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Oscar Luigi Scalfaro - Wikipedia

Oscar Luigi Scalfaro

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Bandiera italiana
Stemma Presidente della Repubblica
IX Presidente della
Repubblica Italiana
Oscar Luigi Scàlfaro
Luogo di nascita Novara
Data di nascita 9 settembre 1918
Luogo di morte -
Data di morte -
Titolo di studio Laurea in Giurisprudenza
Professione Politico ed ex magistrato
Partito politico Democrazia Cristiana
fino al 23 gennaio 1992
Mandato Presidenziale dal 28 maggio 1992 al 15 maggio 1999
Elezione 25 maggio 1992
16° scrutinio con 672 voti su 1.002
Predecessore Francesco Cossiga
Successore Carlo Azeglio Ciampi
Coniuge Maria Inzitari (1924-1944)

Oscar Luigi Scalfaro (Novara9 settembre 1918) è un politico italiano, nono Presidente della Repubblica dal 1992 al 1999 e in seguito senatore a vita. In precedenza era stato Ministro dell'Interno nel Governo Craxi I e Presidente della Camera dei deputati nella XI Legislatura nel 1992 (lasciò l'incarico dopo un mese perché fu eletto al Quirinale).

Indice

[modifica] Sunto biografico

Cresciuto in ambienti cattolici, sin da giovanissimo partecipò all'attività dell'Azione Cattolica, in un periodo in cui veniva perseguitata dal fascismo, esperienza che tuttora richiama indossandone la spilla distintiva. Durante la lotta partigiana, ebbe contatti con il mondo degli antifascisti.

Si laureò in Giurisprudenza nel 1941 all'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano ed entrò in magistratura l'anno successivo. Durante tale periodo ebbe a richiedere (ed ottenere) in veste di pubblico ministero una condanna a morte. La condanna tuttavia non fu eseguita a causa del ricorso (accolto) in Cassazione da parte del condannato, certo Stefano Zurlo.[1]

Tale pena era prevista per alcuni crimini di guerra dalla legislazione di guerra in vigore pro-tempore.
La pena di morte fu espunta dal Codice penale di pace appena questo rientrò in vigore e vennero soppresse le Corti d'assise straordinarie.

Lasciò la toga per la politica nel 1946: fu eletto a Torino, fra i più giovani nelle file della Democrazia Cristiana, all'Assemblea Costituente che doveva redigere una nuova Carta Costituzionale. In seguito venne eletto deputato ininterrottamente fino al 1992, quando, durante la sua presidenza della Camera dei Deputati, fu eletto Presidente della Repubblica.

Scalfaro è stato l'unico Capo dello Stato della storia d'Italia a non aver nominato nessun senatore a vita.

[modifica] Le cariche

[modifica] L'attività di magistrato

Alla fine della guerra, nel 1945 a Novara le Corti di Assise speciali avevano una quantità insufficiente di magistrati, per questo Oscar Luigi Scalfaro si trovò a rivestire il ruolo di pubblico ministero, nonostante non fosse stata questa la sua nomina originaria, per un processo che riguardava un assassinio compiuto dalla polizia della Repubblica di Salò. Si trattava di un crimine per il quale, secondo il codice penale di guerra allora in vigore, veniva richiesta la pena capitale.

La richiesta di condanna a morte, contraria ai principi cattolici professati da chi doveva rappresentare l'accusa, era ritenuta un atto dovuto. Scalfaro racconta che, verificate le informazioni legate al processo, turbato all'idea dell'azione che doveva compiere, si consultò con un sacerdote laureato in diritto civile e canonico, il quale cercò di sollevare dalle sue spalle la responsabilità, considerando che la Chiesa riconosce allo Stato il diritto di comminare la pena di morte in casi eccezionalmente gravi.

Al dibattimento il pubblico ministero, quindi, espose i fatti ed indicò i colpevoli, la pena stabilita per i reati fece presente che era la morte, ma aggiunse che s'opponeva personalmente a questa soluzione. Disse che si sarebbe dimesso dalla magistratura se avesse trovato un conflitto tra gli imperativi della sua religione e la pena di morte, ma siccome la religione l'autorizzava a prestare comunque il suo servizio allo Stato, si appellava alla Corte affinché non venisse applicata quella pena. La sua domanda di clemenza non servì a salvare le vite degli imputati. Uno fece ricorso e la sentenza per esso fu annullata.

Come membro dell'Assemblea Costituente Scalfaro si impegnò affinché fosse eliminata la pena di morte dalle leggi del nuovo Stato italiano.

[modifica] Mezzo secolo (o quasi) in Parlamento

Ancora dodicenne Scalfaro si iscrisse alla GIAC (Gioventù Italiana di Azione Cattolica), appartenenza che ostenterà senza tentennamenti per tutta la vita (portò sempre all’occhiello della giacca il distintivo rotondo dell’Azione Cattolica: lo si poteva vedere anche quando, appena eletto alla massima carica pubblica italiana, fece in televisione le brevi dichiarazioni di rito).

Arriverà, prima dell’inizio della carriera politica, alla carica di segretario provinciale (Novara) dell’associazione cattolica. Alle elezioni per l’Assemblea costituente si presentò, dicono i suoi biografi, con una certa riluttanza, candidato indipendente nella DC, dopo che a livello nazionale fu deciso l’appoggio aperto della gerarchia ecclesiastica e delle organizzazioni cattoliche al partito, in funzione di resistenza alla possibile conquista del potere da parte dei social-comunisti (Fronte popolare). Conosciuto ed apprezzato da tutte le organizzazioni cattoliche del novarese venne eletto con un numero di preferenze (oltre quarantamila) eccezionale per i tempi e ben superiore a quelle di personaggi politici del collegio decisamente più noti ed usi alla politica quali Giuseppe Pella e Giulio Pastore.

Decisamente e fieramente anticomunista (ma anche antifascista), si iscrisse finalmente alla DC e partecipò alla battaglia politica del 1948 senza abbandonare per questo l’Azione Cattolica che, presieduta da Luigi Gedda, apporterà un contributo determinante all’affermazione della DC con i suoi Comitati Civici, istituiti per l’occasione. In un clima da barricate uscirà eletto con risultati eccellenti: oltre cinquantamila preferenze. La sua fu sempre un’oratoria chiara, retorica ma non troppo, sapientemente intercalata da frasi e detti in latino e quando attaccava gli avversari (o le loro idee) lo faceva con un’ironia leggera, mai greve ma incisiva seppur priva di astio, che destava il sorriso dell’uditorio, tutto sommato molto piacevole a sentirsi e, soprattutto, molto convincente. Caratteristiche che conserverà a lungo nel futuro, anche se ad un certo punto lo stile apparirà un pò datato.

Politicamente Scalfaro fu sempre schierato all’ala destra della Democrazia Cristiana. Pur avendo sempre avuto una grande stima (ricambiata) di Alcide De Gasperi, il suo punto di riferimento fu Mario Scelba, di cui era ammiratore ed amico[2], e che durante il suo governo lo chiamò a ricoprire (fu il suo primo incarico di governo) il ruolo di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio ed al Turismo e spettacolo.[3]

Nel 1958 Mario Scelba formò nella DC una “corrente” (Centrismo popolare) di politici conservatori che aveva come referenti principali, oltre a lui stesso, che ne era il leader, Guido Gonella, Roberto Lucifredi, Mario Martinelli ed Oscar Luigi Scalfaro, tutti componenti il Comitato di direzione. La corrente aveva ne: “Il Centro” il suo organo di stampa, e verrà sciolta dal suo stesso leader otto anni dopo.

Coerente alla sua concezione decisamente anticomunista, all’inizio degli anni sessanta Scalfaro si oppose fermamente alla cosiddetta “apertura a sinistra” cioè all’ingresso del Partito Socialista Italiano, che egli considerava “il cavallo di Troia” del comunismo, nella compagine governativa (centrosinistra). In questa battaglia interna al partito ebbe come alleato Giulio Andreotti e la sua corrente. L’alleanza con il partito di Pietro Nenni, auspicata dall’allora Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi, fu poi realizzata da Amintore Fanfani e da Aldo Moro (colleghi che Scalfaro non amò mai) a partire dal 1963.

L’avvento del centrosinistra segnò il declino definitivo del suo referente Mario Scelba e nell’aprile del 1969 fondò all’interno della DC una sua corrente, “Forze libere”, ma la scarsa adesione al congresso del partito svoltosi a giugno di quell’anno (meno del 3% dei voti e quattro seggi) non fu incoraggiante: la corrente verrà sciolta ufficialmente quattro anni dopo.

Nel 1972 polemizzò aspramente contro i socialisti, il cui neo segretario Francesco De Martino auspicava per il governo “equilibri più avanzati”, cioè l’ingresso del PCI nella maggioranza di governo. Si batté altrettanto vigorosamente contro l’approvazione della legge Fortuna-Baslini, che introdusse il divorzio in Italia e fu un sostenitore del ricorso al referendum abrogativo della stessa legge, nel quale tuttavia non fu raggiunta la maggioranza dei voti necessaria per l’abrogazione (12 maggio 1974: in quell’occasione fu alleato di Amintore Fanfani che aveva promosso la consultazione elettorale abrogativa).

Come esponente dell’ala destra della DC ricoprì comunque molte cariche di governo anche nei primi anni del centrosinistra ma nella seconda metà degli anni settanta la sua figura nel quadro politico generale rimase un po’ in ombra, ed in quel periodo ebbe come unica carica istituzionale la vicepresidenza della Camera dei Deputati (da ottobre 1975), che mantenne per quasi otto anni.

Nell'agosto 1983 fu chiamato da Craxi, non senza che ciò destasse un certo stupore nei commentatori politici di allora, a ricoprire una delle cariche più delicate ma prestigiose del governo: la titolarità del ministero dell'Interno, carica che mantenne ininterrottamente fino al luglio del 1987. Nel 1989 fu nominato presidente della Commissione parlamentare d’inchiesta sulla ricostruzione in Irpinia dopo il terremoto del novembre 1980: un incarico difficile e scabroso, che impegnò Scalfaro per due anni e che, a commento quasi unanime della stampa, condusse con notevole e rara indipendenza di giudizio.

Eletto Presidente della Camera dei Deputati il 24 aprile del 1992, vi rimase poco. Scaduto il mandato di Francesco Cossiga come Presidente della Repubblica, l’elezione del successore si stava trascinando in una serie di votazioni parlamentari senza risultato, quando la strage di Capaci dette uno scossone alla vita politica italiana e Scalfaro, un outsider nella corsa al Quirinale, fu eletto alla massima carica istituzionale del Paese subito dopo il tragico evento. “Sponsor” politico di Scalfaro fu allora Marco Pannella, leader del Partito Radicale.

[modifica] Attività recente

Terminato il suo mandato da Capo dello Stato, Scalfaro divenne Senatore a vita in quanto ex Presidente della Repubblica, aderendo al gruppo misto. Nel corso della XIV legislatura ha presentato numerosi disegni di legge riguardanti l'emigrazione e ha manifestato il dissenso per la proposta di riforma costituzionale avanzata dalla coalizione di centrodestra. Diviene presidente del coordinamento nazionale che ne promuove la bocciatura per mezzo del referendum confermativo, composto dai partiti del centrosinistra, dalle principali organizzazioni sindacali, dai Comitati Dossetti, dalle associazioni ASTRID, Libertà e Giustizia, ANPI, ACLI e altre.

In apertura della XV Legislatura è stato Presidente provvisorio del Senato della Repubblica (perché senatore più anziano dopo Rita Levi Montalcini che si era dichiarata non in grado di svolgere quel compito), fino all'elezione alla presidenza di Franco Marini, da lui sostenuto.

Il 19 maggio 2006, come già aveva anticipato, ha votato la fiducia al governo Prodi II.

Durante la primavera del 2006 è stato a capo del Comitato per il No al Referendum sulla Riforma Costituzionale, tenuto il 25 e 26 giugno 2006.

[modifica] Onorificenze

Oscar Luigi Scalfaro è balì gran croce d'onore e devozione del Sovrano militare ordine di Malta.

[modifica] Curiosità

  • Viene considerato persona di rigide vedute in tema di morale. A tale proposito viene citato spesso un episodio (noto come "il caso del prendisole") che lo ebbe come protagonista nel luglio 1950, quando in un ristorante romano, spalleggiato da un collega di partito di nome Sampietro, ebbe un vivace alterco con una giovane e bella signora, Edith Mingoni Toussan, da lui pubblicamente ripresa in quanto il suo abbigliamento, a parere dell'onorevole, era sconveniente (la signora mostrava le spalle nude). L'episodio terminò in questura e la giovane donna denunciò Scalfaro ed il collega per ingiurie (il processo non fu mai celebrato per sopravvenuta amnistia nel 1953). La vicenda tenne “banco” sui giornali e riviste italiane per lungo tempo: la stampa laica accusava Scalfaro di “moralismo” e “bigotteria”, quella cattolica lo difendeva. Intervennero nella polemica autorevoli firme, come il giornalista Renzo Trionfera, il latinista Concetto Marchesi, ed altri più o meno famosi. Alla Camera le polemiche furono roventi per le interrogazioni e durante le sedute destinate a deliberare sull’autorizzazione a procedere contro i due parlamentari a seguito della denuncia sporta dalla signora.[4]
  • Il presidente Scalfaro si è sempre mostrato attento alla corretta pronuncia sdrucciola del suo cognome, e ha l'abitudine di firmarsi “Scàlfaro” con un accento sulla prima a: così anche in calce alle leggi da lui promulgate nel suo settennato di presidenza.
  • Se ci fosse ancore la monarchia in Italia, Oscar Luigi Scalfaro sarebbe un barone: il titolo baronale fu infatti concesso al suo antenato Luigi Scalfaro, colonnello dell'esercito napoletano, da Gioacchino Murat. Luigi Scalfaro, in seguito, avrebbe presieduto il consiglio di guerra che nel 1815 condannò a morte lo stesso Murat.
  • Scalfaro è l'unica persona ad avere ricoperto tutte le tre più alte cariche dello Stato: è infatti stato Presidente della Repubblica e Presidente della Camera, oltre ad avere presieduto provvisoriamente il Senato all'inizio della XV legislatura.

[modifica] Note

  1. Lo Zurlo ricorse contro la sentenza, pare dietro successivo consiglio dello stesso Scalfaro, in Cassazione. La Suprema Corte riconobbe fondato il ricorso e rinviò il caso alla Corte d’Assise di Torino, la quale condannò l’imputato a trent’anni di carcere, ridotti poi a sei dall’intervenuta amnistia generale (dal testo Scalfaro, una vita da Oscar di cui alla bibliografia).
  2. Divenuto Presidente della Repubblica, Scalfaro nominerà suo portavoce il nipote di Mario, Tanino Scelba
  3. Questo incarico gli procurò molte noie (e molta pubblicità). Nelle competenze del sottosegretario c’era anche quella censoria nei confronti dei film, la cui ammissione al circuito nazionale poteva essere negata se considerati contrari alla pubblica decenza od ammessa solo a condizione cha alcune scene (poche o tante che fossero) venissero “tagliate”. Poiché Scalfaro assolveva al suo compito con molto zelo, fu tutto un fiorire di attacchi ironici da parte della stampa laica che lo gratificò dei nomignoli più bizzarri e sarcastici. Contro di lui si spesero penne come Giovanni Guareschi e Curzio Malaparte. Ecco come si espresse quest’ultimo nei suoi confronti: “A giudicare dai lamenti, dalle minacce, dalle esortazioni e dalle preghiere dell’on. Scalfaro, si direbbe che l’Italia sia un sobborgo di Sodoma, la Bestia dell’Apocalisse, un museo dei vizi, una scuola di depravazione, una sentina d’impurità ed una nazione infine senza pudore né dignità”.
  4. Il padre della Mingoni in Toussan (colonnello pluridecorato dell’aviazione, ormai a riposo) ritenendo offensiva nei confronti della figlia una frase pronunciata da Scalfaro durante un dibattito parlamentare, lo sfidò a duello. Subentrò poi al padre come sfidante il marito della signora, anch’egli ufficiale dell’aeronautica, che, ironia della sorte, si chiamava Aramis (siamo nell’onomanzia più che nell’onomastica!) La sfida fu ovviamente respinta, la qual cosa, risaputa pubblicamente, fece indignare Totò che inviò a Scalfaro una vibrante Lettera aperta, a firma: principe Antonio Focas Flavio Comneno De Curtis, pubblicata dall’Avanti.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Bibliografia

  • Filippo Ceccarelli,Il letto e il potere, Milano, TEADUE, Tascabili degli Editori Associati (licenza Longanesi), 1996
  • Giorgio Caldonazzo – Paolo Fiorelli, Scalfaro, una vita da Oscar, Bergamo, Ferruccio Arnoldi Editore, 1996
  • Massimo Franco,Il re della Repubblica, Milano, Badini & Castoldi, 1997, ISBN 88-8089-327-0

[modifica] Altri progetti

[modifica] Collegamenti esterni

Predecessore: Ministro dell'Interno della Repubblica Italiana Successore: Bandiera italiana
Virginio Rognoni 1983 - 1987 Amintore Fanfani I
Predecessore: Ministro della Pubblica Istruzione Successore: Bandiera italiana
Riccardo Misasi 26 luglio 1972 - 7 luglio 1973 Franco Maria Malfatti I
Predecessore: Presidente della Camera dei Deputati Successore: Bandiera italiana
Leonilde Iotti 24 aprile 1992 - 25 maggio 1992 Giorgio Napolitano
Predecessore: Presidente della Repubblica Italiana Successore: Bandiera italiana
Francesco Cossiga 28 maggio 1992 - 15 maggio 1999 Carlo Azeglio Ciampi
Presidenti della Repubblica Italiana
Stendardo Presidente della Repubblica Italiana
De Nicola (1946-48) | Einaudi (1948-55) | Gronchi (1955-62) | Segni (1962-64) | Saragat (1964-71) | Leone (1971-78) | Pertini (1978-85) | Cossiga (1985-92) | Scalfaro (1992-99) | Ciampi (1999-2006) | Napolitano (2006-in carica)

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