Battaglia di Sentino
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Battaglia di Sentino | |||||||
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Parte della Terza guerra sannitica | |||||||
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Schieramenti | |||||||
Sanniti, Etruschi, Galli Senoni, Umbri e altre popolazioni italiche | Repubblica Romana | ||||||
Comandanti | |||||||
Gellio Egnazio | Publio Decio Mure e Quinto Fabio Massimo Rulliano |
Guerre sannitiche |
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Monte Gauro – Suessola – Forche Caudine – Lautulae – Boviano – Camerino - Sentino – Aquilonia |
Battaglia di Sentino, anche detta Battaglia delle nazioni
Indice |
[modifica] L'importanza della battaglia di Sentino nella storia d'Italia
All’inizio del III secolo a.C. le potenze regionali che si dividevano il territorio della penisola erano: i Sanniti (primi almeno come popolazione), Roma, gli Etruschi e i Celti. Nessuna era alleata con un’altra. Addirittura, i Celti erano divisi al loro interno. Nell’anno 300 a.C. la situazione politica era ancora fluida, diversi scenari potevano trovare realizzazione: alleanze pan-italiche con la creazione di un embrione di nazione, “tutti contro tutti”, oppure l’egemonia di una sola potenza sulle altre. La potenza che aveva le maggiori mire espansionistiche era Roma. Da piccolo centro urbano, nato attorno ad un punto di guado sul fiume Tevere, aveva saputo sganciarsi dal dominio etrusco e darsi una propria organizzazione militare e civile che le aveva consentito di avviare un ciclo espansivo che proseguiva da tempo senza soluzione di continuità.
Le altre nazioni se ne erano accorte ben presto, ma ognuna aveva reagito a modo suo, facendo il gioco di Roma. In un contesto politico dove ogni nazione si difendeva da sé e intanto stava a guardare cosa facevano le altre, si distinse nettamente la soluzione adottata dal capo dei Sanniti, Gellio Egnazio. Egli infatti pensò che per bloccare l’avanzata romana, per arrestarne le mire egemoniche, era necessario formare una coalizione tra tutte le nazioni che erano minacciate più da vicino dall’Urbe. Le sue capacità politiche dovettero essere state almeno pari a quelle strategiche poiché Gello riuscì effettivamente a convincere tutti i popoli confinanti con i romani a formare la coalizione. Per la prima volta nella storia d’Italia, diversi popoli unirono i loro eserciti contro un nemico comune. La coalizione fu formata da Sanniti, Etruschi, Umbri e Galli Senoni.
La vittoria della coalizione avrebbe potuto favorire la formazione di una possibile nazione italica, invece non andò così. Roma diede una lezione così pesante agli avversari che la coalizione sconfitta non venne mai più ripristinata. Dopo Sentino, i popoli confinanti tornarono ad attuare ciascuno la propria politica. Le città etrusche e quelle umbre stipularono patti federativi, mentre con Celti e Sanniti perdurò lo stato di guerra.
Il vero significato della battaglia di Sentino fu che Roma, pur non essendo superiore alle altre potenze della penisola, dimostrò che era virtualmente indistruttibile, che nessuno poteva pensare di cancellarla dalla carta geografica. Roma, pur vincendo, non conquistò dei territori. Per l’Urbe il risultato concreto della battaglia di Sentino, infatti, fu la possibilità di continuare la sua politica di egemonia sul resto della penisola.
Quanto ai Galli Senoni, per essi la battaglia di Sentino, che si combatté sul loro territorio, rappresentò l’uscita di scena definitiva dalla lotta per il predominio sulla penisola. I romani approfittarono subito della débacle celtica impadronendosi, dopo pochi decenni, di metà del loro territorio.
[modifica] Come si svolse la battaglia
La campagna bellica di Galli Senoni e Sanniti contro i Romani e i loro alleati latini (Terza guerra sannitica) culmina con la battaglia di Sentino (località a metà strada tra Ancona e Perugia). Il fronte antiromano comprendeva quattro nazioni: da una parte Celti (comandati dai Senoni) e una coalizione italica comprendente Sanniti, Sabini, Pretuzi e Lucani; dall'altra Etruschi e Umbri. I romani avevano stipulato dei patti difensivi con Arezzo e con i Piceni per isolare i Celti ed avevano isolato i Sanniti legando a sé i popoli che confinavano con essi. Avevano inoltre intrapreso una spedizione punitiva in Etruria (298 a.C.) come dura reazione al patto etrusco-gallico.
Il comandante della coalizione antiromana era il sannita Gellio Egnazio; l'esercito di Etruschi e Umbri fu raccolto a Camars (Chiusi) e l'esercito di Celti e Sanniti fu raccolto a Sentino. Furono previsti due distinti accampamenti anche perché il piano prevedeva una manovra a tenaglia da nord e da nord-est per soffocare la forza di Roma. Il primo scontro avvenne contro Etruschi e Umbri (rinforzati da un contingente di Galli) e fu sfavorevole ai Romani. Invece contro i nemici più pericolosi, ossia Galli Senoni e Sanniti coi loro alleati italici, i romani ottennero a Sentino una netta vittoria. Le legioni romane erano guidate dai consoli Publio Decio Mure e Quinto Fabio Massimo Rulliano.
L'esercito di Etruschi e Umbri si raccolse a Chiusi, vicino al lago Trasimeno, e l'esercito di Celti e Sanniti si radunò a Sentino, nel territorio dei Senoni. Vennero previsti due distinti accampamenti, anche perché il piano prevedeva una manovra a tenaglia da nord e da nord-est per soffocare la forza di Roma. Il primo scontro avvenne nell'Etruria meridionale contro Etruschi e Umbri (rinforzati da un contingente di Galli) e fu sfavorevole ai romani. Invece a Sentino, contro i nemici più pericolosi, ossia Senoni e Sanniti coi loro alleati italici, i romani conseguirono una netta vittoria. Gellio Egnazio cadde nella disperata difesa degli accampamenti dei Sanniti e dei Galli. Si contarono ben 25.000 morti fra i Galli e i Sanniti, con 8000 prigionieri, mentre i romani ebbero 8000 caduti.
I Senoni persero i loro migliori capi politici e militari; tentarono la rivincita nel 284, ma furono nuovamente sconfitti: cominciò così il loro declino militare.
[modifica] Bibliografia
Tito Livio, Ab Urbe condita libri, X, 27
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