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Al-Andalus - Wikipedia

Al-Andalus

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Il titolo di questa voce non è corretto per via delle caratteristiche del software MediaWiki. Il titolo corretto è al-Andalus.
Per approfondire, vedi la voce Spagna moresca.

Al-Andalus è il nome che i musulmani diedero alla parte della Penisola iberica da essi controllata e governata. Malgrado si seguiti a ripetere da più parti che il nome al-Andalus (da cui viene il termine geografico Andalusia) derivi da un preteso "Vandalusia" e seguiti a sfuggire l'improbabilità estrema che una presenza tanto fugace di barbari abbia potuto marcare per numerosi secoli una parte tanto importante della Spagna, gli studi più autorevoli hanno da tempo dimostrato come il termine derivi invece dall'espressione in lingua gota “Landahlauts”, (lotti terrieri), i "feudi" cioè attribuiti ai nobili visigoti. Gli Arabi apposero semplicemente il loro articolo determinativo "al" a tale parola, originando l'aggettivo "al-Landahlautsiyya". L'espressione originaria araba era dunque "bilād al-landahlautsiyya" (paese dei feudi gotici) che si semplificò in "bilād al-andalusiyya" e che originò infine il toponimo "al-Andalus"[1].

Indice

[modifica] Le prime incursioni islamiche

I musulmani cominciarono a effettuare incursioni e razzie sul territorio spagnolo visigotico ai primi dell'VIII secolo d. C., partendo dalle loro basi nordafricane. Secondo le cronache arabe il primo a organizzare spedizioni miranti alla pura e semplice razzia sarebbe stato il berbero musulmano Tarīf ibn Malik nel 710 ma una spedizione assai più impegnativa fu quella del berbero (o persiano) Tāriq ibn Ziyād che, usufruendo delle imbarcazioni concessegli dall'esarca bizantino Giuliano (che la leggenda vuole fosse mosso dal desiderio di vendicare l'onore della figlia Florinda, insidiato dal sovrano visigoto Roderico), sarebbe sbarcato nel 711 con 7.000 soldati, raggiunti presto da altri 5 mila uomini, sotto l'altura che da allora porta il suo nome: il Jabal Tāriq (Gibilterra).
Il 19 luglio di quell'anno Tāriq sbaragliò sul Rio Barbate l'esercito visigoto, le cui fila furono abbandonate da Achila, il cui padre Vitiza era stato deposto da Roderigo.
I musulmani non incontrarono più grandi resistenze e in breve tempo le città più importanti dei Visigoti, compresa la capitale Toledo, passarono sotto il loro controllo, fruendo dell'attiva simpatia degli Ebrei spagnoli che erano stati duramente perseguitati dai Visigoti.

[modifica] Il periodo omayyade

Nel giugno 712 il governatore dell'importante provincia arabo-berbera di Ifrīqiya (corruzione della latina provincia Africa), giunse di persona alla testa di altri 18 elementi e nel giro di un anno - grazie a una serie di accordi di pace che fecero permanere nella proprietà dei loro feudi numerosi nobili visigoti e latino-iberici - la parte meridionale della Penisola era del tutto sotto controllo mentre l'elemento cristiano arretrava nelle più inospitali regioni del Settentrione, a ridosso della catena cantabrica.

La Grande Moschea di Cordova (interno)
La Grande Moschea di Cordova (interno)

Il sotto-governatorato di al-Andalus assistette al drammatico mutamento istituzionale alla testa del califfato senza che il paese conoscesse episodi altrettanto gravi di contrapposizione sociale, economica e spirituale. Il wālī (governatore) omayyade Yūsuf b. ʿAbd al-Rahmān al-Fihrī approfittò nondimeno del caos istituzionale che squassava l'intero mondo islamico per avviare una politica di sostanziale autonomia e resistette alla pretesa di ʿAbd al-Rahmān b. Muʿāwiya, detto al-Dākhil, "l'Immigrante", che era scampato alle stragi perpetrate dai vincitori abbasidi e che intendeva recuperare per sé e la sua discendenza almeno la lontana provincia andalusa. Nello scontro che si ebbe il 15-5-756 il governatore fu però sconfitto e ʿAbd al-Rahmān al-Dākhil diventò il primo emiro indipendente da Baghdad, insediandosi nell'Alcazar (dall'arabo al-Qaṣr, "il Palazzo") di Cordova.

Il figlio di ʿAbd al-Rahmān I, Hishām I, succedette al padre nel 788 e, dopo di lui, fu il turno di al-Hakam I. Durante l'Emirato del suo successore, al-Andalus conobbe un'imponente crescita tanto sociale ed economica quanto culturale. ʿAbd al-Rahmān II creò un ambiente di corte del tutto simile a quello abbaside (alla sua corte vissero Ziryāb, ʿAbbās b. Firnās e Yahya ibn al-Hakam, detto al-Ghazal, "Gazzella", per la sua bellezza), promosse le arti e ampliò la committenza architettonica, trasformando profondamente il volto di Cordova che si avviò a diventare una delle più importanti città del mondo islamico. Il confronto col regno asturleonese proseguì col massimo impegno con campagne estive ( saifa ) e perfino invernali che penetrarono in profondità nei territori cristiani e al-Andalus inviò e ricevette delegazioni diplomatiche di vari paesi, ivi comprese quelle degli staterelli nordafricani con cui tentò di mantenere relazioni cordiali, e dello stesso Impero bizantino che, per cercare alleati contro i loro avversari abbasidi, sollecitò rapporti cordiali con Cordova che di Baghdad restava fiera avversaria.

Ciò non significa che l'emirato di ʿAbd al-Rahmān II non incontrasse difficoltà, una delle quali fu costituita da un'ondata di resistenza dell'elemento cristiano che ottenne però il martirio coi cosiddetti Martiri di Cordova, mentre un'altra fu rappresentata dall'invasione di Vichinghi che saccheggiarono le coste andaluse penetrando attraverso il Guadalquivir (Wadī al-Kabīr, "Il Grande fiume") fin quasi a Cordova. Questo indusse al-Andalus ad assumersi l'onere finanziario di un'imponente cantieristica navale che le permetterà di controllare il quadrante più occidentale del Mediterraneo e a rafforzare l'allevamento dei cavalli che permetterà agli eserciti di al-Andalus di esprimere una delle più efficienti cavallerie militari di tutto il Medioevo europeo.

Dopo l'emirato di Muhammad I (852-886), al-Mundhir (886-888) e ʿAbd Allāh (888-912), caratterizzati da confronti armati sempre più impegnativi con i cristiani del settentrione iberico e di al-Andalus stessa (ribellioni di ʿUmar ibn Ḥafṣūn e di Ibn al-Ğillīqī, "il figlio della Galiziana"), prese il potere il nipote di ˁAbd Allāh, ʿAbd al-Rahmān III. Con la "campagna di Monteleón" l'Emiro conquistò 70 piazzeforti cristiane e 300 postazioni di minor rilevanza. Nel 917 fu sconfitto a San Esteban de Gormaz dalle forze congiunte del re asturleonese Ordoño II e del sovrano di Navarra Sancho Garcés I ma l'anno dopo egli si prese una rivincita nei pressi di Mitonia (Nord della Catalogna) e nel 920 sconfiggeva ancora le forze cristiane dei due re nella valle del fiume Junquera (Sud-Est di Pamplona) e nel 924 colpiva il regno di Navarra saccheggiandone la capitale di Pamplona, evacuata da tutti i suoi abitanti. Nel 929 ʿAbd al-Rahmān III si proclamava califfo con l'appellativo onorifico ( laqab ) di al-Nāṣir li-dīn Allāh (Il vincitore per la religione di Dio). In quel momento la Umma islamica aveva così tre califfi: quello abbaside di Baghdad, quello fatimide del Cairo e quello appunto andaluso di Cordova.

Patio dei Leoni. Alhambra (Granada)
Patio dei Leoni. Alhambra (Granada)

L'apogeo del califfato omayyade spagnolo fu raggiunto probabilmente da suo figlio al-Hakam II, detto al-Mustanṣir bi-llāh (Che cerca il vittorioso aiuto di Dio), sotto il quale la capitale andalusa raggiunse il mezzo milione di abitanti[2] su un'area estesa per 5 mila ettari[3], diventando così la seconda città dell'emisfero boreale e la più importante città dell'intera Europa centro-occidentale (Parigi era la seconda città ma contava a stento i 100 mila abitanti mentre Costantinopoli è esclusa da questo calcolo). La Biblioteca califfale aveva 400 mila volumi (molti dei quali ospitanti più d'un lavoro) e un privato ne aveva addirittura 500 mila. La città era dotata di sistemi fognanti efficienti e l'acqua giungeva anche ai piani alti delle abitazioni. Le moschee erano 700 e i bagni pubblici ( hammām ) 300. Esisteva da tempo un ospedale pubblico che fungeva da università per i medici, la cui capacità erano note e apprezzate in tutta l'Europa.

Dopo al-Hakam II iniziò la parabola discendente del califfato andaluso ma questo non impedì che un hājib dalle non comuni doti militari e amministrative realizzasse ancora imprese degne di essere tramandate ai posteri. Ibn Abī ʿĀmir, detto Almanzor - corruzione del suo laqab di al-Mansūr (Che è reso vittorioso [da Dio]) - conquistò infatti Zamora nel 981, Simancas nel 983, Barcellona nel 985 e la stessa orgogliosa capitale asturleonese di León nel 986, dopo la quale fu saccheggiato nel 997 lo stesso simbolo della Spagna cristiana, il santuario di Santiago di Compostela, dedicato al Santo Patrono della Spagna soprannominato Matamoros nella convinzione che le vittorie contro i musulmani fossero state propiziate dall'Apostolo.

[modifica] Note

  1. Cfr. Heinz Halm, “al-Andalus und Gothica Sors”, in: Die Welt des Orients, 66 (1989), p. 252 e segg.
  2. Cfr. Luis G. de Valdeavellano, Historia de España, Madrid, Alianza Editorial, 1980 (ma la I edizione risale al 1952), II, p. 156.
  3. Cfr. E. Lévi-Provençal, Histoire de l'Espagne musulmane, Parigi, G.-P- Maisonneuve, III, 1953, p. 362

[modifica] Bibliografia

  • Évariste Lévi-Provençal, Histoire de l'Espagne musulmane, Parigi-Leida, G.-P. Maisonneuve–E.J. Brill, 1950, 3 voll.
  • Reinhardt Dozy, Histoire des musulmans d'Espagne, Leyda, E.J. Brill, 1932, 3 voll.

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