Enver Hoxha
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Enver Hoxha (IPA /ɛn'vɛɾ 'hɔʤa/) (Argirocastro, 16 ottobre 1908 – 11 aprile 1985) è stato un politico albanese. Guidò l'Albania dalla fine della seconda guerra mondiale fino alla sua morte nel 1985 come primo segretario del Partito albanese del lavoro (partito comunista). Fu anche primo ministro dell'Albania dal 1944 al 1954 e ministro degli Affari Esteri dal 1946 al 1953. Sotto Hoxha, il cui governo fu caratterizzato dall'isolamento dal resto dell'Europa e dalla ferma adesione allo stalinismo, l'Albania si sollevò dal semi-feudalesimo per diventare uno stato industrializzato.
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[modifica] Biografia
Hoxha nacque a Argirocastro, una città nel sud dell'Albania. Era figlio di un mercante di tessuti musulmano. Nel 1930 andò a studiare, con una borsa di studio statale, all'Università di Montpellier in Francia, ma abbandonò presto. Dal 1934 al 1936 fu segretario al consolato albanese di Bruxelles. Studiò anche legge alla locale università (studi che non concluse). Ritornò in Albania nel 1936 e divenne insegnante a Korçë.
Hoxha fu rimosso dal suo posto di insegnante in seguito alla invasione italiana del 1939 durante la Seconda Guerra Mondiale per essersi rifiutato di iscriversi al partito fascista albanese. Lavorò in un negozio di tabacco a Tirana dove ben presto iniziò a ritrovarsi un piccolo gruppo di comunisti. Fu aiutato dai comunisti jugoslavi a prendere la guida del Partito Comunista Albanese (chiamato successivamente Partito del Lavoro) dal novembre 1941 (dopo una lotta intestina), così come del movimento di resistenza (Esercito di Liberazione Nazionale), che prese il potere nel novembre 1944.
Hoxha si dichiarava un marxista-leninista ortodosso e ammirava grandemente Stalin. Prese come modello l'Unione Sovietica e irrigidì le relazioni con i suoi vecchi alleati, i comunisti jugoslavi, in seguito alla condanna della loro ideologia, decisa a Mosca nel 1948. Il suo ministro della difesa, Koçi Xoxe (/'kɔʧi 'ʣɔʣɛ/), fu condannato a morte e giustiziato un anno dopo per presunte attività pro-jugoslave.
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Hoxha confiscò fattorie dei ricchi proprietari terrieri e le riunì in fattorie collettive cooperative che consentirono finalmente all'Albania di diventare quasi del tutto autosufficiente come produzione agricola. Egli diede inoltre impulso all'industria e portò l'elettricità alla maggior parte delle aree rurali; furono debellate le epidemie di malattie ed eliminato l'analfabetismo. Preoccupato di un'invasione da parte del blocco sovietico, l'Italia o gli Stati Uniti, dal 1950 Hoxha fece costruire in tutto il paese migliaia di bunker in cemento per una persona, per essere usati come posti di guardia e ricoveri di armi; il loro numero potrebbe essere superiore ai 500.000.
Hoxha rimase un convinto stalinista nonostante il nuovo presidente sovietico Nikita Khruščёv avesse denunciato gli eccessi di Stalin nel 1956 al ventesimo congresso del Partito Comunista Sovietico, ma questo significò l'isolamento dell'Albania dal resto dell'Europa orientale comunista. Nel 1960 Hoxha avvicinò l'Albania alla Repubblica Popolare Cinese in seguito alla crisi cino-sovietica, compromettendo le relazioni con Mosca negli anni seguenti. Nel 1968 l'Albania si ritirò dal Patto di Varsavia come reazione all'invasione sovietica della Cecoslovacchia.
Nel 1967, dopo due decenni di ateizzazione sempre più forte, Hoxha dichiarò trionfalmente che la nazione era il primo paese dove l'ateismo di stato era scritto nella Costituzione. In quella del 1976 l'articolo 37 recitava "lo Stato non riconosce alcuna religione e supporta la propaganda atea per inculcare alle persone la visione scientifico-materialista del mondo" mentre quello 55 proibiva la creazione "di ogni tipo di organizzazione di carattere fascista, anti-democratico, religioso o anti-socialista" e vietava "l'attività o propaganda fascista, anti-democratica, religiosa, guerrafondaia o anti-socialista, come pure l'incitazione all'odio nazionale o etnico". L'articolo 55 del codice penale del 1977 stabiliva la reclusione da 3 a 10 anni per propaganda religiosa e produzione, distribuzione o immagazzinamento di scritti religiosi. Parzialmente ispirato dalla Rivoluzione Culturale in Cina, egli procedette alla confisca di moschee, chiese, monasteri e sinagoghe. Molti di questi furono immediatamente distrutti o razziati, i rimanenti usati come officine meccaniche, magazzini, stalle o cinema. Ai genitori fu proibito dare nomi religiosi ai figli. Coloro che fecero circolare Corani, Bibbie, icone o altri oggetti religiosi furono condannati a lunghi periodi di prigione. Nel sud, dove era concentrata la popolazione di etnia greca, i villaggi con nomi di santi furono rinominati con nomi non religiosi.
Secondo un importante rapporto di Amnesty International pubblicato nel 1984, lo stato dei diritti umani in Albania era cupo sotto Hoxha. Il regime impediva e denigrava la libertà di parola, di religione, di stampa e di associazione sebbene la costituzione del 1976 pretendeva di garantire ognuno di questi diritti. Le clausole della Costituzione riguardanti le varie libertà furono presto tolte (con una legge del 1977, che modificava la Costituzione) perché il regime riteneva che l'esercizio di queste avrebbe comportato la mancanza di stabilità e ordine. In aggiunta, il regime cercò di impedire alla popolazione l'accesso a fonti di informazione che non fossero controllate dal governo. La Sigurimi (la polizia segreta) violava abitualmente la riservatezza delle persone, delle abitazioni, delle comunicazioni e compiva arresti arbitrari. I tribunali si preoccupavano che le sentenze fossero scritte secondo la prospettiva politica del partito, piuttosto che garantire un giusto processo all'accusato, che a volte era condannato senza nemmeno la formalità di un processo.
La morte di Mao nel 1976 e la sconfitta della Banda dei Quattro nella successiva lotta intestina al partito cinese nel 1977 e 1978 portò alla rottura tra Cina e Albania, che si ritirò in un isolamento politico, mentre Hoxha si ergeva a baluardo anti-revisionista criticando sia Mosca che Pechino.
Nel 1981 Hoxha ordinò l'esecuzione capitale di diversi dirigenti di partito e di governo, in una purga. Il Primo Ministro Mehmet Shehu si suicidò in seguito a una grave disputa interna tra le massime cariche albanesi nel dicembre 1981, ma molti credono che sia stato ucciso.
In seguito Hoxha si ritirò in gran parte dalla vita pubblica e attribuì molti incarichi di governo a Ramiz Alia. La morte di Hoxha l'11 aprile 1985 comportò una certa distensione sia interna che in politica estera, sotto la guida del suo successore Ramiz Alia, mentre il potere del partito comunista si indeboliva come in altri paesi nell'Europa dell'Est, giungendo all'abbandono in Albania del regime a partito unico nel 1990 e alla sconfitta del riformato Partito Socialista nelle elezioni del 1992.
[modifica] Morti sotto Hoxha
La repressione politica di Hoxha in Albania provocò molte vittime. R. J. Rummel aveva ipotizzato 100.000 uccisioni (1945-87). Il Washington Times il 15 febbraio 1994 ha stimato da 5.000 a 25.000 esecuzioni politiche. Il WHPS ha parlato di 5.235 oppositori del regime giustiziati dal 1948 al 1952. L'ultima cifra, che appare come la più verosimile, è quella fornita l'8 agosto 1997 dal New York Times, che ha parlato di 5.000 esecuzioni politiche. Invece la prima cifra, quella di Rummel, sembra ormai data come esagerata.
[modifica] Voci correlate
[modifica] Collegamenti esterni
- [http://www.dittatori.it/hoxha.htm Biografia, discorsi, docomenti, bibliografia, documenti audio e video su Enver Hoxha. Materiale in diverse lingue.
- Enver Hoxha tungjatjeta
- (EN) Archivio su Enver Hoxha presso marxists.org
- (EN) Comrade Loulou and the Fun Factory - Un ritratto di Hoxha molto negativo e satirico
- (EN) Un articolo di Albanian.com su Hoxha
[modifica] Bibliografia
Nagalingam Sanmugathasan, Enver Hoxha Refuted, 1979 ca., in: "International Struggle Marxist-Leninist"
Arshi Pipa, The Political Culture of Hoxha’s Albania, in: Tariq Ali (a cura di), The Stalinist Legacy. Its Impact on Twentieth Century World Politics, Londra, Penguin Books - Harmondsworth, 1984, pp. 435-464.
World: Albania Stalin’s Disciple. Enver Hoxha 1908-1985, "Time", 22 aprile 1985.
Jon Halliday (a cura di), The Artful Albanian. The memoirs of Enver Hoxha, Londra, Chatto & Windus, 1986. Recensione del libro in "Revolutionary History".
M. Minazzian, Così Hoxha uccise Shehu, "La Stampa", 12 novembre 1987, p. 4.
Gabriel Jandot, L’Albanie d’Enver Hoxha (1944-1985), Parigi, L’Harmattan, 1994.
Amik Kasoruho, Un incubo di mezzo secolo: l’Albania di Enver Hoxha, Lecce, Argo, 1994. Nuova edizione Nardò (LE), BESA, 1998.
Felice Saulino, Amarcord Hoxha, il piccolo Stalin che nel ’68 seduceva i marxisti leninisti, "Corriere della Sera", 5 marzo 1997, p. 2.
Fiori freschi sulla tomba di Hoxha, intervista di P. Conti ad Hysni Milloshi, “Corriere della Sera”, 11 aprile 1997, p. 6.
E. Frabetti, Le particolarità del comunismo di Hoxha, "Futuribili", n. 2-3, 1997, p. 188.
Voce "Hoxha, Enver" in: Encyclopedia of world biography, seconda edizione, Vol. 8: Hoxha-Kierkegaard, Detroit, Gale, 1998.
James S. O’Donnell, A Coming of Age: Albania Under Enver Hoxha, East European Monographs, New York, Columbia University press, 1999.
Edmond Tupja, Souvenirs d’un traducteur: j’étais l’interprète du tyran albanais Enver Hoxha, Parigi, l'Harmattan, 2001.
Leone Venticinque, Il lavoratore della cultura e delle arti: l'Albania di Enver Hoxha (1945-1975), "Clio", XL, luglio-settembre 2004, n. 3, pp. 513-544.
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Vittorio Emanuele III | 1944 - 1985 | Ramiz Alia |
Predecessore: | Primo Ministro albanese | Successore: | ![]() |
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Fiqeri Dino | 1944 - 1954 | Mehmet Shehu |