Telekom Serbia
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Telekom Srbija | |
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Tipologia: | Azienda pubblica |
Fondazione: | nel giugno 1997 |
Sede sociale: | Belgrado, Serbia |
Persone chiave: |
Draško Petrović (Amministratore delegato) |
telefonia fissa, telefonia mobile, banda larga, intenet, servizi di rete |
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Dipendenti: : | 13000 |
Sito web: | www.telekomsrbija.com |
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Telekom Serbia è un'azienda pubblica serba di telecomunicazioni.
[modifica] L'"affare Telekom Serbia"
Durante il governo Prodi I nel 1997, Telecom Italia (al tempo di proprietà per il 61% del Ministero del Tesoro) acquistò il 29% di Telekom Serbia, l'operatore nazionale serbo di telefonia fissa, ad un prezzo pattuito di circa 893 milioni di marchi (pari a 878 miliardi di lire e ad oltre 453 milioni di euro).
L'opinione pubblica italiana venne a conoscenza dell'affaire solamente il 16 febbraio 2001, quando il quotidano "La Repubblica" titolò in prima pagina: "Le tangenti di Milosevic - Telecom in Serbia: il protocollo segreto tra Roma e Belgrado". Scoppiarono violente polemiche, anche perchè erano vicine le elezioni politiche. Sebbene l'accordo fosse avvenuto all'interno di un piano di espansione che aveva portato Telecom ad acquisizioni in diverse nazioni, in seguito all'elezione di una nuova maggioranza di governo la vicenda e il suo relativo sviluppo suscitarono l'interesse del Parlamento. La coalizione guidata da Silvio Berlusconi, infatti, decise di istituire una Commissione d'inchiesta dedicata al caso[1]. Il centrosinistra rinnegò sempre la liceità della commissione, definendola uno strumento di propaganda, fino ad abbandonarne i lavori[2].
Secondo quanto regolavano le procedure in vigore fra le società a partecipazione statale e il ministero del Tesoro, la Telecom non aveva bisogno d'informare o di attendere autorizzazioni e poteva stabilire simili accordi di compravendita in autonomia, il che escluderebbe un ruolo di Romano Prodi nella vicenda. Questo sistema era stato predisposto dal ministro del Tesoro Carlo Azeglio Ciampi in vista delle privatizzazioni che il governo aveva programmato, per meglio garantire i mercati da interferenze di tipo politico. Dopo pochi mesi dall'accordo in Serbia, per la Telecom iniziò il processo di collocamento nel mercato di gran parte delle quote pubbliche.
La svalutazione delle quote di Telekom Serbia succedutasi nel tempo è una delle accuse che vennero mosse ai responsabili dell'operazione, dato che questo avrebbe comportato una perdita per lo Stato stimabile nella differenza fra l'acquisizione del 1997 e la vendita effettuata nel 2003 (per un importo di 193 milioni di euro). L'accusa più pesante, tuttavia, fu quella di aver ricevuto tangenti dal presidente serbo Slobodan Milosevic per finanziare la ricostruzione del Paese. Dalle dichiarazioni del faccendiere svizzero Igor Marini la commissione parlamentare incaricata ricostruì una vicenda di tangenti pagate ad esponenti del centrosinistra: In primo tempo Igor Marini fece i nomi di Romano Prodi, Piero Fassino, Lamberto Dini, che si sarebbero nascosti dietro gli pseudonimi di "Mortadella","Cicogna" e "Ranocchio", e li accusò anche di essere i mandanti di un tentato omicidio a suo danno[3]. Successivamente il faccendiere coinvolse anche Walter Veltroni, Francesco Rutelli e Clemente Mastella, quest ultimo, all'epoca dei fatti, non era membro del governo Prodi I, ma ne era all'opposizione[4]. Tra gli altri Marini chiamò in causa anche la moglie di Dini, Donatella Dini, e i Cardinali Camillo Ruini e Carlo Maria Martini [5]. Le notizie vennero fortemente rilanciate da una parte dei media e dallo stesso Berlusconi, che affermò: «La vicenda Telecom Serbia è tutta una tangente[6]».
Il punto di svolta nell'inchiesta avvenne con il viaggio a Lugano di una delegazione incaricata dalla commissione parlamentare d'inchiesta composta da due deputati, due funzionari di polizia, un magistrato-consulente e lo stesso Igor Marini. La delegazione doveva verificare l'esistenza dei documenti di cui aveva parlato il teste, che non furono trovati. Inoltre le autorità elvetiche non erano state oppurtunamente informate di quel viaggio, tanto che la delegazione fu fermata dalla polizia e trattenuta con l'accusa di «atti compiuti senza autorizzazione per conto di uno Stato estero» e per «spionaggio economico» secondo gli articoli 271 e 273 del codice penale elvetico. Dopo cinque ore di interrogatorio furono tutti rilasciati ad eccezione del solo Marini[7].
In seguito a questo evento Il teste venne dimostrato essere non credibile, le sue dichiarazioni si rivelarono delle calunnie e vennero completamente smentite dalla magistratura. La prove chiave delle sue accuse, due ordini di versamento, si rivelano dei falsi, come mostrato dal settimanale L'Espresso[8] e dal quotidiano La Repubblica. La commissione parlamentare nel suo resoconto finale non formulò alcuna accusa diretta. Il 21 aprile 2006, Maurizio De Simone, Giovanni Romanazzi e Antonio Volpe, tre dei testimoni chiave che avevano procurato alla commisione di inchiesta alcuni documenti relativi, tra le altre cose, ad una supposta tangente di 125 mila dollari versata a Prodi e Dini, vengono rinviati a giudizio per calunnia aggravata con l'accusa di aver fabbricato delle prove false.
Al termine della vicenda, ci furono ancora strascichi di polemiche tra maggioranza e opposizione: i primi dissero che la commissione aveva, comunque, accertato le responsabilità politiche del governo Prodi per aver "finanziato una dittatura" e gli ultimi affermarono che la commissione aveva prodotto solo un castello di menzogne per screditare Prodi e l'opposizione. Piero Fassino arrivò ad accusare palazzo Chigi di essere il mandante di Igor Marini e per questo fu anche querelato per calunnia da Silvio Berlusconi richiedendo un risarcimento di 15 milioni di euro, tuttavia il procedimento per calunnia finì con il proscioglimento di Fassino[9].
Il 7 maggio 2005 il GUP della Procura di Torino Francesco Gianfrotta archiviò l'indagine aperta nel 2001 sui vertici di Telecom del '97 (Tomaso Tommasi di Vignano e Giuseppe Gerarduzzi)[10].
[modifica] Riferimenti e note
- ↑ Legge 21 maggio 2002, n. 99, Commissione parlamentare d'inchiesta sull'affare Telekom-Serbia.
- ↑ Corriere della Sera
- ↑ Corriere, 7 agosto 2003, Repubblica, 8 maggio 2003
- ↑ Repubblica, 22 agosto 2003
- ↑ Reuters
- ↑ Silvio Berlusconi nella trasmissione Porta a Porta il 22 maggio 2003
- ↑ Repubblica, 9 maggio 2003
- ↑ L'Espresso
- ↑ Repubblica, 30 gennaio 2004
- ↑ Testo dell'ordinanza
- Francesco Bonazzi (giornalista del L'espresso). Telekom Serbia - L'affare di cui nessuno sapeva", Sperling & Kupfer Editori, 2004
- Giulio Manfredi (direzione nazionale dei Radicali Italiani), postfazione di Marco Pannella. Telekom Serbia - Presidente Ciampi, nulla da dichiarare? - Diario ragionato del caso dal 1994 al 2003, Stampa Alternativa/Nuovi Equilibri, 2003