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Oliver Stone, il regista di Nato il 4 luglio, Platoon e J.F.K., a più di vent'anni dalla morte di Morrison, leader dei Doors (Jim Morrison, Ray Manzarek, Robby Krieger, John Densmore), rivivono i personaggi, musica e passioni dei favolosi anni sessanta. Sesso, droga e rock'n'roll, poesia e vibrazioni psichedeliche, fanno da scenario alla breve ma intensa esistenza di una grande star mai dimenticata. questa potrebbe essere l'interpretazione di "The doors" se non si tacciasse di essere una biografia accurata della vita di Jim morrison. l'idea di far comparire Jim morrison come un personaggio dedito esclusivamente a droghe e riti satanici è suggestiva ma errata, a questo proposito si rimanda alla lettura di "light my fire" di Ray Manzarek pubblicato recentemente in italia. Oliver Stone secondo quanto afferma Manzarnek non era sintonizzato con l'energia di Morrison bensì era una persona meschina. È importante inoltre notare che nessuno del sopravvissuto entourage dei doors (nemmeno i vecchi componenti) abbiano voluto legare il proprio nome ad una storia che non ritenevano propria e troppo viziata dalla esuberante (e fastidiosa) personalità di Stone, che per esigenze di mercato ha preferito celare una sensibilità certamente speciale, un enorme pathos poetico, dietro al luogo comune della rockstar dedita a supervizi e insensibile verso tutti i "veri" amici. The Doors è certamente un ottimo prodotto, buona regia (se non altro stone con la macchina è un mostro), belle scenografie, costumi perfetti, attori calzanti e preparati, ma è bene ricordare di non guardare il film come se fosse una accurata biografia dei Doors, piuttosto come un simpatico tentativo di rappresentare gli eccessi più sfrenati degli anni saessanta-settanta.
- Un'emozione troppo grande per essere espressa a parole. Anche la musica è splendida. La Repubblica
- Un grande video dell'America dei figli dei fiori e della contestazione per il Vietnam. Il Giornale
- Stone ha fatto ancora centro... L'Unità
- Val Kilmer è l'interprete appropriato del cantante che crea distruggendo se stesso. (Alfio Cantelli, Il Giornale)
- Accentuata dai toni rossi o cupi, la visione di Oliver Stone della cultura giovanile degli anni sessanta è quella di un vicequestore: ci vede soltanto droga viziosa, perversione e promiscuità sessuale, pazzia, vomito e maleducazione. (Lietta Tornabuoni, La Stampa)
- Solo nelle scene dove si fissa il vissuto senza schemi intellettualistici nelle scene in cui l'idolo è opposto alla folla eccitata, Oliver Stone recupera una misura di giudizio e, direi di conseguenza, una prepotente capacità di rappresentazione. (Francesco Bolzoni, L'Avvenire)
- Il film interessa, oltre la colonna sonora, quando è critico nei confronti di questo personaggio spesso indisponente per quel che fa e dice. È invece inaccettabile quando lo idolatra, nelle sue proclamate trasgressioni, avvolgendolo con la macchina da presa con evidente compiacenza e trasmettendocene, probabilmente, un'immagine non veritiera. (Franco Colombo, L'Eco di Bergamo)
- Il film dovrebbe piacere a molti: per i ricordi che suscita, per la musica che lo invadono e, non certo come ultimo merito, per l'interpretazione straordinaria di Val Kilmer; i quarantenni vi riconosceranno (almeno in parte) Jim Morrison, i ventenni, da adesso, sapranno chi è stato. (Gian Luigi Rondi, Il Tempo)
- La formidabile colonna sonora è il tessuto connettivo del film. (Valerio Caprara, Il Mattino)
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