Fiat 130
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Fiat 130 | |||||||||||||||||||||||||||
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Costruttore
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Altre caratteristiche
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Fiat 130, autovettura, berlina, coupé e Familiare (solo prototipo), prodotta dalla Fiat tra il 1969 ed il 1977. Caratterizzata dalla trazione posteriore e dal motore anteriore a 6 cilindri, rappresentava il top della gamma Fiat dell'epoca. Il codice di progetto interno alla Fiat è X1/3.
Al momento di sostituire la gloriosa "Fiat 2300 Lusso", i vertici Fiat decisero di fare le cose in grande: progettare una berlina in grado di far impallidire Bmw e Mercedes-Benz. Pur osteggiata da molti (Dante Giacosa in primis), convinti che il segmento "naturale" per la Fiat fosse quello delle vetture "di massa", per la "130" i tecnici progettarono una meccanica raffinata. Giacosa realizzò un telaio con sospensioni a 4 ruote indipendenti, Aurelio Lampredi (ex Ferrari) mise a punto (derivandolo dal 2,4 litri della "Dino" Fiat) un V6 di 2866 cc da 140 cv.
Il quadro tecnico era poi completato dalla trazione posteriore e dal cambio automatico (Borg-Warmer) a 3 rapporti o, in alternativa, manuale a 5 marce.
Sul piano estetico invece, la berlina, più volte rimaneggiata, deluse il pubblico del Salone dell'automobile di Ginevra del '69 (dove fu svelata per la prima volta): goffa (sembrava una "125" gonfiata con gli steroidi), inutilmente appesantita da orpelli e cromature (come quelle che incorniciavano, attraversandoli, gli eccessivamente ampi gruppi ottici posteriori), non piacque granché.
Ottimamente rifiniti (persino meglio delle blasonate rivali), invece, gli interni (legno, velluti pregiati o pelle), anche riccamente equipaggiati (condizionatore a richiesta). Su strada, poi, la "130" era confortevole, sicura ed affidabile (più delle Mercedes "280 S" e BMW "2800", impegnative sul bagnato), ma, a causa del peso elevato (oltre 1500 kg) e della scarsa potenza del motore (140 cv, contro, ad esempio i 170 della BMW "2800"), le prestazioni erano molto "fiacche".
La casa automobilistica torinese corse ai ripari nel '70 innalzando la potenza del V6 a 160 cv. Penalizzata da una linea poco gradevole e da un marchio poco prestigioso, la "130" faticò parecchio a imporsi sul mercato. La Fiat, tuttavia, continuava a credere nel modello e nel '71 lanciò la bellissima "130 Coupé", disegnata da Pininfarina. Caratterizzata da uno stile elegante e raffinato (finalmente apprezzato dal pubblico) la coupé (basata sulla meccanica della berlina) era riccamente rifinita e mossa da un motore di cilindrata maggiorata da 2866 a 3235 cc (più a beneficio della coppia massima e dell'elasticità di marcia che della potenza, cresciuta di poco: da 160 a 165 cv). Lo stesso anno anche la berlina venne equipaggiata col motore da 3,2 litri della coupé.
La crisi petrolifera del '73, tuttavia, fece in modo che gli enormi consensi tributati alla "130 Coupé", fossero più di stima che di vendite (del resto, in piena crisi energetica, era poco accettabile acquistare una vettura che percorreva meno di 4 km con un litro di benzina Super). La stessa Fiat, in periodo di austerity, smise di credere nella "130" e ignorò (probabilmente sbagliando) alcuni prototipi di Pininfarina, come la "Maremma" ('74) e la "Opera" ('75).
La produzione della berlina e della coupé cessò nel '76, dopo 15.093 esemplari prodotti (di cui circa 6.000 con motore "2.8" e 9.093 con motore "3.2"), molti dei quali acquistati dallo Stato come "auto blu" (tristemente famosa, purtroppo, la vettura di servizio dello statista Aldo Moro che il 16 marzo 1978, quando fu rapito dalle Brigate Rosse, era proprio a bordo di una 130 blu, che non era nemmeno blindata). La coupé, invece, rimase in produzione fino all'autunno del '77, totalizzando 4.491 unità.
[modifica] Curiosità
Il motore 3.2 venne elaborato ed utilizzato sulla Abarth "031" che si aggiudicò il Giro automobilistico d'Italia del 1975 e prefigurava per il resto la "131 Abarth Rally " (che però utilizzerà un motore della famiglia "Lampredi" a 4 cilindri)
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