Fernando Tambroni
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Fernando Tambroni-Armaroli (Ascoli Piceno, 25 novembre 1901 - Roma, 18 febbraio 1963) è stato un uomo politico democristiano italiano, il cui nome rimane legato ad una delle crisi politiche più gravi e oscure attraversate dall'Italia dopo la fine della Seconda guerra mondiale.
Avvocato ed esponente del Partito Popolare, dopo l'instaurazione del regime totalitario da parte del fascismo nel 1926 subì un fermo di polizia. Ma successivamente a quell'episodio chiese e ottenne l'iscrizione al PNF, e divenne addirittura centurione della Milizia contraerea. Dopo la Liberazione, fu eletto deputato della Democrazia Cristiana alla Costituente. Rieletto deputato alle elezioni politiche del 1948, 1953 e 1958.
Esponente della sinistra democristiana del futuro presidente dellla Repubblica Giovanni Gronchi, fu sottosegretario alla Marina mercantile (1950 - 1953) e poi alla Giustizia (1953-1955) negli ultimi governi di Alcide De Gasperi. Ministro della Marina Mercantile (1953 - 1955) nei governi Pella, Fanfani I e Scelba, poi dell'Interno (1955-1959) nei governi Segni I, Zoli e Fanfani II, ministro del Tesoro con l'interim del Bilancio nel governo Segni II (1959 - 1960).
Nel marzo 1960 fu incaricato da Giovanni Gronchi di formare un governo monocolore Dc che aprisse ai socialisti, con l'obiettivo di arrivare all'approvazione del bilancio dello Stato in autunno. Ma la situazione era parlamentare incerta e confusa. Il centrismo, già declinante alla morte di De Gasperi, era entrato in una fase di crisi irreversibile, e non erano ancora maturi i tempi per un governo di centro-sinistra. Il discorso di presentazione del governo alla Camera ebbe invece l'effetto di attirare su Tambroni i soli voti del MSI oltre, ovviamente, a quelli del suo partito. Tre ministri (Fiorentino Sullo, Giorgio Bo e Giulio Pastore) e un sottosegretario (Nullo Biaggi) della sinistra Dc rassegnarono immediatamente le dimissioni. Non era certo la prima volta che un governo si reggeva sui voti determinanti dei missini, tuttavia il fatto che Tambroni avesse espressamente chiesto la fiducia di quel partito era sufficiente per dare una connotazione inquietante al suo governo.
Nell'impossibilità di trovare una soluzione diversa, Gronchi fu costretto a confermare Tambroni, il quale, sostituiti i ministri dimissionari, intraprese una politica demagogica (diminuizione del prezzo della benzina e dello zucchero) e di "apertura" al Msi dichiaratamente filofascista di Arturo Michelini, cercando di soffocare l'indignazione e le proteste del Paese con un'azione politica energica ed autoritaria.
Il colmo fu raggiunto quando in giugno il governo Tambroni autorizzò che il congresso nazionale del MSI si tenesse a Genova, città Medaglia d'oro della Resistenza. Corse perfino la voce che a presidere quelle assise sarebbe stato l'ex prefetto durante la Repubblica Sociale Italiana, responsabile di arresti e deportazioni in massa. Tutto ciò fu interpretato dai partiti antifascisti come una vera provicazione, scatenando scioperi e imponenti dimostrazioni di piazza, con la partecipazione di esponenti autorevoli dei partiti di sinistra e perfino di quelli moderati. Tambroni, insistendo a voler considerare la cosa come una semplice questione di ordine pubblico, inviò a Genova uno schieramento massiccio di forze dell'ordine. Le dimostrazioni si estesero in tutta Italia, e furono represse con metodi particolarmente energici. Dopo quella di Genova, in luglio ci furono delle manifestazioni antifasciste a Roma e a Catania, e culminarono con la strage di Reggio Emilia dove le forze dell'ordine furono autorizzate a sparare sulla folla, uccidendo 5 operai. In definitiva, si riscontrarono 13 morti e numerosissimi feriti (fra cui perfino dei parlamentari).
In quel luglio infuocato Tambroni, ormai compreso nel suo ruolo di'"uomo forte", continuò imperterrito nella sua azione. Incominciarono a circolare le voci di un imminente colpo di stato, in parlamento fioccavano i discorsi incendiari e i segretari dei partiti antifascisti, compreso quello della Dc Aldo Moro, per alcune sere dormirono fuori casa. Ma finì con il perdere il sostegno del Msi, che si era visto costretto dalla protesta popolare a rinunciare a tenere il suo congresso. Infine il presidente del senato Cesare Merzagora, espressione della borghesia imprenditoriale del Nord, fece un discorso pacificatore nel quale, oltre a proporre il rientro in caserma delle forze dell'ordine, fece capire chiaramente che anche la destra moderata intendeva prendere le distanze dalla linea intransigente del governo. Tambroni, ormai isolato dal suo partito, dovette rassegnarsi alle dimissioni. Il suo governo durò in tutto quattro mesi.
[modifica] Voci correlate
Predecessore: | Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana | Successore: | ![]() |
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Mario Scelba | 1955 - 1959 | Antonio Segni | I |
Predecessore: | Presidente del Consiglio dei Ministri Italiano | Successore: | ![]() |
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Antonio Segni | marzo 1960 - luglio 1960 | Amintore Fanfani | I |
Presidenti del Consiglio dei Ministri | |||
De Gasperi | Pella | Fanfani | Scelba | Segni | Zoli | Tambroni | Leone | Moro | Rumor | Colombo | Andreotti | Cossiga | Forlani | Spadolini | Craxi | Goria | De Mita | Amato | Ciampi | Berlusconi | Dini | Prodi | D'Alema |