Guerra dei sei giorni
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Guerra dei Sei giorni | |||||||
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![]() Le fasi dell'attacco israeliano in Sinai |
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Schieramenti | |||||||
Israele | Egitto Siria Giordania Iraq |
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Comandanti | |||||||
Yitzhak Rabin, Moshe Dayan, Uzi Narkiss, Israel Tal, Ariel Sharon |
Abdel Hakim Amer, Abdul Munim Riad, Sharif Zaid Ibn Shaker, Hafez al-Assad |
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Effettivi | |||||||
50.000 uomini (264.000 compresi i riservisti); 197 aerei |
Egitto: 150.000; Siria: 75.000; Giordania: 55.000; 812 aerei |
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Perdite | |||||||
679 morti;, 2.563 feriti; 15 prigionieri (dati ufficiali) |
21.000 morti; 45.000 feriti; 6.000 prigionieri (stime) |
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Moti del 1920 · Moti di Giaffa · Moti in Palestina del 1929 · Grande Rivolta Araba (1936-1939) · Guerra arabo-israeliana del 1948 · Crisi di Suez · Guerra dei sei giorni · Guerra d'Attrito · Guerra del Kippur · Prima invasione israeliana del Libano (1978) · Seconda invasione israeliana del Libano (1982) · Conflitto nel Sud-Libano del 1982-2000 · Prima Intifada · Guerra del Golfo Persico · Seconda Intifada · Terza invasione israeliana del Libano (2006) |
La guerra dei sei giorni ebbe inizio il 6 giugno 1967 e si annovera nella storia del conflitto arabo-israeliano come il terzo scontro militare.
Indice |
[modifica] La sintesi del conflitto
Il 6 giugno 1967, a seguito delle minacce avanzate dal presidente egiziano Nasser di voler distruggere lo stato di Israele, l'aviazione israeliana lanciò a sorpresa un attacco contro le forze aeree dell'Egitto e della Siria, seguita da un offensiva di terra (che coinvolse anche la Giordania) che portò in sei giorni ad una clamorosa vittoria militare. Al termine del conflitto Israele aveva occupato la penisola del Sinai, Gaza, la Cisgiordania e le alture del Golan, sconvolgendo a proprio favore la situazione politica in Medio Oriente, con effetti anche nei rapporti internazionali tra le grandi potenze.
[modifica] Verso la guerra dei sei giorni
L'Egitto era convinto che l'internazionalizzazione di Aqaba e il controllo dell'Onu sul Sinai minacciassero la sua sovranità e decise così di eliminare gli strascichi della spedizione di Suez. Nel frattempo la tensione era cresciuta a causa dello sfruttamento delle acque del Giordano e dalla salita al potere a Damasco dell' ala sinistra del partito Ba'th che era favorevole alla guerra rivoluzionaria e appoggiava i fedayyin.
Era intanto ripresa la guerriglia sostenuta dai dirigenti arabi che aumentarono lo stato d'insicurezza di Israele che già dal 1956 aveva adottato come dottrina militare quella dell'attacco preventivo.
[modifica] Il 5 giugno 1967
Dopo cinque anni di forte tensione, Gamal Abd el-Nasser decise di chiudere il golfo di Aqaba alle navi israeliane, atto che Israele aveva annunciato di considerare come casus belli, e chiese inoltre alle truppe dell'Onu il ritiro dall'Egitto.
Così il 5 giugno 1967 Israele denunciava la possibilità di un attacco egiziano e la sua aviazione passò all'attacco cogliendo di sorpresa la forza aerea egiziana e distruggendola al suolo. Ormai assicuratosi il dominio della zona, lo Tzahal lanciava all'assalto su ogni fronte i suoi carri e in meno di una settimana la guerra ebbe fine.
[modifica] Conseguenze
La Siria perse le alture del Golan, l'Egitto la palestinese Gaza che amministrava dal 1948 e la penisola del Sinai fino al canale di Suez, mentre Israele strappava alla Giordania l'insieme delle sue conquiste del territorio palestinese ottenute nel 1948, quadruplicando così il suo territorio.
L'annessione di Gerusalemme verrà ratificata all'indomani del conflitto, indicando la volontà d'Israele di conservare in tutto o in parte le sue conquiste.
Gli Stati Uniti, a differenza di quanto era accaduto nel 1956, quando avevano preso le parti dello Stato ebraico, chiedevano il ritiro senza condizioni dai territori che erano stati occupati.
Israele invece sperava di aprire, sullo scambio di territori, una porta alla pace ma i Paesi arabi si riunirono alla conferenza di Karthum e opposero un netto rifiuto.
Venne trovato dalle grandi potenze un compromesso: la "risoluzione 242" delle Nazioni Unite che subordinava il ritiro israeliano dai Territori Occupati allo stabilirsi di una pace "giusta e duratura". Israele vi aderì, anche se malvolentieri, seguita da Nasser e da re Husayn, mentre i Palestinesi che avevano l'appoggio della Siria la rifiutarono.
Subito dopo il cessate il fuoco i contendenti ricominciarono ad armarsi e nel 1969 Gamāl ‘Abd al-Nāser armò le milizie popolari e lanciò una guerra di logoramento che durò un anno ed ebbe molti morti. I contendenti rimasero fermi sulle loro posizioni e le diverse mediazioni non arrivarono a nulla.
Iniziò il nuovo esodo di Palestinesi che andavano ad ingrossare la massa di profughi del 1948 e i Drusi che abitavano l'altopiano del Golan occupato da Israele il 9 giugno 1967, malgrado il cessate il fuoco con la Siria, dovettero prendere la strada di Damasco e delle regioni meridionali del Jebel [druso]], con le sue città di Bosra e di Suwayda.
Nasser intanto, il 9 giugno, aveva dato le dimissioni ma il nasserismo non sopravvisse alla sconfitta.
La guerra dei sei giorni rovesciò in modo decisivo i dati di un conflitto ed avrà conseguenze di lungo periodo. Nella metà degli anni '70 si costituirà il "fronte del rifiuto", quando alcune organizzazioni del FPLP, capeggiate da George Habbash, abbandonarono l'OLP per sostenere una linea di completo rifiuto del riconoscimento di Israele, in questo appoggiate da Libia e Iraq.
[modifica] Bibliografia
- Pier Giovanni Donini, I Paesi arabi, Roma, Editori riuniti, 1983.
- H. Mejcher, Sinai, 5 giugno 1967. Il conflitto arabo-israeliano, Bologna, il Mulino, 2000.
- François Massoulié, I conflitti in Medio Oriente, Firenze, Giunti, 2001.
- Vito Cirillo, Il Medio Oriente, Roma, Ardesia Edizioni, 2006.