Libro di Ezechiele
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Antico Testamento |
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Ebraico, Protestante, Cattolico, Ortodosso
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Deuterocanonici (non canonici per ebrei, canonici per cattolici e ortodossi, apocrifi per protestanti) |
Ortodosso
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Copto |
Siriaco (Peshitta)
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Progetto Religione uso tabella |
Il Libro di Ezechiele è uno dei Libri profetici della Bibbia, contenente gli oracoli del profeta Ezechiele (profeta).
Il profeta prevede il ritorno a Gerusalemme e la ricostruzione del Tempio, in un tempo in cui vi sarà netta separazione tra sacro e profano. In questo testo viene preannunciata la retribuizione individuale invece della retribuizione collettiva, viene promossa una nuova alleanza con Jhwh, dovuta esclusivamente alla sua grazia, e si avverte la necessità che Jhwh doni un cuore nuovo ad ogni fedele.
Indice |
[modifica] Generalità
Ezechiele opera fra gli ebrei deportati dopo il primo assedio di Gerusalemme, conclusosi nel 596 a.C., nella località di Tel-Aviv, presso il canale Cheba'r, che si diparte dall'Eufrate pochi kilometri a nord di Babilonia.
Inizia il suo ministero nel 593 a.C., quinto anno dell'esilio del re Ioiachin (1,2), e prosegue certamente fino al 571 a.C., anno della presa di Tiro da parte di Nabucodonosor, avvenimento esplicitamente citato in 29,18. Il testo non fornisce altri riferimenti temporali certi per estendere questo intervallo.
Nel corso del ministero di Ezechiele, in realtà, un unico drammatico avvenimento occupa tutta la scena, lasciando il resto degli eventi storici al ruolo di contorno: la profanazione e la distruzione del Tempio nel corso del secondo e definitivo assedio di Gerusalemme ad opera di Nabucodonosor, nel 586. Tale avvenimento segna la fine del regno di Giuda, e uno spartiacque fra due epoche per la storia degli ebrei.
Il testo stesso è diviso in due da questo evento: la prima parte contiene quasi esclusivamente oracoli che minacciano l'inevitabile punizione delle gravi colpe di Giuda, mentre la seconda parte, accaduto l'irreparabile, lascia filtrare bagliori di speranza in un futuro riscatto non troppo lontano, concludendosi con la visione della nuova Gerusalemme e del suo nuovo Tempio.
Anche per Ezechiele, come per la maggior parte dei profeti ebraici, la parola profeta non definisce tanto una persona in grado di prevedere il futuro, concetto poco familiare alla cultura ebraica, quanto piuttosto una persona che abbia una cognizione profonda del presente pathos di Dio (A. Herschel).
Rispetto ai suoi due più illustri predecessori, Isaia e Geremia, Ezechiele introduce alcuni elemento nuovi, accanto agli oracoli, fra cui la visione e il mimo.
La visione è uno dei mezzi con cui Jhwh comunica con il profeta, che di solito esce sconvolto dall'esperienza, senza però mai abbandonare la sua missione. Come in un sogno o un delirio, Ezechiele vede l'aspetto visibile della gloria di Jhwh, sente la voce di uno che mi parlava (1,28), e vede una mano tesa verso di me (2,9). È da notare come questi elementi non vengano mai legati fra loro a dare un'immagine antropomorfa di Jhwh, che rimane ineffabile come il suo nome.
Il mimo è invece un mezzo che Jhwh stesso suggerisce al profeta per trasmettere il proprio messaggio ai suoi compagni di esilio: di volta in volta, Ezechiele mette in scena complesse rappresentazioni che però, per quanto comprese dai suoi compagni, vengono di regola ignorate o prese con sufficienza, quando non con dispresso e scherno. Ezechiele, comunque, non si perde d'animo e porta avanti la missione affidatagli.
Ezechiele non è un poeta all'altezza di Isaia o Geremia, ma ha una sua originalità, e soprattutto una schiettezza, una sincerità e un abbandono alla sua missione che possono farlo ingiustamente apparire ingenuo, quando in realtà vuole solo cercare di riportare il più fedelmente possibile il messaggio di cui è latore: per non rischiare l'efficacia del messaggio, preferisce essere talvolta ripetitivo, pedante, o ingenuo.
[modifica] Contenuto del libro
Si è già accennato ad una prima divisione del libro in due parti: prima della distruzione del Tempio e dopo la distruzione del Tempio. Sono possibili però altre facili divisioni, perché il testo è meglio organizzato di altri libri profetici. Qui riassumeremo il contenuto del testo secondo la seguente suddivisione:
- prima della distruzione del Tempio
- inizio del ministero di Ezechiele e prime scene mimate (1-5)
- oracoli contro Giuda e Gerusalemme (6-24)
- oracoli contro le nazioni (25-32)
- dopo la distruzione del Tempio
- oracoli di speranza e rinnovamento (33-39)
- visione della nuova Gerusalemme (40-48)
[modifica] Chiamata di Ezechiele: grande teofania iniziale e primi oracoli mimati (1-5)
La scena di apertura del libro di Ezechiele, raccolta nel capitolo 1, è una grande teofania ricca di colori e suoni, di tale portata da sconvolgere i sensi del profeta che rimane stordito e affranto fra i suoi compagni di esilio per qualche giorno.
Egli si trova improvvisamente rapito da un vento che lo porta in una specie di non-luogo in cui gli viene mostrato, in un crescendo di esperienze acustiche e visive, l'aspetto visibile della gloria di Jhwh. Una voce gli affida il grave incarico di convincere gli ebrei a tornare al rispetto dell'alleanza che hanno dimenticato, e una mano gli porge un rotolo invitandolo a mangiarlo. In questo modo egli apprende quanto dovrà riferire agli altri deportati.
La missione è di grave responsabilità: Ezechiele deve mettere in guardia tutti, perché se anche uno solo dei suoi compagni sbaglierà perché non avvisato da lui, Ezechiele stesso ne sarà ritenuto responsabile (capitolo 3).
Della grande teofania colpiscono i numerosi dettagli, spesso sconcertanti, e la notevole complessità della visione. I quattro essere animati hanno caratteri che fanno pensare alle possenti figure che ornavano le porte di Babilonia, con zampe di toro e volti umani, che Ezechiele può aver visto rimanendone molto colpito.
Altra cosa che colpisce è il fatto che, fedele alla tradizione iconoclasta ebraica, Ezechiele non disegna mai una rappresentazione della divinità, anche se, apparentemente, ci si avvicina: Jhwh non può essere rappresentato, come egli stesso comandò a Mosè col primo comandamento (... non ti farai immagini di me...).
Seguono poi due drammatiche rappresentazioni mimiche e la loro spiegazione.
Prima l'assedio di Gerusalemme (capitolo 4): il profeta è costretto a restare sdraiato prima sul fianco sinistro, poi su quello destro, per tanti giorni quanti sono gli anni della colpa d'Israele e di Giuda rispettivamente (trecentonovanta giorni prima, quaranta poi).
Poi la caduta della città (capitolo 5): il profeta si rade barba e capelli, bruciando un terzo dei peli (i caduti per fame e malattie durante l'assedio), battendo con la spada un altro terzo (i fuggitivi raggiunti dai babilonesi alla fine dell'assedio), e disperdendo al vento tutto il resto (altri fuggitivi che riescono a salvarsi nei paesi circostanti), salvo qualche pelo conservato nell'orlo del vestito. Ma anche di questi, alcuni saranno bruciati.
[modifica] Oracoli contro Gerusalemme e Giuda (6-24)
Col capitolo 6 comincia una lunga serie di oracoli, mimi e visioni che hanno quasi invariabilmente a bersaglio le gravi colpe degli Israeliti nei confronti dell'alleanza e delle norme che essa prescrive.
Il primo bersaglio specifico sono una serie di pratiche idolatre assimilate dalle popolazioni cananaiche. Tali popolazioni usavano praticare riti sacri (compresi sacrifici umani) su alture isolate, sotto alberi frondosi (in particolare querce), o sui monti più elevati. Il profeta si scaglia proprio contro i monti di Israele. La punizione divina sarà durissima: ai piedi degli idoli giaceranno i cadaveri degli israeliti idolatri e le loro ossa saranno sparse attorno agli altari costruiti sulle alture.
Nel capitolo 7 la collera divina sembra addirittura aumentare, e nulla e nessuno sembra potersi salvare. La descrizione dell'incombente punizione non lascia dubbi in proposito.
In 8-11 una nuova grande visione mostra la gloria di Jhwh allontanarsi dal Tempio, a simboleggiare così l'abbandono di Israele, sposa fedifraga, da parte del suo protettore.
La visione si apre come la precedente, ma stavolta il profeta è portato a Gerusalemme perché veda coi suoi occhi le molte abominazioni perpetrate dagli ebrei: la statua di una divinità pagana davanti a una delle porte del Tempio; anziani e sacerdoti che, di nascosto, adorano immagini di animali mostruosi dipinte nel Tempio stesso; donne che, nei dintorni, piangono Tammuz, altra divinità pagana; un gruppo di uomini che, con le spalle al Tempio, adorano il Sole sorgente.
Ed ecco la punizione: appaiono al profeta, nel Tempio, degli uomini a cui Jhwh ordina una strage indiscriminata. Essi saranno però preceduti da un uomo incaricato di marcare quanti siano invece sinceramente dispiaciuti del dilagare di queste contaminazioni pagane, e restano ancora fedeli a Jhwh.
La strage comincia proprio dagli anzioni che Ezechiele aveva visto nel Tempio. Usciti i carnefici, il profeta è sopraffatto dall'enormità della punizione e prega Jhwh di essere clemente, ma senza risultato: poco dopo (10,11), l'uomo che doveva marcare gli innocenti, è già di ritorno (ho fatto come mi hai ordinato).
La visione prosegue con la ricomparsa degli stessi quattro esseri animati che reggono la gloria di Jhwh. Stavolta Ezechiele si rende conto che essi sono cherubini. Intanto, ad un ordine di Jhwh, brace viene sparsa su tutta la città, e la gloria di Jhwh si allontana da Gerusalemme. La punizione non è però definitiva: dopo averli dispersi fra le nazioni, Jhwh riunirà i superstiti che avranno abbandonato gli idoli e le altre pratiche pagane, e tornerà ad abitare il Tempio.
In 12 una nuova rappresentazione mimata annuncia quanto sta per accadere al principe (Sedecia, in quel momento sul trono di Giuda): come il profeta passerà di sera attraverso un muro con un sacco da esule sulle spalle, coprendosi il volto con un braccio, così Sedecia, trasportato nottetempo dai suoi attraverso una breccia nelle mura, sarà catturato, accecato e deportato in Babilonia. Non è chiaro se il braccio davanti agli occhi simboleggi il fatto che Sedecia non potrà vedere dove sta andando, perché sarà acciecato, o se simboleggi invece la vergogna di una fuga ignominiosa. Certo è che l'accenno all'acciecamento è piuttosto esplicito: lo condurrò a Babilonia, il paese dei caldei: egli non la vedrà, ma là morirà (12,13).
In 13...