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Imaging a risonanza magnetica - Wikipedia

Imaging a risonanza magnetica

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Uno scanner per l'MRI da 3 Tesla
Uno scanner per l'MRI da 3 Tesla

L'imaging a risonanza magnetica (detto MRI, Magnetic Resonance Imaging) è una tecnica di generazione di immagini (Imaging), usata prevalentemente a scopi diagnostici in campo medico e basato sul principio fisico della risonanza magnetica nucleare. Nel campo della medicina, il termine nucleare non viene usato, per non evocare correlazioni con la medicina nucleare, che utilizza isotopi radioattivi per la generazione delle immagini.

Anche se non sono usati raggi X per ottenere il risultato, questa modalità è normalmente considerata come facente parte del campo della radiologia, in quanto generatrice di immagini correlate alle strutture all'interno del paziente. L'imaging a risonanza magnetica è generalmente considerato non dannoso nei confronti del paziente.

Le informazioni date dalle immagini di risonanza magnetica sono essenzialmente di natura diversa rispetto a quelle degli altri metodi di imaging. Infatti sono normalmente visibili esclusivamente i tessuti molli, ed è inoltre possibile la discriminazione tra tipologie di tessuti non apprezzabile con altre tecniche radiologiche.

Gli svantaggi dell'utilizzo di questa tecnica sono principalmente una risoluzione spaziale non molto elevata e soprattutto il tempo necessario per l'acquisizione.

Indice

[modifica] Principi fisici

Per approfondire, vedi la voce Risonanza magnetica nucleare.

Il principio di funzionamento si basa sul sottoporre il paziente ad un forte campo magnetico statico. L'intensità del campo magnetico può variare dai decimi di Tesla, per piccole macchine dedicate allo studio delle articolazioni, a 3 Tesla per le macchine attualmente in commercio per scopi diagnostici.

Nel campo magnetico statico, gli spin dei protoni all'interno dei tessuti tendono ad allinearsi alle linee di forza (in modo parallelo o antiparallelo); poiché gli spin allineati in senso parallelo sono in numero superiore, i tessuti vengono a possedere una leggera magnetizzazione totale. Questo allineamento non è mai totale, ma piuttosto gli spin dei vari protoni incominciano a mostrare una precessione attorno alla direzione del campo magnetico.

Questa precessione mostra una frequenza tipica detta frequenza di Larmor che si trova nell'ordine dei MHz e quindi nel campo della radiofrequenza (per un campo di 1 T, la frequenza è di 42 MHz per l'atomo di idrogeno); se allora sul paziente viene applicato un campo magnetico rotante a questa esatta frequenza e di energia sufficiente, è possibile ruotare la magnetizzazione dei protoni di un angolo arbitrario (detto flip angle) che dipende dal tipo di immagini che si desidera ottenere.

Il fornire questa energia alla stessa frequenza di precessione è il fenomeno che dà il nome (risonanza) al metodo; si tratta dello stesso principio per cui fornendo la spinta al momento giusto, si può aumentare l'ampiezza delle oscillazioni di un'altalena.

Dopo l'impulso, man mano gli spin dei protoni tenderanno a tornare al loro stato iniziale di allineamento lungo il campo (fenomeno di rilassamento); tramite una bobina ricevente viene misurato l'andamento della magnetizzazione nel piano perpendicolare al campo magnetico principale (Free Induction Decay, o FID). Tale rilassamento avviene con due costanti di tempo distinte: la prima, indicata con T1, indica la rapidità con cui si ricostruisce la magnetizzazione diretta lungo la direzione del campo principale, e dipende dall'interazione tra protoni e le molecole circostanti (rilassamento spin-reticolo), la seconda, indicata con T2, indica la rapidità con cui si distrugge la componente di magnetizzazione trasversale in condizioni ideali, e dipende dall'interazione mutua di protoni vicini (rilassamento spin-spin). In situazioni reali, la componente trasversa viene distrutta a causa della perdita di coerenza di fase tra i vari protoni del campione osservato, con un tempo chiamato T2* < T2. Essendo espressione di proprietà fisiche diverse, queste costanti sono in generale indipendenti l'una dall'altra, e funzioni dell'intensità del campo magnetico.

In teoria, sarebbe possibile effettuare misurazioni rilevando il segnale emesso da una grande varietà di nuclei atomici, come ad esempio il sodio, il fosforo, il carbonio e l'idrogeno, impostando la frequenza di risonanza delle bobine a radiofrequenza al valore appropriato. Tuttavia in campo diagnostico viene attualmente usato quasi esclusivamente l'idrogeno come fonte di segnale.

[modifica] Tecnologia

Uno scanner commerciale è principalmente formato da elementi che creano campi magnetici statici oppure variabili nel tempo e nello spazio, coordinati da una complessa elettronica di controllo. Tali elementi sono:

  1. Il magnete principale, la cui funzione è creare un campo magnetico statico e omogeneo di elevata intensità per permettere la polarizzazione dei nuclei.
  2. Le bobine a radiofrequenza, che generano il campo magnetico rotante alla frequenza di Larmor.
  3. Le bobine di gradiente, che generano campi magnetici che variano linearmente nello spazio, indispensabili alla generazione di immagini.
  4. Varie bobine ausiliarie, che servono a compensare per eventuali inomogeneità o per modificare in altro modo le geometrie dei campi principali.

[modifica] Magnete principale

Il magnete principale è il componente più grande e costoso dello scanner, e tutto il resto dello scanner può essere considerato ausiliario ad esso. La sua funzione è quella di creare un campo magnetico costante nello spazio e nel tempo. La specifica più importante di un magnete per l'imaging a risonanza magnetica è l'intensità del campo prodotto. Campi magnetici di maggiore intensità aumentano il rapporto segnale rumore (SNR) dell'immagine, permettendo risoluzioni più alte o scansioni più rapide. Tuttavia, intensità più alte richiedono magneti più costosi e con costi di manutenzione più elevati, oltre ad avere bisogno di misure di sicurezza più accurate. Al momento (2007), campi magnetici a 1.5T sono considerati un buon compromesso tra costo e prestazioni per l'uso clinico generale. Sta comunque iniziando l'introduzione di campi magnetici a 3T soprattutto per applicazioni di risonanza magnetica funzionale cerebrale o per l'imaging cardiaco. Alcuni studi sono in corso per ciò che riguarda l'imaging sull'uomo con campi magnetici a 7T ed è attualmente in costruzione uno scanner whole-body (cioè in grado di effettuare l'imaging di ogni distretto corporeo) a 11.7T (Progetto Neurospin, Francia). Per esperimenti su cavie e piccoli animali, campi magnetici fino a 17T sono attualmente usati.

Un parametro altrettanto importante per valutare la qualità di un magnete è la sua omogeneità: le fluttuazioni nell'intensità del campo all'interno della regione osservata dovrebbero essere inferiori allo 0.001%.

Tre tipologie di magnete sono usate:

  • Magnete permanente. Magneti convenzionali fatti di materiali ferromagnetici (ad esempio acciaio) possono essere usati per ottenere il campo principale. Magneti di questo tipo sono estremamente ingombranti (con un peso che può superare le 100 tonnellate), ma una volta installati necessitano di pochi costi di manutenzione. I magneti permanenti possono raggiungere solo intensità di campo limitate (normalmente inferiori a 0.4T) ed hanno stabilità nel tempo ed omogeneità non eccellenti. Pongono inoltre problemi di sicurezza, in quanto il campo magnetico non può essere mai disattivato.
  • Elettromagnete resistivo. Si tratta di un solenoide di cavo di rame. I vantaggi di questo tipo di magnete sono il basso costo, ma l'intensità di campo è limitata e la stabilità scarsa. L'elettromagnete richiede una corrente elettrica notevole per mantenere attivo il campo, il che lo rende costoso da utilizzare. Questa soluzione è in generale obsoleta.
  • Elettromagnete a superconduttore. Quando una lega di niobio-titanio è raffreddata da elio liquido a 4°K, essa diventa superconduttiva, cioè riduce la propria resistenza elettrica a zero. Costruendo un elettromagnete con cavo superconduttivo, è possibile ottenere intensità di campo molto alte con ottime caratteristiche di stabilità. La costruzione di un tale magnete è estremamente costosa, e l'elio per il raffreddamento è costoso e molto difficile da maneggiare. Tuttavia, nonostante il costo, magneti a superconduttore raffreddati ad elio sono i più comunemente usati negli scanner moderni. Nonostante l'isolamento termico, il calore presente nell'ambiente attorno allo scanner causa una lenta ebollizione ed evaporazione dell'elio liquido. Di conseguenza è necessario un regolare rabboccamento del livello di elio. Per questo motivo, un criostato può essere usato per ricondensare l'elio che evapora. Sono anche attualmente disponibili scanner privi di raffreddamento ad elio, in cui il cavo del magnete è direttamente raffreddato dal criostato.

I magneti principali sono disponibili in diverse forme. Tuttavia, i magneti permanenti sono più frequentemente fatti a forma di ferro di cavallo, mentre quelli a superconduttore sono in genere toroidali. Tuttavia, magneti a superconduttore a ferro di cavallo e magneti permanenti quadrati sono a volte usati.

[modifica] Bobine di gradiente

Componente fondamentale di uno scanner per l'imaging sono le bobine di gradiente, avvolgimenti in cui la corrente che vi scorre è modulata a seconda delle direttive della sequenza di eccitazione, e che hanno lo scopo di modificare l'intensità del campo magnetico lungo i tre assi spaziali. La loro caratteristica principale la generazione di campi magnetici che variano linearmente di intensità lungo una direzione, e sono uniformi rispetto alle altre due.

Ad esempio, attivando solo la bobina di gradiente lungo l'asse Z (convenzionalmente la direzione in cui è orientato il campo magnetico principale), si avrà all'interno del magnete un campo uniforme in ogni piano XY, mentre nella direzione Z varierà secondo la formula B0 + Gzz, dove B0 è l'intensità iniziale del campo magnetico, e Gz è l'intensità del gradiente, misurata in T/m. Valori tipici per i sistemi di gradienti degli scanner attualmente in commercio vanno da 20 mT/m fino a 100 mT/m. In pratica considerando uno scanner che abbia una zona utile per l'imaging (field of view) lunga 50cm, ed una intensità di campo di 1.5T, quando una bobina di gradiente da 20mT/m è attiva alla massima intensità, si avranno 1.45T ad una estremità e 1.55T all'altra.

L'effetto delle bobine di gradiente è quello di modificare la frequenza di risonanza dei nuclei in maniera dipendente dalla posizione spaziale. Questo concetto è alla base della generazione di immagini.

[modifica] Geometria delle bobine di gradiente

Rappresentazione schematica della geometria delle bobine di gradiente in uno scanner toroidale. In blu, la bobina agente lungo l'asse Z, in verde e rosso le bobine agenti lungo gli assi Y e X
Rappresentazione schematica della geometria delle bobine di gradiente in uno scanner toroidale. In blu, la bobina agente lungo l'asse Z, in verde e rosso le bobine agenti lungo gli assi Y e X

La maggior parte degli scanner attualmente in commercio hanno un magnete a superconduttore di forma toroidale. Per questo motivo le bobine di gradiente hanno geometrie diverse a seconda della direzione spaziale in cui sono attive (vedi figura), così da poter essere integrate nella struttura dello scanner. A causa della diversa forma geometrica, le prestazioni delle bobine non sono uguali. In generale la bobina diretta lungo l'asse Z produce un campo magnetico più omogeneo e lineare, in quanto è solenoidale e le equazioni che regolano il campo in queste condizioni sono di soluzione relativamente semplice.

Tuttavia, a causa delle proprietà fisiche del campo magnetico, è impossibile ottenere un campo perfettamente lineare ed orientato in una unica direzione. In particolare, la terza equazione di Maxwell:

\vec \nabla \cdot \vec  B = 0

nega la possibilità di creare un campo variabile linearmente nello spazio senza che si formino campi carianti in modo diverso orientati nelle altre direzioni spaziali (detti campi concomitanti o campi di Maxwell). Per questo motivo, le bobine di gradiente, per quanto ben progettate, non possono mantenere una qualità uniforme in tutto lo spazio disponibile per l'imaging, e nella pratica sono necessarie alcuni interventi di correzione dell'immagine finale che tengano conto della non idealità del campo. In particolare, i campi concomitanti aumentano di intensità in maniera proporzionale al quadrato della distanza dal centro del magnete, e sono soprattutto visibili nelle immagini di fase.

[modifica] Bobine ausiliarie

Attorno al magnete principale si trovano anche altre bobine oltre alle bobine di gradiente, che hanno la funzione di migliorare le caratteristiche del sistema stesso.

[modifica] Bobine di shimming

Queste bobine hanno lo scopo di creare campi magnetici tali da annullare le imperfezioni e non linearità del campo magnetico principale, in modo da renderlo più omogeneo e quindi mantenere il più costante possibile la frequenza di Larmor nella zona di cui si vuole fare l'imaging.

Al posto di bobine controllate elettronicamente, o più spesso in aggiunta ad esse, si utilizza anche uno shimming passivo, costituito da elementi in materiale ferromagnetico posti nei dintorni del campo magnetico principale, che ne distorcono le linee di flusso

[modifica] Bobine di schermatura (shielding)

Queste bobine possono essere comandate autonomamente (schermatura attiva) oppure essere semplici avvolgimenti accoppiati induttivamente con le bobine di gradiente.

Lo scopo di questi avvolgimenti consiste nel generare un campo magnetico che si annulli col campo primario o col campo prodotto dalle bobine di gradiente nei punti in cui non è desiderato un effetto magnetico, ad esempio all'esterno del magnete.

Nonostante non siano noti effetti nocivi di un campo magnetico statico sui tessuti organici, almeno alle intensità usate per l'imaging diagnostico, è buona norma cercare di ridurre i campi indesiderati, sia per motivi precauzionali che per la salvaguarda delle apparecchiature elettriche ed elettroniche nei dintorni dello scanner ed all'interno dello scanner stesso. I campi magnetici variabili creano nei materiali conduttori delle correnti indotte (dette eddy currents, letteralmente correnti a vortice perché scorrono lungo linee circolari) che possono creare interferenza nelle apparecchiature ed effetti biologici negli esseri viventi, in quanto interferiscono con il debole campo elettrico dei neuroni, creando stimolazioni periferiche dei motoneuroni o, nei casi più gravi, disturbi temporanei alla vista fino alla stimolazione delle fibre cardiache, con rischio di fibrillazione ventricolare.

[modifica] Sequenze di eccitazione

Una successione di impulsi a radiofrequenza e di applicazione di gradienti costituisce le cosiddette sequenze di impulsi o sequenze di eccitazione. Gli impulsi a radiofrequenza hanno la funzione di perturbare l'equilibrio degli spin e di generare il segnale, mentre gli impulsi di gradiente influenzano la frequenza e la fase del segnale ricevuto, e sono necessari a l'ottenimento dell'immagine.

[modifica] Imaging

Per approfondire, vedi la voce k-spazio.
Rappresentazione del meccanismo di selezione della fetta. L'applicazione del gradiente fa variare linearmente la frequenza di Larmor all'interno del volume. Un impulso radio monocromatico eccita solamente un piano del volume.
Rappresentazione del meccanismo di selezione della fetta. L'applicazione del gradiente fa variare linearmente la frequenza di Larmor all'interno del volume. Un impulso radio monocromatico eccita solamente un piano del volume.
Rappresentazione schematica della codifica in frequenza.
Rappresentazione schematica della codifica in frequenza.

La generazione di immagini avviene attraverso la ripetuta acquisizione di segnali provenienti dal corpo, e attraverso l'opportuna modulazione delle bobine di gradiente. Facendo in modo che ogni voxel dell'immagine abbia una frequenza e/o una fase diversa rispetto a tutti gli altri, si riescono a separare i segnali provenienti da una singola porzione.

L'imaging avviene attraverso tre processi separati:

  1. la selezione di una "fetta" (slice);
  2. la codifica in frequenza;
  3. la codifica di fase.

[modifica] Selezione della "fetta" (slice)

L'applicazione di un gradiente lungo una direzione, fa sì che la frequenza di Larmor degli atomi vari linearmente lungo quella direzione. Come conseguenza, il corpo all'interno del magnete viene suddiviso in piani isofrequenziali paralleli. Un impulso radio ad una specifica frequenza (monocromatico) applicato mentre il gradiente è attivo, ecciterà un solo piano, lasciando in condizione di equilibrio tutti gli altri.

[modifica] Codifica in frequenza

Applicando un gradiente dopo l'impulso a radiofrequenza e durante l'acquisizione del segnale emesso, si varia linearmente lungo lo spazio la frequenza di emissione da parte dei protoni. Il segnale acquisito è la somma di segnali a frequenze diverse, le quali possono essere ottenute tramite la trasformata di Fourier. Facendo corrispondere ad ogni frequenza una posizione spaziale, si ottiene una localizzazione in una dimensione. Per localizzare gli spin anche nella seconda direzione spaziale, è necessario utilizzare la codifica di fase.

[modifica] Codifica di fase

Il gradiente nella seconda direzione spaziale viene applicato dopo l'impulso a radiofrequenza ma prima dell'acquisizione. Gli spin lungo quella direzione al momento dell'acquisizione avranno acquistato una fase pari a fLGyyt dove fL è la frequenza di Larmor, y è la coordinata lungo l'asse della codifica e t è il tempo di applicazione del gradiente. Una sola codifica di fase non è sufficiente per ottenere informazioni spaziali, per questo è necessario che la sequenza venga ripetuta un certo numero di volte per ottenere un campionamento significativo lungo la direzione della fase.

[modifica] Sequenze di base

Diversi tipi di sequenze portano ad immagini che evidenziano caratteristiche diverse dei tessuti; in particolare due sequenze classiche servono ad individuare rispettivamente il T1 ed il T2. Entrambe si basano sull'applicazione di due impulsi a radiofrequenza in grado di far ruotare il vettore magnetizzazione nello spazio di 90° e 180°, ma i due impulsi vengono emessi in ordine inverso nelle due sequenze. Esse prendono il nome di inversion recovery e di spin echo. L'applicazione di un solo impulso capace di ruotare la magnetizzazione di 90° produce una sequenza di nome Free Induction Decay (FID).

[modifica] Free Induction Decay (FID)

(video) Precessione libera di uno spin in un campo magnetico (info)
Problemi a vedere il filmato? Leggi l'aiuto sui video.



In questa sequenza viene applicato un solo impulso in grado di ruotare il vettore magnetizzazione di 90° (impulso a 90°), portando tutta la magnetizzazione presente sull'asse parallelo al campo principale, sul piano trasverso. La precessione di questo vettore produce un segnale oscillante monocromatico alla frequenza di Larmor, che si attenua secondo una legge esponenziale con costante di tempo T2*, chiamato segnale di Free Induction Decay o semplicemente FID:

M(t)=M_0e^{-t/T_2^*}

dove M0 è la magnetizzazione presente sull'asse longitudinale al momento dell'impulso a 90°. Se il sistema era in condizioni di equilibrio al momento dell'impulso, allora M0 dipende solo dalla densità degli spin (densità protonica), se la sequenza viene ripetuta in maniera rapida (TR nell'ordine di T1), il sistema non ha il tempo di tornare allo stato di equilibrio, e quindi la magnetizzazione iniziale sarà quella che si è riuscita a ripristinare nel tempo TR, e quindi dipendente da T1. Per questo motivo, sequenze con TR molto piccoli sono in generale definite T1-pesate.

[modifica] Inversion Recovery

schema dei segnali RF nella sequenza di inversion recovery
schema dei segnali RF nella sequenza di inversion recovery
(video) Rappresentazione degli spin in una sequenza di inversion recovery (info)
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In questa sequenza vengono applicati due impulsi a radiofrequenza per ogni ripetizione (più gli impulsi di gradiente per ottenere l'immagine come visto poco sopra), il primo a 180°, ed il secondo, dopo un tempo TI, a 90°.

Il primo impulso non produce nessun segnale, in quanto la magnetizzazione cambia di verso ma si mantiene parallela al campo magnetico principale; tuttavia, essa tenderà a riacquistare il verso originario secondo una legge esponenziale data dalla seguente formula:

M(t) = M_0(1-2e^{-t/T_1})

All'istante TI, la magnetizzazione lungo la direzione parallela all'asse principale viene ruotata fino a portarsi nel piano trasverso, in cui inizierà il moto di precessione. Questo moto, genera un segnale di intensità proporzionale al modulo del vettore magnetizzazione, e quindi proporzionale a |1-2e^{-T_I/T_1}|. Come si osserva, dal momento che TI è un parametro scelto dall'operatore, l'intensità del segnale dipende dal parametro fisico T1 e dal vettore magnetizzazione iniziale M0, proporzionale alla densità protonica. Se si vuole ottenere una misura esatta di questi parametri, sono necessarie più scansioni con diversi TI seguiti da un'operazione di regressione nonlineare.

[modifica] Spin Echo

schema dei segnali RF nella sequenza di spin echo
schema dei segnali RF nella sequenza di spin echo
(video) Rappresentazione degli spin in una sequenza di spin echo (info)
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Anche in questo caso vengono usati due impulsi RF a 90° e 180°, ma stavolta vengono applicati in ordine inverso rispetto alla sequenza di inversion recovery. Il primo segnale a 90° ruota tutta la magnetizzazione nel piano trasverso rispetto al campo magnetico applicato, e produce un segnale FID che tende a zero con la costante di tempo T2*. Applicando dopo un certo intervallo di tempo TE/2 un impulso a 180°, il verso in cui gli spin precedono cambia. Siccome ogni spin si trova immerso nello stesso campo magnetico precedente, esso "tornerà indietro" con la stessa velocità di prima, causando un "riavvolgimento" delle fasi ed una riacquisizione della coerenza da parte del segnale. Al tempo TE gli spin saranno tutti di nuovo in fase, e si produrrà un eco, la cui ampiezza massima sarà inferiore all'ampiezza del FID registrato precedentemente, in quanto nel frattempo gli spin avranno ricevuto un certo decadimento T2. In pratica, il modulo del vettore magnetizzazione trasversa al tempo TE sarà pari a:

M(T_E) = M_0 e^{-T_E/T_2}

producendo quindi un eco di ampiezza proporzionale a tale valore. In maniera simile al caso precedente, i parametri fisici da cui dipende l'ampiezza di questo segnale sono il tempo di rilassamento T2 e la densità protonica.

[modifica] Modalità di imaging (contrasti)

A differenza di altre tecniche di imaging, che permettono la raccolta di informazioni su una sola grandezza fisica (attenuazione ai raggi X nelle tecniche radiografiche, concentrazione di tracciante nelle tecniche di medicina nucleare ecc.), l'imaging a risonanza magnetica produce immagini che rispecchiano differenti proprietà fisiche, a seconda del tipo di sequenza utilizzata. Immagini di differenti grandezze fisiche vengono dette avere differente contrasto.

[modifica] Contrasti "classici"

Le modalità di imaging più comuni e storicamente precedenti rispetto alle altre sono quattro:

  • densità protonica;
  • pesata T1;
  • pesata T2;
  • pesata T2*.

[modifica] Valenza diagnostica

Imaging a risonanza magnetica di un cervello sano (a destra) e di un cervello affetto dal morbo di Alzheimer (a sinistra)
Imaging a risonanza magnetica di un cervello sano (a destra) e di un cervello affetto dal morbo di Alzheimer (a sinistra)

Le immagini di risonanza magnetica hanno una risoluzione intrinseca piuttosto bassa (particolari di 1 mm sono praticamente al limite della visibilità), ma l'importanza di questo esame sta nel fatto di poter discriminare, per esempio, tra un tessuto del fegato ed uno della milza (che rispetto ai raggi X presentano la stessa trasparenza). A prima vista, un'immagine di risonanza è quasi identica a un'immagine ottenuta tramite tomografia computerizzata, dalla quale però si distingue per il fatto che le ossa, chiare quando viste con i raggi X, qui compaiono scure. Esternamente le attrezzature per una TC e per una risonanza sono simili (ma la tecnica di imaging è completamente diversa): la principale differenza è la lunghezza del tubo in cui viene inserito il paziente, piccola nel caso della TC, maggiore nel caso della MRI. In entrambe il paziente, su un lettino, viene inserito in un anello (in questo caso, al suo interno sono nascosti i solenoidi indicati prima). Il paziente non deve assolutamente indossare oggetti di materiale metallico potenzialmente ferromagnetico, quali orologi, bracciali, catenine; non può essere sottoposto a questo esame un portatore di pacemaker, clips vascolari, protesi significative o un individuo che abbia subito incidenti con penetrazione di schegge metalliche rimaste alloggiate nei tessuti. Oggetti di materiale ferromagnetico immersi in un campo magnetico intenso subiscono forze rilevanti che possono provocarne lo spostamento con conseguente danno ai tessuti, ad esempio nel caso delle schegge che si trovassero vicino a vasi sanguigni; anche in assenza di tale rischio la presenza di materiale ferromagnetico, alterando il campo cui sono sottoposti i tessuti, può degradare l'immagine.

Le immagini generate da questa modalità hanno normalmente dimensioni da 256x256 pixel (immagini cardiache) a 1024x1024 pixel (immagini cerebrali ad alta risoluzione) per una profondità di 16 bit/pixel.

[modifica] Bibliografia

  • Valli Guido; Coppini Giuseppe. Bioimmagini. Bologna, Pàtron, 2002. ISBN 8855528386
  • (EN) Haake EM, Brown BW, Thompson MR, Venkatesan R. Magnetic resonance imaging: Physical Principles & Sequence Design. J Wiley-Liss, 1999. ISBN 0471351288
  • (EN) Brevetto US 3,789,832: Raymond V. Damadian, Apparatus and Method for Detecting Cancer in Tissue, 1972 (primo brevetto nel campo dell'MRI)

[modifica] Voci correlate

[modifica] Altri progetti

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