Giovanni Semeria
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Giovanni Semeria (Coldirodi, 26 settembre 1867 – Sparanise, 15 marzo 1931) è stato un religioso e scrittore italiano.
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«A far del bene non si sbaglia mai.»
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(Giovanni Semeria)
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[modifica] L'oratore sacro e l'intellettuale moderno
Entrato, a 15 anni, nel noviziato del Carrobiolo, a Monza, viene ordinato sacerdote, il 5 aprile 1890, a meno di ventitré anni. Da allora assume tra i suoi impegni prioritari, la questione dei rapporti tra Stato e Chiesa, il dissidio tra Scienza e Fede, il rinnovamento del Pensiero Cristiano e la causa dei poveri nelle aree depresse del meridione devastate a seguito del primo conflitto mondiale.
Esponente del giovane pensiero cristiano, trionfava dai pulpiti delle basiliche romane - non ultima quella di S. Lorenzo in Damaso alla Cancelleria (1897) – e la folla si accalcava, invadeva l’abside e i gradini dell’altare maggiore”(Ugo Ojetti “La Tribuna” 1897) nella speranza di ascoltare quello che era divenuto uno dei più richiesti, e popolari, oratori sacri della capitale; colui che apriva, nei suoi discorsi, alla speranza, ad un rinnovamento che se trovò non pochi ostacoli nella Chiesa del tempo, fu, certamente, riferimento, costante, per molti giovani ed intellettuali di di fine Ottocento.
Nota:
- Per un approfondimento biliografico sulla vita e sull'opera del Semeria vedi anche le pubblicazioni presenti nell' Indice ISBN del Catalogo Unico
- Per il carisma dei Chierici Regolari di San Paolo vedi anche il Sito dei Barnabiti
[modifica] Lo studio e la ricerca teologica:
Col suo impegno di studioso ed oratore sollecitò il clero, gli intellettuali, i teologi, a conciliare con la morale - e il pensiero cristiano - il frutto delle nuove scienze, delle più recenti scoperte – specie nel settore della critica storica - in modo che la pratica della religione e l’onestà intellettuale dello scienziato potessero procedere di pari passo con la conoscenza scientifica, nella prospettiva di arrivare ad un’interpretazione della realtà cristiana e integrale.
La Chiesa - non quella ideale che non muta, ma quella reale chiedeva – secondo lui, infatti - quotidianamente - uno sforzo concreto alla gerarchia perché, evitando di presentare un messaggio cristiano cristallizzato, proponesse un Cristianesimo vivo che guardasse agli uomini, ai loro problemi, e non si fermasse ai sistemi astratti d’idee; lo stesso Tomismo doveva essere in qualche modo riletto – per il barnabita - alla luce di un “metodo psicologico”, di un “metodo storico” per ricollocare il pensiero nel suo tempo e nelle particolari condizioni storiche che lo avevano generato. Ciò avrebbe rappresentato, per la Chiesa, un atto di coraggio ed, insieme, un grande atto di Carità che non pochi vantaggi avrebbe arrecato alla comunità cristiana, assetata di Verità; una concreta possibilità per confermare come – in un clima ideologico estremamente pesante qual era quello dell’Italia post unitaria - il messaggio cristiano rimanesse “fermento di libertà e di progresso … fermento di fraternità, di unità e di pace”.
“Non c’è dissidio tra la Chiesa e la scienza – ripeteva (1898) - ci può essere tutt’al più un malinteso…”- per cui - la Chiesa non ha nulla temere e moltissimo da guadagnare di fronte al confermarsi di uno spirito veramente scientifico e moderno.(La Chiesa e la scienza 1898)
Occorrerà attendere il 1965, però, con la “Gaudium et Spes” , per avere l’invito ufficiale della Chiesa alla collaborazione tra i seminari e le università sugli studi teologici; e, cosa ancora più importante, per avere l’ammissione che “una tale collaborazione - piuttosto che minare la fede del clero e dei laici - gioverà grandemente alla formazione dei sacri ministri”, che potranno, così, presentare ai contemporanei la dottrina della Chiesa in maniera più organica e coerente, più idonea alle esigenze di chi ascolta.
Nota:
- Per i Documenti relativi al Concilio Vaticano II vedi il Sito Ufficiale della Santa Sede
[modifica] La teologia della vita per il clero:
Al clero, e agli spiriti liberi che – come il giovane Minozzi – sentivano “doveroso approfondire la conoscenza dei pensatori moderni” per scoprire in essi quella favilla di vero che vi splende (Ricordando 1984) raccomandava, quindi, lo studio perché potessero essere gli artefici di un risveglio, autentico, del pensiero cristiano senza, per questo, nulla togliere alle reali, profonde, necessità della dottrina. Era consapevole, infatti, che un livello di preparazione inadeguato del clero – peraltro costantemente denunciate tanto da parte cattolica (Murri, Minocchi) quanto da parte laica (Prezzolini) - poteva portare ad una sostanziale sfiducia nella Chiesa e alla crisi dell’attivìtà pastorale, oltre che a una cristallizzazione del movimento sociale ed intellettuale dei cattolici che, poco alla volta, avrebbe finito per perdere tutte le sue migliori energie.
Il suo motto era “San Tommaso non basta ripeterlo, occorre imitarlo, la sua dottrina non deve essere limite ma lievito, non punto a cui si debba indietreggiare, ma da cui si debba, movendo, progredire” (Le vie della fede 1903).
Nota:
- Per un approfondimento biliografico sulla vita e sull'opera del Minozzi vedi anche la scheda presente a questo indirizzo
[modifica] La cultura religiosa per i laici:
E, intanto, nell’attesa che il clero prendesse coscienza dei grandi stravolgimenti avvenuti nella cultura del secolo per poter adeguatamente prepararsi a rispondere a quell’ondata di sfiducia, di irreligiosità e di razionalismo imperante che travolgeva l’Europa di fine Ottocento, pensò di lavorare alla costruzione, dalle fondamenta, di una cultura religiosa per i laici, realizzando – fra i primi - il progetto di una Scuola Superiore di Religione a Genova, nel novembre del 1897; una scuola che, oltre a fornire una conoscenza ampia e profonda delle scritture, dei testi essenziali del Magistero, desse modo ai cristiani di spaziare, anche, verso gli studi storici, letterari e filosofici contemporanei. Da Antonio Fogazzaro al Von Hügel, da Giulio Salvadori a M. Blondel.
Obiettivo della stessa sarebbe stato quello di dimostrare che “Cristo è sempre su tutte le grandi vie dell’umano progresso – amico di ogni verità scientifica, d’ogni bellezza estetica, d’ogni onesta libertà, d’ogni equa rivendicazione sociale.”(Le vie della fede 1903)
Non mancarono, però - insieme ai tanti entusiasmi (“Revue Biblique” 1904, Gentile) - le critiche – spesso aspre - de La Civiltà Cattolica che, in una nota del P. Rosa – pur confermando il favore all’iniziativa decretato dal pontefice Pio X con l’enciclica De sacra doctrina traenda del 1905 – lamentava un uso improprio e fuorviante delle Scuole ad opera di “Sacerdoti … religiosi, conferenzieri (i quali) ... trasformano la scuola di religione e l’apologetica del Cristianesimo quasi in un’apologia o apoteosi di filosofi e romanzieri … o peggio conducono alla scuola del Santo”(Civiltà Cattolica 1906). Era chiara, fin troppo, l’allusione al barnabita, che aveva tenuto, a Genova, tre “letture” sul romanzo di Antonio Fogazzaro messo all’indice nel 1906.
[modifica] La carità del sacrificio e della coerenza
L'applicazione del metodo storico al Vangelo veniva considerata – dalla rivista dei Gesuiti - semplicemente “ingenua” (Civiltà Cattolica 1905), le analisi del dogma pericolose e “razionaliste”(Civiltà Cattolica 1906). Sulla scia di queste contestazioni qualcuno credette, persino, di vedere nelle sue analisi critiche sulla Trinità e l’Incarnazione - oltre che sul primato del vescovo di Roma - un pericoloso tentativo di “refutare scholasticam definitionem veritatis” a favore di una verità che tentasse di mischiare maldestramente Darwin e Platone, Herbert Spencer e S. Agostino (C. Carbone 1909).
Presto una bufera lo travolse e – mentre lui scriveva “ho coscienza d’aver predicato Gesù Cristo, come San Paolo ai predicatori di tutti i tempi l’ha insegnato e prescritto - non mancò chi (Civiltà Cattolica, Fracassini, Poulat) arrivò a considerarlo, il capo di quella corrente modernista che era vista da Pio X – nel suo tentativo di “instaurare omnia in Christo” – non solo come una semplice eresia ma come “il compendio e il veleno di tutte le eresie; una corrente che tendesse - a scalzare i fondamenti (stessi) della fede e ad annientare il Cristianesimo”(“Pii X Acta” 1951).
L’esilio a Bruxelles, dove arrivò il 29 settembre del 1912, e la vita di trincea - durante la prima guerra mondiale – fecero il resto portandolo ad una crisi depressiva che ne minò, seriamente, le condizioni di salute.
Oggi, sulla scorta di una riflessione più serena e di un’analisi più attenta dei documenti la critica storica va sempre più confermando che, fedele alla sua vocazione cristiana, il Semeria abbia, piuttosto, dimostrato verso la Chiesa “una fede sincera, un’intensa spiritualità, una vera lealtà” (Martina 1987, Zambarbieri 1975). Esprimendo, all’interno del giovane pensiero cristiano, una riflessione ortodossa, cattolica, e romana, il Semeria avrebbe, infatti realizzato - secondo molti storici (Vercesi 1923, Gentili 1982, Scoppola 1961) ed alti rappresentanti della gerarchia ecclesiastica (Paolo VI 1968, Giovanni Paolo II 1980) - una generosa testimonianza di fedeltà ecclesiale a cui superficialità ed ignoranza (Erba, Siri 1966) opposero, talora, un ostile atteggiamento che non mancò di protrarsi fino alla calunnia, mostrando a quali danni può condurre, e a quali aberrazioni, uno zelo senza verità e carità; uno zelo che troppo spesso ”non parlò secundum scientiam, e molto meno secondo verità, giustizia e carità”(Civiltà Cattolica 1927).
Nota:
- Per un approfondimento sul "Modernismo" vedi anche la scheda presente a questo indirizzo
[modifica] La carità e l’educazione morale:
Obiettivo primo del suo impegno di carità era, infatti, per il Semeria, quello di educare alla generosità e alla cultura attraverso la responsabilità e il sacrificio.
Un’educazione sinceramente cristiana non poteva che essere, per lui, “educazione della volontà”. Volontà di servizio, volontà di azione. E la “Gaudium et Spes” ne confermerà la coerente prospettiva ecclesiale allorquando ribadirà, nel 1965, che trascurando i suoi impegni di carità verso il prossimo, verso lo stato, verso chi è povero, ammalato, bisognoso, il cristiano non solo trascura i suoi doveri verso i fratelli ma anche quelli verso Dio stesso, mettendo, così, in pericolo la propria salvezza eterna.
A ciascun cristiano non resta che prendere coscienza, quindi, delle proprie responsabilità – quelle che lo vogliono testimone e insieme strumento della missione della Chiesa stessa secondo la misura del proprio carisma - per collaborare alla realizzazione del progetto divino senza aspettarsi troppo dalla gerarchia, senza pretendere dal clero altro che luce e forza spirituale.
La stessa scuola, per lui, fuggendo ogni tentazione di ipertrofia intellettuale, doveva rifiutare ogni possibile rischio di anemia morale perché in una condizione nella quale tutti parlano di morale rincorrendo l’onore, la ricchezza e il piacere, oltre a danneggiare i diritti dell’anima, si logorano, anche, i più basilari criteri di giustizia e di onestà.
”Quanti burattini nel mondo morale, amici miei!” aveva detto a Genova nelle sue prediche nella Chiesa delle Vigne (1906), ma solo per poter, poi, indirizzare l’attenzione dell’uditorio all’impegno, all’azione. “Una cura morale, o signori, è urgente per noi – urgente di rimbalzo per questa società i cui mali sono tutti profondamente intrecciati con la infermità morale.”
[modifica] La carità e la filosofia dell’azione:
Di fronte al luccichio delle nuove ideologie che rappresentavano l’avanguardia del materialismo irreligioso e dell’edonismo estetico – sempre alla ricerca del piacere, del superfluo – era ora, per il Semeria, di fare uno sforzo di concretezza, per “generare luce, non fosforescenza, per destare sulla scia delle parole, fermenti di salutare discussione” (De Marsico 1968); per farsi promotori di opere di carità, perché “più che con l’eloquenza della parola – si supportassero le proprie idealità con la tacita, irresistibile eloquenza dei fatti.” (La Chiesa missionaria, 1867).
Alla filosofia delle idee era giunto - in sostanza - il momento di sostituire, e subito, la filosofia dell’azione, la filosofia della vita. E, se, più tardi, il decreto su “L’apostolato dei laici” (1965) ricorderà che “dall’aver ricevuto i carismi, anche i più semplici, sorge per ogni credente il diritto e il dovere di esercitarli per il bene degli uomini e a edificazione della Chiesa” lui ribadisce che la responsabilità prima di ciascun cristiano, e dei religiosi in particolare, è di impegnarsi a “lavorare con la più severa ricerca della verità… - ma nella determinazione di - mettere la scienza a servizio del bene”(Le vie della della fede).
Era convinto, infatti, che si può credere a chi parla (ma) è difficile non credere a chi lavora fortemente; è impossibile non credere a chi, per una causa, eroicamente soffre.
Si può simulare la parola, più difficilmente l’opera, impossibile simulare la sofferenza” (Le beatitudini evangeliche 1937). Non fu un caso, quindi, se molti intellettuali dell’area cattolica suoi contemporanei si riferissero al religioso barnabita come all”incarnazione del giovane pensiero cristiano” (A. Giocomelli 1932).
[modifica] La carità e l’azione politica:
Impegno culturale, morale, politico, e sociale diventano, allora, per il barnabita, i cardini su cui progettare ogni serio processo di rinnovamento che non potrebbe esprimersi d’altronde se non in una sincera sollecitudine che miri a promuovere i valori cristiani nella comunità attraverso la famiglia, la vita economica e la partecipazione politica. Anche se il suo, a differenza dell’ipotesi murriana, non era un impegno che aspirasse esclusivamente alla creazione di una forza cristiana che mirasse ad entrare, direttamente, nell’agone politico, quanto, piuttosto, un impegno più profondo, che nel rinnovamento culturale vedesse una condizione necessaria per un’incisiva e moderna azione politica, e sociale, dei cattolici.
Fu tra i fondatori della Democrazia Cristiana ma non per questo mancò, più volte, di esclamare “Non ho molta fede nei partiti: spero molto da una infusione larga, da un ravvivamento sincero, dello spirito cristiano in tutti e in ciascuno” (Le tre coscienze 1901).
Sentiva necessaria, infatti, un’esigenza che non partitica, fosse fondamentalmente “apolitica”, “superpartes”, di sincera azione cristiana, che si riproponesse di riformare la cultura dal di dentro, piuttosto che sprecare utili energie nel tentativo di disegnare futili e pericolose riforme esteriori. E’ per questo che collaborò anche, con il Padre Agostino Gemelli, alla fondazione dell’Università Cattolica del Sacro Cuore seguendone, sempre, con trepidazione, le sorti, sin dagli inizi tanto difficili ed incerti.
Non bisogna dimenticare che la Chiesa era impegnata, in quegli anni, in una lotta politica e ideologica serrata con uno Stato italiano laico e liberale, con il socialismo rampante, e con una corsa sempre più forte verso il piacere ed il profitto; ciò la portò ad irrigidire la sua posizione teologica e morale con l’effetto di suscitare non poche resistenze verso in quei laici, che vedevano, piuttosto, in un confronto intellettuale critico con la nuova cultura, un’opportunità ulteriore di apostolato, di sincera carità cristiana. “Quel disgraziato “Non expedit” – ricorderà più tardi Padre Minozzi - (era una) pesantissima catena ai piedi de’ cattolici italiani”(Ricordando 1984) - e, specie per i seminaristi, per il clero, “La vita moderna era, doveva essere tutta maledetta. Non si dovevano guardare né libri, né persone, (era) scomunicato l’universo… – Tra cattolici e liberali e socialisti si era scatenata - una gara scervellata a ferirsi, a colpirsi gli uni gli altri - col risultato di ritrovarsi in una realtà politica fatta di rissosità, faziosità, di bassissima lega – in una condizione di vera e propria - follia collettiva”.
[modifica] La dignità della donna
Alle donne, poi - con quell’ “Uscite, uscite, …. dalle mura domestiche” (1915) - “come il prete di sagrestia” – anticipava l'invito alla responsabilità che è motivo dominante della “Centesimus annus” (CA 1991,37) e del “Catechismo della Chiesa Cattolica” (1992,1929), una responsabilità fondata sulla credibilità dell’impegno, sulla testimonianza delle opere e proiettata in un progresso che cammini nel pieno rispetto della identica dignità (Gaudium et spes 1965,49; Mulieris dignitatem 1988,6); "perché Dio non è a immagine dell'uomo - in lui .. non c'è spazio per differenze di sesso" (CCC 1992,370).
Nel 1987 - anno della “Sollicitudo rei socialis” - quando Giovanni Paolo II si rivolgeva a “tutti, uomini e donne senza eccezioni, perché, convinti della rispettiva, individuale, responsabilità”, si mettessero all'opera - con l'esempio della vita, con la partecipazione attiva alle scelte economiche e politiche, pochi ne avvertirono il messaggio di svolta ma, la donna - reintegrata a pieno titolo nella Chiesa - veniva messa, per la prima volta, di fronte all’”obbligo di impegnarsi per lo sviluppo, perché questo non è solo un dovere morale ma anche, e soprattutto, un imperativo per tutti e per ciascuno, un dovere di tutti verso tutti.”(SRS 1987,32 e 47).
E pensare che nel 1904, come ricorda il Pagano, dal Vaticano partì una nota per i vescovi nella quale si invitavano gli alti prelati a far tacere le donne nelle adunanze cristiane e a non investirle di cariche che potessero comportare reali responsabilità. Solo il 15 ottobre del 1967, due voci femminile, durante una solenne liturgia in San Pietro - rompendo secoli di silenzio – avranno la possibilità di presentarsi all’altare per pronunciare le “orazioni dei fedeli”.
Il Semeria dal canto suo, già nel dicembre del 1898, aveva, invece, auspicato tale condizione ricordando - a coloro che con la scusa di difendere la Chiesa dalle donne difendevano in realtà i propri privilegi - che nessuno, a nome della Chiesa, poteva avere il diritto di negare alla donna di rivendicare la propria dignità, magari facendosi forte della sua autorità, perché "il Cristianesimo non dice mai basta, dice sempre avanti, combatte gli idealismi, ma propugna le idealità"(1967,9).
Per lui il "femminismo" era una cosa seria: più che un problema di riscatto, si trattava, infatti, di un problema di dignità; e se la donna aveva tutto il diritto di farsi sentire, efficacemente sentire”(1915,18), lui non mancava occasione per stimolarla all’impegno, civile e sociale, allo studio (1934,91; S. Pagano 1994,128), all’esercizio della carità.
[modifica] La carità e l’opera in favore degli orfani
Un impegno di carità, quindi, insieme intellettuale e sociale ma quando – dopo aver conosciuto la miseria della città di Roma, la sofferenza degli operai – visse la tragedia della guerra - trovandosi, in trincea, a fianco di contadini inviati al fronte come carne da macello – la ricostruzione e l’urgenza di trovare i soldi per dare un pane agli orfani che aspettavano un aiuto concreto nelle regioni meridionali (Lettere pellegrine 1919) gli fecero capìre come, nel bisogno - stanchi di teorie e di chiacchiere - si sente, forte, un’unica necessità, quella di azione pratica. (Forme pratiche di solidarietà operaia 1902).
Punto di svolta di questa consapevolezza rappresentò, per l’intellettuale barnabita, l’incontro col Padre Giovanni Minozzi. E frutto della loro comunione di intenti germogliò, solida, l’Opera Nazionale per il Mezzogiorno d’Italia (1921).
Lavorando al progetto, ambizioso, di offrire una casa ai suoi orfani, gli orfani di guerra, e con essa, un’educazione e una famiglia – quella de “I Discepoli” appunto - a quanti ne erano rimasti privi piombando nel bisogno, ebbe l’opportunità di confrontarsi, infatti, con tante storie di miseria e povertà, tante storie d’ignoranza e d’abbandono totale. L’impegno divenne, allora – anche grazie alla collaborazione della nuova congregazione fondata dal Minozzi - sempre più deciso, sempre più sostenuto, talora addirittura febbrile, perché era convinto che “la luce c’è, ma non è luce se non a patto di essere calore – e l’insegnamento ... si riconosce dai frutti … i frutti di bontà – ex fructibus cognoscetis” (Saggi clandestini 1967).
Le conferenze continuarono, gli impegni della sua agenda si moltiplicarono. Agli amici che lo incontrarono, nei giorni in cui correva per la Penisola alla ricerca di soldi per i suoi orfani, diceva preoccupato “Sappiate che non sono più il padre Semeria di una volta che faceva conferenze per gli altri. Ora ho famiglia, tanta famiglia, bisognissima famiglia … aiutatemi”(Cicero pro domo mea 1921). E, visitando gli istituti sparsi qua e là per il Sud - in Campania, in Basilicata, in Puglia, in Sicilia … - aveva, poi, visto quali frutti realizzava concretamente la dedizione, l’affetto dei primi confratelli, delle suore. Finì per rafforzarsi in lui, ulteriormente, l’idea che “quando ci si para dinanzi, o ci passa daccanto un vero affamato, autentico, è ridicolo e crudele fargli dei bei discorsi, delle esortazioni nobili, delle promesse mirabolanti: un pane, un vero pane è la sola risposta alla sua fame”.
[modifica] Dalla carità della scienza alla scienza della carità
Apostolo della Carità, era passato – secondo un’efficace espressione del Cilento - “dalla carità della scienza alla scienza della carità” “ senza – però - per questo rinnegare, minimamente, la sua missione giovanile. E se le testimonianze inedite, che vengono alla luce in questi anni, sembrano mostrare che il Semeria – "impedito oltre ogni ragionevole speranza nell’apostolato culturale, e in specie in quello, a lui tanto caro della predicazione”(Pagano 1989) - sia stato dirottato sull’impegno meridionalistico “per bruciarne la prorompente energia spirituale e intellettuale" - attraverso un’analisi attenta degli scritti e dell’opera del barnabita, si nota una esistenza coerente, unitaria: il concetto di carità non si era modificato, si era solo perfezionato, integrato, di una prospettiva, essenziale e complementare.
"Nell’azione s’illumina il pensiero – aveva, infatti, scritto – e non illumina solo il pensiero, comunica efficacia, autorità alla parola …. Bisognava dare a quelle parole, perché fossero efficaci, il suggello infrangibile di una sincerità indubitabile - perché - la prova classica della sincerità di chi parla è ciò che egli fa"(Quel cuore che ha tanto amato gli uomini 1967 ).
Ai Discepoli, agli amici, ai collaboratori – chiedeva un amore particolare per la carità fatta di opere concrete, un amore fondato sulla dedizione totale, e - dal momento che “alla Chiesa, mancano soldati, non terre da conquistare” – che avessero, sempre – il giusto entusiasmo, sufficienti energie per rispondere alle necessità del bisogno. Esclamava (1905) “Amici ne abbiamo quanto basta per dirigere la nostra operosità … Lavoriamo, laboremus, lavoriamo a quel progresso morale degli individui e dell’umanità che non potrà essere maturo nella eternità se non siasi iniziato qui nel tempo. (I problemi della libertà 1932)
Di lui parla Luigi Sturzo come di una figura di “meridionalista esemplare”(Scritti politici 1982), confermando il giudizio di Giustino Fortunato e della stessa “Civiltà Cattolica” che, dopo le tante amarezze del periodo romano – riferendosi all’azione educativa e sociale svolta dall’Opera Nazionale nelle regioni più abbandonate - scrive decisa: “Ecco un’opera di vera ricostruzione”(Civiltà Cattolica 1921), ma la conferma, concreta, che la sua carità fosse frutto di una scelta paolina, coerente e sinceramente cristiana, ci viene dall’impegno morale e cristiano assunto dall’Opera verso le giovani generazioni. Un’Opera di carità che, dal 23 gennaio 1921 – in oltre mezzo secolo – si è caratterizzata nel servizio a quanti vivono nel bisogno, esprimendo una testimonianza, viva di quello che può, e deve essere, un pensiero veramente cristiano e moderno. Un’Opera che, a tutt’ooggi, può vantare: 28 istituti di educazione, 42 scuole materne, 5 case per anziani, 2 centri giovanili, una casa di soggiorno e di spiritualità, 2 scuole magistrali, 10 scuole elementari, 3 pensionati universitari, 4 scuole di ricamo e – germoglio di una spiritualità sempre vicina alle esigenze del tempo - una missione a Haquaquecetuba, nelle terre pù povere dell’immenso Brasile.
[modifica] Bibliografia essenziale
Wikiquote contiene citazioni di o su Giovanni Semeria
[modifica] Di Semeria
- P.G. Semeria. La carità della scienza la scienza della carità. Milano, Cogliati, 1900
- P.G. Semeria. L'eredità del Secolo. Roma, Pustet, 1967
- P.G. Semeria. Venticinque anni di Storia del Cristianesimo nascente. Pustet, Roma 1900
- P.G. Semeria. Idealità buone. Per la Scienza. Per il Secolo. Per le donne. Per i giovani. Per gli operai. Per la Musica. Per i monti. Per la ginnastica. Per le feste. Genova, Tip. della Gioventù, 1901
- P.G. Semeria. Dogma, Gerarchia e Culto nella Chiesa primitiva. Roma, Pustet, 1902
- P.G. Semeria. Scienza e Fede e il loro preteso conflitto. La critica della Scienza. Roma, Pustet, 1903
- P.G. Semeria. Il pensiero di San Paolo nella lettera ai Romani. Roma, Pustet, 1903
- P.G. Semeria. Epilogo diuna controversia. «Civiltà Cattolica» a- LXXI (1020), vol. IV, fasc. 1689 (28 ottobre)
- P.G. Semeria. I miei ricordi oratori. Milano-Roma, Amatrix, 1927
- P.G. Semeria. I miei tempi. Milano-Roma, Amatrix, 1929
- P.G. Semeria. I miei quattro Papi, 3 volumi. Amatrice, Scuola Tip. dell'Orfanotrofio Maschile, 1930-1933
- P.G. Semeria. Saggi ... Clandestini, 2 volumi. Alba, Edizioni Domenicane, 1967
[modifica] Su Semeria
- AA.VV. "In memoria di Padre Giovanni Semeria nel cinquantesimo della morte" Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, Roma-Milano, 1981;
- Atzeni R. "Profilo di una grande anima" Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, Roma-Milano, 1984;
- Colciago V.M. (a cura di) "P.G. Semeria - Saggi ... Clandestini" voll. 2, Edizioni Domenicane, Alba, 1967;
- Gambaro A. "Semeria nella cultura del suo tempo" in P.G. Semeria "Saggi ... Clandestini", op. cit., pagg. IX - LXX;
- Gentile G. "Il Modernismo e i rapporti fra religione e filosofia" Laterza, Bari 1921 (in particolare il cap. I "Cattolici e Storia nei libri del Semeria");
- Gentili A. "Lettere del barone F. von Hugel a Padre Semeria Barnabita (1895-1912) Tesi dell'Università di Pavia, A.A. 1971-72, pagg. CXLIII-508;
- Marcora C. "Lettere del P.G. Semeria a Mons. Bonomelli" in "Il Bene", Milano, genn-febbr-mar 1967;
- Marcora C. "Corrispondenza Fogazzaro-Bonomelli" Vita e Pensiero, Milano, 1968;
- Marcora C. "Corrispondenza Semeria-Gallarati Scotti" Ed. di Letteratura, Roma, 1986;
- Mesolella G. "P. Giovanni Mesolella. Letterato e oratore sociologo" Tesi dell'Università di Cassino, A.A. 1985-86, pagg. XXV-482;
- Mesolella G. "P. Giovanni Semeria ai raggi X della scrittura" Tesi di specializzazione in Psicologia della Scrittura. Libera Post Unversitò della Nuova Medicina e delle Scienze Naturali e Umane, Milano 1987, pagg.1-94;
- Mesolella G. "Giovanni Semeria. Per una cultura democratica e popolare" su "Progresso del Mezzogiorno" Loffredo Editore, a.XII, n.1, giugno 1988, pagg.65-88;
- Mesolella G. "P. Giovanni Semeria tra Scienza e Fede" Ed. Dehoniane, Roma, 1988;
- Mesolella G. "Il femminismo cristiano in Padre Giovanni Semeria" su "Evangelizare" a. IV, n.4, aprile 1997, pagg. 4-9;
- Mesolella G. "Padre Giovanni Semeria e l'impegno della carità alla luce del Concilio Vaticano II" in "Studi minozziani" Potenza, a.II, nov. 1998, pagg. 5-40;
- Mesolella G. "Educare alla responsabilità" su "Evangelizare" a. IV, n.1/2, gen./feb. 1999, pagg. 4-5; n.3/4, mar./apr. 1999, pagg. 11-12; n.5/6, mag./giu. 1999, pagg. 4-5; n.9/10, set./ott. 1999, pagg. 6-7; n.11/12, nov./dic. 1999, pagg. 4-5;
- Mesolella G. "Da “scienza e fede” alla “fides et ratio”" in "Studi Minozziani" Potenza, a. III, nov. 1999, pagg. 33-72;
- Mesolella G. "P. Giovanni Semeria ai raggi X della scrittura" in "Studi Minozziani" Potenza, a. IV, nov. 2000, pagg. 28-54;
- Mesolella G. "La carità della scienza in P. Giovanni Semeria" in "P. Giovanni Semeria. Concorso Nazionale di poesie e disegno" (a cura di G. Di Cicco e P. Mesolella) Sparanise, 2006, pagg. 7-16;
- Minozzi G. "Ricordi di Guerra" voll. 2, Tip. dell'Orfanofrofio Maschile, Amatrice 1956, 1959;
- Minozzi G. "Padre Giovanni Semeria" Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, Roma-Milano 1967;
- Nediani T. "Padre Semeria", Pro Familia, Roma 1921;
- Patuelli E. "Padre Giovanni Semeria" Opera Nazionale per il Mezzogiorno d'Italia, Roma-Milano 1966;
- Poulat E. "Storia, Dogma e critica nella crisi modernista", Morcelliana, Brescia 1967;
- Ranchetti M. "Cultura e riforma religiosa nella storia del Modernismo" Einaudi, Torino 1963;
- Rossini G. "Aspetti della cultura cattolica nell'età di Leone XIII" Ed. Cinque Lune, Roma 1961;
- Sala P.F.B. "Padre Semeria Barnabita" L.I.C.E., Torino 1941;
- Scoppola P. "Crisi modernista e rinnovamento catolico in Italia" Il Mulino, Bologna 1975;
- Vercesi E. "Padre Semeria servo degli orfani" Tip. dell'Orfanofrofio Maschile, Amatrice 1932;
- Zambarbieri A. (a cura di) "Buonaiuti e Semeria" in "Fonti e documenti" Centro Studi per la Storiad el Modernismo, Urbino, a.I (1972), pagg. 411-440;
- Zambarbieri A. (a cura di) "Il Caso Semeria" in "Fonti e documenti" Centro Studi per la Storia del Modernismo, Urbino, a.IV (1975), pagg. 92-94;
- Zambarbieri A. "Il Cattolicesimo tra crisi e rinnovamento" Morcelliana, Brescia 1979.