Madrigale
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Il madrigale è una breve composizione poetica, di carattere profano, da otto a quattordici versi per lo più endecasillabi, divisa in stanze di terzine rimate secondo schemi variabili, ma accomunati da una coda a rima baciata, e composta per essere musicata.
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[modifica] Etimologia
L'origine della parola è a tutt'oggi discussa: se ne ipotizza l'etimologia dal latino volgare mandria-mandrialis in riferimento al contenuto rustico e pastorale; da matrix-matricalis, "di lingua materna, dialettale" o, nell'accezione proposta da Bruno Migliorini, "alla buona"; dal Provenzale mandra gal, "canto pastorale" o ancora dallo spagnolo mandrugada, "canto dell’alba"; dal latino "materialis" opposto a "spiritualis" ovvero "cose materiali o grosse".
[modifica] Gli inizi
Se già Dante scriveva brevi liriche destinate ad essere musicate magari dall'amico Pietro Casella, di cui parla nel Purgatorio, i primi madrigali, che ci sono noti dal 1330 circa, affini ai conduits francesi, sono a 2 e raramente a 3 voci, di cui la prima melodica, e la seconda, più bassa, ha funzioni di sostegno armonico. Nell'esecuzione potevano essere impiegati gli strumenti ed esistono infatti madrigali puramente strumentali. In quel tempo, i maggiori compositori di madrigali, oltre che di cacce e ballate, sono Giovanni da Cascia, Jacopo da Bologna e, soprattutto, Francesco Landini.
Con l'inizio del Quattrocento, si ha un'eclissi del genere; alla fine del secolo si assiste all'affermazione in Toscana del canto carnascialesco, musicato su testi di Lorenzo il Magnifico e di Angelo Poliziano e, nel nord Italia, della frottola, composizione generalmente con un contenuto frivolmente amoroso, in forma di ottava di versi ottonari e musicata a 3 o 4 voci, di cui la prima spicca monodicamente e le altre vanno a contrappunto. I maggiori musicisti del genere sono Bartolomeo Tromboncino e Marchetto Cara.
[modifica] L'apogeo
Nel XVI secolo si ha la piena affermazione del madrigale: nel 1520 viene pubblicato a Venezia un libro di musiche di Bernardo Pisano su testi del Petrarca che, vicine al mottetto fiammingo, possono costituire l’atto di nascita del madrigale cinquecentesco insieme con i Madrigali nuovi da diversi eccellentissimi musici, raccolta di musiche, edita a Venezia nel 1533, di Costanzo Festa, Sebastiano Festa, Philippe Verdelot, Jacobo de Toscana e Maistre Jan. Il nuovo madrigale è una fusione della frottola con la polifonia francese e fiamminga e infatti i maggiori compositori sono soprattutto fiamminghi, come Adrian Willaert, del quale è la Musica Nova del 1539, Jacques Arcadelt, Cipriano de Rore. Quest’ultimo, autore di armonie complesse e di contrappunti intricati, cura l’adesione della musica al testo con ritmi variati e una declamazione raffinata; la sua musica continuò a essere studiata per almeno tutto il secolo, servendo di modello ai compositori successivi tanto che nel 1577 fu stampata una sua raccolta di madrigali a scopo didattico.
di Claudio Monteverdi - "Il ballo delle ingrate" - rappresentato per la prima volta a Mantova per le nozze di Francesco Gonzaga e Margherita di Savoia
I compositori della seconda metà del secolo, sulla scia del de Rore, dedicano particolare cura alla corrispondenza del testo con la musica, attraverso ricerche cromatiche ed espressive, con effetti d’eco e contrappunto, fino a giungere alla cosiddetta musica visiva, in cui si fanno corrispondere a sillabe testuali come sol, mi, fa, re le note omonime, a utilizzare le note nere (o, al contrario, le note bianche), per esprimere sentimenti di tristezza o di gioia, a innalzare la melodia in corrispondenza di parole come cielo e facendola scendere in corrispondenza di parole come profondo e simili. Tra i madrigalisti più rigorosi sono il fiammingo Orlando di Lasso, Giovanni Pierluigi da Palestrina, autore di madrigali profani e sacri, il veneziano Andrea Gabrieli, che adotta il recitativo corale e il dialogo, il nipote Giovanni Gabrieli, Luca Marenzio.
Per Carlo Gesualdo principe di Venosa, che opera a Napoli, il testo ha la preminenza: tutta la sua audacia ritmica e armonica e l’estremo cromatismo sono giustificati dalla necessità di ottenere la massima corrispondenza musicale alla rappresentazione poetica.
Con Claudio Monteverdi si conclude la stagione aurea del madrigale italiano: i suoi Nove libri di madrigali ripercorrono l’evoluzione del genere. Ai madrigali del Quinto libro, 1605, ancora polifonici a 5 voci, viene aggiunto il basso continuo e fa capolino la monodia, cioè la preminenza di una voce, normalmente il soprano, sulle altre. La tendenza giunge a prevalere nel corso dei quattro libri successivi – il Sesto libro, del 1614, contiene il famoso Lamento di Arianna, tratto dall’opera Arianna del 1608 - a 1, 2, 3 voci con basso continuo e strumenti obbligati, che costituiscono un tratto d'unione del madrigale classico con la monodia barocca.
[modifica] Il madrigale in Europa
[modifica] In Inghilterra
Il madrigale fu molto apprezzato a seguito della pubblicazione nel 1588 dell'opera di Nicholas Yonge, Musica Transalpina, raccolta di 57 madrigali italiani con testi tradotti in inglese, la maggior parte dei quali contengono composizioni di Alfonso Ferrabosco e di Luca Marenzio, dando inizio così alla cultura del madrigale nazionale; l’ultima raccolta di madrigali italiani, Arie a 3 voci, fu pubblicata nel 1627. Tutti i maggiori musicisti inglesi del tempo ne composero, giungendo alla massima espressione con l’opera di William Byrd, Orlando Gibbons, i più legati alle tradizioni locali, con Thomas Morley, il madrigalista più fecondo, popolare e italiano, melodicamente gradevole, con un senso armonico moderno e una chiara scrittura contrappuntistica e soprattutto con John Wilbye, sottile compositore di forte sensibilità poetica.
[modifica] In Francia
Il madrigale italiano ebbe poco successo dal momento che questo doveva già molto alla tradizionale chanson nazionale, cosicché l’Altro non è mio amore, di Claudin de Sermisy, del 1534 e l’unico madrigale di Clément Janequin, Sì come il chiaro sole fier, del 1540, entrambi su testi italiani, non si allontanano dalle loro abituali canzoni, dal ritmo chiaro e dalla precisa sillabazione delle parole.
[modifica] In Spagna
Il madrigale ottenne notevole successo, pur mantenendo generalmente i tradizionali nomi villancicos, canciones e romances: fu il catalano Pedro Alberich Vila ad adottarne il nome per primo nel suo libro Odarum quas vulgo madrigales appellantur del 1561.jjjj
[modifica] In Germania
Pochi sono, infine, i madrigalisti tedeschi: Hans Leo Hassler, allievo di Giovanni Gabrieli, fonde lo stile madrigalistico italiano con quello del Lied nella sua raccolta di Madrigalen und Canzonetten del 1596 e Johann Hermann Schein, nei Diletti musicali del 1624, adotta lo stile concertante prevedendo il basso continuo auf Madrigal – Manier.
[modifica] Bibliografia
- Massimo Mila, Breve storia della musica, Torino, Einaudi, 1963
- AA: VV:, La musica, enciclopedia storica, Torino, UTET, 1966
- Franco Abbiati, Storia della musica, Milano, Garzanti, 1971
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- Traduzione in inglese del 'Quarto Libro dei Madrigali a cinque voci' http://marshall.charles.googlepages.com/home7