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Omero nel Baltico - Wikipedia

Omero nel Baltico

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Omero nel Baltico, saggio sulla geografia omerica è il titolo di un saggio di Felice Vinci. L'edizione attuale è la quarta, del 2003 (Palombi editori).

In questo saggio, il Vinci (che è uno storico dilettante, di professione ingegnere) espone la sua teoria storico-letteraria sull'ambientazione dell'Iliade e dell'Odissea: gli eventi in esse narrati non si sarebbero svolti nel Mar Mediterraneo orientale, come si è sempre creduto, ma nei mari dell'Europa settentrionale (Mar Baltico e nord Atlantico).

Egli sostiene, infatti, che il popolo miceneo vivesse originariamente sulle coste del Mar Baltico; a seguito di un irrigidimento del clima verificatosi nella prima metà del II millennio a.C. (attestato dai moderni studi di paleoclimatologia), esso sarebbe migrato verso regioni più calde, per insediarsi infine in Grecia. Le gesta narrate nei poemi omerici e molte altre vicende della mitologia greca risalirebbero quindi ad un'epoca precedente alla migrazione, della quale col passare dei secoli si sarebbe perso il ricordo. Questa teoria comporterebbe anche una retrodatazione dell'epoca della guerra di Troia, che secondo l'opinione più corrente si sarebbe svolta intorno al XIII secolo a.C.: il Vinci propone una datazione intorno al XVIII secolo a.C..

Gli storici concordano, in effetti, che i micenei siano una popolazione non originaria della Grecia, ove giunsero intorno al XVI secolo a.C.. La loro patria di origine non è nota, ma una sua collocazione nel Baltico appare plausibile: infatti, nel II millennio a.C., nel Baltico e nella Scandinavia fioriva l'età del bronzo. Inoltre già alcuni decenni prima di Vinci, in modo del tutto indipendente, lo studioso indiano Bal Gangadhar Tilak sulla base della propria analisi dei Veda (i testi sacri dell'induismo) ha avanzato la teoria che le popolazioni indoeuropee vivessero anticamente nell'estremo nord dell'Europa o dell'Asia.

La teoria di Felice Vinci ha avuto una certa diffusione da parte dei mezzi di informazione, ma gode di scarsa considerazione da parte del mondo accademico.

Indice

[modifica] La geografia omerica

La teoria di Felice Vinci si basa principalmente sul fatto che la geografia descritta da Omero è in larga misura incoerente con quella del Mediterraneo. Già gli antichi erano consapevoli di questo fatto: Strabone in particolare si occupò del problema, per giungere alla conclusione che "Omero non era un geografo".

Il Vinci ritiene, invece, di avere ritrovato una puntuale corrispondenza tra la geografia omerica e quella del Nord Europa. Egli ipotizza quindi che i Micenei, dopo essere migrati nel Mediterraneo (probabilmente scendendo lungo il fiume Dnepr verso il Mar Nero), abbiano dato alle loro nuove città gli stessi nomi di quelle che avevano lasciato (cosa che fecero spesso anche i coloni di altre epoche, ad esempio molte città americane hanno il nome delle città europee da cui i loro fondatori provenivano). La geografia del Mediterraneo orientale tuttavia corrisponde solo vagamente a quella baltica; da questo deriverebbero tutte le incongruenze.

[modifica] Itaca e Dulichio

Secondo Vinci, l'Itaca omerica è l'isoletta di Lyø, nell'arcipelago danese di Sud Fionia. La sua forma e orografia corrispondono a quelle descritte da Omero, ed è collocata all'estremo occidentale dell'arcipelago, in accordo con quanto afferma l'Odissea, e diversamente dall'Itaca greca.

L'arcipelago di Sud Fionia, inoltre, corrisponde perfettamente alla descrizione di Omero, che vi situa tre isole maggiori: Dulichio, Same e Zacinto. Dulichio doveva essere la più grande, come ci viene indicato dal numero di 52 pretendenti alla mano di Penelope, contro i 24 di Same, i 20 di Zacinto e i 12 della stessa Itaca. Eppure, nella localizzazione mediterranea, della pianeggiante e lunga Dulichio non vi sono tracce.

Essa, secondo Vinci, corrisponde invece all'isola di Langeland. È infatti la più grande del suo gruppo, pianeggiante, e si estende per oltre 50 km, con una larghezza massima di circa 10. Anche il nome Langeland ("terra lunga") corrisponde al toponimo greco: Dulichio deriva infatti da dolichos, "lungo".

A partire da questa corrispondenza, è stato possibile far coincidere anche le altre isole citate da Omero. Same corrisponderebbe ad Ærø "accanto all'ultima isola verso ovest", Zacinto corrisponderebbe a Tåsinge, dall'evidente assonanza.

[modifica] Troia e le città achee

Felice Vinci individua il sito di Troia nella Finlandia meridionale, non lontano da Turku, dove vi è una cittadina chiamata Toija. La geografia di questo sito corrisponde a quella dell'Iliade: vi sono infatti due fiumi (gli omerici Scamandro e Simoenta) che confluiscono nella piana sottostante, oggi allagata, e che anticamente sboccavano in mare a pochi chilometri di distanza; qui, sulla spiaggia, sarebbe sorto il campo greco. La rocca di Troia si sarebbe situata invece sulla collina che domina la pianura. In questa regione vi sono stati cospicui ritrovamenti di resti dell'età del bronzo.

L'Ellesponto ("mare dell'Ellade"), che nel Mediterraneo si identifica con lo stretto dei Dardanelli, secondo Vinci era il golfo di Finlandia. Omero lo chiama "largo Ellesponto", mentre i Dardanelli sono uno stretto piuttosto angusto, e rispetto al sito di Troia in Turchia (la collina di Hissarlik) si trovano in posizione diversa da quella indicata nell'Iliade. Inoltre nelle cronache dello storico medievale Saxo Grammaticus è menzionato un popolo di "Ellespontini" nemico dei Danesi.

Basandosi sui luoghi già identificati e sul "catalogo delle navi" del II libro dell'Iliade, Vinci ha poi ricostruito la plausibile collocazione di tutte le principali città achee nel Mar Baltico: ad esempio Micene sarebbe sorta sul luogo dell'attuale Copenaghen, e Ftia, patria di Achille, nell'attuale Estonia. Il Peloponneso corrisponderebbe invece all'isola di Sjælland, la maggiore della Danimarca, che è pianeggiante come descritto da Omero (tanto che Telemaco trova conveniente recarsi da Pilo a Sparta via terra invece che via mare), mentre il Peloponneso greco non lo è affatto. Esso anzi, sebbene il suo nome significhi "isola di Pelope", non è neppure un'isola!

[modifica] I viaggi di Ulisse

Il racconto delle peregrinazioni di Ulisse sarebbe basato sul ricordo delle antiche rotte di navigazione del Nord Atlantico.

In questa ricostruzione il Vinci è partito da un passo di Plutarco, che nella sua opera De facie quae in orbe lunae apparet informa che l'isola Ogigia (dove Ulisse fu tenuto prigioniero dalla ninfa Calipso) si trova "a cinque giorni di navigazione dall'isola Britannia, in direzione occidente". Si tratterebbe quindi presumibilmente di una delle Färöer.

Da Ogigia Ulisse, prendendo il mare, viaggiò secondo l'Odissea per diciassette giorni fino alla terra dei Feaci, "alta come uno scudo" e ricca di "boschi ombrosi". Una tale realtà geografica non trova riscontro nelle coste egee, dove il popolo dei Feaci non è mai stato identificato. Ne trova, al contrario, ed in modo molto preciso, con il litorale scosceso delle coste norvegesi di Bergen, alla foce del fiume Figgjo, zona ricca di testimonianze dell'età del Bronzo. Vinci nota inoltre che quando Ulisse approda, il mare rifluisce nel fiume: fenomeno che si spiega perfettamente con le imponenti maree dell'Atlantico, ma non con quelle modeste del Mediterraneo.

Anche gli altri luoghi visitati da Ulisse si troverebbero sulla costa atlantica della Norvegia, più a nord: l'isola di Circe e i luoghi da lei descritti a Ulisse (l'isola delle sirene, le "rupi erranti", Scilla e Cariddi) si collocano, secondo Vinci, nell'arcipelago delle Lofoten. In particolare il gorgo di Cariddi, che inghiottì la nave di Ulisse, sarebbe il famoso Maelstrom, che si forma presso Lofotodden a causa del riflusso delle maree ("tre volte al giorno", secondo l'Odissea). Infine l'isola di Eolo, re dei venti, si troverebbe nelle isole Shetland, frequentemente battute da raffiche di vento che superano i 200 km/h.

Il Vinci ipotizza che anche un altro importante mito greco, l'impresa degli Argonauti, si collochi in questa ambientazione. In effetti, secondo il mito, gli Argonauti raggiunsero la Colchide, dove si trovava il Vello d'oro, procedendo verso est, e ritornarono poi seguendo un'altra rotta, passando per l'isola di Circe e riguadagnando la Grecia da ovest. I mitografi situano la Colchide nella regione del Mar Nero, all'estremo orientale del Mediterraneo, e l'isola di Circe nel Tirreno, all'estremo occidentale del mondo greco, e sono quindi costretti a ipotizzare un improbabile viaggio della nave Argo attraverso l'Europa continentale lungo i corsi del Danubio, del Po e del Rodano.

Vinci invece osserva che dal Baltico la costa norvegese si può raggiungere sia circumnavigando la Scandinavia in senso antiorario, da est (procedendo per un tratto per via di terra, attraverso la Lapponia), sia in senso orario, da ovest: gli Argonauti avrebbero percorso la prima rotta all'andata e la seconda al ritorno. In questo modo la Colchide e l'isola di Circe si collocano entrambe in posizione opposta al Baltico, vicine tra loro (la seconda nelle Lofoten, come abbiamo già visto), infatti secondo il mito Circe era sorella di Eeta, re della Colchide.

[modifica] Altri indizi

[modifica] Il clima

Nelle aree di Troia e di Itaca e negli altri luoghi delle avventure di Ulisse il clima risulta sistematicamente freddo e perturbato. Frequentissima appare la nebbia, presente un po' dappertutto, sul mare e sulla terra. Frequente è pure il vento ("la ventosa Troia") e lo sono le violente burrasche. Analogamente gli eroi omerici frequentemente indossavano "tuniche e folti mantelli" (come Telemaco e Pisistrato, ospiti di Menelao a Sparta), od un mantello "doppio, grande, di sopra lana folta s'addensa" come quello di Nestore. Inoltre i personaggi impegnati nei combattimenti mai sudano a causa del caldo, piuttosto lo fanno perché feriti o impegnati in incontri di lotta o di pugilato.

Tale clima appare ben diverso da quello mediterraneo. Infatti, mentre nel contesto egeo nebbia, vento e freddo non sono certo gli elementi che caratterizzano la meteorologia, nel contesto circumbaltico essi appaiono come gli elementi predominanti.

[modifica] Il sole di mezzanotte

Alcuni passi dell'Iliade e dell'Odissea, secondo l'interpretazione di Vinci, rimandano a fenomeni astronomici tipici delle regioni nordiche.

Ad esempio, nella grande battaglia che occupa i libri centrali dell'Iliade, per due volte ricorre l'ora del mezzogiorno: questo fatto viene solitamente attribuito ad un errore di Omero. Nell'Odissea, quando Ulisse raggiunge la terra dei Lestrigoni, si accenna ad una durata eccezionale del giorno; e nell'isola di Circe, che Vinci colloca ancora più a nord, Ulisse dice di non potersi orientare perché "non sappiamo dove sorge il sole e dove tramonta".

Secondo Vinci, tutti questi episodi si spiegano con il sole di mezzanotte e gli altri fenomeni astronomici tipici delle regioni artiche in estate: la battaglia dell'Iliade durò due giorni separati da una notte bianca che permise di non interrompere i combattimenti.

[modifica] Somiglianze con la civiltà nordica

Il Vinci rileva numerose somiglianze tra il mondo omerico e quello nordico medievale per quanto riguarda le usanze, la mitologia e la letteratura. Sebbene tra le due civiltà siano trascorsi oltre 2000 anni, secondo Vinci è possibile ipotizzare che aspetti della civiltà omerica si siano trasmessi attraverso questo lungo arco di tempo.

Ad esempio, in entrambe le civiltà vi è l'usanza di riunirsi in assemblea (agoré per i greci, thing per i vichinghi) per discutere le questioni; dei grandi banchetti conviviali; dell'esilio per i colpevoli d'omicidio involontario (come Erik il Rosso). Inoltre le navi degli Achei hanno in comune con quelle vichinghe l'albero smontabile (utile nei mari del nord con il freddo, per prevenire la formazione di ghiaccio) e, secondo Vinci, anche la caratteristica di avere due prue, di modo che si poteva, voltando i rematori, navigare anche all'indietro: così egli interpreta infatti l'aggettivo amphielissai, cioè "curve da ambo le parti", spesso adoperato da Omero. Quest'ultima caratteristica risale certamente almeno all'inizio dell'era cristiana: ne parla infatti Tacito nella Germania.

Per quanto riguarda la letteratura, Vinci rimarca la somiglianza tra la figura dell'aedo omerico e quella dello scaldo norreno, e nota come Omero faccia spesso uso di una particolare figura retorica che nell'ambito della poesia nordica è chiamata kenning.

Nella mitologia, infine, la figura di Ulisse presenta somiglianze con quella di "Ul l'arciere" e perfino con quella di Amleto, protagonista di una leggenda danese molto antica. Inoltre diverse divinità del pantheon omerico e di quello nordico sono simili (Afrodite-Freya, Ares-Thor, Zeus-Odino) e le Chere, che nell'Iliade scendono sul campo di battaglia per portare via le anime dei guerrieri morti, appaiono in tutto simili alle Valchirie. Vinci ipotizza infine che la figura di Sleipnir, il cavallo di Odino dalle otto zampe, possa derivare da certe raffigurazioni di carri da guerra visti di profilo, in cui si vedeva un solo cavallo dei due che tiravano il carro, ma dell'altro nascosto dietro erano visibili le zampe.

[modifica] Altre congetture

Sulla scorta della sua teoria, Felice Vinci ipotizza anche un quadro della guerra di Troia molto diverso da quello tradizionale. Egli osserva che molti passi dell'Iliade mal si adattano ad una guerra in corso già da nove anni:

  • Priamo chiede ad Elena di mostrargli i capi degli Achei, come se non li avesse mai visti prima.
  • Nel "catalogo delle navi" risulta morto dei capi greci il solo Protesilao, del quale è detto che venne ucciso al momento dello sbarco, mentre da qui in poi nell'arco di pochi giorni muoiono molti personaggi di rilievo.
  • Soltanto ora gli Achei decidono di costruire un muro a difesa delle proprie navi. Questo muro, peraltro, è paragonato da Omero al muro di Troia, che pertanto doveva essere anch'esso una semplice palizzata di tronchi, che ben difficilmente poteva reggere un lungo assedio (questo tipo di fortificazioni era comune nel mondo nordico, dove la pietra scarseggiava mentre il legname era abbondante).

Vinci suggerisce quindi che la stesura originaria dell'Iliade raccontasse una guerra di durata breve, appena iniziata al momento in cui il poema prende avvio. La durata tradizionale di dieci anni sarebbe stata giustapposta in seguito, probabilmente dall'autore dell'Odissea, per spiegare la lunghissima lontananza di Ulisse da Itaca. Vinci si spinge fino ad ipotizzare che, qualora i due poemi si basino su fatti realmente accaduti, il vero Ulisse sia morto a Troia e la strage dei pretendenti sia stata compiuta da un impostore assoldato da Telemaco, il quale con il nuovo matrimonio di Penelope temeva di perdere il diritto alla successione.

La guerra di Troia sarebbe dunque stata una scorreria simile a quelle che, secoli dopo, erano frequenti nel mondo vichingo. Il motivo scatenante potrebbe essere veramente stato il rapimento di Elena, piuttosto che motivi di natura commerciale (il controllo delle rotte passanti per Troia): se si fosse trattato di questo, infatti, gli Achei avrebbero dovuto lasciare un presidio sul luogo, invece appena razziata la città fecero tutti ritorno in patria. Vinci avanza l'ipotesi che la successione dei sovrani avvenisse per linea femminile: con il nuovo matrimonio di Elena, quindi, Menelao avrebbe perso il diritto al regno di Sparta (così come Telemaco a quello di Itaca se Penelope si fosse risposata), perciò doveva riprendersi la moglie a tutti i costi.

Anche l'espediente del cavallo di legno, che nell'Iliade non trova posto, sarebbe stato inventato dall'autore dell'Odissea per attribuire ad Ulisse il merito della vittoria; secondo Vinci, le parole di Zeus nell'Iliade rivelano invece che gli Achei, dopo la morte di Achille, avrebbero piegato la resistenza nemica e forzato le mura con un assalto frontale. Questi eventi erano forse narrati in una successiva parte del poema, andata perduta.

[modifica] Curiosità

  • Su uno sviluppo di questa teoria si basa il romanzo avventuroso Odissea di Clive Cussler.

[modifica] Collegamenti esterni

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