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Sistema elettorale - Wikipedia

Sistema elettorale

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Un sistema elettorale è, secondo la definizione data da Rea, l'insieme di norme che regolano il processo attraverso il quale le preferenze sono trasformate in voti e i voti in ruoli di autorità (spesso seggi).

È quindi un processo a due stadi, anche se spesso si dà maggiore risalto alla sua seconda parte.

I sistemi elettorali sono numerosi, ma possono essere suddivisi in due grandi famiglie: sistema maggioritario e sistema proporzionale. Per ovviare agli inconvenienti che ciascuno dei due gruppi comporta, tuttavia, esistono numerosi esempi di sistemi misti.

Indice

[modifica] Il sistema maggioritario

Il sistema elettorale maggioritario è quello che ha accompagnato le prime forme di rappresentanza politica diretta fin dal Settecento.

Nella maggior parte dei casi il sistema maggioritario è basato su un collegio uninominale che viene assegnato a colui che vince l'elezione in quel contesto; raramente è utilizzato in collegi plurinominali (esempi sono il sistema a Voto bloccato o il Singolo Voto Non Trasferibile).

Ci sono due tipi di sistema maggioritario: uno nel quale vince l'elezione chi ottiene la maggioranza relativa dei voti nel collegio, qualunque essa sia; un secondo in cui vince solo chi ottiene la maggioranza assoluta (50%+1) nel collegio, ricorrendosi in caso contrario a un ballottaggio, che è uno scrutinio supplementare cui si ricorre nel caso in cui durante la prima votazione nessuno dei candidati (solitamente due) abbia raggiunto la maggioranza richiesta all'elezione: l'accesso alla seconda tornata elettorale può avvenire o tramite il superamento di una soglia percentuale di voti al primo turno, oppure in base alla posizione in cui ci si piazza al primo turno (solitamente i candidati primi due classificati).

Possiamo dunque distingue fra sistemi elettorali maggioritari:

  • a un turno o plurality con maggioranza relativa (sistema elettorale britannico)
  • a turno unico con maggioranza assoluta tipo il voto alternativo (sistema elettorale australiano)
  • a doppio turno o majority con maggioranza relativa (sistema elettorale francese) o assoluta (in vigore in Italia prima del 1918)

I sistemi plurality presuppongono la vittoria del candidato che abbia ottenuto la maggioranza relativa dei voti riguardanti il proprio collegio. Il numero delle candidature dipende dal numero dei partiti esistenti nel sistema politico e dal grado di strutturazione della compagine partitica: nel caso di un sistema partitico stabile e ben consolidato si avrà un effetto spontaneo di riduzione dei candidati secondo un fattore meccanico (una sistematica sotto-rappresentanza del terzo partito) o un fattore psicologico (una tendenza naturale degli elettori al voto strategico in caso di evidente incapacità o impossibilità di vittoria del candidato preferito, per il quale si sarebbe espresso un voto sincero).

Nei sistemi majority al primo turno vince il candidato che abbia raggiunto la maggioranza assoluta di voti nel collegio, pari, cioè, al 50% + 1. se nessun candidato riesce a raggiungere il quorum, si passa al secondo turno. È opportuno fare qui distinzione tra doppi turni chiusi, nei quali sono ammessi al ballottaggio solo i due candidati che abbiano ricevuto più voti, e doppi turni aperti, nei quali sono ammessi al ballottaggio tutti i candidati del primo turno o addirittura anche nuovi candidati. Nel doppio turno chiuso si ha una notevole riduzione della frammentazione partitica, con la necessità quasi imperativa di alleanze preventive e l’inevitabile emarginazione dei partiti ininfluenti e dei partiti anti-sistema, collocati, cioè, agli estremi del continuum destra-sinistra. Nel doppio turno aperto, invece si può avere la desistenza strategica di candidati e partiti per favorire altri candidati di altri partiti, con più possibilità di vincere e meno sgraditi, e per favorire la formazione di potenziali alleanze di governo. Il sistema maggioritario a doppio turno incoraggia l’elettore a esprimere un voto sincero al primo turno, ma tale voto può restare sincero qualora il candidato preferito si possa ripresentare in sede di ballottaggio, mentre dovrà diventare voto strategico nel caso in cui l’elettore si trovi privo del candidato preferito al ballottaggio.


La particolarità del sistema elettorale maggioritario – specie di quello basato sulla maggioranza relativa – è quella di distorcere la rappresentatività aumentando la vittoria in termini di seggi del primo partito o coalizione a danno relativo del secondo e a gravissimo danno del terzo partito. Per esempio, dati tre partiti A, B e C che si classifichino rispettivamente primo (45% dei voti) secondo (30%) e terzo (25%), è facile immaginare che - sempre per esempio - il primo otterrà il 55% dei seggi, il secondo 30% e il terzo 15%. Ovviamente, per i partiti, con questo sistema elettorale, è più importante vincere di misura in più collegi possibili che non vincere in pochi collegi con alta maggioranza. A questo proposito, si ricorda l'arte del "Gerrymandering" messa in atto dal governatore Gerry del Massachusetts negli Usa, che disegnava (o cercava di fare) collegi elettorali che gli permettessero la rielezione.

All'interno dei sistemi maggioritari poi, quelli a doppio turno tendono a premiare i partiti di centro, mentre quelli a turno unico favoriscono invece formazioni ideologicamente più schierate. Il motivo di ciò è facilmente comprensibile: se si va al ballottaggio, qualora vi sia presente un partito di centro che parta anche da una posizione di svantaggio, esso ne uscirà tendenzialmente vincitore, perché saprà, meglio del suo avversario, attrarre i voti dei partiti esclusi, quelli di sinistra se si troverà a confrontarsi con un avversario di destra, o viceversa nel caso contrario.

In definitiva, nel sistema maggioritario si dà spazio a un aspetto di governabilità. I suoi sostenitori ne sostengono la democraticità in quanto, spingendo i partiti a presentarsi agli elettori riuniti in coalizioni, permette ai cittadini una sorta di "elezione diretta" della maggioranza, e di conseguenza del governo. Nei sistemi elettorali maggioritari infatti, solitamente le coalizioni sono guidate da subito da un leader presentato agli elettori che potranno, votando i suoi partiti, elevarlo direttamente alla presidenza del nuovo governo.

Chi è contrario a tale sistema invece, oltre alla scarsa rappresentanza delle minoranze, contesta il fatto che in mancanza di barriere o contrappesi adeguati la coalizione vincente agisca in maniera anti-democratica, con una possibile "deriva totalitaria".

[modifica] Il sistema proporzionale

Il sistema elettorale proporzionale, o di lista, fu introdotto nel corso del Novecento su spinta delle grandi formazioni politiche di massa, quelle centriste popolari, e quelle di sinistra socialiste.

Elemento caratterizzante del sistema proporzionale è l'assegnazione dei seggi in ampie circoscrizioni elettorali, suddividendoli fra le varie liste in base alle percentuali di voti ottenuti.

Vi sono due metodi: quello del Quoziente e i più alti resti e quello dei divisori e le più alte medie.

Nel primo tipo si stabilisce un quoziente elettorale, che sarà il costo di un seggio in termini di voti; si vede quante volte il totale dei voti che una lista ha preso in un collegio entra in questo quoziente elettorale. La parte decimale del quoziente servirà per assegnare i seggi che non si è riusciti assegnare con le parti intere del quoziente. Tali seggi andranno alle liste che avranno le parti decimali più alte in ordine decrescente. Per trovare questo quoziente elettorale ci sono vari metodi:

1- Quoziente Hare (o Naturale): si divide il totale dei voti validi (V) per il numero dei seggi da assegnare nella circoscrizione (S): {\rm Q}=\frac{{\rm V}}{\rm S}

2- Quoziente Hagenbach-Bischoof: si divide il totale dei voti validi (V) per il numero dei seggi da assegnare nella circoscrizione più uno (S+1): {\rm Q}=\frac{{\rm V}}{\rm S+1}

3- Quoziente Droop: si divide il totale dei voti validi (V) per il numero dei seggi da assegnare nella circoscrizione più uno (S+1) e al tutto si aggiunge un' unità: {\rm Q}=(\frac{{\rm V}}{\rm S+1})+1

I più utilizzati sono i quozienti Hare e quello Hagenbach-Bischoof, col Dropp si ottengono risultati pressoché identici all' Hare.

Nel secondo tipo, quello dei divisori e le più alte media, si dividono i totali di voti dei vari candidati di un collegio per dei coefficienti interi. Anche qui troviamo vari metodi:

1- Metodo D'Hondt: si dividono i totali di voti delle liste per 1,2,3,4,5... fino al numero di seggi da assegnare nel collegio, e si assegnano i seggi in base ai risultati in ordine decrescente fino ad esaurimento dei seggi da assegnare.

2- Metodo Sainte-Lague: si dividono i totali di voti delle liste per 1.4,3,5 e 7, e si assegnano i seggi in base ai risultati in ordine decrescente fino ad esaurimento dei seggi da assegnare.

Si presenta quindi come un sistema elettorale basato sulla democraticità e rappresentatività in quanto permette di fotografare la situazione reale del Paese.

Aspetto positivo, quindi, che salta subito all'occhio è la possibilità di una rappresentanza parlamentare che rifletta in maniera meno distorta possibile la reale situazione politica di un paese, con una significativa tutela delle minoranze.

Da contrappeso vi è l'aspetto negativo del frazionamento dei partiti che si riuniscono, successivamente alle elezioni, in complesse coalizioni parlamentari per riuscire a formare un governo, ma le divergenze programmatiche fra i partiti così alleati, ma fortemente eterogenei fra loro, determinano gravi instabilità dei governi stessi (i detrattori di tale sistema contestano infatti la possibilità per i partiti minori presenti nella coalizione di maggioranza di "ricattare politicamente" la coalizione stessa, paventando la possibilità di aprire una crisi se non assecondati nelle loro richieste).

Il sistema proporzionale può prevedere o no la possibilità per l'elettore di esprimere una o più preferenze per un candidato all'interno della lista votata. In questo caso, vengono eletti nell'ambito di ogni lista i candidati che hanno ottenuto il numero maggiore di preferenze. Se invece non è previsto il voto di preferenza, i candidati vengono scelti secondo l'ordine in cui compaiono in lista: si parla in questo caso di "liste bloccate".

Anche il voto di preferenza ha i suoi pro e contro. A favore vi è la maggiore possibilità di scelta per l'elettore; contro vi è il fatto che il singolo candidato, per ottenere la preferenza, è costretto ad una costosa campagna elettorale personale; la necessità di raccogliere i fondi necessari può potenzialmente stimolare episodi di corruzione.

Le modalità di indicazione della persona prescelta sono due: spuntare il nome in una lista dei candidati prestampata sulla scheda elettorale; oppure scrivere il nominativo per esteso. Questa seconda modalità è soggetta a una maggiore discrezionalità dei presidenti di seggio, che possono stabilire se sono valide o meno le schede che non riportano interamente nome e cognome, le iniziali o diverse abbreviazioni, oppure parole aggiuntive che non fanno parte del nome del candidato.

Esempi possibili per un candidato di nome "Mario Rossi": Rossi Antonio, Mario Antonio Rossi, Antonio M. Rossi, Ma. Rossi Antonio. Se poi sono tollerate parole aggiuntive come la data di nascita, i casi possibili salgono esponenzialmente.

Questo sistema è adatto al controllo dei voti clientelari. Il voto è anonimo, ma l'elettore in cambio di favori personali può accordarsi per scrivere il nominativo con il nominativo completo di secondo nome e alcune parti abbreviate, creando un numero di combinazioni che rendono riconoscibile un numero elevato di schede e verificabile il rispetto di altrettanti accordi clientelari. La conta dei voti espressi in ossequio a patti tra elettori attivi e passivi può essere svolta da uno scrutatore, dallo stesso presidente, da un rappresentante di un partito rappresentato in parlamento o da un elettore della sezione, dato che la legge consente anche a queste ultime categorie di soggetti di presenziare alle operazioni di scrutinio, allo scopo di garantire contro eventuali irregolarità.

Ogni lista ha diritto ad incaricare uno o più rappresentanti che devono essere ammessi in aula, a vigilare sull'operato del seggio durante la votazione e durante lo spoglio elettorale: perciò, possono permanere al seggio tutto il tempo della votazione e annotare le presenze, e, durante lo spoglio, possono chiedere la lettura ad alta voce del testo scritto sulle schede, così come di visionarle via via che vengono aperte.

Nei sistemi proporzionali si ha diretta corrispondenza percentuale tra voti ottenuti dai partiti e seggi attribuiti ai partiti stessi. Tuttavia, per calmierare la frammentazione partitica parlamentare si adottano dei criteri di stabilizzazione: • dimensione della circoscrizione – può essere modificata incidendo sul numero di seggi attribuiti o sul numero degli eletti MA NON sul numero degli elettori • soglie di esclusione – fissate in termini percentuali Spagna – 3% nazionale Norvegia – 4 % nazionale Svezia – 4 % nazionale Germania – 5% nazionale, congiunta alla clausola di accesso dell’elezione di almeno 3 deputati nei collegi uninominali (“rappresentanza proporzionale personalizzata”) Grecia - Polonia – 5% per partiti, 8% per le coalizioni, 7% dei voti per accedere alla distribuzione di 69 seggi nel collegio unico nazionale Irlanda – voto singolo trasferibile • premio di maggioranza

[modifica] Sistemi corretti (o misti)

Come abbiamo visto, non esiste un sistema elettorale che si possa considerare perfetto, ma entrambi i tipi possiedono i propri vantaggi e i propri svantaggi. Per ovviare a tali inconvenienti, cercando di recuperare le caratteristiche positive di ciascun sistema ma limitando quelle negative, si sono col tempo andati ad elaborare sistemi corretti, o misti, dei due modelli originari.

  • Sistemi maggioritari corretti

L'aspetto negativo del maggioritario è, lo abbiamo visto, la scarsa, se non nulla, rappresentanza e di conseguenza tutela delle formazioni politiche minori. Per ovviare a tale problema, il metodo solitamente utilizzato è quello dell'introduzione di quote proporzionali che sottraggano una parte dei seggi in palio alla regola uninominale generale, per attribuirli con meccanismi tipici o similari a quelli proporzionali. Essenziale a tal fine è il collegamento espresso a livello nazionale dei singoli candidati uninominali in più ampie liste di partito o coalizione.

Il primo dei sistemi elettorali così formulati è quello che prevede il ripescaggio dei migliori perdenti. In tale casistica, i seggi uninominali non sono in numero pari a quelli dell'organo da eleggere, ma inferiore, e i seggi rimanenti vengono ripartiti fra i candidati perdenti, sulla base dei voti residui (cioè depurati di quelli raccolti dai candidati della lista stessa, risultati però già eletti nei collegi uninominali) raccolti dalle liste nazionali o circoscrizionali. Ne era esempio il sistema in vigore per il Senato Italiano dal 1993 al 2005, che, in un contesto uninominale plurality prevedeva un 25% dei seggi attribuiti proporzionalmente alle liste regionali formate dai candidati perdenti di ciascuna coalizione. Calcolati i seggi spettanti a ciascuna lista, venivano poi dichiarati eletti, all'interno di ogni lista stessa, i candidati che avessero ottenuto le più alte percentuali elettorali.

Un secondo gruppo è quello dei sistemi paralleli, come quello russo e di numerosi paesi dell'Est Europa, che prevedono banalmente una quota di seggi assegnati proporzionalmente ed una con sistema maggioritario, senza che vi sia alcun collegamento fra le due parti. La quota proporzionale può essere anche molto alta, arrivando a coprire fino alla metà dei seggi in palio. Apparteneva a questo gruppo anche il particolare sistema italiano per la Camera dei Deputati in vigore fra il 1993 e il 2005, che poteva essere chiamato "a compensazione parallela" e prevedeva due quote distinte, 75% maggioritario e 25% proporzionale, che venivano però in tal caso collegate con il famigerato sistema dello "scorporo", che svantaggiava i partiti maggiori, cioè quelli che avevano ottenuto molti seggi nella parte maggioritaria, a favore dei partiti più piccoli.

  • Sistemi proporzionali corretti

Si è detto che l'inconveniente maggiore provocato dalla proporzionale è quello di creare instabilità governativa, sia perché, garantendo i partiti minori, consegna loro in verità la possibilità di condizionare i governi in misura ben maggiore del proprio reale peso elettorale, sia perché, a causa dell'alta frammentazione, le maggioranze sono spesso assai risicate ed esposte a continue imboscate da parte dell'opposizione.

Per ovviare al primo inconveniente, sono stati elaborati sistemi che limitino il meccanismo proporzionale sottraendo i partiti minori ai benefici che esso fornirebbe loro. Esistono due metodi, uno implicito ed uno esplicito, per ottenere tale scopo:

A - quello implicito si ottiene limitando la dimensione delle circoscrizioni elettorali. Caratteristica saliente della proporzionale rispetto al maggioritario è, lo abbiamo visto, l'ampio numero di elettori, e conseguentemente seggi, compresi nella circoscrizione proporzionale rispetto ai collegi maggioritari. Riducendo l'ampiezza della circoscrizioni, dunque, si riduce il tasso di proporzionalità del sistema, diminuendo le probabilità dei partiti minori di ottenere i pochi seggi disponibili in ciascuna delle succitate circoscrizioni. È il meccanismo previsto dal sistema elettorale spagnolo e, de facto, dal sistema elettorale svizzero per la Camera bassa elvetica.
B - quello esplicito consiste nell'introdurre una clausola di sbarramento (o di accesso), cioè una percentuale minima di voti che il partito deve ottenere per poter entrare in Parlamento. Ne è esempio il sistema elettorale tedesco che stabilisce di regola nel 4% la soglia minima di voti necessari per entrare a far parte del Bundestag.

Per aggirare invece il secondo problema, quello delle scarse maggioranze su cui si basano solitamente i governi nati da elezioni proporzionali, il meccanismo tipico è quello del premio di maggioranza, consistente in una quota variabile di seggi assegnati in regalo alla lista o alla coalizione di liste risultanti prime classificate nella tornata elettorale, qualora non ne abbiano già raggiunto un livello predeterminato. Tale sistema, che oltretutto costringe i partiti a coalizzarsi fin da prima delle elezioni come accade col maggioritario, è ed è stato particolarmente utilizzato in Italia in vari frangenti. Al giorno d'oggi, sotto varie forme più avanti esplicate, viene utilizzato sia per l'elezione dei due rami del Parlamento, sia per le elezioni di tutti gli enti locali. In passato fu inoltre utilizzato, sempre per le elezioni politiche italiane, sia nel 1953 con la cosiddetta Legge truffa, sia nel 1924 con la Legge Acerbo che favorì l'ascesa del fascismo.

[modifica] Proporzionale vs Maggioritario

Molto brevemente, la differenza fra Proporzionale e Maggioritario si può riassumere così: il Proporzionale favorisce i piccoli partiti, il Maggioritario favorisce quelli più grandi (intendendo con "grandi" e "piccoli" il numero di elettori che quel determinato partito ha). Quale dei due sia il migliore, o se sia preferibile un'alternanza tra i due, è lasciato al giudizio del lettore.

Vi è però un'importanza eccezione alla regola appena descritta, costituita dai partiti regionalisti. Un partito piccolo ma fortemente concentrato sul territorio, infatti può non solo uscire indenne da un'elezione maggioritaria, ma anzi al contrario rafforzato, ottenendo fino al monopolio della rappresentanza politica nelle regioni in cui esso è particolarmente radicato. Nel sistema uninominale inglese, ad esempio, questo è il caso tipico dello Scottish National Party. In Italia, nel sistema in vigore dal 1993 al 2005, si segnalavano i casi della Südtiroler Volkspartei, che senza il meccanismo dello scorporo avrebbe ottenuto il monopolio della rappresentanza dell'Alto Adige, e della Lega Nord, la quale nelle elezioni del 1996, pur correndo solitaria, non solo non ebbe un danno se non minimo in termini di seggi (9,4% a fronte del 10,1% dei voti validi), ma provocò la disfatta, sempre in termini di seggi, dell'allora avversaria coalizione di Silvio Berlusconi, favorendo la vittoria dell'Ulivo di Romano Prodi.

Le modalità di voto sono modificabili con una legge ordinaria, approvabile dalla maggioranza di Governo. In altri Paesi, la Costituzione stabilisce le principali modalità di voto e la modifica delle modalità elettorali richiede procedure lunghe e articolate di revisione costituzionali, quanto meno leggi da approvare con maggioranze qualificate (dei 2/3 circa del Parlamento) difficilmente raggiungibili dalla sola maggioranza di Governo, in modo tale che le regole democratiche siano condivise.

Talora, esiste un vincolo temporale che vieta di modificare le norme elettorali a tre mesi di distanza dall'election day.

[modifica] Sistemi italiani

La situazione italiana è complessa e differenziata a seconda del tipo di elezione. Il sistema proporzionale puro, in auge per tutte le elezioni italiane prima del 1993, è ancora usato per le elezioni del Parlamento europeo, basandosi su cinque circoscrizioni interregionali più una circoscrizione nazionale per il recupero dei resti.

Anche i restanti appuntamenti elettorali si svolgono sulla base di sistemi elettorali proporzionali, ma significativamente corretti con premi di maggioranza variamente assegnati:

  • nel sistema di elezione dei Consigli regionali, che trova una sua prima specificazione nell’articolo 122 della Costituzione, la cui legge attuativa susseguente ad una revisione costituzionale del 1999 stabilisce che il Presidente della Regione sia di norma eletto direttamente dai cittadini in un turno unico di votazioni, il Consiglio regionale è eletto contestualmente al Presidente con un sistema misto: in gran parte proporzionale, in piccola parte consistente in un premio di maggioranza. Quattro quinti dei seggi sono attribuiti proporzionalmente, sulla base di liste di partito presentate nelle diverse province. Le liste che hanno ottenuto meno del tre per cento dei voti, non ottengono alcun seggio (sbarramento), a meno che non siano collegate con un candidato presidente che abbia ottenuto almeno il cinque per cento dei voti all’interno della Regione. Un quinto dei seggi è attribuito sulla base di liste regionali (i cosiddetti listini) il cui capolista è il candidato alla presidenza. Chi vince fa eleggere in blocco i candidati del proprio listino, con la seguente eccezione: se le liste circoscrizionali collegate alla lista regionale vincente hanno ottenuto già il 50 per cento dei seggi, alla nuova maggioranza è attribuita solo la metà dei seggi del "listino" (dieci per cento del totale dei seggi in consiglio), il resto è distribuito proporzionalmente tra le liste di opposizione. Il nuovo presidente ha diritto ad avere una maggioranza stabile in consiglio: se le liste a lui collegate hanno ottenuto meno del 40 per cento dei seggi, oltre alla totalità dei seggi del "listino" gli vengono attribuiti tanti consiglieri "extra" fino ad arrivare al 55 per cento dei seggi del consiglio (clausola di governabilità). Per le elezioni regionali del 2005 le regioni Lazio, Puglia, Calabria e Toscana hanno eletto i propri rappresentanti con le rispettive leggi elettorali. Tramite la legge costituzionale 2/2001 il sistema dell'elezione diretta del presidente della Giunta è stato esteso anche alle Regioni ad autonomia speciale. Tale particolare legge costituzionale, che ha modificato parte degli statuti a Regione speciale, ha infatti transitoriamente dettato la disciplina elettorale per i Consigli Regionali delle regioni di cui all'articolo 116, in maniera simile a quella delle Regioni a statuto ordinario. Solo per Valle d'Aosta e Trentino-Alto Adige ha dettato regole specifiche, ispirate al proporzionalismo puro, onde garantire le minoranze linguistiche;
  • nelle elezioni comunali per i paesi sotto i 15 mila abitanti, e nelle elezioni circoscrizionali, alla lista del candidato vincitore viene assegnato almeno il 66% dei seggi. Anche in questo caso è previsto il voto di preferenza;
  • nelle elezioni provinciali e nelle elezioni comunali per i centri maggiori, alla coalizione di liste collegate al Sindaco o al Presidente eletto (che in tal caso devono aver ottenuto la maggioranza assoluta, ricorrendosi in caso contrario ad un ballottaggio), viene garantito almeno il 60% dei seggi assembleari; posta questa clausola, all'interno della coalizione di maggioranza, e fra le liste di minoranza, la distribuzione dei seggi avviene in maniera proporzionale. Tali regole decadono, passando ad una integrale distribuzione proporzionale pura, nel particolare caso in cui gli elettori eleggano un Sindaco o un Presidente, ma diano la maggioranza assoluta ad una coalizione diversa dalla sua (si instaura così una forzata coabitazione). Se per le elezioni comunali è previsto il voto di preferenza, per le elezioni provinciali, secondo un'uso risalente al 1953, vige un particolarissimo meccanismo di lista bloccata, in cui i candidati dei vari partiti, in numero pari ai seggi da coprire, sono assegnati ciascuno ad un singolo collegio uninominale, da non confondersi però col similare istituto dei sistemi maggioritari, poiché in tal caso la distribuzione dei seggi prescinde totalmente il collegio, essendo tale territorio solo l' "area riservata" per ogni singolo candidato, abbattendo la tipica conflittualità interna ai partiti tipica dei sistemi proporzionali;
  • nelle elezioni politiche, la riforma del 2005, sotto descritta, introduce, con modalità differenziate fra le due Camere, una quota minima di seggi pari al 55% assegnata alla coalizione meglio piazzata nella tornata elettorale. È un sistema abbastanza simile a quello appena descritto relativo alle province e ai Comuni maggiori.

[modifica] Legge elettorale proporzionale del 2005

Dopo quasi mezzo secolo il sistema di tipo proporzionale in vigore era stato sostituito nel 1993, anche in seguito ad un referendum popolare, dalla legge Mattarella (leggi 176/93 e 177/93). Si era così passati ad un sistema elettorale di tipo misto, per un 75% maggioritario ed un 25% proporzionale, ma le due parti venivano collegate attraverso il sistema dello scorporo.

Il disegno di legge n.3633 approvato il 14 dicembre 2005, successivamente trasformato nella legge 270/2005 il 21 dicembre 2005, ha però riportato il sistema al proporzionale, ma con un premio di maggioranza eventuale, ovvero che scatta solo a determinate condizioni. Lo stesso autore della legge, il leghista Roberto Calderoli, l'ha definita "una porcata"[1] e per questo motivo viene a volte rinominata Porcellum.

Per le elezioni alla Camera si distinguono tre sistemi:

  • La circoscrizione Estero è divisa in ripartizioni, ciascuna delle quali elegge i deputati a lei assegnati con il sistema proporzionale puro, senza sbarramenti né premi di maggioranza. In totale la circoscrizione Estero elegge 12 deputati, come previsto dalla Costituzione;
  • La Valle D'Aosta elegge un deputato col sistema maggioritario;
  • Per le altre 19 regioni, i partiti possono coalizzarsi fra loro e per l’assegnazione dei seggi la coalizione deve ottenere, sommando i voti di tutte le 19 regioni, almeno il 10% dei voti validi espressi e almeno una lista della coalizione deve ottenere un minimo del 2%. Le liste non coalizzate devono invece ottenere almeno il 4% dei voti. Per le liste coalizzate, esiste una soglia di sbarramento del 2%: i seggi all'interno di ciascuna coalizione sono assegnati tra le liste che hanno raggiunto questa soglia, quelle sotto soglia ma rappresentative di minoranze linguistiche e la migliore lista sotto soglia. È previsto inoltre un premio di maggioranza che scatta nel caso in cui una coalizione o singolo partito abbia ottenuto, sommando i voti di tutte le 19 regioni, la maggioranza relativa. Il premio prevede l'assegnazione ad essa di 340 seggi, se col normale criterio proporzionale i seggi assegnati sarebbero di meno. I rimanenti seggi sono assegnati proporzionalmente alle altre coalizioni e liste.

Anche per il Senato si distinguono tre sistemi:

  • La circoscrizione Estero elegge 6 senatori, come previsto dalla Costituzione, con lo stesso sistema usato per i deputati;
  • La Valle D'Aosta e il Trentino Alto Adige eleggono i propri senatori (la Valle D'Aosta ne elegge uno, come previsto dalla Costituzione) col sistema maggioritario, per preservare le minoranze linguistiche, come richiesto dalla Costituzione:
  • Le altre 18 regioni eleggono i propri senatori su base regionale con sistema proporzionale. I seggi sono ripartiti tra le regioni, partendo dal numero minimo di sette seggi ciascuna, sulla base dei risultati dell'ultimo censimento generale della popolazione; il numero esatto di seggi assegnati ad ogni regione viene emanato contemporaneamente al decreto di convocazione dei comizi. Fa eccezione il Molise, al quale la Costituzione assegna 2 senatori. I partiti possono coalizzarsi e per l'assegnazione dei seggi la coalizione deve ottenere almeno il 20% dei voti validi espressi a livello regionale ed almeno una lista della coalizione deve ottenere un minimo del 3%. Le liste non coalizzate devono invece ottenere almeno l'8% dei voti validi espressi, sempre a livello regionale. Nella ripartizione dei seggi su base regionale all'interno delle coalizioni sono ammesse solo le liste collegate che abbiano conseguito almeno il 3% dei voti validi a livello regionale. Anche il premio di maggioranza al Senato è su base regionale; la lista o coalizione avente la maggioranza relativa dei voti in una regione ottiene il 55% (arrotondati per eccesso) dei seggi assegnati a quella regione, se col normale criterio proporzionale ne otterrebbe di meno.

Infine, va notato che al Senato non è assicurata la maggioranza dei seggi alla coalizione che ha ottenuto più voti, poiché i singoli premi regionali potrebbero neutralizzarsi a vicenda e può sia lasciare uguale, sia aumentare che diminuire il numero dei seggi ottenuti da una certa coalizione. Non è nemmeno garantito, quindi, che nei due rami del Parlamento si formi la stessa maggioranza. Infatti, nel caso del senato, il premio di maggioranza rende il risultato dipendente da un elevato numero di fattori variabili che lo rendono di fatto imprevedibile, seppur deterministico (vi è infatti un analogia con i sistemi dinamici caotici). [2]

Sia per la Camera, sia per il Senato, il metodo di voto consiste nell'apporre una croce solo sopra il simbolo di un partito. Non è prevista la possibilità di scrivere una preferenza all'interno di un partito in quanto le liste sono bloccate e i seggi destinati ad ogni partito saranno assegnati in ordine ai primi candidati della lista, nell'ordine stabilito dalle segreterie dei partiti.

[modifica] Note

  1. Articolo di Repubblica
  2. Alberto Petri, Fergal Dalton, Giorgio Pontuale. Un sistema elettorale tutto da rifare. Le Scienze numero 457 - settembre 2006.

[modifica] Bibliografia

  • Giovanni Sartori, Ingegneria costituzionale comparata (2004), Il Mulino. ISBN 8815096361
  • G. Baldini, A. Pappalardo, Sistemi elettorali e partiti nelle democrazie contemporanee (2004), Editori Laterza. ISBN 8842071927
  • Gianfranco Pasquino, I sistemi elettorali, Bologna, Il Mulino, 2006. ISBN 88-15-11297-9
  • Maria Serena Piretti, La fabbrica del voto: Come funzionano i sistemi elettorali, Roma-Bari, Laterza, 1998. ISBN 88-420-5618-9
  • Alessandro Chiaramonte, Tra maggioritario e proporzionale: l'universo dei sistemi elettorali misti, Bologna, Il Mulino, 2005. ISBN 88-15-10586-7

[modifica] Voci correlate

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