Badia Fiorentina
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La Badia Fiorentina è un'importante chiesa di Firenze, situata nel cuore della città antica davanti al Bargello e intitolata alla Vergine.
Indice |
[modifica] La storia dell'edificio
[modifica] L'alto medioevo
Fu fondata come parte di un monastero benedettino (da cui il nome badia che significa abbazia) nel 978 dalla madre del marchese Ugo di Toscana, Willa di Toscana. Ugo, divenuto marchese di Toscana, accrebbe con grande munificenza le donazioni della madre e il suo ricordo è stato perpetuato nei secoli, tanto che ogni 21 dicembre viene ancora celebrata una messa per il nobile benefattore, detto da Dante il Gran barone.
Grazie ad altre ingenti donazioni ed anche ai privilegi concessi da papi e da imperatori, l'abbazia acquistò o ereditò varie proprietà ad essa circostanti, ove aprirono le loro attività cartolai, miniatori, legatori, librai, che connotarono la zona con una produzione legata alla realizzazione di libri e pergamene.
Nel 1071 fu annesso un ospedale al convento. Fra le attività dei monaci c'era anche la viticoltura, come suggeritoci anche dal nome della vicina Via della Vigna Vecchia.
[modifica] Il Duecento: Arnolfo di Cambio
Nel 1285 la chiesa subì un radicale rifacimento in stile gotico ad opera di Arnolfo di Cambio, che ne cambiò l'orientamento con l'abside verso via del Proconsolo. L'orientamento era quello più tradizionale, con le finestre del retro a oriente per ricevere la luce solare ogni mattina. Ancora sono chiaramente visibili su Via del Proconsolo i profili delle finestre gotiche, ormai cieche, e la parete absidale esterna, sulla qule è stato appoggiato, con una strettissima intercapedine, la struttura della chiesa odierna.
Anche una parte dell'antica facciata gotica, sopravvissuta solo per la parte superiore con timpano e rosone, è visibile dal cortile della Pretura in Via de' Magazzini: si possono notare ancora gli inserimenti di materiale ceramico a decorazione. La chiesa aveva tre navate ed is suo aspetto era molto colorato: aveva un pavimento in materiale ceramico colorato, più antico di quello odierno del battistero, del quale è stata trovata qualche traccia durante alcuni scavi; era coperta da capriate anch'esse coperte di motivi ornamentali, le quali sopravvivono ancora oltre il soffitto a cassettoni odierno; inoltre si era iniziato a istoriare le sue pareti di affreschi.
La chiesa è legata anche a memorie dantesche. Qui, secondo la Vita Nuova, Dante Alighieri vide Beatrice Portinari per la prima volta durante una messa. In seguito Boccaccio tenne in questa chiesa le celebri letture della Divina Commedia.
[modifica] Il Trecento
Il campanile (1310-30) cuspidato e a base esagonale è un punto celebre del profilo cittadino e si staglia fra le torri di Palazzo Vecchio e del Bargello (ultimo restauro terminato nel 2001). Per secoli le sue campane hanno scandito le ore in tutta la città.
Nel 1307 il campanile fu abbattuto a metà per punire i monaci riluttanti a pagare una tassa cittadina, ma fu comunque restaurato presto nel 1330.
Risalivano per lo più a questo secolo gli affreschi che istoriavano le pareti. Sotto l'intonaco bianco seicentesco sono state ritrovate ampie porzioni di pittura, soprattutto parti di una rappresentazione della Tebaide nella controfacciata odierna e nella cosiddetta Cappella di San Bernardo, che un tempo era alla testata della navata sinistra. Anche nell'intercapedine della parte posteriore della chiesa sono stati trovati affreschi nascosti. Tra gli esecutori sono stati fatti i nomi di Nardo di Cione e Maso di Banco. Sull'altare campeggiava un bellissimo polittico di Giotto che oggi si trova agli Uffizi.
[modifica] Il Rinascimento
Nei secoli successivi, l'abbazia benedettina vide alternarsi periodi di decadenza a periodi di rinnovato splendore. Nel Quattrocento fu un centro di cultura umanistica sostenuto dall'abate portoghese Ferreira de Silva; a quel periodo risale la costruzione del chiostro degli aranci, opera di Bernardo Rossellino (1432-38). Numerose opere d'arte in stile rinascimentale la abbellivano: oltre alle sculture di Mino da Fiesole e di Bernardo Rossellino. L'Arte dei Giudici e Notai che aveva la sua sede proprio nel vicino palazzo in Via del Proconsolo, aveva commissionanto al grande Masaccio, tra l'altro egli stesso era figlio di un notaio, la realizzazione su un pilastro della badia di un Sant'Ivo affrescato, in quanto protettore dell'Arte.
Quest'opera è esaltata per la sua bellezza e modernità da tutte le fonti scritte contemporanee, compreso Giorgio Vasari e venne staccata quando il pilastro fu demolito per il rinnovo della chiesa. Questo procedimento di distacco della superficie pittorica in realtà fu un vero disastro, perché si procedette scalpellando l'intonaco e ottenendo lo sbriciolamento di gran parte della superficie affrescata. Rimase solo la testa, della quale si hanno notizie fino a Settecento, quando era ancora tenuta come reliquia nello studio dell'abate, poi se ne persero le tracce.
Sempre al Quattrocento risale il preziosissimo parato di seta rossa ed oro con il classico motivo a "S", che nelle occasioni più importanti poteva coprire l'intera superficie interna della chiesa, cambiandone radicalemnte l'aspetto. Quest'enorme quantità di tessuto prezioso ci è provvidenzialmente pervenuta e fu sorprendente quando questo apparato, il più antico del genere a Firenze e tra i più notevoli per antichità e preziosità in Europa, venne casualmente scoperto e riconosciuto nel suo valore durante un sopralluogo casuale di poche decine di anni fa, effettuato dalla professoressa dell'Università di Firenze Dora Liscia. Il tessuto, che ricopriva anche il soffitto, le pale d'altare, eccetera, è ovviamente tagliato sulle dimensioni della chiesa di Arnolfo, e per la sua inutilizzabilità venne relegato ad un armadio per circa tre secoli.
Ai primi del Cinquecento Giovan Battista Pandolfini fece ristrutturare a Benedetto da Rovezzano la parte del monastero all'angolo fra via del Proconsolo e via Dante Alighieri: vennero così costruiti la cappella Pandolfini e la loggia nord, che oggi si attraversa per entrare in chiesa.
[modifica] La ristrutturazione seicentesca
Il senese Serafino Casolani, divenuto abate nel 1624, volle infatti trasformare completamente la chiesa arnolfiana, probabilmente suggerendo lui stesso il progetto di ristrutturazione all'architetto Matteo Segaloni, che dette inizio ai lavori che che tra il 1627 e il 1631 mutarono di nuovo l'orientamento dell'altare, ora posto a sud in direzione dell'Arno, realizzando un tempio a croce greca.
Soppresso nel 1810 il monastero venne frazionato e manomesso per essere occupato da abitazioni, negozi, magazzini, uffici.
[modifica] L'interno
L'interno della chiesa, ulteriormente trasformata anche nel Settecento, presenta una sovrapposizione di stili e strutture. L'aula è dominata da un sontuoso soffitto ligneo intagliato, realizzato da Felice Gamberai entro il 1631, che nasconde le capriate gotiche. Il presbiterio, con un coro cinquecentesco di Francesco e Marco Del Tasso, presenta notevoli affreschi di Gian Domenico Ferretti (1734) e del quadraturista Pietro Anderlini.
Subito a sinistra dopo l'ingresso, spicca la grande pala di Filippino Lippi Apparizione della Madonna a San Bernardo, di altissima qualità pittorica (1482-1486). Commissionato da Piero di Francesco del Pugliese, il dipinto fu trasferito da Marignolle alla Badia nel 1530 per salvarlo dai danni dell'assedio di Firenze. Un particolare curioso è la raffigurazione di un demonio coperto di pelliccia e con minacciose zanne nascosto nella roccia sotto al santo, il quale è raffigurato in estasi per la visione mariana.
Tracce di affreschi trecenteschi si trovano sia sulla controfacciata, sia nella Cappella di San Bernardo, dove era presente un ciclo con Storie di Cristo attribuito a Nardo di Cione.
La barocca Cappella di San Mauro, a destra, dalla quale si accede al chiostro, è completamente stata affrescata da Vincenzo Meucci (1717), mentre sull'altare è presente una tela di Onorio Marinari con San Mauro risana gli storpi. Sopra la cappella si trova un grande organo in legno intagliato e dorato risalente al 1717.
Le due cappelle a fianco dell'altare ospitano le tele della Pentecoste di Mirabello Cavalori (a destra) e della Salita al Calvario di Giovan Battista Naldini (1570 circa, a sinistra).
Sulla parete sinistra, sopra il monumento a Ugo di Toscana, nella cantoria è conservata la pregevole tela dell'Assunta e due santi di Giorgio Vasari (1568).
[modifica] Corredo scultoreo
Numerosi sono i monumenti sepolcrali, fra i quali i più importanti sono quelli quattrocenteschi: il Sepolcro di Giannozzo Pandolfini (morto nel 1456) della bottega di Bernardo Rossellino, la Tomba di Bernardo Giugni di Mino da Fiesole, un celebre avvocato e diplomatico morto nel 1456, posta vicino all'ingresso, e soprattutto, dello stesso Mino, la Tomba del Marchese Ugo di Toscana (1466-1481), rifacimento della sepoltura del primo benefattore della Badia, morto nel 1001, in marmo e porfido, sormontata dalla personificazione della Carità e posta sotto la cantoria del braccio sinistro.
Di Mino da Fiesole è anche il dossale Neroni con la Madonna con Bambino fra i Santi Leonardo e Lorenzo.
[modifica] I chiostri
Nonostante le trasformazioni subite nei secoli, la Badia ha mantenuto integro all'interno del complesso il suggestivo Chiostro degli Aranci compiuto tra il 1432 e il 1438 da Bernardo Rossellino. Al piano superiore del chiostro è presente un ciclo di affreschi sulla vita di San Benedetto dipinto dal 1436 al 1439 da autore ignoto, chiamato il Maestro del Chiostro degli Aranci, ipoteticamente identificato con il portoghese Giovanni di Consalvo. Un pannello laterale è stato comunque attribuito come opera giovanile di Agnolo Bronzino.
[modifica] Voci correlate
Commons contiene file multimediali su Badia Fiorentina
Si trovano nelle immediate vicinanze:
- Museo Nazionale del Bargello
- Via Ghibellina
- Piazza San Firenze
- Casa di Dante
- Oratorio dei Buonomini di San Martino
- Torre della Castagna
[modifica] Fonti
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