Trattato di Firenze
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Il trattato di Firenze del 28 novembre 1844 fu stipulato tra i governi del Granducato di Toscana, del Ducato di Modena e Reggio e del Ducato di Parma e Piacenza.
Scopo del trattato era quello di attuare alcune disposizioni e compensazioni territoriali previste dal Congresso di Vienna del 1815 e razionalizzare i confini tra i tre stati nell'area della Lunigiana e della Garfagnana, dove erano ancora presenti confini contorti e varie enclaves. Si previde che il trattato sarebbe entrato in vigore alla morte di Maria Luigia d'Austria, duchessa di Parma senza diritti successori, che avrebbe permesso il ritorno dei Borboni sul trono del ducato emiliano e l'annessione del ducato di Lucca al Granducato di Toscana, che per compenso avrebbe ceduto alcune enclaves in Garfagnana e Lunigiana ai due ducati emiliani.
Le clausole del trattato prevedevano:
- il Ducato di Parma e Piacenza avrebbe ceduto Guastalla al Ducato di Modena e Reggio ed avrebbe rinunciato ai diritti sui vicariati toscani di Barga e Pietrasanta (che dovevano essere ceduti per il trattato del 1815) in cambio dell'annessione del vicariato di Pontremoli.
- i due ducati emiliani si scambiavano vicendevolmente alcune fasce di territorio lungo il confine del fiume Enza.
- rimanevano in vigore le previste cessioni che il Granducato di Toscana avrebbe dovuto fare a vantaggio del Ducato di Modena e Reggio al momento dell'annessione del Ducato di Lucca, ossia il vicariato di Fivizzano e le tre enclaves lucchesi di Gallicano, Minucciano e Montignoso. Il comune di Castiglione di Garfagnana, pure esso destinato a Modena al momento dell'annessione di Lucca alla Toscana, era passato già nel 1819 al ducato estense per un accordo con i Borbone che reggevano Lucca.
L'attuazione del Trattato non fu facile come i tre sovrani si aspettavano, data la reazione delle popolazioni interessate. A Lucca si gridò di essere stati oggetto di mercato ma le proteste si calmarono presto, grazie alla politica conciliante del granduca Leopoldo II. Andarono diversamente le cose a Pontremoli e Fivizzano, dove non si accettò di buon grado il passaggio dal mite e bonario governo lorenese a quello tirannico dei Borbone e degli Austria-Este. Il comune di Pontremoli protestò contro la cessione a Parma e mandò una delegazione al Granduca; la gente della città minacciò persino di dare fuoco all'abitato seguendo l'esempio dei moscoviti nel 1812. Nello stesso tempo, le truppe modenesi entrate a Fivizzano dovettero subito sedare un'insurrezione, facendo morti e feriti tra i fivizzanesi.
Di fronte a questi eventi, in Toscana si arrivò persino a chiedere che il granduca dichiarasse guerra ai due stati vicini: Leopoldo II, per evitare un conflitto e cercare allo stesso di mantenere i territori, propose un forte compenso in denaro ai due sovrani affinché rinunciassero alle annessioni, proposta accettata dall'indebitato Duca di Parma ma non da quello di Modena. Alla fine, l'esecuzione delle clausole del trattato fu effettuata grazie alle pressioni austriache e le truppe borboniche ed estensi poterono finalmente occupare i territori ceduti dalla Toscana.
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