Museo Nazionale di San Marco
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Il Museo San Marco, che ha sede nella parte monumentale di un antico convento domenicano, si trova in Piazza San Marco a Firenze in Italia.
Il museo espone opere del Beato Angelico, di Jacopo Vignali, Domenico Ghirlandaio, Fra' Bartolomeo, Plautilla Nelli, Fra' Paolino ecc. Le antiche celle monastiche al piano superiore, che si snodano attraverso tre corridoi, sono decorate dal celebre ciclo di affreschi raffiguranti Storie della vita di Cristo e realizzati da Beato Angelico e dai suoi allievi.
Indice |
[modifica] La storia
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Per approfondire, vedi la voce Chiesa di San Marco (Firenze). |
Cosimo il Vecchio de' Medici cedette il convento e la chiesa di San Marco ai "Domenicani osservanti" di Fiesole nel 1436.
In precedenza vi avevano risieduto i monaci Silvestrini, rimossi da papa Eugenio IV; dell'antica fabbrica restano tuttora alcune vestigia e stralci di affreschi al di sotto dei piani di calpestio.
Come testimoniato dalle Vite di Giorgio Vasari, Cosimo Pater Patriae non risparmiò né energie né denaro per compiere una radicale ristrutturazione dell'edificio, affidata all'architetto Michelozzo; a lavori terminati, nel 1452, il convento di San Marco divenne uno dei monasteri più moderni, belli e confortevoli d'Italia.
Il progetto michelozziano si concretizza in un ampio edificio in sobrio stile rinascimentale, arioso ed elegante, caratterizzato da ampie superfici intonacate e da arcate a tutto sesto sostenute da esili colonnine, da spazi regolari scompartiti con chiarezza. Il capolavoro dell'architetto è costituito dalla sala della Biblioteca, divisa in tre navate e con copertura a botte, che diverrà durante il regno di Lorenzo il Magnifico uno dei ritrovi privilegiati per alcuni insigni umanisti, tra cui Angelo Poliziano e Pico della Mirandola, che qui potevano liberamente consultare testi in lingua latina e greca, nella prima "biblioteca pubblica" mai realizzata nel mondo occidentale.
Il Convento di San Marco fu espropriato per una prima volta nel 1808, in era napoleonica; tornato in possesso dei frati domenicani in seguito alla caduta dell'imperatore francese e alla Restaurazione, il monastero fu nuovamente confiscato dallo Stato italiano nel 1866, con l'emanazione del celebre R.D. 7 luglio 1866, che prevedeva la soppressione degli ordini religiosi.
Dichiarato bene monumentale di importanza nazionale, venne aperto al pubblico nel 1869.
Il convento di San Marco è celebre, oltre che per le opere d'arte di cui è ricco, anche per i numerosi celebri personaggi che ospitò fra le sue mura: Sant'Antonino, fra' Girolamo Savonarola e soprattutto il frate e pittore Giovanni da Fiesole, detto Beato Angelico.
[modifica] Il Museo
Dal chiostro detto di Sant'Antonino, costruito da Michelozzo prima del 1440 e affrescato unsecolo dopo da Bernardino Poccetti, si accede agli ambienti che costituiscono il complesso museale di San Marco. Qui il Beato Angelico dipinse sopra la lunetta di ciascuna porta un affresco. Le lunette del chiostro furono invece affrescate fra la fine del Cinquecento e i primi del Seicento da Bernardino Poccetti e da altri artisti con scene illustranti la Vita e i miracoli di Sant'Antonino.
La sala dell'Ospizio, dove in origine venivano accolti i pellegrini, è dedicata al Beato Angelico e raccoglie molti dei suoi più importanti dipinti su tavola, come la Deposizione eseguita per Palla Strozzi, la Pala di San Marco, commissionata dai Medici nel 1440, e il tabernacolo dei Linaioli eseguito nel 1433-1434 in collaborazione con Lorenzo Ghiberti.
Anche la Sala Capitolare fu affrescata dal frate pittore con la complessa e allegorica Crocifissione terminata nel 1442, un vero capolavoro, durante la realizzazione della quale si dice che l'Angelico si commosse fino alle lacrime.
Negli altri vani del museo al piano terreno, fra i quali il Lavabo ed i due Refettori, si raccolgono opere dei maggiori artisti del Quattrocento e del Cinquecento fiorentino: Domenico Ghirlandaio (Cenacolo del 1482, una versione in scala ridotta del Cenacolo di Ognissanti), Alesso Baldovinetti, Giovanni Antonio Sogliani e fra Bartolomeo.
Il secondo Refettorio raccoglie opere della cosiddetta scuola di San Marco, cioè degli allievi di fra Bartolomeo.
Al primo piano, dopo il bellissimo affresco dell'Annunciazione che accoglie i visitatori dopo le scale, sono situate le celle dei monaci, affrescate una ad una dall'Angelico e aiuti con scene che ispirassero la preghiera dei monaci, soprattutto legate alle scene della Passione del Cristo. In fondo al braccio sud si trovano le celle abitate da Girolamo Savonarola, suggestivamente allestite in stile e arricchite da alcune reliquie dello storico frate.
Fa parte del Museo anche l'antica Biblioteca costruita al primo piano da Michelozzo per volere di Cosimo de' Medici, con un'ariosa struttura ben illuminata che facilitase la lettura e lo studio. Ancora oggi custodisce una cospicua quantità di preziosi codici miniati. Sebbene la gran parte dei libri più preziosi (molti risalenti all'epoca di Cosimo il vecchio) sia stata trasferita alla Biblioteca Mediceo Laurenziana in seguito alla soppressione del convento nei primi anni del XIX secolo, la Biblioteca conventuale custodisce ancora una raccolta di opere di teologia e filosofia e comprende anche una parte della biblioteca di Giorgio La Pira. Presso il convento ha poi sede la raccolta di spiritualità Arrigo Levasti, fondata nel 1973 col lascito del grande studioso cattolico.
Nella Foresteria sono raccolti numerosi resti lapidei provenienti dalle demolizioni ottocentesche del centro di Firenze e del ghetto, durante l'epoca del "Risanamento" a cavallo tra XIX e XX secolo.
San Marco rimane tuttora una comunità domenicana, e i frati abitano il chiostro interno, dietro la stanza capitolare.
[modifica] Il Cenacolo del Ghirlandaio
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Per approfondire, vedi la voce Cenacoli di Firenze. |
Affrescato nel 1485 da Domenico e Davide Ghirlandaio, con aiuti della bottega, fu eseguito nel refettorio della foresteria, cioè dove mangiavano in genere le persone ospitate nel cenvento, non i monaci. Si ritiene in genere che Domenico, a quel tempo al culmine della popolarità e pieno di commissioni, abbia preparato solo il disegno differendo la realizzazione pittorica soprattutto al fratello e al discepolo Sebastiano Mainardi.
Si rifà molto all'analoga Ultima cena dipinta nel convento di Ognissanti della quale ricalca la quinta architettonica, con l'apertura nelle volte su un loggiato in prospettiva e dietro su un giardino, comprese le piante e gli animali presenti (tutta una metafora del paradiso, con i vari animali e frutti in un preciso complesso simbolico), mentre sono più numerose le variazioni nella raffigurazione delle figure umane. L'iscrizione che corre sulla parete sopra le teste degli apostoli riporta "Ego dispono vobis disèposuit mihi pater meus regnum ut edatis et bibatis super mensa meam in regno meo" una frase usata anche durante la messa che allude alla trasmigrazione nel Regno dei Cieli.
Rispetto ad Ognissanti la rappresentazione appare più seria e monumentale, con i personaggi più composti, il che fa pensare che il Ghirlandaio avesse voluto rappresentare il momento successivo all'annuncio del tradimento, con Giuda, sempre di spelle che ha già in mano il pezzo di pane offertogli da Gesù e l'agitazione degli apostoli già più acquietata.
Nella pèarte centrale, dove si congiungono i due archetti della volta, fu raffigurato un piccolo Crocefisso, secondo uno schema ben consolidato di affiancare scene delle passione alla rappresentazione della cena.
[modifica] Beato Angelico
- Il Giudizio Universale (1432-1435 circa)
- Deposizione dalla Croce (1437-1440 circa)
- La Trasfigurazione (1441-1443 circa)
- Adorazione del Bambino (1439-1443)
[modifica] La Piagnona
Legata alle vicende savonaroliane, la campana della chiesa (detta la piagnona, come i piagnoni i seguaci del frate ferrarese) subì un curioso processo come punizione per aver suonato ad allarme quando i fiorentini si accalcarono al convento per prelevare il frate condannato per eresia. La campana fu staccata e portata in processione per la città mentre veniva colpita da fruste di cuoio per castigo. Fu deposta presso la chiesa di San Salvatore al Monte e non suonò mai più. Dopo essere stata conservata a lungo nel cortile del Museo topografico Firenze com'era, dai primi anni del 2000 è tornata ai luoghi legati alla sua storia, nell'attiguo museo di San Marco.
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