Porta del Paradiso
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La Porta del Paradiso è la porta est del Battistero di Firenze, quella principale situata davanti al Duomo di Santa Maria del Fiore. Realizzata dall'orefice e scultore Lorenzo Ghiberti dal 1452 rappresenta il suo capolavoro ed una delle più opere più famose del Rinascimento. Completamente dorata, fu soprannominata del Paradiso da Michelangelo Buonarroti. Dall'alluvione di Firenze i pannelli originali, dopo essere stati sottoposti a restauro, sono conservati nel vicino Museo dell'Opera del Duomo.
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[modifica] Storia
Lorenzo Ghiberti aveva concluso la porta che oggi si trova sul lato nord nel 1424, quella che era nata dal celebre concorso delle formelle al quale aveva partecipato anche Filippo Brunelleschi. Dopo un soggiorno a Venezia gli venne affidato immediatamente l'incarico di realizzare l'ultima porta del battistero (la prima, oggi a sud, era stata realizzata da Andrea Pisano tra il 1330 e il 1336). La gestazione dell'opera fu molto lunga, durata ben 27 anni: solo nel 1452 il Ghiberti ormai settantenne mise in opera i primi pannelli bronzei. Inizialmente era prevista una porta a 28 formelle con scene del Vecchio Testamento, proseguendo il ciclo decorativo iniziato nelle altre porte predisposto da Leonardo Bruni. In seguito però il Ghiberti decise di creare un'opera più innovativa con sole dieci formelle di dimensioni maggiori e con la cornice esterna, non interna alle formelle.
Si può individuare il cambio di programma nell'anno 1435, in cui Cosimo de' Medici ritornò dall'esilio, nella formella con Storie di Giuseppe, dove c'è un chiaro riferimento alla vicenda di Cosimo, paragonato a Giuseppe che, tradito dai fratelli, diventa in seguito loro salvatore e portatore di benessere per tutta la sua comunità.
Si ipotizza che il programma iconografico venne realizzato da Ambrogio Traversi, generale dell'ordine dei camaldolesi, conoscitore del greco e l'unico in grado a quel tempo di consultare i testi per gli episodi raffigurati, inoltre possiamo dire che le nuove scoperte prospettiche condizionarono la scelta della divisione in dieci scomparti, poiché questo metodo si adatta meglio ai valori di razionalità e sintesi apportati dal rinascimento, anche se nelle dieci formelle la prospettiva è più intuita che costruita.
Al momento della collocazione si scelse di destinare la porta al lato principale, quello verso la Cattedrale, smontando la porta di Andrea Pisano e destinandola alla secondaria entrata nord, sebbene da un punto di vista iconografico contenesse gli episodi evangelici più importanti.
Nell'Ottocento Auguste Rodin creò una specie di continuo a questa porta, la cosiddetta Porta dell'Inferno, oggi a Tokyo e a Parigi.
Nel 1966 la porta venne danneggiata dall'alluvione che staccò alcuni pannelli rendendo necessario un immediato restauro. Mentre all'esterno venivano poste delle copie realizzate grazie al generoso contributo di un magnate giapponese, si procedette a una pulitura dei pannelli scoprendo con una certa sorpresa la straordinaria conservazione della doratura originaria, che si pensava coperta da restauri successivi. Le dieci formelle sono state quindi esposte nel Museo dell'Opera del Duomo in speciali teche contenenti azoto. L'ultima formella a tornare ad essere esposta al pubblico è tornata solo nel novembre 2006, a pochi giorni dal quarantennale dell'alluvione.
[modifica] Iconografia
Le due file verticali di ciascun battente hanno quindi cinque scene ciascuna, circondate da quattro cornici che contengono in tutto 24 piccole nicchie con figure bibliche e 24 medaglioni con teste e piccoli busti, tra i quali si riconosce un autoritratto del Ghiberti stesso.
Ogni pannello quadrato raggruppa due o più storie bibliche rappresentate sincronicamente. La visione spaziale è unitaria con molti particolari architettonici costruiti con virtuosismo in prospettiva. Celebre è la rappresentazione dell'edificio rotondo nella scena di Giuseppe, e sorprende per esempio la raffigurazione in scorcio di un cavallo in quella di Mosè.
Ghiberti dimostrò così di esser capace di aggiornare il suo stile alle novità rinascimentali maturate in quegli anni, soprattutto legate all'attività di Donatello, verso il cui stile stiacciato Ghiberti è particolarmente debitore.
Permane comunque un gusto di natura tardogotica nell'attenzione al dettaglio minuto, nella varietà di piante e animali raffigurati, eccetera.
Le scene principali di ciascun pannello sono:
- Adamo ed Eva
- Caino e Abele
- Noè
- Abramo
- Isacco, Esaù e Giacobbe
- Giuseppe
- Mosè
- Giosuè
- Davide
- Salomone e la Regina di Saba
Considerato fin dalla sua collocazione come un capolavoro della scultura in bronzo, fu grandemente ammirato da Michelangelo, che gli diede il nome con il quale è ancora oggi famosa, a Giorgio Vasari.
[modifica] Lettura delle scene
In ogni formella furono riunite più scene, possiamo individuare la cronologia interna dei riquadri analizzando una tra le più antiche quella con le Storie di Caino e Abele, formata da sei episodi sparsi nel paesaggio. La lettura è faticosa, poiché si svolge prima a sinistra, dallo sfondo verso il primo piano, poi, nello stesso senso, a destra.
Nelle formelle più tarde, dando spazio maggiore a certi episodi a scapito di altri, in modo da razionalizzando l'immagine aiutandosi anche utilizzando un regolare sfondo architettonico, di questi modi n'è esempio la formella con il Sacrificio di Isacco, dove le figura sono fuse con il paesaggio circostante in modo che l'occhio venga condotta verso la scena principale rappresentata dal Sacrificio.
Nell'ultima formella con l'Incontro di Salomone con la regina di Saba, è rappresentato un solo episodio, per una motivazione politica, infatti in quel periodo si stava celebrando la riunificazione della Chiesa d'Occidente, rappresentata da Salomone e della Chiesa d'Oriente, rappresentata dalla regina di Saba.
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