Gran Sasso
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Gran Sasso d'Italia | |
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![]() Il Corno Grande |
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Paese/i: | ![]() |
Regione/i: | Abruzzo |
Provincia/e: | L'Aquila Teramo Pescara |
Altezza: | (Corno Grande) 2912 m s.l.m. |
Catena: | Appennini |
Coordinate: | 42° 28' Nord; 13° 33' Est |
Nomi e significati: | Gran Sasso Monte Corno Fiscellus Mons |
Data prima ascensione: | 19 agosto 1573 |
Autore prima ascensione: | Francesco De Marchi Francesco Di Domenico |
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Il Gran Sasso (o Gran Sasso d'Italia) è il più alto massiccio montuoso degli Appennini; è contenuto interamente in Abruzzo al confine fra le province dell'Aquila, di Teramo e di Pescara.
Confina a nord con i territori di Pietracamela ed Isola del Gran Sasso d'Italia, ad est con le Gole di Popoli, a sud è limitato da Campo Imperatore (e – oltre i contrafforti del Monte della Scindarella, del Monte Portella e del Pizzo Cefalone – dalla piana di Assergi), mentre ad ovest-nord-ovest confina con i Monti della Laga ed il Lago di Campotosto.
Il Gran Sasso d'Italia è un'area tutelata con l'istituzione del Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga.
Indice |
[modifica] Descrizione
![Il Gran Sasso visto dal satellite. In giallo il Lazio](../../../upload/thumb/9/99/Gran_Sasso_satellite.jpg/300px-Gran_Sasso_satellite.jpg)
Dai suoi punti più distanti, ovvero il Passo delle Capannelle ad ovest e le Gole di Popoli a sud-est, il Gruppo del Gran Sasso misura circa 50 km.
Orientato da nord-ovest a sud-est, come la grande maggioranza dei gruppi appenninici e preappenninici, consta di due sottocatene principali parallele: la prima, più settentrionale, si estende dal Monte Corvo (m 2623; nord-ovest) al Vado di Sole (sud-est). La sottocatena meridionale si estende dal Passo delle Capannelle e dal Monte S. Franco (m 2132; nord-ovest) al Monte Capo di Serre (m 1771; sud-est). Al di là di questa zona centrale vi è un'ampia zona sud-orientale, chiamata dei "contrafforti meridionali". Questi sono caratterizzati da numerosi rilievi meno elevati: Monte Ruzza (m 1643), Monte Bolza (m 1904), Monte Camarda (m 1384), Monte Cappucciata (m 1802), Monte Picca (m 1405) e molti altri, fino alle Gole di Popoli.
Le cime maggiori si trovano nella sottocatena settentrionale: il Corno Grande, che consta di tre vette principali[1]: quella orientale (m 2903), la centrale (m 2893) e la maggiore, quella occidentale (m 2912), che è anche la vetta più alta di tutti gli Appennini; ed il Corno Piccolo (m 2655). Fra i due corni si trova il Ghiacciaio del Calderone, il più meridionale dei ghiacciai europei.
[modifica] Conformazione
Da un punto di vista geomorfologico, il Gran Sasso è un massiccio di origine sedimentaria costituito da dolomia, calcari, generalmente compatti, e marne.
Originatosi circa 6 milioni di anni fa (Miocene), nel contesto dell'emersione degli Appennini, subì successivamente fasi di spinta e compressione che generarono una serie di fratture e di abbassamenti (Val Maone, Valle del Venacquaro, Campo Pericoli, Campo Imperatore). Su queste, a partire da 600.000 (Günz) fino a circa 10.000 (Würm) anni fa, agirono le forze erosive delle glaciazioni.
Queste ultime hanno lasciato segni particolarmente evidenti, soprattutto sul versante settentrionale del gruppo: piccoli circhi glaciali caratteristici sono individuabili, ad esempio, nella zona del Monte S. Franco (valli dell'Inferno e del Paradiso), ma anche in prossimità del Monte Aquila e del Monte della Scindarella. I ghiacciai più grandi rappresentavano punti di convergenza naturali di questi circhi glaciali posti più in alto; ad esempio, il ghiacciaio che occupava Campo Pericoli si alimentava dai circhi posti a nord delle creste del Corno Grande, del Monte Aquila, del Monte Portella e del Pizzo Cefalone. In queste conche la neve si compattava e si trasformava in ghiaccio, che confluiva in Val Maone verso Pietracamela, dove sono visibili ancora oggi resti morenici risalenti alla glaciazione del Riss. Poiché le glaciazioni successive hanno cancellato i segni lasciati da quelle precedenti, e poiché la glaciazione del Riss è antecedente a quella del Würm, questa morena rissiana è una delle rare prove del fatto che le valli del Gran Sasso sono state occupate dai ghiacciai più e più volte nel corso del Neozoico.
L'altitudine, la composizione delle rocce, il tipo di erosione a cui è stato soggetto, fanno del Gran Sasso la montagna appenninica più simile a gruppi alpini dolomitici.
Il 22 agosto 2006 nella parete nord (il paretone) del Corno Grande si è verificata una frana di grandi dimensioni (da 20.000 a 30.000 m3 di roccia si sono distaccati dal quarto pilastro).
[modifica] Rilievi principali
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[modifica] L'uomo
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Per approfondire, vedi la voce Paleoantropologia. |
![Il Corno Grande visto da Campo Imperatore](../../../upload/shared/thumb/5/50/Gran_sasso_italia.jpg/300px-Gran_sasso_italia.jpg)
Il massiccio del Gran Sasso risulta popolato da almeno 100.000 anni prima di Cristo. Frammenti del femore di un uomo di Neandertal di circa 14 anni di età, vissuto 80.000 anni fa durante il Paleolitico, sono stati trovati nella zona di Calascio, in alcune anguste cavità rocciose, chiamate "Grottoni", a quota 670 m s.l.m. Si tratta dei resti del più antico Neandertal ritrovato in Abruzzo. Negli anfratti rocciosi c'erano anche schegge ossee di molti differenti animali, il che fa supporre che le specie cacciate fossero numerose: il lupo, il leopardo, il cavallo, la iena delle caverne, e financo i topi e le lucertole. Tra gli ungulati, prede privilegiate erano il cervo, il camoscio, il capriolo ed il bue ancestrale. Frammenti di carbone e scaglie di selce hanno consentito di ricostruire le abitudini di questi Neandertal; essi macellavano le prede nelle grotte e le consumavano crude o le arrostivano su fuochi di legno di ginepro e di abete; ricavavano le punte delle lance dalle rocce del Monte Scarafano e del Monte Bolza.
Reperti ritrovati a Campo Pericoli attestano che, in Età del bronzo, i cacciatori preistorici traversavano il territorio da Campo Imperatore a Campo Pericoli attraverso i valichi della Portella e della Sella dei Due Corni. In quest'epoca (XIII-XI secolo a.C.) vi era certamente un insediamento di cacciatori-raccoglitori nella zona di Rocca Calascio, come dimostrano resti di ceramiche rinvenuti in loco ed una punta di freccia, in bronzo, con due fori, considerata, ancora in anni recenti (2000), unica in Italia.
Scavi effettuati nella Grotta a Male[2], a 2 km da Assergi, confermano la permanenza stanziale dell'uomo in quest'area nall'Eneolitico e nell'Età del Ferro.
I numerosi passi che mettono in comunicazione il versante teramano con quello aquilano favorirono, fin dalla preistoria, un intenso scambio commerciale fra l'economia prevalentemente agricola del versante settentrionale e quella basata sulla pastorizia del versante meridionale. In epoca storica, vi sono testimonianze di un intenso sfruttamento di Campo Imperatore come pascolo. Dopo la ricompattazione del Sud Italia operata dai Normanni, in questa zona vennero aperti numerosi tratturi [3], cioè vie di tansito per la transumanza delle bestie, utilizzati dai pastori per condurre le mandrie ai pascoli del Tavoliere delle Puglie prima dell'arrivo dei rigidi mesi invernali.
Un altro, interessante, commercio che è stato presente nel territorio, e di cui si ha certezza che fosse già praticato nel XVI secolo, è lo sfruttamento della neve. Questa, ricavata da nevai presenti in quota, veniva stoccata in pozzi profondi anche 20 metri ed utilizzata d'estate per la produzione di sorbetti e per usi medicali. Il commercio della neve era regolamentato dai comuni, che stabilivano apposite tariffe per le concessioni demaniali, e che stilavano anche tabelle di valutazione del prodotto. La neve, principalmente, veniva distinta in "nera", il che significava che era stata raccolta nei dintorni dei paesi, quindi senza garanzia di purezza; e in "candida", denominazione che indicava la provenienza dalle zone di alta montagna.
Questo tipo di attività commerciale è perdurato fino agli inizi del Novecento.
[modifica] L'origine del nome
Chiamato dagli antichi Romani Fiscellus Mons (Monte Ombelico) per la sua posizione centrale nella penisola italiana (Catone, Plinio, Silio Italico), questo massiccio montuoso era denominato nel Medioevo Monte Corno, dizione che serviva ad indicare sia il Corno Grande sia – per estensione – l'intera catena.
Secondo il celebre geografo Roberto Almagià, la denominazione "Gran Sasso" è molto tarda e risalirebbe addirittura al Rinascimento. Per questo autore, il primo abbozzo del toponimo è da ricercarsi in un poemetto del 1636 scritto da Francesco Zucchi di Montereale, in cui si fa riferimento al massiccio come al «Sasso d'Italia».
Il primo documento in cui entrambe le denominazioni compaiono senza possibilità di equivoco è la "Carta topografica del Contado e della diocesi dell'Aquila" (seconda metà del XVIII secolo), nella frase: «Monte Corno overo Gran Sasso d'Italia».
A dare conferma alle parole dell'Almagià sembra essere la consuetudine delle popolazioni locali che, ancora oggi, nei paesi che circondano la montagna, fanno riferimento al massiccio utilizzando il toponimo "Monte Corno".
[modifica] Territorio e tradizioni
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Per approfondire, vedi la voce Storia dell'Abruzzo. |
Il Parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga interessa ben 44 comuni distribuiti in cinque province. L'area del massiccio vero e proprio, inclusa in quella - più estesa - dell'intero Parco, costituisce un territorio ricco di storia e di antiche tradizioni, legate non solo all'agricoltura e alla pastorizia, ma anche all'artigianato pregiato ed alla cultura enogastronomica.
In tutto l'Abruzzo, ed anche nel contiguo Molise, antichi culti pagani furono inglobati nei riti cristiani, dando origine ad usanze religiose pregne di echi dionisiaci e di allegorie con il mondo della natura. A Campotosto, paese sull'omonimo lago, si svolge ad esempio, nella penultima settimana di agosto, il rito in costume della "sposa poiana", caratterizzato da una complessa simbolizzazione riguardante il matrimonio. In questo stesso comune i risvolti soprannaturali del rapporto con la divinità si concretizzano nella chiesa di Santa Maria Apparente, che la tradizione vuole edificata per volere della Madonna, apparsa, secondo la leggenda, il 2 luglio 1604 ad una fanciulla del paese.
Capestrano, centro affacciato sulla Valle del Tirino, risale all'epoca preromana, ma si sviluppò intorno al XII secolo, arroccato al Castello dei Piccolomini. Suscitò scalpore il ritrovamento, nel settembre del 1934, del "Guerriero di Capestrano", una statua in pietra di eccezionale interesse, alta più di due metri, caratterizzata da un ampio elmo circolare, la cui datazione sembra collocabile intorno al VI secolo a.C.. Sul piedistallo della statua è incisa un'iscrizione, MA KUPRI KORAM OPSUT ANANIS RAKI NEVII, il cui significato non è, ancora oggi, chiarito. Il "Guerriero" è utilizzato, spesso, nell'iconografia della Regione Abruzzo.
Alla sinistra del fiume Tirino, vi è l'antica chiesa di S. Pietro ad Oratorium, fondata da Desiderio, l'ultimo re longobardo, nel 756 d.C. Murato nella facciata della chiesa è incastonato un quadrato magico (quadrato del Sator), recante un'iscrizione palindroma che può essere letta in qualunque direzione. L'iscrizione, incisa al rovescio, dice: "ROTAS OPERA TENET AREPO SATOR"; non si tratta di un semplice palindromo come "Anna" o "1991", poiché le parole sono disposte in una matrice che rende possibile la lettura per righe e per colonne in tutte le direzioni. L'enigma del quadrato del Sator non è stato ancora decifrato. |
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Castelli, in provincia di Teramo, è un comune rinomato, fin dall'età barocca, per le ceramiche. Le prime testimonianze di questa lavorazione artigiana nel comune risalgono al Duecento, ma è solo nel XVI secolo che il paese diventa famoso, presso le corti europee, come centro di produzione dei «vasellamenti nobili di candida terra» (fra' Serafino Razzi, 1575). Tipici del periodo settecentesco sono i grandi piatti e le zuppiere fiorate, mentre il "fioraccio" è un motivo decorativo più proprio dell'Ottocento.
[modifica] Tragedie
Come tutti i monti alti, complessi e molto frequentati, anche il Gran Sasso ha avuto la sua dose di tragedie. Sulle creste e sulle vie è facile imbattersi in lapidi commemorative.
Già il De Marchi riporta un drammatico episodio accaduto nel 1569 nei pressi del Passo della Portella: «L'anno mille cinquecento et sessanta nove, dicc'otto huomeni tornavano sù per la montagna, e così si staccò una palla di nieve et gli affogò tutti. Son sepulti a Sercio.» (Francesco De Marchi, Il Corno Monte, 1573)
Alcuni episodi, in particolare, restano impressi nelle cronache e nell'eco della memoria:
- la tragedia di Fonte Vetica (che si consumò, in realtà, alle falde del Monte Bolza), in cui morirono il pastore Pupo Nunzio di Roio ed i suoi due figlioletti;
- la tragedia del terribile inverno 1929, quando due alpinisti, Mario Cambi e Paolo Emilio Cichetti, rimasero intrappolati nel Rifugio Garibaldi a causa del maltempo e della enorme quantità di neve che cadde in quella stagione. I soccorsi partiti da Pietracamela non riuscirono in alcun modo a raggiungere i due. Solo dopo enormi sforzi, una squadra riuscì ad aprirsi la strada fino al Rifugio, dove trovò il diario degli ultimi giorni di sofferenze. Cichetti, alla fine, aveva tentato di tornare a Pietracamela, riuscendo a giungere a 3 km dal paese prima di morire. Il corpo di Mario Cambi fu trovato solo in aprile.
- Il 29 gennaio 1942 perse la vita la guida alpina e maestro di sci ampezzano Ignazio Dibona, nel corso di un salvataggio. Il Dibona era già riuscito a mettere in salvo tre suoi allievi, che erano stati investiti da una massa di neve, e si stava dirigendo alla volta di altri tre sciatori, che si trovavano a mal partito, quando fu travolto insieme a loro da una valanga.
Differenti riflessioni vengono suscitate dalle perdite umane ed ambientali causate da fenomeni di tutt'altra natura:
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- Un altro incidente causato dall'imperizia dell'uomo è avvenuto il 16 agosto 2002, quando 50 litri di trimetilbenzene sono fuoriusciti dai Laboratori Nazionali di fisica nucleare, inquinando un corso d'acqua nella zona di Casale S. Nicola, frazione di Isola del Gran Sasso d'Italia. Secondo un'inchiesta di Legambiente[5], un incidente analogo si era già verificato il 4 dicembre 2001. L'1,2,4-trimetilbenzene (o pseudocumene, C9H12) è una sostanza aromatica incolore, fortemente irritante e nociva per la salute; è particolarmente dannosa per l'inquinamento delle acque ed è stata utilizzata nel contesto dell'esperimento Borexino, per la rilevazione dei neutrini. Il trimetilbenzene, se inalato o ingerito, può provocare gravi danni ai polmoni (bronchite o polomonite chimica) ed al sistema nervoso centrale.
[modifica] La seconda guerra mondiale
Il territorio abruzzese è stato interessato ampiamente dagli eventi bellici della seconda guerra mondiale ma il Gran Sasso è ricordato in particolare per la famosa Operazione Quercia del 12 settembre 1943, in cui Mussolini fu liberato dall'albergo di Campo Imperatore (dove era tenuto prigioniero) ad opera della II Divisione Tedesca del Lehrbataillon e trasportato su un piccolo aereo fino a Pratica di Mare, dove si imbarcò per Vienna. Nell'unica sparatoria di breve durata del blitz nazista caddero una guardia forestale ed un carabiniere.
[modifica] Istituto Nazionale di Fisica Nucleare
Situati sotto oltre 1400 metri di roccia nel cuore del Gran Sasso d'Italia ci sono i Laboratori Nazionali del Gran Sasso (LNGS), di proprietà dell'Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN). Questi hanno il primato di essere il più grande laboratorio scientifico sotterraneo del mondo. Qui si studiano, tra le altre cose, le più piccole particelle dell'universo come, ad esempio, i neutrini.
[modifica] La natura
Fino al Cinquecento, il comprensorio del Gran Sasso era caratterizzato dalla presenza di enormi boschi. A partire dal XVI e XVII secolo ebbero inizio operazioni di disboscamento intensivo, soprattutto allo scopo di fornire nuovi pascoli alla pastorizia, che sconvolsero pesantemente il paesaggio. Tanto è vero, che più volte si dovette vietare alle popolazioni del luogo di insistere nel taglio degli alberi. Ad esempio, un documento del 1664, in riferimento ai territori del Marchese della Valle Siciliana (corrispondente, quest'ultima, ai moderni territori di Isola del Gran Sasso e di Tossicia) proclamava: «che non sia persona alcuna che ardisca a tagliare abbeti nella selva dell'Eccellentissimo Signor Marchese». Nel 1848 furono redatti verbali di denuncia in cui veniva indicato che la repressione dei disboscamenti aveva prodotto resistenza ai pubblici ufficiali incaricati delle operazioni di salvaguardia dei boschi.
[modifica] Flora
In particolare, l'essenza maggiormente penalizzata fu proprio l'abete bianco, che si era spinto a queste latitudini nel corso delle glaciazioni, e che fu quasi completamente distrutto; oggi questa meravigliosa conifera sopravvive soltanto nei pressi dell'Eremo di Santa Colomba ed in pochi altri luoghi.
Per parlare della flora del Gran Sasso, bisogna distinguere, anche in quest'ambito, fra i due versanti, quello teramano e quello aquilano. Il primo, esposto a nord-est, è caratterizzato da un substrato argilloso ed è soggetto a maggiori precipitazioni; questi fattori favoriscono l'egemonia del faggio, con lo sviluppo di faggete di notevole pregio. Il versante meridionale, al contrario, possiede un substrato calcareo ed un clima continentale. Questi fattori favoriscono principalmente lo sviluppo di boschetti di pioppi, di carpini e di cerri. Sono presenti, nell'areale, il nocciolo, il castagno (che forma umbratili boschi), l'acero (spesso presente con esemplari mastodontici). Sui versanti più soleggiati si può trovare il sorbo montano e il ciliegio selvatico. Solo grazie a rimboschimenti sono presenti il pino nero, l'abete rosso, e il larice. L'introduzione di quest'ultima specie, secondo Fernando Tammaro e Carlo Catonica dell'Università dell'Aquila è stato un errore perché le condizioni ambientali del luogo sono troppo severe per una conifera decidua quale è, appunto, il larice.
Tra gli arbusti possono essere menzionati il ginepro, il mirtillo (commestibile), la belladonna (di aspetto simile al mirtillo ma velenoso o addirittura mortale), l'agrifoglio.
Le fioriture sono caratterizzate da gigli (specie protetta da una Legge Regionale dell'Abruzzo), campanule, sassifraghe, primule, genziane, garofanini e numerose orchidee. Menzione a parte merita la stella alpina appenninica, una pianta rarissima sulle montagne dell'Appennino.
[modifica] Fauna
L'esponente più imponente della fauna del Gran Sasso è l'orso marsicano, una sottospecie di orso bruno, endemica dell'Appennino, di taglia relativamente ridotta. Presenti anche esemplari di lupo appenninico e di volpe. Altri mammiferi di rilievo sono il gatto selvatico, il cinghiale, il daino ed il capriolo; meno diffuso che in altri areali abruzzesi è invece il camoscio, reintrodotto in tempi relativamente recenti.
Fra i rapaci meritano menzione l'aquila reale, il falco, la poiana comune e lo sparviero. Spicca, fra gli altri uccelli, la presenza del gracchio alpino e del picchio.
Fra i rettili va segnalata la vipera dell'Orsini, anch'essa endemica, di dimensioni inferiori rispetto alla vipera comune e caratterizzata da velenosità meno letale. Staziona nelle pietraie, vicino ai corsi d'acqua e nelle zone di bassi cespugli di ginepro.
[modifica] Nevati, nevai, cascate di ghiaccio
Alle pendici del Corno Piccolo e nei pressi del Monte Camicia sono presenti due nevai perenni. Un canalone (almeno EEA), innevato solitamente per tutto l'anno, è ubicato sul Monte Infornace, dalla Fonte Rionne fino alle vicinanze della vetta.
In tutta l'area del massiccio sono stati segnalati anche alcuni glacio nevati.
Numerose, d'inverno, sono le cascate di ghiaccio, alcune delle quali si trovano alla base del Monte Camicia, nella zona chiamata Fondo della Salsa (toponimo che probabilmente deriva da "Fondo del Balzo", essendo il "balzo" l'impressionante parete Nord del Camicia). Tra le cascate di ghiaccio più famose vanno ricordate: Ghiaccio del Sud, Cascata del peccato e Baba Yaga.
[modifica] Sport
[modifica] Alpinismo
![«Quand'io fuoi sopra la sommità (...) pareva che io fussi in aria» (Francesco De Marchi, 1573) La cima del Gran Sasso d'Italia con la croce e il libro di vetta.](../../../upload/thumb/b/bd/Corno_Grande_08.jpg/300px-Corno_Grande_08.jpg)
La cima del Gran Sasso d'Italia con la croce e il libro di vetta.
![La Vetta Occidentale del Corno Grande è una cima molto frequentata d'estate. Foto scattata 426 anni dopo la prima ascensione ufficiale. In fondo, il Lago di Campotosto.](../../../upload/thumb/8/88/Corno_Grande_09.jpg/300px-Corno_Grande_09.jpg)
La prima scalata ufficiale al Corno Grande fu compiuta il 19 agosto 1573 dal bolognese Francesco De Marchi, che raggiunse la Vetta Occidentale (m 2912) dalla via normale, accompagnato dal cacciatore di camosci Francesco Di Domenico, dal milanese Cesare Schiafinato, da Diomede dell'Aquila e dai portatori Simone e Giovampietro di Giulio.
«Quand'io fuoi sopra la sommità» ricorderà il De Marchi nella sua puntuale Cronaca dell'ascensione «mirand'all'intorno, pareva che io fussi in aria, perché tutti gli altissimi Monti che gli sono appresso erano molto più bassi di questo» (Francesco De Marchi, Il Corno Monte, 1573).
Il De Marchi riferì, comunque, che la cima era stata già raggiunta in precedenza da alcuni cacciatori di camosci, fra cui proprio il Francesco Di Domenico, che per questo fu scelto come guida e che è stato, di fatto, la prima guida di montagna italiana.
Bisognò aspettare 221 anni, il 30 luglio 1794, per vedere una replica: il teramano Orazio Delfico realizzò la prima scalata della Vetta Orientale (m 2903). Delfico era convinto di essere il primo salitore, ed in un certo senso lo era perché, pur essendo la montagna scalata unica (il Corno Grande), la vetta raggiunta era differente. Tra l'altro, Delfico, che, giunto sulla cima, misurò l'altezza della montagna (stimandola in 9577 "piedi parigini" m s.l.m.), effettuò anche una delle prime misurazioni di altezze di montagne mai fatte in Italia (in precedenza erano stati misurati soltanto il Vesuvio, l'Etna ed il Monte Legnone).
La prima salita invernale al Corno Grande fu compiuta dai figli dello statista Quintino Sella: Corradino e Gaudenzio, nel gennaio del 1880. I due, che erano navigati alpinisti con esperienza di salite invernali sulle Alpi, schernirono pesantemente le guide locali, che non erano preparate né equipaggiate per una invernale e che non li accompagnarono sulla vetta. Tra le guide "cosiddette" (come i due alpinisti le definirono) vi era, però, Giovanni Acitelli, che diverrà poi un alpinista storico del massiccio, e che aprirà numerose vie, come il Moriggia-Acitelli (PD) proprio sul Corno Grande.
Con il diffondersi dell'alpinismo "alla moda", di fine Ottocento, questi monti conobbero frequentazioni sempre più assidue; i montanari locali venivano reclutati «per Lire 2 a Lire 5» ma, durante l'inverno, avevano «la massima paura e sconoscenza della neve». L'alpinista più ardito avrebbe quindi trovato, in essi, «soltanto degli indicatori della via da seguire» (Enrico Abbate. Guida d'Abruzzo. 1903).
Con il primo decennio del secolo XX, la moda dei signori che, dalle città, si recavano in montagna per compiere escursioni guidati da montanari del posto tramontò ed il massiccio conobbe un nuovo genere di alpinismo: quello delle grandi sfide, della ricerca della salita "tecnica". Nel 1931 Domenico e Dario d'Armi scalarono la Vetta Orientale dalla cresta nord. Nel 1934 Bruno Marsili e Antonio Panza superano la parete nord del Monte Camicia, soprannominato "l'Eiger dell'Appennino". Su queste cime si cimentarono alpinisti del calibro di Andrea Bafile e Giusto Gervasutti.
[modifica] Ciclismo su strada
Il Gran Sasso è meta di numerosi ciclisti provenienti da tutta Italia. Le località più frequentate sono Prati di Tivo (quota 1500 m) nel versante teramano, una suggestiva scalata lunga 15 km per un dislivello di 1000 metri su un percorso ricco di tornanti, la Strada maestra del Parco e la piana di Campo Imperatore (quota 2100 m), nel versante aquilano.
Il Gran Sasso (teramano o aquilano) è stato più volte arrivo di tappa del Giro d'Italia:
- 1971 (25 maggio): 5° tappa, vinta da Vicente López Carril.
- 1975 (19 maggio): 3° tappa, vinta da Giovanni Battaglin.
- 1989 (28 maggio): 8° tappa, vinta dal danese John Carlsen.
- 1999 (22 maggio): 8° tappa, vinta da Marco Pantani.
[modifica] Ciclismo in mountain bike
Numerosi percorsi consentono di poter pedalare in mountain bike alle falde del Gran Sasso. Il Parco Nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga sta completando la sistemazione di 320 km di ippovia, chiamata Ippovia del Gran Sasso adatta per andare a cavallo, in mountain bike e a piedi.
[modifica] Sci
Sul Gran Sasso vi sono numerose località dotate di impianti sciistici di risalita per poter praticare lo sci da discesa (o sci alpino):
- Campo Imperatore, con 15 Km di piste per lo sci alpino.
- Prati di Tivo.
- Prato Selva.
- Fossa Paganica (chiusi).
- Montecristo (l'ultima apertura risale al 2000).
Vi sono inoltre località dove poter praticare lo sci di fondo (o sci nordico):
- Campo Imperatore, con 60 Km di piste per lo sci nordico.
- Prati di Tivo.
[modifica] Fuoripista del Gran Sasso
Oltre ad offrire la possibilità di praticare discipline sciistiche tradizionali, l'intero massiccio del Gran Sasso è rinomato per le sue fuoripista e i suoi itinerari di scialpinismo, tra cui Monte Aquila, Passo Portella, l'attraversata alta e bassa, Fossa Paganica.
- Valle Fredda: offre un'ampia panoramica del paesaggio verso occidente; vi sono tre canalini e una discesa larga, si passa accanto Fossa Paganica per poi terminare sulla S.S.17 bis Fonte Cerreto-Monte Cristo. Si parte dalla stazione di monte della seggiovia Scindarella, si prosegue camminando fino alla vetta del Monte Scindarella e si scende a occidente. In primavera vi cadono molte valanghe.
- Topparamine (il nome ha molte varianti): furoripista ripidisima e stretta, con frequente caduta di valanghe; è presente un salto di circa 9 metri. Si scende verso occidente, in un canalino parallelo a valle Fredda. Imboccandolo, si può prendere per errore un canalino che finisce a strapiombo. E' una fuoripista bellissima, ma molto impegnativa.
- Lo "Schioppatore": fuoripista ripidissima. Vi sono due canalini di pendenza elevatissima (quasi perpendicolari) e una discesa ripida e larga. La neve è spesso ghiacciata. Offre un'ampia panoramica di Monte Prena e, in parte, del Monte Aquila. La discesa termina circa 200 metri a valle della seggiovia Scindarella. Si parte dalla stazione di monte della seggiovia Scindarella, si prosegue camminando fino alla vetta del Monte Scindarella e si scende a oriente.
- I tre valloni: bellissima e famosa fuori pista. L'itinerario è il canalone ubicato sotto la funivia del Gran Sasso. Vi si accede dallo "Scontrone", dall'"Uccellaccio", dal rifugio Duca degli Abruzzi o dalla stazione di monte della funivia. Bellissimo panorama ad occidente, specialmente al tramonto.
- Monte Aquila: si può scendere sia verso il Teramano che verso l'Aquilano. Comunemente vi è neve fino a Giugno. Si sale sul monte o seguendo la passeggiata "Botanica" oppure con le pelli di foca.
- Passo Portella: ha molte varianti; si scende lungo il canalone verso Fonte Cerreto. Vi cadono spesso delle valanghe.
- Traversata bassa: si scende verso il Teramano o dal Duca degli Abruzzi verso Val Maone.
- Traversata alta: consiste nel salire il Corno Grande per la direttissima e discendere sciando sul Ghiacciaio del Calderone.
- Altre: Uccellaccio e Dentone sono fuoripista piccole al termine delle quali si riprendono gli impianti. Una parte del Dentone veniva utilizzata come pista agonistica.
[modifica] Marcia dei Tre Prati
La Marcia dei Tre Prati, è una passeggiata ecologica non competitiva. Si svolge lungo un percorso di 15 km che congiunge i Prati di Tivo e i Prati di Intermesoli, nel comune di Pietracamela, a Prato Selva, nel comune di Fano Adriano. La prima edizione si svolse nel 1975 per iniziativa di Aldo Possenti, presidente della sezione teramana del Club Alpino, e di Vincenzo Di Benedetto, imprenditore in Fano Adriano. L’edizione 1977 vide la partecipazione di oltre mille persone. Dopo un periodo di sospensione la Marcia dei Tre Prati è stata riproposta nel 2006 (Prati di Tivo, Domenica 23 luglio), per iniziativa delle Sezioni del Club Alpino Italiano di Teramo e Isola del Gran Sasso d'Italia con la partecipazione della Sezione Alpini di Teramo e dei Medici del 118.
[modifica] I rifugi e gli ostelli
- Rifugio Duca degli Abruzzi (2388 m); gestito da Lamberto Felici. Di proprietà del CAI. È situato sulla cresta tra Sella Monte Aquila e Monte Portella.
- Rifugio Fontari; gestito da una società, di proprietà del consorzio "il Gran Sasso" (che gestisce gli impianti). È situato sopra le Fontari.
- Rifugio Giuseppe Garibaldi (2231 m); gestito da Davide De Carolis. È situato a Campo Pericoli ed è stato il primo rifugio costruito nel Gran Sasso, nel 1886. È sempre aperto per le situazioni d'emergenza. D'inverno è completamente coperto dalla neve.
- Rifugio Carlo Franchetti (2433 mt). È situato sul crestone che divide in due il Vallone delle Cornacchie. Costruito nel 1959 dal CAI è il rifugio più alto del Gran Sasso.
- Bivacco Andrea Bafile (2669 mt). È situato sulla cresta sud-est della Vetta Centrale del Corno Grande. Costruito nel 1966 dal CAI è sempre aperto per le emergenze.
- Ostello Campo Imperatore (2130 mt). È situato accanto la stazione di monte della funivia del Gran Sasso. È composto dai locali della stazione di monte dell'antica funivia, vi è un museo.
- Rifugio Nicola D'Arcangelo (1665 mt). È situato sul versante nord del Vado di Corno (località Vaduccio).
- Rifugio Fonte Vetica (1632 mt). È un rifugio situato presso l'ononima fonte.
- Rifugio Fonte Vetica (forestale). Situato presso l'ononima fonte, possiede un locale sempre aperto per le emergenze.
- Rifugio Antonella Panepucci Alessandri (1700 mt); gestito da Alfredo Fossi. È situato sul versante nord del monte San Franco.
[modifica] Note
- ↑ la quarta vetta, la più bassa, è il Torrione Cambi, 2875 m.
- ↑ o Grotta Amare
- ↑ dal latino tractoria
- ↑ Le cifre di un disastro. Abruzzoweb
- ↑ Gran Sasso, acque coperte di schiuma. Lega Ambiente
[modifica] Bibliografia
- Autori vari. L'Appennino Meridionale. Club Alpino Italiano Sezione di Napoli. Anno II Fascicolo I, luglio 2005.
- Autori vari. Abruzzo e Molise - Viaggio attraverso le regioni italiane. Fininternet, 2002.
- Alberto Osti Guerrazzi. I 2000 dell'Appennino, 1a edizione. Pereto, Edizioni Il Lupo & Co., 2002.
- A. Alesi; M. Calibani; A. Palermi. Gran Sasso/Parco Nazionale Gran Sasso-Laga: le più belle escursioni, 1a ristampa. Ascoli Piceno, Club Alpino Italiano / Società Editrice Ricerche. 2000.
[modifica] Galleria fotografica
[modifica] Voci correlate
- Parco Nazionale del Gran Sasso
- Laboratori Nazionali del Gran Sasso
- Traforo del Gran Sasso
- Campo Imperatore
- Fonte Vetica
- Ippovia del Gran Sasso
- Ghiacciaio del calderone
[modifica] Altri progetti
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[modifica] Note
- ↑ la quarta vetta, la più bassa, è il Torrione Cambi, 2875 m.
- ↑ o Grotta Amare
- ↑ dal latino tractoria
- ↑ Le cifre di un disastro. Abruzzoweb
- ↑ Gran Sasso, acque coperte di schiuma. Lega Ambiente
[modifica] Collegamenti esterni
- Il Corno Monte - cronaca della prima ascensione ufficiale di Francesco De Marchi (1573)
- Osservazioni di Orazio Delfico su di una piccola parte degli Appennini di Orazio Delfico (1812) - (Ed. Club Alpino Italiano con presentazione di A. Mascitti)
- Turismo
- Marcia dei Tre Prati
- Mountain bike