Italianizzazione (fascismo)
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Italianizzazione è il termine con il quale si definisce quel sistema di leggi e regolamenti istituito durante il periodo del fascismo (coincidente con la Presidenza del Consiglio da parte di Benito Mussolini dal 29 ottobre 1922 al 25 luglio 1943) tendenti a uniformare, se necessario anche forzosamente, gli usi e i costumi di tutta la popolazione del Regno d’Italia a una supposta identità culturale e linguistica italiana.
Tale uniformazione fu perseguita sotto vari aspetti e secondo varî criterî:
- Anagrafico: italianizzazione forzata dei cognomi stranieri, in particolare quelli Slavi delle zone di Trieste e della Dalmazia (es. Liberović in Liberovici);
- Toponomastico: italianizzazione forzata dei nomi dei Comuni con nome straniero, in particolare quelli del Trentino-Alto Adige della provincia di Bolzano (es. Bruneck = Brunico, Sterzing = Vipiteno, ma anche la stessa Bolzano il cui nome originale (VIII secolo) è Bauzano, di origine Ladino), senza trascurare il Piemonte e la Val d’Aosta, in cui molti luoghi presentano una toponomastica di origine francese (es. Salbertrand = Salabertano, Sauze d’Oulx = Salice d’Ulzio).
- Lessicale: imposizione di equivalenti italiani di termini ossitoni d’uso comune, ad esempio Mescita in luogo di Bar, Acquavite in luogo di Brandy oppure di Whisky.
Al processo di italianizzazione forzata non si sottrasse neppure Gabriele D'Annunzio, il quale per esempio propose, come alternativa al termine Acquavite, Arzente, per indicare il distillato di vinacce e, in genere, qualsiasi liquore ad alta gradazione alcoolica. Arzente, nelle intenzioni di D’Annunzio, avrebbe dovuto essere un participio aggettivato derivante da Arzillo a indicare lo stato di euforia indotto dall’ebbrezza.
In realtà, i processi di italianizzazione summenzionati erano solamente i fenomeni più visibili - e, alla prova dei fatti, meno applicati e assimilati dalla popolazione, visto il rapido ritorno ai termini, ai toponimi e ai nomi stranieri una volta caduto il regime fascista - di un più ampio progetto di cancellazione delle identità ritenute incompatibili con la purezza della razza italica, quella ritenuta da Mussolini la vera discendente di quella latina che, tramite Roma, dominò il mondo dell’antichità. Ripristino dell’italianità come riparo dalle fonti di corruzione morale, dunque, in particolare quelle indotte dagli Anglo-Americani (la difesa della razza italica come parte della più ampia razza ariana verrà più tardi, nel 1938).
Quindi, tale processo di italianizzazione prevedeva anche la censura, quando non la proibizione alla pubblicazione, di giornali in lingua diversa da quella italiana (ancora, i giornali in lingua tedesca della Provincia di Bolzano, ribattezzata Alto Adige), incentivazione al trasferimento massiccio di italiani nelle zone a maggioranza linguistica straniera (attualmente Bolzano e Merano sono due dei pochi comuni dell’Alto Adige a maggioranza linguistica italiana, proprio per via del trasferimento di italofoni in quelle zone risalenti agli anni del fascismo), eliminazione delle banche e istituti di credito locali e rimozione dei sindaci eletti dalle popolazioni a maggioranza linguistica straniera, ovviamente abolizione delle eventuali seconde lingue ufficiali, trasferimento in massa di militari delle Forze Armate (in particolare Carabinieri) dal resto d’Italia.[1]
Quanto al resto, in particolare, l’anglofobia assunse caratteri persino involontariamente umoristici nella forma dei commenti radiofonici di Mario Appelius, cronista tanto fanaticamente allineato al regime fascista da coniare la definizione di Inghilterra come Perfida Albione, o anche il detto «Dio stramaledica gli Inglesi» dopo i primi rovesci in guerra contro le truppe britanniche (altri dicono che fu dopo una sconfitta della nazionale italiana di calcio campione del mondo a Londra per 3-2), oppure delle recensioni di Carlo Ravasio, critico musicale di regime, che parlò del jazz e, più in generale, della musica americana in termini di «musica negroide» quando non «musica afrodemo-plutogiudo-masso-epilettoide».
Dopo la caduta del fascismo, a partire dai primissimi anni del dopoguerra, la toponomastica originale venne ripristinata, oppure in molti casi venne adottato il bilinguismo con pari dignità dell’italiano e della seconda lingua ufficiale nell’indicazione dei toponimi. Se il processo di italianizzazione, e il ritorno ai propri usi e costumi non ebbe molti strascichi in alcune zone di massima storicamente identificatesi con l’Italia (Piemonte, Val d’Aosta, Friuli-Venezia Giulia), nella provincia di Bolzano, dove la lingua tedesca è stata sempre sentita come forte collante identitario e culturale, vi furono - e, per certi aspetti, vi sono ancora - forti contrasti tra la popolazione di lingua tedesca e quella di lingua italiana. Questo perché, a differenza ad es. del Piemonte, dove le varie etnìe e culture hanno avuto il necessario tempo per fondersi e convivere pacificamente, nella provincia di Bolzano il processo migratorio favorito dal fascismo assunse i caratteri di una vera e propria colonizzazione (come risposta alla precedente colonizzazione germanica subita dalle popolazioni ladine originarie dell'Alto Adige). Cosa questa che ha reso molto difficile, anche in seguito, lo sviluppo di un pacifico dialogo tra i due gruppi culturali e l’attestarsi reciproco su posizioni, anche politiche, estreme.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Note
- ↑ Un’altra giustificazione ideologica, attribuita a Giovanni Gentile, fu che l’italianizzazione altro non era che il recupero da parte del fascismo di terre in precedenza de-latinizzate. Per fare un esempio, in Alto Adige l’originaria popolazione ladina era stata assimilata da abitanti di lingua tedesca trapiantatisi a sud del Brennero a partire dal XII secolo. Ancora nel secolo XV a Bolzano si parlava il ladino, secondo fonti religiose. Lo stesso avvenne nella Venezia Giulia e nella Dalmazia, dove tuttavia il processo di slavizzazione era cominciato ai tempi della prima migrazione slava del VII secolo, molto prima di quello tedesco.
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