Matteo Messina Denaro
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Matteo Messina Denaro (Castelvetrano, 26 aprile 1962) boss di Cosa Nostra.
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[modifica] Biografia
È figlio di Francesco Messina Denaro (soprannominato Don Ciccio), storico capo del mandamento di Castelvetrano e poi dell'intera provincia di Trapani, che visse per 20 anni ufficialmente come campiere sotto la protezione di una delle più potenti famiglie di latifondisti siciliani: la famiglia D'Alì.
Il giovane Matteo impara in fretta le abitudini mafiose. Sin da quattordici anni inizia ad usare le armi da fuoco e a diciotto uccide quella che sarà la prima vittima di una sconfinata serie di omicidi. Famosa a questo proposito è la confidenza fatta ad un amico: "Con le persone che ho ammazzato, io potrei fare un cimitero". Secondo alcune fonti sarebbero almeno 50 gli assasinii compiuti da Messina Denaro.
[modifica] La personalità
In ogni caso la sua fama giovanile è quella di ragazzo dalla grande voglia di divertirsi e soprattutto di mostrarsi: la sua immagine è infatti tradizionalmente legata a veloci corse in Porsche, agli orologi Rolex Daytona al polso e al suo guardaroba firmato Giorgio Armani o Versace. Di certo Messina Denaro non è quindi una persona che ha intenzione di passare inosservata, ed in questo senso è evidente la profonda differenza della sua immagine rispetto a quella di altri storici mafiosi come Totò Riina o Bernardo Provenzano, dai quali si differenzia ulteriormente per la marcata vita relazionale con le donne. Egli è infatti conosciuto come grande seduttore e nonostante attualmente sia ritenuto sposato con Maria Mesi (condannata il 28 marzo 2001 per favoreggiamento), Messina Denaro aveva però già avuto una figlia da una precedente relazione con Francesca Alagna, elemento che fa intendere quanto la sua figura si discosti nettamente dallo stereotipo dell'"uomo d'onore" legato rigidamente ai tradizionali valori familiari.
[modifica] La sua crescita nell'ambito mafioso
La carriera mafiosa di Matteo Messina Denaro, il cui soprannome è Diabolik per via della sua passione per il famoso personaggio dei fumetti (da cui pensò di copiarne l'automobile dotata di mitragliatrici nascoste), inizia nel momento in cui suo padre è costretto alla latitanza, che dura ormai da più di 13 anni. Da quel momento in poi egli sarà prima il reggente e poi, in seguito alla morte del genitore, trovato cadavere sul bordo di un fiume nelle campagne vicino a Triscina nel '98, il capo ufficiale del mandamento di Castelvetrano. Diventerà poi, in seguito alla cattura di Vincenzo Virga, capo dell'intera provincia di Trapani. Sin da piccolo dedito allo spaccio di sostanze stupefacenti, Messina Denaro può vantare ora notevoli conoscenze nell'ambito dei cartelli sudamericani ed è considerato dall'FBI uno dei maggiori attori nel commercio mondiale della droga. I suoi interessi si muovono però anche nell'ambito del traffico di armi e della macellazione clandestina, nonché nello sfruttamento di importanti cave di sabbia del trapanese.
[modifica] Le bombe del '93
In seguito alla reazione dello Stato susseguente le stragi di Capaci e di via D'Amelio, l'arresto di Totò Riina, avvenuto il 15 gennaio del 1993, e l'introduzione del regime carcerario duro (attuata con l'articolo 41 bis), varie personalità mafiose, tra cui Matteo Messina Denaro, (oltre a Giovanni Brusca, Leoluca Bagarella, Giuseppe Graviano, Antonino Gioè e Gioacchino La Barbera si riunirono più volte (soprattutto in località Santa Flavia, vicino a Bagheria) per decidere quale avrebbe dovuto essere la strategia mafiosa da adottare per portare lo Stato sul terreno della trattativa. In questo senso si decise un'attacco al patrimonio artistisco che portò agli attentati di via dei Georgofili a Firenze, di via Palestro a Milano e di Piazza San Giovanni in Laterano e via San Teodoro a Roma, che provocarono 10 morti e 93 feriti nonché la distruzione di alcune opere d'arte a Milano e a Firenze. Nell'organizzazione di questi attentati Messina Denaro (che ha sempre fatto parte dell'ala stragista di Cosa Nostra) giocò un ruolo di primo piano. Fu egli inoltre a pedinare personalmente il giornalista televisivo Maurizio Costanzo (e probabilmente anche un altro giornalista come Michele Santoro) per l'organizzazione del fallito attentato di via Fauro del 14 maggio (nel quale solo per fortuite coincidenze Costanzo non perse la vita).
Atti di pedinamento vennero inoltre svolti a Roma verso la fine del 1991 per lo studio degli spostamenti del giudice Giovanni Falcone e dell'allora ministro della Giustizia Claudio Martelli.
Sempre nel 1993, secondo le testimonianze del pentito Antonino Giuffrè, ex braccio destro dell'ultimo capo di Cosa Nostra Bernardo Provenzano, Messina Denaro sarebbe diventato il custode del più importante archivio della mafia siciliana: questo gli sarebbe stato affidato, per volontà di Leoluca Bagarella e di Totò Riina, dopo esser stato portato via di tutta fretta dal covo di quest'ultimo, in sequito all'arresto di Riina avvenuto il 15 gennaio del 1993.
[modifica] Altri atti efferati
- Luglio 1992, uccisione del boss di Alcamo Vincenzo Milazzo, contrario alla strategia stragista adottata in quegli anni da Riina, e strangolamento della sua fidanzata Antonella Bonomo, dichiaratamente incinta di 3 mesi, sospettata di avere legami parentali all'interno dei servizi segreti.
- 21 febbraio 1991, omicidio Gonzales, direttore dell'hotel Paradise Beach, di cui Messina Denaro era abituale frequentatore durante gli anni giovanili.
- 14 settembre 1992, tentativo di omicidio del dott. Calogero Germanà, commissario di Polizia di Mazara del Vallo.
- omicidio di 4 persone tramite impiccagione davanti ad un "tribunale" di Cosa Nostra, poi buttate nella calce viva.
[modifica] Posizione giudiziaria ed altre notizie
Dal 1993 Matteo Messina Denaro è ricercato per associazione di stampo mafioso, omicidio, strage, devastazione, detenzione e porto di materiale esplodente, furto ed altro. Dal 6 maggio del 2002 è condannato in maniera definitiva all'ergastolo nell'ambito del processo sulle stragi del '93.
Secondo la trasmissione di Rai Tre Chi l'ha visto? Messina Denaro si è recato in Spagna nel gennaio 1994 presso la clinica oftalmica «Barraquer» di Barcellona, riconosciuta a livello internazionale, a causa di una patologia sofferta agli occhi. Secondo altre informazioni soffrirebbe inoltre di insufficienza renale cronica, a causa della quale avrebbe continuamente bisogno di sottoporsi a dialisi. Per questo avrebbe anche installato nel suo rifugio le apparecchiature necessarie, cosicché egli non debba più recarsi nelle strutture ospedaliere.
Il 19 aprile 2006, inoltre, sono stati scoperti fra i pizzini trovati nel covo di Provenzano, usati per comunicare con gli altri affiliati a Cosa Nostra, anche quelli di Messina Denaro e Salvatore Lo Piccolo, da cui emerge il ruolo di vertice ricoperto fino al giorno dell'arresto da Provenzano ma anche il ruolo di assoluta subalternità di Denaro allo stesso, cosa che era stata da molti messa in dubbio, sottolineando una possibile frizione tra i due. Sempre dalla lettura dei pizzini trovati nella magione in cui si nascondeva Provenzano si comprende come Messina Denaro (il quale nei pizzini usava lo pseudonimo di Alessio) abbia anche ricevuto una lettera da Totò Riina. Ciò, essendo questi da più di 10 anni sottoposto ad un duro regime carcerario previsto dall'articolo dell'ordinamento penitenziario 41 bis, fa emergere perplessità sul reale isolamento dell'ex boss dei boss.
[modifica] Il nuovo "boss dei boss"?
Matteo Messina Denaro, all'indomani dell'arresto di Bernardo Provenzano, insieme ad un altro latitante, Salvatore Lo Piccolo, è stato indicato da molti giornalisti come uno dei possibili nuovi capi di Cosa Nostra. Allo stato attuale delle cose però, dopo i numerosi arresti subiti dalla mafia siciliana nel 2006 e negli anni immediatamente precedenti, sembra prematuro indicare in una specifica persona il capo di un organizzazione così complessa come Cosa Nostra, soprattutto alla luce di così forti sconvolgimenti subiti ad opera della Direzione Generale Antimafia italiana.
[modifica] Citazioni
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«Il figlio del paesano suo che è morto a Roma, questo figlio sta a Roma; e questo figlio del suo paesano morto sa di aver rubato soldi non suoi e di sicuro si è divertito a Roma visto che abita là.»
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- Sui pizzini trovati nel covo di Provenzano dopo il suo arresto, emerge come Messina Denaro, in un messaggio inviato a Provenzano, faccia riferimento a Massimo Ciancimino (figlio dell'ex sindaco di Palermo, Vito Ciancimino, condannato per concorso esterno in associazione mafiosa), il manager indagato dalla Dda di Palermo per l'inchiesta sul tesoro nascosto del padre.
- Da una lettera di Matteo Messina Denaro trovata dalla Criminalpol nel 1993 a casa di Sonia M. a Mazara del vallo, che attesta l'assoluta convinzione di Messina Denaro nella giustezza della guerra allo Stato da parte di Cosa Nostra.
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«Messina Denaro era il gioiello di Riina, è lui il depositario del suo archivio»
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- Da una deposizione di Antonino Giuffrè.
- Da una lettera d'amore scritta nel 1998 dalla presunta moglie Maria Mesi testimoniante la passione di Messina Denaro per i videogiochi.
- Da un pizzino scritto da Matteo Messina Denaro e inviato a Provenzano, che dimostra lo stretto rapporto, anche di "corrispondenza", tra i due boss mafiosi.