
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1548 | 1548 | 0 | |
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1549 | 1609 | 60 | Già cardinale, sposò Cristina di Lorena |
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1553 | 1553 | 0 | |
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1554 | 1604 | 50 | Sposò Dianora di Toledo e la uccise per adulterio; si risposò nel 1593 con Beatriz de Meneses | |
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1566 | 1566 | 0 | Nata da Eleonora degli Albizi, naturale |
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1567 | 1621 | 54 | Nato da Eleonora degli Albizi, naturale |
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1568 | 1615 | 47 | Da Camilla Martelli, sposò Cesare I d'Este, Duca di Modena e Reggio |
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