Legge elettorale italiana del 1953
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La legge elettorale del 1953, nota anche con il nome di "Legge truffa", fu una modifica in senso maggioritario della legge proporzionale vigente all'epoca dal 1948, promulgata il 31 marzo 1953 (legge 148/1953).
Voluta dal Governo di Alcide De Gasperi, venne proposta al Parlamento dal ministro dell'interno Mario Scelba e fu approvata solo con i voti della maggioranza, nonostante i forti dissensi manifestati dalle altre formazioni politiche di destra e sinistra.
La legge, composta da un singolo articolo, introdusse un premio di maggioranza consistente nell'assegnazione del 65% dei seggi della Camera dei deputati alla lista o a un gruppo di liste apparentate in caso di raggiungimento del 50% più uno dei voti validi.
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[modifica] Le reazioni alla legge
Vi furono grandi proteste contro la legge. Secondo gli oppositori l'applicazione della riforma elettorale avrebbe introdotto una distorsione inaccettabile del responso elettorale. I fautori invece vedevano la possibilità di assicurare al Paese dei governi stabili non ritenendo praticabili alleanze più ampie con i partiti di sinistra o con i monarchici e i neofascisti rimasti.
Si noti che la legge andava a innovare una materia che, almeno nell'Europa di diritto latino, era tradizionalmente regolata secondo le elaborazioni di alcuni giuristi, principalmente Hans Kelsen, i quali vedevano in un sistema elettorale strettamente proporzionale (e con pochi correttivi o aggiustamenti) la corretta rappresentatività politica in Stati di democrazia.
Nel tentativo di ottenere il premio di maggioranza, per l'elezioni politiche di giugno, effettuarono fra loro l'apparentamento la Democrazia Cristiana, il Partito Socialista Democratico Italiano, il Partito Liberale Italiano, il Partito Repubblicano Italiano, il Südtiroler Volkspartei e il Partito Sardo d'Azione.
Con l'obiettivo contrario si mossero importanti uomini politici, tra i quali Ferruccio Parri che partecipò alla fondazione di Unità Popolare insieme a Piero Calamandrei e Tristano Codignola provenienti dal partito socialdemocratico: tale movimento aveva proprio lo scopo di avversare la nuova legge elettorale. Non mancarono infatti, all'interno dei partiti che appoggiarono la nuova norma, forti contrarietà. Da una scissione nel partito liberale si costituì Alleanza Democratica Nazionale.
Le forze apparentate ottennero il 49,8% dei voti: per circa 54.000 voti il meccanismo previsto dalla legge non scattò; Unità Popolare e Alleanza Democratica Nazionale raggiunsero l'1% dei voti riuscendo entrambe nel loro principale proposito. Rispetto l'elezioni del 1948 si constata una riduzione dei voti verso i partiti che avevano voluto e approvato la legge: la DC perse l'8,4%; i repubblicani arretrarono dello 0,86%, più di 200.000 voti; perdendo circa 34.000 voti il Partito Sardo d'Azione dimezzò il suo consenso, anche liberali e socialdemocratici dovettero registrare particolari perdite. Il Partito Comunista Italiano e il Partito Socialista Italiano aumentarono i consensi ottenendo 35 seggi in più; il Partito Nazionale Monarchico aumentò da 14 a 40 deputati e il Movimento Sociale Italiano aumentò da 6 a 28 deputati.
Il 31 luglio dell'anno successivo la legge maggioritaria fu abrogata.
[modifica] Altri casi
In epoche successive, altre leggi sono state appellate con la locuzione di "legge truffa", sebbene si tratti il più delle volte di semplificazioni di propaganda nella ordinaria dialettica politica.
[modifica] Bibliografia
- Quagliariello Gaetano, La legge elettorale del 1953, Il Mulino, Bologna, 2003
[modifica] Collegamenti esterni
- Esposizione con documenti a cura di Archivi del Novecento
- La legge maggioritaria (RealVideo), «Appena Ieri», RAI, 11 marzo 1975. Servizio giornalistico che ricostruisce la vicenda, comprende varie interviste a personaggi politici dell'epoca. A cura di Mario Francini e Alberto La Volpe. Consulenza storica di Gaetano Arfè, Gabriele De Rosa, Giovanni Spadolini.
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