Giulia Agrippina Augusta
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Giulia Agrippina Augusta (6 novembre 15-59) fu Augusta dell'Impero romano e madre dell'imperatore Nerone.
Nacque da Germanico, fratello del futuro imperatore Claudio, e da Agrippina Maggiore, nipote di Ottaviano Augusto.
Fortissimamente convinta dell'importanza della propria stirpe, ambiziosa, dominatrice, ma anche accorta, lungimirante, pregna di senso dello Stato, Agrippina fu una delle più significative figure femminili dell'Impero Romano, e l'unica che riuscì a conseguire uno status effettivo comparabile a quello di un Principe-donna, ovvero di un'autentica Imperatrice (in latino non esiste neppure in nuce un senso femminile di "Princeps"; Virgilio ricorse alla nozione di "dux femina", En. 1.364, per cercare di definire Didone agli occhi dei Romani).
Respinta dalla mentalità patriarcale di Roma, fu isolata, umiliata e perseguitata dal figlio, il Principe Nerone, con il quale si estinse la dinastia Giulio-Claudia.
Sulla storia e le gravi vicende della sua dinastia, Agrippina scrisse dei Commentari, utilizzati da Tacito e Plinio il Vecchio come fonte storica.
Fu la fondatrice della moderna Colonia sul Reno (Colonia Agrippinense), sorta su un pacifico patto di convivenza tra i veterani romani delle campagne germaniche ed il popolo germanico degli Ubii, alleati dei Romani dai tempi di Giulio Cesare. Gli abitanti di questa nuova città si chiamarono Agrippinensi. Nel 1993, la Città di Colonia ha eretto una statua ad Agrippina sulla facciata del proprio Municipio.
Il suo favore verso il mondo celtico fu confermato allorché concesse la grazia al re britannico Carataco, giunto a Roma in catene.
Ebbe dal Senato di Roma il titolo di Augusta, che non corrispondeva a quello di imperatrice, nel senso moderno del termine, ma che era comunque un riconoscimento di grande prestigio e pressoché unico, concesso a personalità di particolare spicco.
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[modifica] Regno di Tiberio (fino al 37)
Fin da ragazza Agrippina covò un odio profondo verso Tiberio, suo parente in quanto fratello di suo nonno Druso. Tiberio, infatti, le sterminò la famiglia: è probabile che suo padre Germanico fosse stato avvelenato proprio da Tiberio, invidioso della sua fama presso il popolo e delle sue conquiste militari; i fratelli maggiori di Agrippina, Nerone Cesare e Druso Cesare, furono l'uno esiliato e lasciato morire e l'altro rinchiuso nelle segrete del palazzo imperiale, dove impazzì e morì poco dopo; la madre, Agrippina Maggiore, fu confinata sull'isola di Ventotene e si lasciò morire di fame.
Allo sterminio compiuto da Tiberio sopravvissero solo Agrippina, le sorelle Drusilla e Livilla, e Caio Cesare, meglio noto alla storia come Caligola.
Nel 29 Tiberio obbligò la quattordicenne Agrippina a contrarre matrimonio con Gneo Domizio Enobarbo, che ella odiava. Dal matrimonio nacque un unico figlio, nel dicembre del 37, Lucio Nerone, e nel 40 Enobarbo morì di malattia.
[modifica] Caligola imperatore (37 - 41)
Alla morte di Tiberio, avvenuta nel 37, gli successe al trono il fratello di Agrippina, Caio Cesare, detto Caligola (per via dei sandali che era solito portare chiamati appunto "calighe"), e l'Impero sembrò aver trovato finalmente un sovrano che avrebbe portato pace e tranquillità dopo il regno del crudele e dispotico Tiberio; ed, effettivamente, così fu per i primi mesi di regno di Caligola.
Poi, Caligola impazzì, e cominciarono le crudeltà. Nel 38 l'amata sorella Drusilla morì ventenne e la malattia di Caligola si accentuò a tal punto che Agrippina e la sorella Livilla decisero di organizzare una congiura, anche se non è storicamente accertato che le due sorelle tentarono di assassinare il fratello.
Scoperte, mentre il marito di Livilla, Marco Vinicio, fu giustiziato, esse dovettero partire in esilio, e Agrippina fu costretta a lasciare il figlio alle cure della zia paterna Domizia, una donna corrotta e di dubbia moralità.
Nel 41 Caligola fu assassinato in seguito ad una congiura capeggiata da Cassio Cherea: il nuovo Imperatore fu Claudio.
[modifica] Claudio
Agrippina e Livilla furono richiamate dall'esilio e diedero una degna sepoltura al fratello Caligola. Ma ben presto, l'Imperatrice Messalina, gelosa dell'avvenenza di Livilla, l'accusò di adulterio con Lucio Anneo Seneca e la mandò nuovamente in esilio. Pochi giorni dopo, la testa di Livilla fu portata a Roma: Agrippina era ora l'unica sopravvissuta della famiglia di Germanico.
Nel 42 sposò il facoltoso Caio Passieno Crispo, del quale ereditò il patrimonio alla morte di questi. Nel 48 Messalina fu travolta dallo scandalo della bigamia, e l'influente liberto Narcisso ne approfittò per eliminarla e sponsorizzare la propria favorita, Elia Petina. Facendo credere di aver ricevuto un preciso ordine dal Principe, inviò alcuni soldati contro la moglie di Claudio e la fece crudelmente assassinare. Invece egli aveva udito l'Imperatore voler concedere udienza alla moglie, prima eventualmente di condannarla. Successivamente Agrippina fece giustiziare Narcisso. La terribile condotta del liberto è stigmatizzata da Racine nel suo Britannicus, ove Narcisso è assimilato ad un demoniaco Jago shakespeariano.
[modifica] Augusta (49 - 54)
Nel 49 Claudio fu convinto a cercare una nuova moglie, e Agrippina, appoggiata dal potente liberto Pallante, fu una delle candidate, ed alla fine, con la sua ipnotica bellezza, il prestigio dei natali, il carisma della personalità, riuscì a farsi preferire dal Principe, nonostante lo scandalo costituito dall'esserne la nipote (a cui si pose prontamente rimedio con una legge che regolarizzava questo genere di nozze).
Agrippina divenne sempre più potente e popolare, e riuscì a far sposare il figlio Nerone con Ottavia, figlia di Claudio e Messalina, nonché a convincere Claudio a designare erede al trono non il figlio Britannico, avuto da Messalina, ma Nerone stesso.
Passarono alcuni anni e l'anziano Claudio si ammalò senza rimedio. Avvicinandosi alla morte egli si pentì di aver posposto il figlio naturale, Britannico, a quello adottivo, Nerone. Questo suo ripensamento ingenerò dissidi con Agrippina. Poiché la morte intervenne in tale contesto, molte voci si levarono contro di lei. Racine interpreta Tacito in luce favorevole ad Agrippina, lasciando all'infido Narcisso di muoverle contro l'accusa di veneficio. Si era comunque all'inizio di ottobre dell'anno 54. Nerone divenne il nuovo imperatore. Agrippina divenne la flaminica del Divo Claudio e della Casa Giulia, ovvero la Massima Sacerdotessa dello Stato Romano. Ce lo ricordano Tacito ed una ieratica statua in basanite rinvenuta a Roma sul Celio.
[modifica] Vittima di Nerone
Il rapporto tra madre e figlio, però, non era destinato a mantenersi solido e collaborativo, com'era stato finora: Agrippina non tollerava ombre al proprio potere e, quando il figlio prese a preferirle come consiglieri Burro e Seneca, e a mostrare scarsa disponibilità al sacrificio, nonché a tradire Ottavia con la liberta Atte, ella cominciò ad esercitare pressione sul figlio, avvicinandosi al giovane Britannico, suo figliastro.
Nerone, insofferente dell'autorità materna, tolse di mezzo Britannico, avvelenandolo durante un banchetto. Da allora, madre e figlio si dichiararono guerra aperta. Nerone tolse ogni protezione alla madre e la fece allontanare dalla corte. Prese quindi come amante la bella Sabina Poppea, la quale istigò l'Imperatore a sbarazzarsi di sua moglie Ottavia e della stessa madre Agrippina.
Nerone si risolse dunque al matricidio, senza temerne le conseguenze, che lo porteranno invece ad un inesorabile declino.
L'assassinio fu peraltro difficile: non bastò far affondare la nave che riportava Agrippina ad Anzio dopo una festa a Baia alla quale era stata invitata dal figlio: la compagna di Agrippina, Acerronia Pollia, precipitata in mare insieme all'Augusta, cominciò a gridare ai marinai che giungevano, complici di Nerone, di essere Agrippina e di trarla in salvo, ma quelli la uccisero colpendola alla testa con i remi; Agrippina, assistendo alla scena nel buio, e benché ferita, si allontanò silenziosamente a nuoto, e venne tratta in salvo da alcuni pescatori, che la condussero ad una villa nei pressi del lago Lucrino. Da qui fece avvisare Nerone che era sana e salva, ma questi perseverò nel delitto ed inviò alcuni feroci sicari alla villa della madre.
Racconta Tacito che, ferita e colpita con una mazza, Agrippina porse il ventre ai suoi assassini, gridando: "Colpite al ventre che lo ha generato!". I sicari colpirono molte volte. Questa frase tanto nota, va però accolta con prudenza, data la mancanza di testimoni, osservato l'evidente intento simbolico di Tacito, e visto il fatto letterario che Seneca chiuda con una situazione pressoché identica e medesime parole la propria tragedia Edipo (Giocasta è Agrippina). Tutta la scena della morte presenta punti oscuri e forti contraddizioni, ben rilevate dalla migliore critica. I nomi caricaturali dei sicari (Erculeio ed Obarito), la presenza sulla scena del pantomimo Mnestere, battute da teatro tragico come quella sopra richiamata, e come il "tu quoque" (alla Giulio Cesare) profferito all'ancella infedele, la mancata individuazione della villa del matricidio, tutto ciò induce a ricostruire con prudenza le circostanze della morte.
[modifica] Agrippina di Racine
La massima interpretazione artistica del personaggio di Agrippina Augusta, si deve al "Virgilio di Francia", Jean Racine (1639-1699). Questi le ha infatti dedicato una delle sue più acclamate tragedie: il Britannico. Non bisogna a questo riguardo farsi fuorviare dal titolo dell'opera, che nasce da una semplice esigenza di ortodossia letteraria: gli eventi della tragedia si interrompono infatti prima della morte di Agrippina, e dunque benché questa sia l'effettiva protagonista, non è al tempo idonea a nominare l'opera, che in quanto tragedia va intitolata alla vittima più illustre degli eventi scenici, ovvero Britannico.
Racine fu da subito considerato un maestro. La sua penetrazione del difficile linguaggio di Tacito sembrò formidabile: "Si vide come questa tragedia fosse il ritratto fedele della corte di Nerone. In essa si ammirò come tutta l'energia di Tacito si esprimesse in versi degni di Virgilio" (Maria Luisa Spaziani). In effetti l'Agrippina di Racine è quella più vicina a Tacito, e nella difficile ricostruzione della sua controversa personalità, bisognerebbe più spesso rifarsi a Racine. L'Agrippina di Racine è tuttaltro da quella figura avida ed insensibile in genere evocata dalla storiografia moderna. Ella è l'unica ad opporsi con l'energia necessaria alla Tirannia di Nerone ed opera con senso dello Stato a favore delle aspirazioni di Britannico, Giunia e Ottavia. Nella realtà storica, inoltre, fu la giustiziera del diabolico Narciso di Racine, sorta di Jago shakespeariano. Mai doma di fronte alle avversità, l'Agrippina di Racine rappresenta l'unica difesa effettiva contro la tirannia. In un recente giudizio di Ben Brantley, riferito alla conclusione dell'opera, appena dopo l'assassinio di Britannico da parte di Nerone, si legge: "She is appalled and, in some way, broken, but there is also some cold internal mechanism that clicks on and allows her to start assessing the damage and think about tidying up".