Libri delle Cronache
Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.
Antico Testamento |
---|
Ebraico, Protestante, Cattolico, Ortodosso
|
Deuterocanonici (non canonici per ebrei, canonici per cattolici e ortodossi, apocrifi per protestanti) |
Ortodosso
|
Copto |
Siriaco (Peshitta)
|
Progetto Religione uso tabella |
I due libri delle Cronache appartengono all'Antico Testamento e alla Bibbia ebraica.
Indice |
[modifica] Il Cronista
I due Libri delle Cronache (letteralmente in ebraico Parole dei Giorni) ripropongono molte delle vicende già narrate nei due Libri di Samuele e nei due Libri dei Re. Ma non si tratta di una pura e semplice riedizione, come potrebbe apparire a prima vista. Quei libri appartengono infatti alla tradizione deuteronomistica, mentre l'autore di questi due libri, definito il Cronista, appartiene alla cosiddetta Tradizione Sacerdotale, la stessa del primo capitolo della Genesi. Tale tradizione sorge a Babilonia durante l'Esilio; a differenza del Deuteronomista, essa ha chiaro alla mente un preciso progetto che non è solo storico, ma anche e soprattutto religioso.
Infatti il Cronista non si limita ad esporre fatti, come fa il Deuteronomista nella famosa "Successione al Trono di Davide". Egli seleziona e rielabora i dati allo scopo di esaltare principalmente il Tempio ed il Culto in Gerusalemme, intesa come il cuore stesso della fede e dell'identità di Israele come popolo. Non a caso, sui 19 capitoli dedicati dal Primo Libro al Regno di Davide, ben 10 sono dedicati al trasporto dell'Arca dell'Alleanza in Gerusalemme ed alle disposizioni del re a proposito della costruzione del Tempio, come se a suo figlio Salomone non fosse rimasto che mettere in atto le disposizioni paterne. Altri 8 capitoli del Secondo Libro sono poi dedicati all'effettiva costruzione di quella che fu definita l'ottava meraviglia del mondo antico. La storia narrata dal Cronista è dunque in realtà una Storia Sacra, una storia che ruota attorno al Tempio.
[modifica] Datazione
In 1 Cr 29,7 si dice che i capofamiglia delle Tribù d'Israele offrirono tra l'altro « diecimila darici » per la costruzione del Tempio di Salomone. Ma si tratta di un evidente anacronismo: come dice il nome, queste monete furono fatte coniare dall'imperatore persiano Dario I (522-486 a.C.), del quale portavano l'effige. Al tempo di Davide e di Salomone le monete non erano neppure in uso; evidentemente il Cronista trasporta al tempo dei Re un'abitudine corrente alla sua epoca. Questo è uno dei più validi argomenti usato da chi data i Libri delle Cronache al V secolo a.C.
Il secondo argomento si collega a quanto detto nel paragrafo precedente: il Tempio di Gerusalemme è centrale nel libro proprio perché viene additato dal Cronista come simbolo di speranza e di fiducia per gli Ebrei ritornati in Palestina dopo l'esilio, e costretti a vivere tra mille difficoltà materiali e morali.
Ma ci viene in aiuto anche la più vistosa differenza tra il Cronista e il Deuteronomista, e cioè il fatto che il primo ignora totalmente le vicende del Regno Settentrionale, come se non valesse la pena di spendere parole per degli "eretici" che avevano abbandonato la purezza del culto nel Santo dei Santi di Gerusalemme. È probabile che dietro questa scelta ci sia un ben preciso intento polemico: nel IV secolo a.C. i Giudei gerosolimitani erano in forte contrasto con i Samaritani, insediati dagli Assiri nei territori che erano appartenuti al Regno del Nord.
[modifica] Fonti
Il Cronista attinge spesso dai Libri di Samuele e dei Re (ciò dimostra che essi sono antecedenti al suo lavoro), talvolta riprendendo alcuni passi quasi alla lettera, ma in 1 Cr 29,29 sono citate anche le presunte fonti utilizzate dal Cronista per redigere il suo primo libro: gli Atti del Veggente Samuele, gli Atti del Profeta Natan e gli Atti del Veggente Gad. Bisogna far notare che i Profeti d'Israele si dividono in due gruppi, i "profeti scrittori" e i "non scrittori". Dei primi ci sono pervenuti lunghi testi: è il caso di Isaia, Geremia ed Ezechiele. Dei secondi invece non ci è pervenuto nulla: Samuele, Natan, Elia ed Eliseo sono tra questi.
Naturalmente nulla vieta che anche Samuele e Natan abbiano scritto dei propri libri di visioni, che non ci sono pervenuti, ma bisogna ricordare che Samuele morì prima che Davide salisse al trono, ed è dunque assai improbabile che possa aver scritto degli atti del "re Davide". A quei tempi poi la scrittura era assai meno diffusa di quanto non sarebbe stato all'epoca dei profeti scrittori; considerando anche l'assoluta mancanza di altri riferimenti a questi scritti, è più probabile che si tratti di un espediente letterario del Cronista, che ha voluto dare al proprio scritto un'autorevolezza pari a quella di altri scritti biblici. Allo stesso modo i Proverbi o il Qoelet sono posti sotto l'egida di re Salomone per accrescerne il valore e la sacralità, un po' come Alessandro Manzoni sostenne di aver tratto i suoi Promessi Sposi dalla famosa pergamena seicentesca.
Questo naturalmente non significa che il Cronista abbia inventato di sana pianta tutto ciò che racconta; egli poteva sicuramente consultare ottime fonti documentarie per noi perdute, in parte diverse da quelle dei Libri dei Re.
[modifica] Contenuto
[modifica] Suddivisione del testo
Il Primo Libro delle Cronache descrive le vicende del popolo ebraico dalle origini leggendarie fino all'XI secolo a.C. attraverso delle genealogie, e poi dei re Saul e Davide in forma narrativa; il Secondo Libro parla solo in forma narrativa, parte dalla morte di Davide (circa 970 a.C.) e giunge fino alla distruzione del regno di Giuda nel 587 a.C.
In tutto i due libri comprendono 65 capitoli (29 nel primo e 36 nel secondo) che si possono suddividere in diverse parti:
- La storia genealogica del Popolo Eletto (1 Cr 1-9);
- Il regno di Davide (1 Cr 9-21), comprendente sua ascesa al regno (1 Cr 9-12) e le sue imprese vittoriose (1 Cr 13-21);
- I preparativi per la costruzione del Tempio (1 Cr 22-28);
- Il regno di Salomone (1 Cr 29-2 Cr 9);
- La storia del regno meridionale (2 Cr 10-36), comprendente in particolare i regni di Giosafat (2 Cr 17-20), Ioas (2 Cr 23-24), Ezechia (2 Cr 29-32) e Giosia (2 Cr 35-36), cui il Cronista dedica ampio spazio perché riformatori del culto e nemici dell'idolatria.
[modifica] Le Genealogie
Come si è detto, a differenza dei Libri di Samuele e dei Re, eminentemente narrativi, i Libri delle Cronache si aprono con 9 capitoli di genealogie nude e crude. Il primo versetto del Primo Libro comincia addirittura ex abrupto con una lista di tredici nomi: Adamo, Seth, Enos, Kenan, Malaleel, Iared, Enoch, Matusalemme, Lamech, Noè, Sem, Cam e Jafet. Sono i nomi dei patriarchi antidiluviani tratti dal capitolo 5 della Genesi, come ad indicare che il Cronista vuole ritornare alle origini più remote della storia, a partire dallo stesso primo uomo (anche il Vangelo di Luca, capitolo 3, riporterà la genealogia di Gesù fino ad Adamo).
In pratica, con nove capitoli di genealogie, tra le quali si rintracciano praticamente tutti i protagonisti del Pentateuco, il Cronista intende riassumere l'intera vicenda storico-religiosa di Israele antecedente all'era monarchica. Un procedimento analogo sarà adottato anche nel Nuovo Testamento da Matteo e Luca, che presenteranno delle genealogie di Gesù per ricollegarlo a tutta la Storia della Salvezza a Lui precedente. I due evangelisti hanno tra l'altro attinto copiosamente agli elenchi del Cronista per compilare le loro genealogie.
Quello genealogico era un vero e proprio genere letterario, in voga presso vari popoli dell'Oriente Antico, seppure con minore frequenza che nell'Antico Testamento. Le genealogie servono a far riscoprire l'identità stessa di un popolo come nazione, ma anche a legittimare l'accesso a determinate posizioni sociali. Ad esempio, chi voleva essere sacerdote in Israele doveva poter dimostrare, elenchi genealogici alla mano, di discendere da Levi, figlio di Giacobbe e fondatore della tribù sacerdotale. Questo aspetto divenne particolarmente importante nell'era postesilica, a cui abbiamo detto risalire il lavoro del Cronista, quando i Giudei tentavano di ritrovare la loro stessa identità culturale e religiosa dopo lo choc di aver vissuto settant'anni nel bel mezzo del sincretismo e del cosmopolitismo babilonese.
[modifica] Da Dan a Bersabea
Quest'espressione è usata in 1 Cr 21,2 per indicare la totalità del territorio di Israele, secondo un procedimento tipico delle culture semitiche e detto di « inclusione »: indicare le due estremità di una realtà significa indicarla nella sua interezza. Dan (oggi Tel Dan), in ebraico "giudzio", si trova all'estremità settentrionale della Terra di Canaan, presso la sorgente del fiume Giordano, mentre Bersabea (oggi Tell es Saba), in ebraico "pozzo del giuramento", si trova all'estremità meridionale della Giudea. È un luogo rinomato nell'Antico Testamento, essendo teatro di vari eventi all'epoca dei patriarchi (vedi Gen 21). Da notare che anche nell'Apocalisse Cristo definisce sé stesso « l'Alfa e l'Omega »: un evidente esempio di inclusione, giacché questa espressione viene ad indicare l'intero alfabeto greco, e quindi la totalità del Creato.
[modifica] Bibliografia
- La Sacra Bibbia, traduzione dai testi originali, edizioni San Paolo, Roma 1979
- a cura di Gianfranco Ravasi, La Bibbia per la Famiglia, volume 4, edizioni San Paolo, Milano 1995
|