Epicuro
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«La morte non va temuta perchè quando ci siamo noi non c'é lei e quando c'é lei non ci siamo noi»
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Epicuro (Samo, 341 a.C. - Atene, 271/270 a.C.), filosofo greco fondatore di una delle maggiori scuole filosofiche dell'età ellenistica e romana.
Indice |
[modifica] Epicureismo
La dottrina filosofica di Epicuro è detta anche filosofia del "giardino" ovvero il luogo, una casa con giardino appena fuori da Atene, dove egli dal 306 a.C. impartiva lezioni ai suoi discepoli. La sua filosofia si basa sull'atomismo pur discostandosi da Democrito. Egli riprende la teoria degli atomi traendone conclusioni di tipo etico capaci di liberare l'uomo da alcune delle sue paure primordiali, come quella della morte. Ritiene che il criterio della verità sia la conoscenza sensibile, ovvero solo i sensi sono veri ed infallibili. Grazie alle impronte che le cose sensibili lasciano nell'anima l'uomo è in grado di formulare dei pregiudizi che però non sempre corrispondono alla verità.
[modifica] Il tetrafarmaco
Epicuro ritiene che la filosofia debba diventare lo strumento, teorico e pratico, per raggiungere la felicità liberandosi da ogni passione irrequieta.
"Se non fossimo turbati dal pensiero delle cose celesti e della morte e dal non conoscere i limiti dei dolori e dei desideri, non avremmo bisogno della scienza della natura".
Propone quindi un "tetrafarmaco", capace di liberare l'uomo dalle sue quattro paure fondamentali:
Mali | Terapia |
Paura degli dei e della vita dopo la morte | Gli dei non si interessano degli uomini |
Paura della morte | Quando noi ci siamo ella non c'è, quando lei c'è noi non ci siamo |
Mancanza del piacere | Esso è facilmente raggiungibile |
Dolore fisico | Se è acuto è momentaneo o morirai, se è leggero è sopportabile |
[modifica] Il pensiero
Di Epicuro ci restano tre epistole dottrinali riportate da Diogene Laerzio:
- La lettera ad Erodoto (Erodoto) in cui esprime il suo pensiero sulla fisica;
- La lettera a Meneceo (Meneceo) che tratta di etica;
- La lettera a Pitocle (Pitocle) sulla conoscenza.
Epicuro riprende la teoria atomica di Democrito introducendo però una deviazione casuale (dal latino: clinamen, anche se la prima volta che il termine compare è nel De Rerum Natura di Lucrezio; non abbiamo la certezza che anche Epicuro l'avesse considerata, ma vista l'adesione di Lucrezio alle dottrine del maestro è ragionevole riferire a lui anche questa teoria) del moto degli atomi che determina collisioni dalle quali si originano i corpi. A differenza quindi dell'atomismo democriteo, il moto degli atomi non è più considerato vorticoso, ma, riprendendo la fisica di Aristotele, esso si svolge secondo un percorso rettilineo, che però incontra in modo spontaneo e imprevedibile una deviazione. Attribuisce quindi anche all'anima una causa materiale, essendo essa stessa composta di atomi, e grazie a questa concezione egli libera l'uomo dalla paura della morte poiché quando questa si verifica il corpo, e con esso l'anima, ha già cessato di esistere e quindi cessa anche di provare sensazioni. Per questo motivo sarebbe stolto temere la morte come causa di sofferenza in quanto la morte è privazione di sensazioni.
Inoltre egli affronta anche la questione degli dei che, secondo Epicuro, non si occupano dell'uomo in quanto vivono negli intermundia, cioè in spazi situati fra gli infiniti mondi reali, e del tutto separati da questi; essi perciò non hanno esperienza dell'uomo. Affronta quindi la questione del male rispetto agli dei e procede per gradi:
- Dio non vuole il male ma non può evitarlo (Dio risulterebbe buono ma impotente, non è possibile).
- Dio può evitare il male ma non vuole (Dio risulterebbe cattivo, non è possibile).
- Dio non può e non vuole evitare il male (Dio sarebbe cattivo e impotente, non è possibile).
- Dio può e vuole; ma poiché il male esiste allora Dio esiste ma non si interessa dell'uomo (questa è la conclusione che Epicuro considera vera).
Queste considerazioni di tipo fisico, cosmologico e teologico spingono Epicuro a considerare la felicità come coincidente con l'assenza di paure e timori che condizionano l'esistenza in modo negativo. Ritiene inoltre che il male derivi dai desideri che, se non appagati, generano insoddisfazione e quindi dolore. Questi possono essere artificiali o naturali (necessari e non necessari).
È inoltre doveroso aggiungere che il motivo per cui Epicuro afferma che gli dei si disinteressino dell'uomo è che essi, nella loro beatitudine e perfezione, non hanno bisogno di occuparsi degli uomini. Affermare che per gli dei sia necessario occuparsi di qualcosa, in questo caso degli uomini, significherebbe dare un limite al potere immenso degli dei, che, invece, non hanno bisogno di interessarsi della vita terrena.
[modifica] La fisica
Il pensiero scientifico di Epicuro presenta molti aspetti che ricordano il pensiero scientifico moderno, la cui nascita viene tradizionalmente fatta risalire a Galileo Galilei.
Premettiamo che Epicuro fu uno scrittore molto prolifico, come ci viene testimoniato da Diogene Laerzio, ma ci rimane molto poco della sua produzione, per cui bisogna cercare di capire il più possibile dal poco che ci rimane. Molte delle sue opere erano trattati di alto livello scientifico, volti ad affrontare in modo sistematico lo studio della natura: Diogene Laerzio riferisce della sua opera "Della Natura", in 37 libri, o "Degli Atomi e del vuoto", o ancora "Del Criterio", ritenuta essere un'opera di logica, e così via. Vengono attribuiti ad Epicuro circa 300 libri.
Quanto ci resta sono tre lettere e varie raccolte di frammenti, materiale fra l'altro, a carattere divulgativo, come dice lo stesso Epicuro: insomma è come cercare di ricostruire gli esperimenti sulle particelle subnucleari svolti al CERN tramite alcuni articoli di Le Scienze!
Già comunque nelle lettere si trovano molti spunti interessanti, che cercheremo di evidenziare.
[modifica] Il metodo di ricerca
Come prima cosa nella Lettera ad Erodoto, Epicuro sottolinea come sia importante avere un modello di riferimento, una teoria, diremmo oggi, nella quale inquadrare i fenomeni studiati, e questo è possibile solo se si "riduce il complesso della dottrina in elementi e definizioni semplici". Egli chiama questo metodo di ricerca, preliminare alla ricerca stessa, canonica, ovvero studio del canone.
Il concetto di modello è effettivamente ciò che ha reso potente la scienza moderna, modello come qualcosa che si usa per spiegare la realtà, ma che non è la realtà: cioè un fenomeno può essere spiegato da un modello, ma non è il modello, anzi, un fenomeno può anche essere spiegato con modelli diversi, la cosa importante è che i diversi modelli siano in accordo con i dati sperimentali.
Dice Epicuro nella Lettera a Pitocle: "non bisogna infatti ragionare sulla natura per enunciati privi di riscontro oggettivo e formulazione di principi teorici, ma in base a ciò che l'esperienza sensibile richiede". Questa è poi la base della scienza sperimentale.
[modifica] Il piacere
«Non si è mai troppo vecchi o troppo giovani per essere felici.
Uomo o donna, ricco o povero, ognuno può essere felice.» |
Epicuro ritiene che il sommo bene sia il piacere (edonè). È necessario comprendere a fondo questo termine; Epicuro distingue due fondamentali tipologie di piacere:
- Il piacere catastematico
- Il piacere cinetico.
Per piacere cinetico si intende il piacere transeunte, che dura per un istante e lascia poi l'uomo più insoddisfatto di prima. Sono piaceri cinetici quelli legati al corpo, alla soddisfazione dei sensi.
Il piacere catastematico è invece durevole, e consta della capacità di sapersi accontentare della propria vita, di godersi ogni momento come se fosse l'ultimo, senza preoccupazioni per l'avvenire. La condotta, quindi, deve essere improntata verso una grande moderazione: meno si possiede, meno si teme di perdere. Epicuro paragona la vita ad un banchetto, dal quale si può essere scacciati all'improvviso. Il convitato saggio non si abbuffa, non attende le portate più raffinate, ma sa accontentarsi di quello che ha avuto ed è pronto ad andarsene appena sarà il momento, senza alcun rimorso. Il piacere catastematico è profondamente legato ai concetti di atarassia e aponia.
Importante è quindi l'amicizia, intesa come reciproca solidarietà tra coloro che cercano insieme la serena felicità. Per quanto riguarda la società egli riconosce l'utilità delle leggi, che vanno rispettate poiché calpestandole non si può avere la certezza dell'impunità quindi rimarrebbe il timore di un castigo che turberebbe la serenità per sempre. L'uomo dovrà quindi essere contento del vivere nascondendosi serenamente (è la concezione epicurea del "vivere nascostamente" o "vivi di nascosto", in greco λάθε βιώσας)
Il disimpegno degli epicurei, che teorizzano una vita serena e ritirata, congiunto ad una distorta interpretazione del termine "piacere", ha portato nei secoli ad una visione distorta dell'epicureismo, spesso associato all'edonismo con cui nulla ha a che fare. La filosofia epicurea si distingue al contrario per una notevole carica illuministica e morale, insegna a rifiutare ogni superstizione o pregiudizio in una serena accettazione dei propri limiti e delle proprie potenzialità.
[modifica] Opere
- Opere di Epicuro, a cura di M. Isnardi Parente, UTET, Torino, 1974.
[modifica] Bibliografia
- Howard Jones, La tradizione Epicurea. Atomismo e materialismo dall'Antichità all'Età Moderna, ECIG, Genova 1999.
[modifica] Voci correlate
- Lettera ad Erodoto
- Lettera a Meneceo
- Lettera a Pitocle
Vedi anche la Lista delle opere filosofiche per autore
[modifica] Altri progetti
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