Marcione
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Marcione fu un eresiarca cristiano vissuto nella prima metà del II secolo. Fu il primo a costituire un insieme di scritti in antitesi con l'Antico Testamento. Nel 144 diede vita al primo scisma della storia del Cristianesimo.
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[modifica] Biografia
Marcione era figlio del vescovo di Sinope nel Ponto. Ci sono pareri discordanti sulla sua data di nascita, la maggior parte degli autori è orientata per l'85 altri parlano del 100 o addirittura del 110. Rodone e Tertulliano, che scrissero una generazione dopo la sua morte, sostenevano che fosse un armatore. Epifanio (Haeres., XLII, ii) riferisce che Marcione durante la sua gioventù predicava la conduzione di una vita casta e ascetica ma, nonostante le sue professioni, cadde nel peccato con una giovane fanciulla. In conseguenza di ciò suo padre, il vescovo, lo scomunicò. Egli implorò suo padre affinché si riconciliassero, ma il vescovo rimase fermo nel suo rifiuto. Non sopportando le risa e il disprezzo dei suoi concittadini, lasciò quindi Sinope in segreto e giunse a Roma. La storia del peccato di Marcione viene comunque considerata da molti studiosi moderni (G. Krüger) puro pettegolezzo; altri vedono nella giovane fanciulla una metafora della Chiesa, la giovane sposa di Cristo che Marcione violò con la sua eresia, sebbene facesse grandi professioni di castità fisica e di austerità. Nessuna accusa di impurezza venne però mai mossa contro Marcione dai primi scrittori della Chiesa, e l'austerità di Marcione sembra essere assodata come un fatto certo.
Sant'Ireneo di Lione afferma che Marcione "fiorì" sotto papa Aniceto (invaluit sub Aniceto). Sebbene questo periodo possa essere il periodo di maggior successo di Marcione a Roma, è sicuro che arrivò prima, probabilmente nel 140, nel periodo tra la morte di papa Igino e la consacrazione di papa Pio I. Epifanio racconta che Marcione cercò l'ammissione nella Chiesa di Roma, ma fu rifiutato. La motivazione di questo rifiuto risiedeva nel fatto che colui che era stato espulso dal proprio vescovo, non poteva essere ammesso alla comunione col vescovo di Roma senza precedenti comunicazioni con quell'autorità. Questa storia è però stata indicata come estremamente improbabile, dato che implicava che la grande Chiesa di Roma si dichiarava incompetente sulle decisioni di un vescovo locale. Deve essere invece tenuto presente che Marcione arrivò a Roma durante una sede vacante, "dopo la morte di Igino", e che tale risposta suona abbastanza naturale sulle labbra di un presbitero ancora senza un vescovo. Inoltre, è ovvio che Marcione era già un vescovo consacrato. Un laico non sarebbe stato in grado di disputare coi presbiteri sulle Sacre scritture come faceva lui, né avrebbe potuto dichiarare poco dopo il suo arrivo: "Io dividerò la vostra Chiesa e causerò una divisione al suo interno che durerà per sempre", come si dice che Marcione abbia fatto. Un laico non avrebbe potuto, inoltre, fondare un'istituzione mondiale, la cui caratteristica principale era l'episcopalismo. Un laico, se accettiamo la storia di Epifanio, non sarebbe stato espulso permanentemente della Chiesa, senza speranza di riconciliazione, dal proprio padre, nonostante le sue implorazioni, per un semplice peccato di fornicazione, né divenire oggetto di scherno da parte dei concittadini pagani. Un laico non sarebbe stato deluso per non essere stato consacrato vescovo poco dopo il suo arrivo in una città la cui sede era vacante, come si dice che Marcione sia stato. Questa storia potrebbe essere il massimo dell'assurdo e così sarebbe, se noi ignorassimo il fatto che Marcione era un vescovo, e che, secondo Tertulliano (De Praeser., XXX), donò 200.000 sesterzi alla comunità romana subito dopo il suo arrivo. Questo straordinario dono, una somma enorme per quei giorni, può essere attribuito al primigenio fervore della fede, o ad una speranza per qualcosa. I soldi gli furono restituiti subito dopo la sua rottura con la Chiesa. Questo è di nuovo naturale se il dono fosse stato fatto con una condizione tacita, che, se si fosse verificata, non sarebbero stati restituiti. Infine, il racconto riportato in varie opere di Tertulliano in cui si dice che Marcione, al suo arrivo a Roma, dovette rinnovare la sua professione di fede ("De Praeser.," XXX,; "Adv. Mar.", I, XX; "De Carne Christi", II) calza perfettamente con la supposizione che fosse un vescovo, ma sarebbe, come indica G. Krüger, una cosa inaudita di nel caso di un laico.
Si può dare, quindi, per assodato che Marcione fosse un vescovo, probabilmente un assistente o un suffraganeo di suo padre a Sinope. Essendo caduto in disgrazia con il padre, si recò a Roma, dove, quale navigatore o armatore e quindi grande viaggiatore, poteva essere già conosciuto e dove la sua ricchezza gli ottenne influenza e posizioni. Anche se Tertulliano suppone che sia stato ammesso in comunione con la Chiesa di Roma ed Epifanio dice che l'ammissione gli fu rifiutata, le due tesi possono essere facilmente riconciliate: basta intendere in Tertulliano la mera appartenenza o la comunione, ed in Epifanio l'accettazione delle sue pretese episcopali. La sua dignità episcopale è stata menzionata da almeno due dei primi scrittori cristiani. Nel primo si dice come "da vescovo sia divenuto un apostata" (Optatus di Mileve, IV v), e nel secondo di come i suoi seguaci si chiamino Marcioniti, dopo un vescovo, invece di essere chiamati Cristiani dopo Cristo (Adamantio, "Dial"., I, ed. Sande Bakhuysen).
La sua rottura finale con la Chiesa di Roma avvenne nell'autunno del 144, per questo i Marcioniti contavano 115 anni e 6 mesi dai tempi di Cristo all'inizio della loro setta. Sebbene Marcione sembra avesse fatto causa comune con Cerdone, lo gnostico siriano che in quel tempo si trovava a Roma, sembra improbabile che la sua dottrina derivi da quella gnostica. Ireneo riferisce (Adv. Haeres., III, III) che in un incontro a Roma Marcione chiese a San Policarpo: "Ci riconoscete?" ed ebbe come risposta: Io riconosco te come il primogenito di Satana. Questa incontro probabilmente avvenne nel 154. A quella data Marcione e le sue dottrine erano molto conosciute , per questo motivo San Giustino Martire nella sua prima Apologia (scritta intorno al 150), descriveva l'eresia di Marcione come sparsa dappertutto. Questo periodo, dal 144 al 150, sembrava, a molti eresiologi, un tempo troppo corto per un successo così prodigioso, pertanto si supponeva che Marcione fosse attivo in Asia Minore ben prima della sua venuta a Roma. Clemente Alessandrino (Strom., VII, VII, 106) lo definisce il più vecchio contemporaneo di Basilide e Valentino, ma in tal caso, quando giunse a Roma, doveva essere un uomo di mezza età ed una sua precedente opera di propaganda ad oriente non è impossibile. Che la Cronaca di Edessa posizioni l'inizio del Marcionismo nel 138, favorisce grandemente questo punto di vista. Tertulliano, nel 207 (la data del suo Adv. Marc., IV, IV), riferiva che Marcione professò penitenza ed accettò come condizione per la sua riammissione nella Chiesa di far ritornare sulla retta via coloro che aveva traviato, ma la morte lo impedì. La data precisa della sua morte è ignota, ma molto probabilmente avvenne intorno al 160
La chiesa dei marcioniti, da lui fondata, sopravvisse fino al VI secolo, soprattutto nella parte orientale dell'impero. Il suo allievo più importante fu Apelle. Se tale chiesa ebbe un merito fu quello di stimolare la formazione del Canone del Nuovo Testamento. Di contro, ebbe l’effetto di incrementare il potere del vescovo di Roma.
[modifica] La dottrina marcionita
Marcione non presentò particolari speculazioni su cosmogonie varie. La dottrina marcionita (della quale non possediamo documenti originali, ma che possiamo ricostruire dalle opere degli eresiologi) si esplica nell'antitesi tra l'Antico e il Nuovo Testamento in una sorta di diteismo asimmetrico. Questa interpretazione dualistica probabilmente fu mutuata da Cerdone, uno gnostico siriano che in quel periodo predicava a Roma, ma Marcione non può essere considerato semplicemente uno gnostico in quanto, secondo lui, la salvezza non derivava dalla gnosi, ma dalla Grazia divina. Egli voleva un Cristianesimo puro, non corrotto dall'associazione col Giudaismo. Il Cristianesimo per Marcione era la pura e semplice Nuova Alleanza.
Le questioni astratte sull'origine del male o sull'essenza della Divinità lo interessavano poco, ma il Vecchio Testamento, con la sua rozzezza e l'implacabilità del suo Dio, era inconcepibile, pertanto doveva essere accantonato. L'interpretazione strettamente letterale della cosmogonia biblica e della Storia Sacra induceva Marcione a ritenere che il «Dio giusto» dell'Antico Testamento non potesse identificarsi con il Dio, Padre buono e misericordioso, amante delle proprie creature di cui parlano i Vangeli. L'autore di un mondo riboccante di mali e di un uomo pieno di imperfezioni non poteva essere che un dio "minore" e imperfetto, un demiurgo inferiore al proprio compito, il quale, per correggere in qualche modo la sua opera incompiuta, avrebbe tentato di mantenervi un certo ordine, instaurando una legge inesorabile sostenuta da sanzioni tremende e crudeli ispirate alla legge del taglione, capaci di colpire il peccatore nella sua discendenza fino alla quarta generazione.
La relazione metafisica tra queste due divinità, però, creò qualche problema a Marcione, che non essendo gnostico, non sapeva nulla di emanazioni divine, eoni, syzygies, princìpi eternamente opposti di bene e male. Marcione, inoltre, doveva tener conto anche di quei passaggi del Nuovo Testamento che si basavano sul Vecchio. Egli tagliò, così, tutti i testi che erano contrari al suo dogma creando un suo Nuovo Testamento basato su una riduzione di San Luca ed un Apostolicon contenente dieci epistole di San Paolo. Nella sua lotta contro i giudaizzatori, Marcione suggerì che anche gli apostoli, pilastri della Chiesa, San Pietro, San Giacomo, e San Giovanni avevano tradito la fiducia dei cristiani. Egli amava parlare di "falsi apostoli", e lasciava i suoi uditori a chiedersi chi fossero. Una volta che si fu liberato completamente del Vecchio Testamento, Marcione non desiderava ulteriori cambiamenti. Egli creò la sua Chiesa puramente neotestamentaria il più possibile simile alla Chiesa cattolica, intessuta del suo profondo puritanesimo.
La prima descrizione della dottrina di Marcione risale a San Giustino martire, che dice: "Con l'aiuto del diavolo Marcione ha contribuito in ogni paese alla blasfemia ed al rifiuto di Dio quale Creatore del mondo". Il Demiurgo ha quindi creato tutti gli uomini, ma scelse di eleggere gli ebrei quale suo popolo e così diventò il dio degli ebrei. La prospettiva teologica di Marcione è quindi limitata alla Bibbia e la sua lotta con la Chiesa cattolica sembra una semplice battaglia di testi: il Vecchio Testamento è abbastanza vero, Mosè ed i Profeti sono i messaggeri del Demiurgo, il Messia ebreo verrà sicuramente a fondare un regno millenario per gli ebrei sulla terra, ma il messia ebreo non ha nulla a che fare col Cristo figlio del Buon Dio Invisibile, Indescrivibile (aoratos akatanomastos agathos theos). Proprio grazie al Cristo, inviato per liberare l'uomo dalla tirannia del suo creatore, il Buon Dio si è rivelato sia al Demiurgo, che ne ignorava l'esistenza, sia alle sue creature. Non si sa se Marcione ammettesse o no la Trinità. Cristo è davvero il Figlio di Dio, ma è anche semplicemente "Dio", senza ulteriori qualifiche, infatti, il vangelo di Marcione iniziava con le parole; "Nel quindicesimo anno dell'Imperatore Tiberio Dio discese in Cafarnao ed insegnò agli ebrei". Per quanto coraggiosa e capricciosa, questa manipolazione del testo Evangelico, è comunque una testimonianza lampante che, nei circoli cristiani della prima metà del II secolo, la Divinità di Cristo era un dogma centrale.
Per Marcione, tuttavia, Cristo era il Dio Manifestato, non il Dio Incarnato. La sua Cristologia era quella Docetista, che rifiutava la storia dell'infanzia. Il Redentore di Marcione era un "Deus ex machina" del quale dice beffardamente Tertulliano: "Improvvisamente un Figlio, improvvisamente Cristo!". Questi (Cristo, che non è il Messia atteso dagli ebrei) proclamò la nuova legge d'amore e riscattò l'umanità dal pesante giogo del suo creatore. Marcione, per far comprendere la vita di Cristo, usò la storia dei tre angeli che mangiarono camminarono, e conversarono con Abramo e che tuttavia non avevano un vero corpo umano (Adv. Marc., III, ix). Per Marcione la materia e la carne non erano cattive in se, ma solo spregevoli, una mera produzione del Demiurgo, ed era semplicemente inconcepibile che Dio li avesse fatti propri. Il seguace di Cristo che ha ricevuto il battesimo, per rendersi degno di questa redenzione, dovrà affrancarsi al massimo dalla materia, rinunciando ai beni e ai piaceri terreni, soprattutto al matrimonio che, con la procreazione, continua l'opera del Dio cattivo.
La dottrina marcionita ebbe notevole diffusione e si protrasse per diversi secoli, sebbene andasse degenerando e scindendosi in varie sette: il demiurgo o Dio cattivo si venne confondendo con il principio del male o Satana, e i due dèi, che nella dottrina originaria non erano mai entrati in aperto conflitto, si confusero con i due princìpi opposti del bene e del male, in eterno contrasto fra loro, degli gnostici e dei manichei; anzi il marcionismo divenne uno dei principali veicoli dello gnosticismo e del manicheismo.
L'etica di Marcione era molto severa: prevedeva una rigorosa astinenza alimentare, la proibizione del matrimonio e la preparazione costante al martirio. I nuovi convertiti, se sposati, dovevano immediatamente sciogliere il matrimonio ed abbandonare il coniuge. Marcione battezzava solamente quelli che non vivevano nel matrimonio: vergini, vedove, celibi, ed eunuchi (Tert., "Adv. Marc"., I, XXIX); tutti gli altri rimanevano catecumeni. D'altra parte l'assenza di divisioni tra catecumeni e persone battezzate, nelle cerimonie Marcionite, scioccò i cristiani ortodossi dell'epoca. Secondo quanto riporta Epifanio i seguaci di Marcione digiunavano il sabato per spirito di opposizione al Dio ebreo che fece del sabato un giorno di festa. Il mondo materiale era disprezzato e lo Stato era considerato con indifferenza.
[modifica] Le opere
Il nome di Marcione appare prepotentemente nella discussione di due importanti questioni: il Credo dell'Apostolo e il Canone del Nuovo Testamento. In base ad approfonditi studi è stato provato che il Credo dell'Apostolo fu redatto dalla Chiesa di Roma proprio in opposizione al Marcionismo (cf. F. Kattenbusch, "Das Apost. Symbol.", Leipzig, 1900; A.C. McGiffert, "Il Credo dell'Apostolo", New York, 1902).
[modifica] Le Antitesi
La dottrina portante di Marcione era l'opposizione del Vecchio Testamento al Nuovo, e questa dottrina fu ampiamente illustrata nel suo grande (perduto) lavoro, Antitesi, o "Contrasti". Qui sosteneva essenzialmente che il Dio-Geova delle Scritture ebraiche non fosse la stessa persona rivelata da Gesù dato che era inflessibile nella sua dispotica giustizia e che puniva le creature peccatrici mediante una guerra di sterminio condotta dal suo popolo, gli Ebrei. Gesù aveva invece rivelato, alla sua venuta, il vero Dio, il buon Padre che perdona, ama e salva anche a costo di soffrire egli stesso per tutti. Che siano scritti suoi originali o che siano rimaneggiamenti di testi precedenti non è dato sapere, ma è certo che solo dopo l'operato di Marcione, nel mondo paleocristiano, si comincerà a parlare della necessità di un canone di testi specifici cristiani, che verrà chiuso in modo definitivo solo nel IV secolo.
Alcuni studiosi come John Knox ritengono che l'odierno vangelo secondo Luca sia da considerarsi scritto da qualcuno che ha letto il vangelo marcionita o quantomeno l'ipotetica fonte da cui questo è tratto (fonte che comunque si esclude possa essere il vangelo secondo Luca).
[modifica] Il Canone Marcionita
Ritenendo che il messaggio autentico di Gesù fosse stato di proposito alterato dagli apostoli giudeo-cristiani, Marcione, intorno al 140, redasse un suo Canone composto da due parti. La prima parte, detta Instrumentum, constava di una riduzione del vangelo secondo Luca (mancava ad esempio la parte sull'infanzia di Gesù); la seconda parte, detta Apostolicon, era costituita da una decina di lettere di San Paolo. Da tutto il testo tolse ogni allusione positiva agli Ebrei o all' Antico Testamento. I cambiamenti effettuati da Marcione consistevano principalmente in omissioni e modifiche del testo. Per quanto abilmente furono fatti i cambiamenti, tuttavia i cristiani continuavano a pressare Marcione anche con i testi che lui scelse per il suo Nuovo Testamento, da qui il continuo bisogno di ulteriori modifiche.
Questa opera ci è nota solo grazie alle citazioni presenti negli scritti di coloro che tentarono di contestarne la validità (famoso il Contra Marcionem di Tertulliano) in quanto gli originali sono andati perduti anche a causa della condanna per eresia ed alla conseguente distruzione dei testi "eretici" da parte della chiesa cristiana di quel periodo.
[modifica] Confutazione di Marcione
- San Giustino martire (150) si riferì ai Marcioniti nella sua prima Apologia. Contro di loro scrisse anche un trattato ad hoc, ora perduto, ricordato da Ireneo con il titolo di Syntagma pros Markiona. Ireneo (Haer., IV, VI, 2) cita corti passaggi di Giustino che contengono la frase: "Io non avrei creduto a Dio Stesso se Questi avesse annunciato qualcun altro come Creatore".
- Sant'Ireneo di Lione (circa 176) volle scrivere un lavoro particolare per confutare Marcione, ma non terminò mai questo lavoro (Haer., I, 27, 4; III, 12 13); in ogni caso, nel suo grande lavoro contro tutte le eresie, si riferisce a Marcione spessissimo.
- Rodone (180-192) scrisse un trattato contro Marcione. L'opera non è più esistente, ma esistono molti riferimenti di Eusebio.
- Tertulliano, la fonte principale delle nostre informazioni, scrisse l'"Adversus Marcionem" (cinque libri) nel 207, e si riferì a Marcione in molti dei suoi lavori: "De Praescriptione", "De Carne Christi", "De Resurrectione Carnis", e "De Anima". Il suo lavoro contro Apelle è andato perduto.
- Pseudo-Tertulliano (probabilmente Commodiano), scrisse un lungo poema in esametri contro Marcione e (probabilmente Vittorino) un trattato contro tutte le eresie (circa 240) che sono tuttora esistenti.
- Adamantio (se questi sia un vero personaggio o solamente un nome d'arte è ignoto) scrisse il dialogo "De Recta in Deum Fide", spesso attribuito ad Origene. Il lavoro fu probabilmente composto in greco intorno al 300 e poi tradotto in latino da Rufino. È una confutazione del Marcionismo e del Valentinianismo.
- Sant'Ippolito di Roma (circa 220) parlò di Marcione nel suo "Refutazione di tutte le Eresie", libro VII, capitoli 17-26; e X, 15.
- Sant'Epifanio compose la sua opera contro le eresie nel 374. Il suo lavoro di ricostruzione della Bibbia Marcionita è di valore inestimabile, dato che fornisce 78 passaggi del Nuovo Testamento di Marcione che differiscono dal nostro ed aggiunge una breve confutazione ad ogni stralcio.
- Sant'Efraem di Siria (373) fu, in molte delle sue scritture, in polemica contro Marcione.
- Eznik, arciprete armeno o, forse, vescovo di Bagrawand (478), scrisse una "Confutazione delle Sette", il cui Libro IV è incentrato su Marcione.
[modifica] Bibliografia
- A. Harnack, Marcion: Das Evangelium vom fremden Gott. Eine Monographie zur Geschichte der Grundlegung der katholischen Kirche (TU 45), Leipzig 1921, 1924, ristampa Darmstadt 1960 e 1985;
- M.J. Lagrange "Saint Paul ou Marcion" RB 41 (1940) pp. 5-30;
- J. Knox, Marcion and the New Testament: An Essay on the Early History of the Canon, Chicago 1942;
- E.C. Blackmann, Marcion and his Influence, London 1948;
- H. Langerbeck, Zur Auseinandersetzung von Theologie und Gemeindeglauben in der römischen Gemeinde in den Jahren 135-165, in Id., Aufsätze zur Gnösis, Göttingen 1967, pp. 167-179;
- G. Ory, Marcion, Paris 1980;
- R.J. Hoffmann, Marcion: On the Restitution of Christianity. An essay on the development of radical Paulinist theology in the second century, Chico, Ca 1984;
- U. Bianchi "Marcion: Théologien biblique ou docteur gnostique?" VC XXI (1970) pp. 41-49;
- E. Norelli "La funzione di Paolo nel pensiero di Marcione" RBIt 34 (1986) pp. 543-597.