Carlo Goldoni
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Carlo Goldoni (Venezia, 25 febbraio 1707 – Parigi, 6 o 7 febbraio 1793) è stato un drammaturgo italiano.
[modifica] Biografia
Goldoni nacque a Venezia il 25 febbraio 1707, da una famiglia borghese, trovatasi in difficoltà finanziarie in seguito agli sperperi del nonno paterno. Aveva cinque anni quando il padre si trasferì a Roma, lasciandolo con la madre. Intrapresa la carriera di medico, il padre lo chiamò presso di sé, a Perugia.
Si trasferì a Rimini, per studiare filosofia, ma abbandonò lo studio, sia per nostalgia della madre, sia per seguire una compagnia di comici di Chioggia.
Ebbe così inizio un periodo piuttosto avventuroso della sua vita, seguendo prima il padre nel Friuli, poi riprendendo gli studi a Modena ed elaborò le prime opere comiche, ancora in forma dilettantesca (Feltre, Il buon padre e La cantatrice). La passione per il teatro caratterizzò la sua inquieta esistenza. Con l'improvvisa morte del padre (1731), si dovette prendere carico della famiglia; tornato a Venezia, Tentò inizialmente di completare gli studi presso il collegio Ghislieri di Pavia: venne tuttavia espulso, a causa di alcuni versi poco encomiastici scritti per alcune fanciulle bene della città. Completò quindi gli studi a Padova, ed intraprese la carriera forense.
Nel 1734, incontrò a Verona il capocomico Giuseppe Imer e con lui tornò a Venezia dopo aver ottenuto l'incarico di scrivere testi per il teatro San Samuele, di proprietà Grimani. Seguendo a Genova la compagnia Imer, conobbe e sposò Nicoletta Conio. Con lei Goldoni tornò a Venezia.
Nel 1738, Goldoni diede al teatro San Samuele la sua prima vera commedia il Momolo cortesan, con la parte del protagonista interamente scritta. A Venezia, dopo la stesura della sua prima commedia interamente scritta, La donna di garbo (1742-43), fu costretto a fuggire a causa dei debiti.
Continuò a lavorare nel teatro durante la guerra di successione austriaca curando gli spettacoli di Rimini occupata dagli Austriaci; poi soggiornò in Toscana.
Goldoni non aveva abbandonato i contatti con il mondo teatrale: fu convinto dal capocomico Girolamo Medebac a sottoscrivere un contratto come scrittore per la propria compagnia che recitava a Venezia al teatro Sant'Angelo; nel 1748 tornò a Venezia.
Tra il 1748 e il 1753 Goldoni scrive per la compagnia Medebac una serie di commedie, in cui, distaccandosi dai modelli della commedia dell'arte, realizza i principi di una "riforma" del teatro. A questo periodo appartengono L'uomo prudente, La vedova scaltra, La putta onorata, Il cavaliere e la dama, La buona moglie, La famiglia dell'antiquario: qui emergono le polemiche sulla novità del teatro goldoniano e la rivalità con l'abate Pietro Chiari, che lavora per il teatro San Samuele. Realizza inoltre sedici commedie, tra cui Il teatro comico, La bottega del caffè, Il bugiardo, La Pamela, tratta dal romanzo di Samuel Richardson, Il giocatore, La dama prudente, L'avventuriero onorato, I pettegolezzi delle donne. L'attività per il Medebac continuò poi con Il Molière, L'amante militare, Il feudatario, La serva amorosa, fino a La locandiera e a Le donne curiose.
Dopo aver rotto con il Medebac, Goldoni assume un nuovo impegno nel 1753 con il teatro San Luca, di proprietà Vendramin. Comincia quindi un periodo travagliato in cui Goldoni scrive varie tragicommedie e commedie. Deve adattare i propri testi innanzitutto per un edificio teatrale ed un palcoscenico più grandi di quelli a cui era abituato, e per attori che non conoscevano il suo stile, lontano dai modelli della commedia dell'arte: fra le tragicommedie ebbe un gran successo la Trilogia persiana; tra le commedie si possono ricordare La cameriera brillante, Il filosofo inglese, Terenzio, Torquato Tasso ed il capolavoro Il campiello. Goldoni era ormai una celebrità nazionale.
Tornato a Venezia, ebbe dei grandi risultati artistici con Gl'innamorati, commedia in lingua e in prosa, con I rusteghi, in dialetto e in prosa e con La casa nova e La buona madre. Nel 1761 Goldoni fu invitato a recarsi a Parigi per occuparsi della Comédie Italienne, al quale accettò.
Vitale fu l'ultima stagione per il San Luca, prima della partenza, ove produsse La Trilogia della villeggiatura, Sior Todero brontolon, Le baruffe chiozzotte e Una delle ultime sere di carnovale.
Giunto a Parigi nel 1762, Goldoni aderì subito alla politesse francese, dovendo anche affrontare varie difficoltà a causa dello scarso spazio concesso alla Comédie Italienne e per le richieste del pubblico francese, che identificava il teatro italiano con quella commedia dell'arte da cui Goldoni si era tanto allontanato.
Goldoni riprese una battaglia di riforma: la sua produzione presentava testi destinati alle scene parigine e a quelle veneziane; si possono ricordare le due commedie in francese che vogliono confrontarsi con Molière e con la tradizione comica francese, Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux.
Goldoni insegnò l'italiano alla famiglia reale a Versailles e nel 1769 ebbe una pensione di corte. Tra il 1784 e l'87 scrisse in francese la sua autobiografia, Mémoires. La rivoluzione francese sconvolse la sua vita e, con la soppressione delle pensioni di corte, morì in miseria il 6 o il 7 febbraio 1794. Le sue ossa sono andate disperse.
[modifica] L'opera
I testi goldoniani sono sempre legati a precise occasioni teatrali e tengono conto delle esigenze degli attori, delle compagnie, degli stessi edifici teatrali cui è destinata la loro prima rappresentazione. Il passaggio alla stampa modificava spesso i testi: l'autore si rivolgeva, con le edizioni a stampa, ad un pubblico più vasto ed esigente rispetto a quello che frequentava i teatri.
Le commedie goldoniane furono raccolte per la prima volta dall'editore veneziano Bettinelli tra il 1750 e il 1755. Un'ulteriore edizione uscì presso l'editore fiorentino Paperini, poi presso l'editore fiorentino Pitteri e nel 1761 presso l'editore Pasquali.
Un'edizione definitiva e completa delle Opere teatrali uscì presso l'editore veneziano Zatta tra il 1788 e il 1795.
L'opera di Goldoni è piena di contraddizioni. L'intera opera goldoniana si offre come un'ininterrotta serie di situazioni, si svolge attraverso un "quotidiano parlare". Il linguaggio dei personaggi, intriso di dati concreti, si risolve tutto nei loro incontri e si mostra indifferente alle tradizionali prospettive letterarie e formali.
Passando continuamente dalla lingua al dialetto e viceversa, Goldoni dà spazio a diversi usi sociali del linguaggio, in base alle varie situazioni in cui vengono a trovarsi i personaggi delle sue opere. Il suo italiano, misto al dialetto e ad elementi settentrionali, lungi dalla purezza della tradizione classicistica toscana, è quello del mondo borghese. Il dialetto veneziano non è per Goldoni uno strumento di gioco, ma un linguaggio concreto e autonomo, diversificato dagli strati sociali dei personaggi che lo utilizzano.
Il francese usato da Goldoni negli ultimi anni, in particolare nei Mémoires, presenta un interesse notevole.
[modifica] Periodizzazione
La prima fase dell'opera goldoniana arriva fino al 1748, quando accettò in maniera definitiva la professione teatrale: comincia a sperimentare e confrontarsi con la commedia dell'arte.
La riforma goldoniana si afferma nel periodo del teatro Sant'Angelo: i suoi punti sono indicati nella prefazione all'edizione Bettinelli e nella commedia Il teatro comico. Goldoni, analizzando il ruolo del genere comico, rivendica l'onore e la dignità dei comici e critica la banalità delle convenzioni della commedia dell'arte. L'elemento principale della riforma è il richiamo alla natura, che ti confronta continuamente con la realtà quotidiana.
La prefazione all'edizione Bettinelli indica i libri essenziali della formazione goldoniana: quello del "mondo", che gli ha mostrato gli aspetti naturali degli uomini, e quello del "teatro", che gli ha insegnato la tecnica della scena e del comico. Con la quarta fase, si presenta una disarmonia e contraddittorietà tra "mondo" e "teatro".
L'ultima fase, costituita dall'esperienza francese, nasce tra parecchie difficoltà: non si ha più riscontro dal mondo veneziano, che è stato l'ispirazione di Goldoni.
La sensibilità teatrale di Goldoni lo porta lontano dai principi della riforma. In alcune sue commedie vi sono parecchi riferimenti alla commedia dell'arte: la permanenza delle maschere e caricature e deformazioni di comicità. Altre tracce si possono ritrovare in certi intrecci e nella distribuzione delle scene.
Goldoni scrisse anche libretti melodrammatici, quindici intermezzi e cinquanta drammi giocosi: tra questi L'Arcadia in Brenta, Il mondo della luna, La buona figliuola musicata da Niccolò Piccinni, La bella verità.
[modifica] L'ideologia
L'ideologia di Goldoni è stata definita "illuminismo popolare", che critica ogni forma di ipocrisia e riconosce valore e dignità alle forme di espressione delle differenti classi sociali, in un'ottica terrena e laica.
Goldoni aspira ad un pacifico mondo razionale, accettando le gerarchie sociali, distinguendo i diversi ruoli della nobiltà, della borghesia e del popolo. Conscio dei conflitti che possono sorgere tra le varie classi, dando spazio nel suo teatro al conflitto tra nobiltà e borghesia, secondo Goldoni, un uomo si può affermare indipendentemente dalla classe cui appartiene, attraverso l'onore e la reputazione di fronte all'opinione pubblica. Ogni individuo se onorato accetta il proprio posto nella scala sociale e rimane fedele ai valori della tradizione mercantile veneziana: onestà, laboriosità, ecc.
Nei Mémoires, Goldoni offre l'immagine di una trionfante affermazione della missione teatrale, di un sicuro proposito di riforma sostenuto da una spontanea gaiezza. La sua figura appare come un'immagine che rappresenta cordialità, disposizione al sorriso e alla gioia, disponibilità umana. Dietro quest'immagine gaia, vi è un'inquietudine, scaturita dall'estraneità dell'io narrante rispetto alle vicende, che si trasforma in un continuo interrogarsi su se stesso e sul mondo, in una forma di inquieta ipocondria.
Per tutta la sua vita, Goldoni è alla ricerca di legittimazione di se stesso, del proprio fare teatro: ciò converge con il suo rifiuto di una tranquilla professione borghese. Non essendo nato all'interno dell'ambiente teatrale e venendo da un contesto diverso, non riesce ad accettare il teatro così com'è, ma cerca di riformarlo, cercando di fondare un nuovo teatro onorato.
Nel libro del Mondo, Goldoni rivolge la propria attenzione sia ai vizi, che il suo teatro vuole colpire e correggere, sia a qualità e virtù, da mettere in risalto. Ogni opera di Goldoni contiene una sua morale, sottolineando nelle premesse il ruolo pedagogico dei caratteri. Il teatro attinge dal mondo riferimenti, spunti, allusioni e richiami alla vita quotidiana.
L'opera goldoniana racchiude tutta la vita della Venezia e dell'Italia contemporanea, assumendo così la qualità di un modernissimo realismo.
I borghesi assumono il ruolo centrale tra le varie classi sociali sulle scene goldoniane: nelle prime opere sono positivi, a partire dalla figura di Momolo, "uomo di mondo". La maschera di Pantalone diventa immagine delle buone qualità del mercante veneziano. I nobili appaiono senza valori. I servi, conservando la schematicità della commedia dell'arte, si segnalano per la gratuita intelligenza. Una commedia esemplare è La famiglia dell'antiquario.
[modifica] Il teatro e il mondo
Negli ultimi anni veneziani, le commedie cominciano ad andare in crisi. Ecco che le figure dei servi assumono un nuovo spazio, muovendo critica alla ragione borghese dei padroni. Il mondo popolare goldoniano, pieno di purezza e vitalità - qualità assenti in quello borghese -, si regge sugli stessi valori di quest'ultimo, ancora incontaminati.
Per Goldoni, una componente essenziale del mondo è l'amore. Questo sentimento presente sui giovani nelle scene è subordinato a regole sociali e familiari, sottostante alla reputazione e all'onore. La reticenza di Goldoni sulle sue avventure amorose raccontate nei Mémoires è presente anche nelle sue commedie.
Per Goldoni il teatro ha una forte valenza istituzionale, è una struttura produttiva, retta da principi economici simili a quelli che regolano la vita del mondo. Questa forza porta la commedia goldoniana al di là della naturale rappresentazione della vita contemporanea.
Goldoni ha una visione critica del mondo, in quanto turba l'equilibrio dei valori della vita delle classi sociali rappresentate. Tale visione va oltre le intenzioni dell'autore ed il modello della sua riforma.
Nelle scene goldoniane si ha la sensazione di un'insanabile irrequietezza, che si sospende con il lieto fine tradizionale, sancito dai soliti matrimoni. I rapporti di questo mondo sono soltanto esteriori, sorretti dal principio della reputazione. Così Goldoni anticipa alcune forme del dramma borghese ottocentesco.
Il segreto del comico goldoniano consiste nel singolare piacere del vuoto dello scambio sociale, dell'estraneità tra i personaggi dialoganti e della crudeltà di vita di relazione.
[modifica] Opere
Nel 1738, Goldoni scrisse la sua prima commedia, Il Momolo cortesan, seguita da Il prodigo, La bancarotta e La donna di garbo. Tali commedie costituiscono un concreto tentativo di regolamentazione della commedia.
[modifica] Le prime tre commedie
Le prime tre commedie contenevano parti recitate "a soggetto", ma con limitazioni sempre più forti e parti scritte, nel tentativo di educare sia gli attori professionisti, sia il pubblico generico ad una commedia di carattere e di costume regolamentata nella sua forma.
Tali commedie, in un secondo tempo, furono riscritte per intero. La donna di garbo, del 1743, è la prima commedia scritta in ogni sua parte e con veri caratteri. Nonostante il successo della nuova commedia, il Goldoni, nel 1745, con Il servitore di due padroni, tornò al compromesso tra parti scritte e "a soggetto" ed alle maschere della commedia dell'arte, pur mantenendo l'apertura sulla realtà.
Anche nella redazione completamente scritta del Servitore di due padroni (1753) il Goldoni conserva l'essenzialità della forma originale che sfrutta l'azione mimica e scenica, traducendola in un dialogo rapidissimo in cui le parole indicano il movimento, recuperando il meglio della commedia dell'arte per riproporlo nella commedia scritta organica nel suo ritmo di scena e nello studio sociale e personale dei caratteri dei personaggi.
[modifica] La putta onorata e La buona moglie
Nel 1748 scrisse La putta onorata e La buona moglie (continuazione della precedente) in cui compare un maggior impegno morale e sentimentale (a tratti lievemente retorico). Nelle due commedie la realtà è essenziale e meno pittoresca e supera decisamente il leggiadro gioco scenico del Servitore di due padroni.
[modifica] La famiglia dell'antiquario
L'equilibrio è raggiunto ne La famiglia dell'antiquario (1749) in cui la situazione è ben determinata e ricca di riferimenti alla vita contemporanea (urto fra generazioni, tensione fra suocera e nuora di differente estrazione sociale: la giovane, figlia di un ricco mercante e la matura dama orgogliosa e sprezzante. La linea secondaria è giocata sulle figure dello sciocco antiquario e del suo servo truffatore). Tra il 1749 ed il 1750, Goldoni precisò la propria poetica e difese la propria consapevole opera di riforma. Nel prologo apologetico della vedova scaltra egli difende la propria originalità e la ricerca del naturale.
[modifica] Il Teatro Comico e le sedici commedie
Il Teatro comico, fu la prima delle sedici nuove commedie promesse per il 1750. Ne Il bugiardo e ne La bottega del caffè il personaggio centrale è messo in evidenza dalla coralità dei personaggi minori che ne sottolineano la caratterizzazione. Le altre commedie del 1750 sono invece più ripetitive, farsesche o improntate a ricordi autobiografici.
[modifica] La bottega del caffè
Quest'opera delinea il ritratto di una piazzetta veneziana, animata dalla presenza di una bottega di caffè e di altri locali che permettono ai personaggi un vivace gioco di entrate e di uscite. Questo movimento assume un significato opposto per i due personaggi principali: il caffettiere Ridolfo, uomo onorato, ed il nobile spiantato don Marzio. La vicenda si conclude con la vittoria del bene e l'espulsione di don Marzio dalla scena.
[modifica] La locandiera
Il capolavoro degli anni fra il 1750 ed il 1753, è La locandiera. Mirandolina, esuberante, complessa, affascinante, sempre lucida e sincera, capace di autocontrollo, domina la commedia superando ogni ostacolo per fare a proprio modo, badare ai propri affari di locandiera, assicurandosi tranquillità, agi, reputazione e libertà. Gli altri personaggi, più semplici, ma ben individuati, fanno risaltare la figura della protagonista. La locandiera chiude una fase dell'arte goldoniana.
[modifica] Le tragedie romanzesche
Il Goldoni, in concorrenza con il Chiari produsse alcune tragedie romanzesche in versi, di tipo letterario ed accademico, anche se i risultati più felici del periodo sono le commedie, soprattutto Il campiello (in settenari più endecasillabi) del 1755, denotato dal realismo borghese, anche se eccessivamente pittoresco e dispersivo.
[modifica] Il campiello
Commedia corale che narra i diversi momenti della vita quotidiana del popolo in una piccola piazza veneziana.
[modifica] Gl'innamorati
Con Gli innamorati del 1759, si apre un nuovo periodo in cui il Goldoni approfondisce le sfumature psicologiche che ruotano intorno all'inquietudine d'amore che turba l'idillio smorzando la linea apertamente comica.
[modifica] La Trilogia della villeggiatura e i temi dominanti
Il tema dell'inquietudine, dell'amore, della gelosia è ampliato da Goldoni nella Trilogia della villeggiatura (Le smanie per la villeggiatura, Le avventure della villeggiatura, Il ritorno dalla villeggiatura), assai impegnativa per impianto, azione e temi. Nella trilogia l'amore rischia di travolgere l'onore e le norme morali. Goldoni rappresenta un nucleo familiare messo in pericolo dalla passione amorosa e dalla dissipazione economica, causata dal fatuo desiderio di ben figurare in società, a cui oppone una saggezza concreta e la consapevolezza dei propri limiti economici e della propria condizione sociale, in una complessa struttura di situazioni, comportamenti, caratteri, ambienti, rappresentando così l'evoluzione del sentimento amoroso, in un crescendo passionale, riportando poi la situazione nei limiti del buon senso.
[modifica] Le commedie di ambientazione veneziana
Tra il 1760 ed il 1762, Goldoni scrisse alcune commedie di ambientazione veneziana che costituiscono dei veri capolavori: I rusteghi (1760), La casa nova (1760), Il sior Todero brontolon (1762), Le baruffe chiozzotte (1762) e Una delle ultime sere di carnovale (1762). In tali commedie, l'esperienza artistica di Goldoni è ormai matura nel rappresentare, con misura ed acume, lo scontro tra generazioni e tra caratteri e la ricerca di un ordine improntato ad una ragionevole moralità. In queste grandi commedie di carattere e di ambiente la realtà si concretizza, i caratteri si precisano.
[modifica] I rusteghi
Rappresenta il piccolo e sereno mondo borghese composto da quattro vecchi rustici, ostili al presente e legati agli antichi valori del mondo mercantile. In contrapposizione, un gruppo di donne e di giovani che sentono il richiamo del presente, della gioia di vivere e della felicità, rappresentato dal carnevale. Tutto è giocato sul conflitto generazionale, che vede il trionfo dei giovani.
[modifica] La casa nova
Commedia perfettamente equilibrata ed elegante dove emerge la profonda simpatia del Goldoni per i personaggi comuni ed antieroici. Anzoletto, giovane borghese preda di una forte crisi economica, ha una sorella, Meneghina, e una moglie, Cecilia, che si scontrano violentemente; tutta la scena è giocata sui due piani di un palazzo, nel quale convivono due abitazioni borghesi.
[modifica] Le baruffe chiozzotte
Goldoni presenta la vita dei pescatori di Chioggia, i loro amori, i loro problemi quotidiani, i loro sontri e le loro tenerezze; l'esatta imitazione della natura si regge qui sull'uso dello stesso dialetto di Chioggia e si anima di un'intensa nostalgia: segna il trionfo del popolo minuto, delle sue tradizioni, del suo linguaggio fatto di battute brevi semplici, solo apparentemente casuali, nel giro arioso di pettegolezzi che si addensano in tempesta fino al prorompere della baruffa fra le donne.
[modifica] Il ritorno forzato alla recitazione a soggetto
A Parigi il Goldoni fu costretto, dall'identificazione francese della commedia italiana con la farsa e l'intreccio puro, a tornare alla recitazione a soggetto e a ripercorrere il processo di rinnovamento già attuato in Italia, tornando al compromesso tra parti scritte e a soggetto, ripresa delle maschere e forte gioco d'intreccio con effetti grotteschi e facili caricature, equivoci, sorprese.
[modifica] Il ventaglio
In tale ambito nacque Il ventaglio, opera di singolare finezza compositiva, che nel 1764 fu totalmente scritta in italiano ed inviata a Venezia per essere rappresentata. Nella commedia l'azione si materializza nel ventaglio che passa di mano in mano e si risolve nel fragile fuoco d'artificio di brevissime battute. La commedia veneziana, scritta a Parigi, segna l'abbandono da parte del Goldoni del teatro dei comici italiani in Francia.
[modifica] Due commedie in francese
Solo nel 1771 e nel 1772, Goldoni tornò al teatro, con due commedie in francese: Le bourru bienfaisant e L'avare fastueux, dignitose ma grigie.
[modifica] I libretti
La città e l'anno si riferiscono alla prima rappresentazione.
Libretti per opere serie:
- Amalasunta (composto nel 1732 e successivamente bruciato dall'autore)
- Gustavo I, re di Svezia (musicato da Baldassarre Galuppi, 1740)
- Oronte, re de' Sciti (musicato da Baldassarre Galuppi, 1740)
- Statira (musicata da Pietro Chiarini, 1741)
Libretti per opere giocose:
- La contessina (revisione di Marco Coltellini, musicato da Florian Leopold Gassmann e Filippo Maria Gherardeschi, 3 settembre 1770, Mährisch-Neustadt)
- Il filosofo di campagna (musicato da Baldassarre Galuppi, 26 ottobre 1754, Venezia)
- La buona figliuola (musicato da Egidio Romualdo Duni, 1756; musicato da Niccolò Piccinni, 6 febbraio 1760, Roma)
- La buona figliuola maritata (musicato da Niccolò Piccinni, 10 giugno 1761, Bologna; musicato da Johann Gottfried Schwanenberger, 1764, Brunswick)
- Il festino (musicato da Antonio Ferradini, 1757)
- Il viaggiatore ridicolo (musicato da Antonio Maria Mazzoni, 1756)
- Vittorina (musicato da Niccolò Piccinni, 1763)
- Il re alla caccia (musicato da Baldassarre Galuppi, 1763)
- I volponi (compositore sconosciuto, 1777)
- Il mercato di Malmantile (musicato da Domenico Fischietti, 26 dicembre 1757, Venezia; musicato da Domenico Cimarosa come La vanità delusa, primavera 1784, Firenze; musicato da Nicola Antonio Zingarelli come Il mercato di Monfregoso, 22 settembre 1792, Milano)
- La calamità de' cuori (musicato da Baldassarre Galuppi, 26 dicembre 1752, Venezia)
- Il mondo della luna (musicato da Baldassarre Galuppi, 29 gennaio 1750, Venezia; musicato da Franz Joseph Haydn, 3 agosto 1777, Esterháza; musicato da Giovanni Paisiello, 24 settembre 1783, San Pietroburgo)
- L'arcadia in Brenta (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 maggio 1749, Venezia)
- Il mondo alla roversa ossia Le donne che comandano (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 novembre 1750, Venezia)
- Il paese della cuccagna (musicato da Baldassarre Galuppi, 7 maggio 1750, Venezia)
- Il conte Caramella (musicato da Baldassarre Galuppi, 18 dicembre 1749, Verona)
- Le nozze (musicato da Baldassarre Galuppi, 14 settembre 1755, Bologna; musicato da Giuseppe Sarti, 14 settembre 1782, Milano)
- Gli uccellatori (musicato da Florian Leopold Gassmann, 1759, Venezia)
- Arcifanfano, re de' matti (musicato da Baldassarre Galuppi, 27 dicembre 1749, Venezia; musicato da Carl Ditters von Dittersdorf, 1 maggio 1774, Johannisberg)
- L'isola disabitata (musicato da Giuseppe Domenico Scarlatti, 20 novembre 1757, Venezia)
- Il negligente (musicato da Vincenzo Legrenzio Ciampi, 1749, Venezia)
- I bagni d'Abano (musicato da Baldassarre Galuppi e Ferdinando Bertoni, 1753, Venezia)
- Le virtuose ridicole (musicato da Giovanni Paisiello, 21 gennaio 1764, Parma; musicato da Bernardo Ottani, Carnevale 1769, Dresda)
- Il finto principe (compositore sconosciuto, 1749, Venezia)
- L'astuzia felice (muiscato da Filippo Maria Gherardeschi, 1767, Venezia)
- Bertoldo, Bertoldino e Cacasenno (musicato da Vincenzo Legrenzio Ciampi, 27 dicembre 1748, Venezia)
- I portentosi affetti della madre natura (musicato da Giuseppe Domenico Scarlatti, 11 novembre 1752, Venezia)
- Lucrezia romana (compositore sconosciuto)
- Buovo d'Antona (musicato da Tommaso Traetta, 27 dicembre 1758, Venezia)
- Le donne vendicate (musicato da Gioacchino Cocchi, Carnevale 1751, Venezia)
- La mascherata (musicato da Gioacchino Cocchi, 27 dicembre 1751, Venezia)
- Le pescatrici (musicato da Ferdinando Bertoni, 26 dicembre 1751, Venezia; musicato da Franz Joseph Haydn, 16 settembre 1770, Esterháza)
- La donna di governo (musicato da Domenico Fischietti, autunno 1763, Praga)
- La fiera di Sinigaglia (musicato da Domenico Fischietti, Carnevale 1760, Roma)
- Il talismano (musicato da Antonio Salieri, 10 settembre 1788, Vienna)
- Il Tigrane (revisione del libretto di Francesco Silvani La virtù trionfante dell'amore, e dell'odio, musicato da Giuseppe Arena, autunno 1741, Venezia; musicato da Christoph Willibald Gluck, 9 settembre 1743, Crema; musicato da Daniel Dal Barba, Carnevale 1744, Verona; musicato da Giovanni Battista Lampugnani, 10 maggio 1747, Venezia)
- Lo speziale (musicato da Vincenzo Pallavicini e Domenico Fischietti, Carnevale 1755, Carnevala; musicato da Franz Joseph Haydn, 28 settembre 1768, Esterháza)
- La cascina (musicato da Giuseppe Scolari, 27 dicembre 1755, Venezia)
- La ritornata di Londra (musicato da Domenico Fischietti, 7 febbraio 1756, Venezia)
- Il signor dottore (musicato da Domenico Fischietti, autunno 1758, Venezia)
- Amor contadino (musicato da Giovanni Battista Lampugnani, 12 novembre 1760, Venezia)
- L'amore in musica (musicato da Antonio Boroni, 15 ottobre 1763, Venezia; musicato da Carl Ditters von Dittersdorf, 1768, Großwardein)
- La cantarina (musicato da Baldassarre Galuppi, 28 febbraio 1756, Roma)
- L'amore artigiano (musicato da Florian Leopold Gassmann, 26 aprile 1767, Vienna)
- La notte critica (musicato da Florian Leopold Gassmann, 5 gennaio 1768, Vienna)
Libretti revisionati di altri autori:
- Griselda (scritto da Apostolo Zeno, musicato da Antonio Vivaldi, 18 maggio 1735, Venezia) goldoni è uno scemo
[modifica] Goldoni personaggio
La figura di Carlo Goldoni ispirò a lungo drammaturghi e teatranti tanto che, a cavallo tra Settecento ed Ottocento, la produzione drammaturgica italiana registrò numerose commedie che riportavano Goldoni tra i personaggi. Nessuno aspetto della vita del commediografo fu risparmiato: dagli amori alla vita parigina, dai successi alle gare fra poeti, Goldoni visse una seconda vita tra le pagine di meno fortunate commedie che lo dipinsero e ne perpetrarono la fama in Italia. Tra queste:
- Carlo Goldoni, presumibilmente di Luigi Forti, senza data
- Le gare fra poeti di Giuseppe Gatti, 1754
- Carlo Goldoni fra' comici di Gaetano Fiorio, 1791
- Il matrimonio di Carlo Goldoni di Gaetano Fiorio, 1791
- Sior Zanetto, ovvero un poeta ai Campi Elisi di Giovanni Smith, 1815
- Madamigella Clairon di Giovan Carlo Cosenza, 1819
- Carlo Goldoni in Genova di Luigi Marchese, 1825
- Carlo Goldoni in Milano di Paolo Gindri, 1837
- Carlo Goldoni di Angelo Ortolani, 1839
- Goldoni e le sue sedici commedie nuove di Paolo Ferrari, 1852
- Giuseppe Angeleri di Francesco Cameroni, 1852
- Goldoni a Udine di Giuseppe Ullmann, 1876
- Il primo passo. Una pagina delle memorie di Carlo Goldoni di Giacinto Gallina, 1877
- Goldoni Bambino di Eugenio Zorzi, 1881
- Un amoreto de Goldoni a Feltre di Libero Pilotto, 1883
- Asmodeo di Luigi Alberti, 1886
- Gli ultimi giorni di Goldoni di Valentino Carrera, 1887
- Goldoni e Ferrari scherzo comico di Giuseppe Ottolenghi, 1889
- La spigliatezza di Luigi Rasi, 1891
- Goldoni a Parigi di Ruggero Luzzatto, 1894
- I fioi de Goldoni di Giuseppe Adami, 1905
- Goldoni e le sue quattro maschere di Pietro Pellizzari, 1907
- L'avvocatino Goldoni di Nino Berrini, 1909
- Goldoni e i suoi avversari di Giovanni Sfetez, 1910
- Goldoni a Parigi. Scene storico-paradossali di Rodiolo Papa, 1911
- Carlo Goldoni di Mario Macerata, 1913
- Goldoni e la sua prima tragedia lirica di Giovanni Sfetez, 1913
- Goldoni e la sua vecchiaia di Giovanni Sfetez, 1920
- Goldoni in convento di Napoleone Girotto, 1923
[modifica] Critica goldoniana
I pregiudizi
Due sono i pregiudizi principali che hanno sempre pesato sulla critica goldoniana: 1. il primo è di natura estetica: l’autore teatrale, cioè, non viene ritenuto degno di produrre vera letteratura (un pregiudizio questo che in verità ha pesato per tanti anni su tutta la produzione teatrale italiana), negando quindi ogni valore poetico alla sua opera. 2. il secondo è di natura ideologica: Goldoni, in quanto “copiatore” della natura, viene considerato soltanto come un piccolo bonario moralista, disconoscendone quindi il carattere rivoluzionario.
Il primo pregiudizio troverà il suo massimo espositore in Benedetto Croce, mentre il secondo verrà affermato dal De Sanctis; entrambi i critici operano tra 800 e 900 e condizionano quindi la critica goldoniana moderna.
Il giudizio dei contemporanei
Furono probabilmente i detrattori contemporanei di Goldoni ad intuire per primi la vera natura rivoluzionaria del suo nuovo teatro. Ciò è spiegabile per due motivi: 1. il primo è che, Goldoni, seguendo in prima persona la mess’a in scena delle proprie opere, fornisce al pubblico la giusta chiave di lettura delle sue commedie; 2. il secondo è che i contemporanei, pubblico e critica, avvertono con più immediatezza gli aspetti realistici e rivoluzionari delle commedie goldoniane, vivendo all’interno di quella società che Goldoni andava rappresentando.
Il massimo critico (e assiduo spettatore!) del Goldoni fu Carlo Gozzi, che nel formulare le sue accuse, in realtà, da un punto di vista conservatore, coglie in pieno gli elementi di profonda novità del teatro bodoniano. Egli infatti afferma che: 1. G. “espose sul teatro tutte quelle verità che gli si parano dinanzi, ricopiate materialmente e trivialmente, e non imitate dalla natura, né coll’eleganza necessaria ad uno scrittore” 2. G. “non seppe, o non volle, separare le verità, che si devono, da quelle che non si devono porre in vista sopra un teatro; ma si è regolato con quel solo principio, che la verità piace sempre” 3. Le commedie di G. “odorano per lo più di pernicioso costume. La lascia e il vizio gareggiano in esse colla modestia e colla virtù, e bene spesso queste due ultime sono vinte da’ primi.” 4. Inoltre G. “ha fatto sovente de’ veri nobili lo specchio dell’iniquità e il ridicolo; e della vera plebe l’esempio della virtù e il serio in confronto, in parecchie delle sue commedie”. 5. G. ha realizzato una scaltra operazione di avvicinamento alla plebe: “io sospetto (e forse troppo maliziosamente) ch’egli abbia ciò fatto per guadagnarsi l’animo del minuto popolo, sempre sdegnoso col necessario giogo della subordinazione”. 6. Quanto allo stile: “Moltissime delle sue commedie non sono che un ammasso di scene, le quali contengono delle verità, ma delle verità tanto vili, goffe e fangose, che quantunque abbiano divertito anche me medesimo, animate dagli attori, non seppi giammai accomodare nella mia mente che uno scrittore dovesse umiliarsi a ricopiarle nelle più basse pozzanghere del volgo, né come potesse aver l’ardire d’innalzarle alla decorazione d’un teatro, e soprattutto come potesse aver fronte di porre alle stampe per esemplari delle vere pidoccherie”. 7. Un’ultima accusa riguarda il fatto che Goldoni ricavi da vivere dal suo stesso mestiere di autore teatrale.
Da quanto riportato (vd. “Ragionamento ingenuo e storia sincera dell’origine delle mie dieci fiabe teatrali”, 1722, oggi in C.Gozzi, Opere) si evince che C. Gozzi comprese fino in fondo: • L’assoluta novità del teatro di Goldoni e della sua figura di intellettuale • Il carattere decisamente realistico del teatro goldoniano • La pericolosità “pedagogica” (e quindi politica”) di fare del realismo in scena • La pericolosità politica ed ideologica di esaltare la plebe e ridicolizzare la nobiltà • La felice, ma pericolosa, combinazione di efficacia artistica e realismo
Per circa due secoli la stroncatura di C. Gozzi rappresenta, con la sua doppia lettura positivo-negativo, l’interpretazione più lucida del cuore dell’operazione teatrale goldoniana!
In epoca successiva, però, si fanno strada i due pregiudizi di cui dicevamo, giustificabili con il fatto che l’opera di G. viene valutata senza tener conto della sua corretta messa in scena. In contesti storici differenti ed in contesti culturali lontani dalla Venezia di metà settecento, l’opera di G. viene svalutata sia sul piano ideologico, che sul piano linguistico. Illuministi di rilievo come Baretti e Cesarotti finiscono per dare giudizi molto riduttivi, formulando addirittura accuse di “sciatteria”, “scorrettezza”, “grossolanità”. Nel frattempo si andava consolidando la tendenza a considerare le opere teatrali come forme di letteratura minore.
Il giudizio di Francesco De Sanctis e Benedetto Croce
In pieno ottocento, con Francesco De Sanctis, gli studi su G. hanno un parziale riavvio. Il famoso critico riconosce al G. la novità del realismo, il tentativo cioè di ritrarre la natura in tutte le sue sfaccettature e rendere protagonista “l’uomo, con le sue virtù e le sue debolezze, che crea o regola gli avvenimenti, o cede in balia di quelli”. In questo l’operazione di G. è simile a quella di Galileo, che creò la nuova scienza operando lo stesso capovolgimento di valori: identica quindi la novità di metodo. Pur riconoscendo a G. tutte le qualità necessarie per affrontare e vincere questa impresa, De Sanctis però formula accuse di volgarità, superficialità e mancanza di vera poesia: “Questo mondo poetico ha il difetto delle sue qualità: nella sua grossolanità è superficiale, nella sua naturalezza è volgare. In quel suo correre dritto e rapido il poeta non medita, non si raccoglie, non approfondisce; sta tutto al di fuori, giocoso e spensierato, indifferente al suo contenuto, e intento a caricarlo quasi per suo passatempo, con l’aria più ingenua, senza ombra di malizia e di mordacità; onde la forma del suo comico è caricatura allegra e smaliziata, che di rado giunge all’ironia. Nel suo studio del naturale e del vero trascura troppo il rilievo, e se ha il brio del linguaggio parlato ne ha pure la negligenza; per fuggire alla retorica, casca nel volgare. Gli manca quella divina malinconia, che è l’identità del poeta comico” (De Sanctis, “Storia della letteratura italiana”, 1870). Altra accusa riguarda il “mestiere”: G. cioè non sarebbe stato libero nella sua invenzione, ma andò dietro a ragioni mercantili, legate al gradimento del pubblico: “le necessità del mestiere contrastavano alle aspirazioni dell’artista”. Secondo De Sanctis, G. fu “obbligato spesso a concessioni e a mezzi termini per contentare il pubblico, la compagnia e gli avversari […] Di queste concessioni trovi i vestigi nelle migliori commedie, dove non rifiuta certi mezzi volgari e grossolani di ottenere gli applausi della platea”. In conclusione possiamo dire che la critica del De Sanctis contiene rivalutazioni e stroncature: 1. si riconosce il valore realistico e quindi nuovo dell’opera di G. 2. si riconosce l’importanza del metodo “galileano”, che pone al centro dell’osservazione diretta l’uomo, così com’è 3. si formulano accuse di grossolanità e volgarità dello stile 4. si accusa G. di essere asservito a logiche mercantili e non letterarie 5. il giudizio negativo viene esteso a tutte le opere di G., nessuna esclusa 6. non si individuano le necessità ed i meriti della riforma goldoniana, che non sarebbe stata condotta agli esiti dovuti per mancanza di coraggio
Dopo De Sanctis la riflessione critica su G. insiste sugli aspetti di sensibilità psicologica, di bonomia dello sguardo, di poesia delle opere. Non-poetica viene considerata l’arte di G. dal Momigliano, il quale pur riconoscendo una certa maestria all’autore esprime infine un giudizio riduttivo: “fu grande quando seppe far con arte profonda un’interpretazione superficiale”.
A questi giudizio fa riferimento anche Benedetto Croce, che, senza aver una conoscenza adeguata forse del teatro di G., ovvero della messa in scena delle commedie, esprime giudizi netti e riduttivi: “…inferiore al Molière nell’osservazione morale e aggirantesi in più semplice cerchia di esperienze… sta tutto nella capacità di un’ilare visione degli uomini, delle loro passioncelle, difetti e vizi o piuttosto difettucci e vizietti e curiose deviazioni, dei quali poi quasi sempre si ravvedono e si correggono. Era anche un buon uomo, di oneste intenzioni, bonario, pietoso, indulgente; la sua vena era quella… e alla poesia propriamente detta non s’innalza”.
In definitiva, secondo Croce, il Goldoni: 1. non ha grandi capacità nell’osservazione morale degli uomini 2. non si impegna in uno studio profondo dell’umanità 3. è agito da un carattere bonario, da papà indulgente 4. non raggiunge mai con le sue opere la vera poesia
Da quanto detto, emerge con chiarezza che Croce “buca” letteralmente il cuore stesso dell’opera di G., non considerando: 1. lo sforzo di rinnovamento del teatro italiano 2. le esigenze e le necessità della sua riforma 3. il valore realistico dell’arte goldoniana 4. lo spessore poetico di alcuni capolavori oggi indiscussi 5. gli aspetti di critica, secca e talora feroce, verso talune realtà sociali 6. la necessità di una corretta mess’in scena delle commedie
La svolta degli studi goldoniani
Ad inizio ‘900 si palesa una netta svolta nella critica goldoniana, con due autori oggi non molto conosciuti, quali L. Falchi ed E. Masi, che pubblicarono studi sui contenuti etici e sociali e sul pensiero politico di Goldoni. Tuttavia questi illuminati studi non fecero breccia nella cultura dell’epoca, fortemente condizionati dalla critica desanctisiana e crociana. Secondo il critico teatrale Luigi Lunari, “i contributi del Falchi e del Masi stanno alla scoperta del Goldoni come il viaggio di Erik il Rosso sta alla scoperta dell’America”.
Ben altro impatto ebbero gli studi dell’italianista russo A.K. Givelegov, nel 1953. Egli studia con particolare attenzione la maschera di Pantalone e la sua trasformazione nel teatro di G., dove finisce per incarnare il tipico mercante veneziano dell’epoca. Si tratta di un personaggio guida, in senso ideologico, che evidenzia il percorso della riforma goldoniana: dal teatro della commedia dell’arte al teatro della realtà. Secondo il critico russo G. compie un esame diretto realtà, con precisi intenti morali e sociali, il tutto in chiave di grande efficacia poetica. In definitia con il Givelegov vengono posti dei nuovi punti saldi nella critica goldoniana: 1. riconoscimento dell’arte realistica del suo teatro 2. riconoscimento di uno sguardo attento e profondo alla realtà sociale 3. spessore ideologico di tutta riforma 4. risultati poetici indiscussi
Pochi anni dopo, un altro critico italiano, Manlio Dazzi, torna a studiare l’ideologia goldoniana, individuando nel teatro di G. “l’oggettiva e realistica immagine di una società dialetticamente articolata in luci e ombre, colta in un momento di profondo travaglio”. Viene riconosciuto lo sforzo di G. nel mettere in evidenza la classe politica in quel momento all’avanguardia; operazione che comunque non gli impedì di guardare alla realtà storica senza preconcetti e mistificazioni.
Il teatro di Giorgio Strehler
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