Vittorio Emanuele III di Savoia
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Regno: | 29 luglio 1900-9 maggio 1946 |
Predecessore: | Umberto I |
Successore: | Umberto II |
Data di Nascita: | 11 novembre 1869 |
Luogo di Nascita: | Napoli |
Data di Morte: | 28 dicembre 1947 |
Luogo di Morte: | Alessandria d'Egitto |
Moglie: | Elena del Montenegro |
Matrimonio: | Roma, 24 ottobre 1896 |
Incarico: | Imperatore d'Etiopia |
Periodo: | 1936-1941 |
Predecessore: | Haile Selassie |
Successore: | Haile Selassie |
Incarico: | Re dell'Albania |
Periodo: | 1939-1943 |
Predecessore: | Zog I |
Successore: | abolizione della monarchia |
Vittorio Emanuele III di Savoia, figlio di Umberto I di Savoia e di Margherita di Savoia, nacque a Napoli l'11 novembre 1869 e morì ad Alessandria d'Egitto il 28 dicembre 1947. Fu Re d'Italia dal 1900 al 1946, Imperatore d'Etiopia dal 1936 al 1943 e Re d'Albania dal 1939 al 1943. Il suo nome completo era Vittorio Emanuele Ferdinando Maria Gennaro. Fu noto anche come "Re soldato" e "Re di Peschiera" per l'assidua presenza al fronte durante la I Guerra Mondiale, e come "Sciaboletta" per la sua bassa statura (m. 1,53), attribuita popolarmente alla consaguineità dei genitori.
Indice |
[modifica] Biografia
[modifica] La giovinezza
Ebbe educazione accurata, che completò con lunghi viaggi all'estero. Fu cultore di discipline giuridiche, politiche, amministrative e statistiche. Studiò i problemi dell'agricoltura e fondò a Roma l'Istituto Internazionale d'Agricoltura. Ma fu specialmente appassionato di studi storici, esperto di paleografia e diplomatica. Collezionista di monete, fu autore di una monumentale opera in molti volumi sulle zecche italiane, il Corpus Nummorum Italicorum.
Sposò la figlia di re Nicola del Montenegro principessa Elena a Roma il 24 ottobre 1896 da cui ebbe cinque figli.
[modifica] L'ascesa al trono e la prima guerra mondiale
Giunse al trono dopo l'assassinio del padre Umberto I (29 luglio 1900).
Appoggiò l'iniziativa coloniale intrapresa da Giolitti con lo sbarco in Libia il 29 settembre 1911 e l'occupazione delle isole egee del Dodecaneso nel maggio 1912 nell'ambito della Guerra Italo-Turca. Con la pace di Losanna del 18 ottobre 1912 l'Impero Ottomano riconobbe all'Italia il possesso della Tripolitania e della Cirenaica.
Nella prima guerra mondiale sostenne la posizione inizialmente neutrale dell'Italia. A causa dell'irredentismo del Trentino e della Venezia Giulia e delle vantaggiose offerte dell'Intesa (formalizzate nel Patto di Londra), Vittorio Emanuele appoggiò l'abbandono della triplice alleanza con Austria e Germania per combattere al fianco dell'Intesa, ovvero di Francia, Gran Bretagna e Russia.
Due giorni dopo l'inizio del conflitto cioè il 26 maggio 1915 partì verso il fronte affidando la Luogotenenza allo zio Tommaso Duca di Genova. Non si stabilì nella sede del Quartier Generale di Udine ma in un paese vicino, Torreano di Martignacco, presso Villa Linussa (da allora chiamata Villa Italia) con un piccolo seguito di ufficiali e gentiluomini. Ogni mattina si svegliava all'alba e seguito da qualche aiutante partiva in macchina in visita alle retrovie armato sempre di macchina fotografica. Ogni sera quando tornava da quelle ispezioni un ufficiale di Stato Maggiore veniva a ragguagliarlo sulla situazione delle prime linee, dopo aver ascoltato prendeva appunti faceva delle osservazioni ma senza mai interferire sulle decisioni del Comando Supremo. Dopo la battaglia di Caporetto, il Re decise la resistenza a oltranza sulla linea del Piave, sostenendo la sua decisione di fronte agli Alleati nel colloquio di Peschiera. Dell'atteggiamento di Vittorio Emanuele in queste circostanze vi è testimonianza nelle memorie dei capi degli eserciti alleati.
La vittoria italiana portò al ricongiungimento con l'Italia del Trentino e di Trieste, ed all'annessione dell'Alto Adige, dell'Istria, di Zara e di alcune isole dalmate.
[modifica] Il primo dopoguerra e la dittatura fascista
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Per via della crisi economica e politica che seguì alla guerra, l'Italia conobbe una serie di agitazioni sociali che i deboli governi liberali dell'epoca non furono in grado di controllare. Il diffuso timore di una rivoluzione comunista simile a quella in corso in Russia condusse molti ad appoggiare una svolta autoritaria che riportasse l'ordine, e quindi all'ascesa del Fascismo.
Quando la mattina del 28 ottobre 1922 il presidente del consiglio Facta proclamò lo stato di assedio per bloccare la Marcia su Roma, Vittorio Emanuele rispose "Queste decisioni spettano soltanto a me. Dopo lo stato d'assedio non c'è che la guerra civile. Ora qualcuno si deve sacrificare", per cui Facta si sacrificò revocando lo stato di assedio e dando le dimissioni; dopo qualche tentennamento, Vittorio Emanuele affidò a Benito Mussolini l'incarico di formare un nuovo governo, che fu appoggiato da nazionalisti, liberali e persino popolari.
Nell'aprile del 1924 vennero indette nuove elezioni, svoltesi tra gravi irregolarità. Il deputato socialista Giacomo Matteotti, che aveva denunciato queste irregolarità, venne ucciso il 10 giugno 1924: il 3 gennaio 1925 Mussolini rivendicò la responsabilità dell'accaduto, dando inizio alla dittatura fascista. Il Re, che fino ad allora aveva conservato il controllo dell'esercito, non fece nulla per opporvisi.
I rapporti con Mussolini furono caratterizzati da burrascose scenate private, nelle quali il Re difendeva le proprie prerogative, preoccupato di salvaguardare una legalità formale, e rigorosi silenzi pubblici.
Il 3 ottobre 1935 le truppe italiane in Eritrea e Somalia invasero l'Etiopia e, dopo essersi macchiate di orrendi crimini di guerra, entrarono in Addis Abeba il 5 maggio 1936. Il 9 maggio fu proclamato l'impero dell'Africa Orientale Italiana e Vittorio Emanuele III assunse il titolo di Imperatore d'Etiopia.
Nel 1938 firmò le leggi razziali del governo fascista che introdussero pesantissime discriminazioni persecutorie nei confronti degli Ebrei. È noto che protestò energicamente contro queste leggi nei suoi colloqui con Mussolini.
Nell'aprile del 1939 venne conquistata l'Albania, della quale Vittorio Emanuele III, pur scettico sull'opportunità dell'impresa, fu proclamato Re.
[modifica] La seconda guerra mondiale e la caduta del fascismo
A seguito dell'asse Roma-Berlino dell'ottobre 1936 e del Patto d'Acciaio del 22 maggio 1939, il 10 giugno 1940 Mussolini, dichiarò guerra a Francia e Gran Bretagna, schierandosi a fianco della Germania nella Seconda Guerra Mondiale. Il Re aveva espresso il proprio parere contrario alla guerra, sia perché conscio dell'impreparazione militare italiana, sia perché privato del comando supremo delle Forze Armate.
Dopo qualche effimero successo in Egitto, i disastri che sopravvennero fra l'autunno 1940 e la primavera 1941 (fallito attacco alla Grecia, sconfitte navali di Taranto e Capo Matapan, perdita di gran parte dei territori italiani in Libia, perdita totale dei possedimenti etiopici, somali ed eritrei) rivelarono la debolezza delle forze italiane, che dovettero esser tratte d'impaccio dall'alleato tedesco sia nei Balcani (primavera 1941) che in Libia.
Vittorio Emanuele, sfuggito ad un attentato durante una visita in Albania nel 1941, osservò con sempre maggior preoccupazione l'evolversi della situazione militare ed il progressivo asservimento delle forze italiane agli interessi tedeschi, cui egli era inviso.
La sconfitta nella seconda battaglia di El Alamein del 4 novembre 1942 portò nel giro di pochi mesi all'abbandono totale dell'Africa e poi all'invasione alleata della Sicilia (Operazione Husky, iniziata il 9 luglio 1943) e all'inizio di sistematici bombardamenti alleati sulle città italiane.
Queste nuove sconfitte spinsero il Gran Consiglio Fascista a votare contro il supporto alla politica di Mussolini (25 luglio 1943). Vittorio Emanuele lo fece allora arrestare, nominando in sua vece Pietro Badoglio, che il 3 settembre firmò un armistizio con gli Alleati, reso noto l'8 settembre. L'esercito, lasciato senza ordini precisi, si dissolse sotto i colpi delle numerose unità tedesche che erano state inviate in Italia all'indomani della caduta di Mussolini. Il giorno successivo il Re abbandonò Roma, si imbarcò ad Ortona sulla torpediniera "Baionetta", sbarcando a Brindisi, dove venne fissata la sede del governo. Assicuratosi la protezione dell'esercito americano, Vittorio Emanuele dichiarò formalmente guerra alla Germania il e, con lo status di «nazione cobelligerante». Allo stesso tempo affidò al figlio Umberto (il «Luogotenente del Regno») il compito di governare la parte della nazione sotto controllo alleato, senza però abdicare.
L'11 settembre i tedeschi liberarono Mussolini, che il 25 settembre 1943 proclamò la Repubblica Sociale Italiana a Salò, dividendo anche formalmente in due parti l'Italia. Questa situazione terminò il 25 aprile 1945, quando un'offensiva alleata e l'insurrezione generale proclamata dal CLN portarono le truppe nazifasciste alla resa.
[modifica] Gli ultimi anni
Screditato per l'appoggio fornito alla dittatura fascista e per averne favorito l'avvento e il consolidamento, sino a condurre il Paese al disastro della Seconda guerra mondiale, Vittorio Emanuele, in un estremo ma tardivo tentativo di salvare la monarchia, abdicò in favore del figlio Umberto II di Savoia il 9 maggio 1946, circa un mese prima del referendum istituzionale del 2 giugno 1946 che pose fine alla monarchia a favore della forma repubblicana dello Stato.
Vittorio Emanuele III morì ad Alessandria d'Egitto il 28 dicembre 1947, dove si era ritirato in esilio con il titolo di «Conte di Pollenzo».
[modifica] Altre informazioni
Fu studioso di numismatica e grande collezionista di monete, pubblicò il Corpus Nummorum Italicorum (1914 - 1943), opera in 20 volumi dove sono classificate e descritte le monete italiane. Lascerà l'opera incompiuta.
[modifica] Titoli
Sua Maestà Vittorio Emanuele III Ferdinando Maria Gennaro, per grazia di dio e per volontà della nazione, Re d'Italia, Imperatore d'Etiopia, Re di Sardegna, Re di Cipro, di Gerusalemme e di Armenia, Duca di Savoia, Principe di Carignano, Principe di Piemonte, Principe di Oneglia, Principe di Poirino, Principe di Trino, Principe e Vicario Perpetuo del Sacro Romano Impero, Principe di Carmagnola, Principe di Montmellian con Arbin e Francin, Principe Balì del Ducato di Aosta, Principe di Chieri, Principe di Dronero, Principe di Crescentino, Principe di Riva di Chieri e Banna, Principe di Busca, Principe di Bene, Principe di Brà, Duca di Genova, Duca di Monferrato, Duca d'Aosta, Duca del Chiablese, Duca del Genevese, Duca di Piacenza, Duca di Carignano Ivoy, Marchese di Ivrea, Marchese di Saluzzo, Marchese di Susa, Marchese di Ceva, Marchese del Maro, Marchese di Oristano, Marchese di Cesana, Marchese di Savona, Marchese di Tarantasia, Marchese di Borgomanero e Cureggio, Marchese di Caselle, Marchese di Rivoli, Marchese di Pianezza, Marchese di Govone, Marchese di Salussola, Marchese di Racconigi, con Tegerone, Migliabruna e Motturone, Marchese di Cavallermaggiore, Marchese di Marene, Marchese di Modane e di Lanslebourg, Marchese di Livorno Ferraris, Marchese di Santhià, Marchese di Agliè, Marchese di Barge, Marchese di Centallo e Demonte, Marchese di Desana, Marchese di Ghemme, Marchese di Vigone, Marchese di Villafranca, Conte di Moriana, Conte di Ginevra, Conte di Nizza, Conte di Tenda, Conte di Romont, Conte di Asti, Conte di Alessandria, Conte del Goceano, Conte di Novara, Conte di Tortona, Conte di Bobbio, Conte di Soissons, Conte dell'Impero Francese, Conte di S. Antioco, Conte di Pollenzo, Conte di Roccabruna, Conte di Tricerro, Conte di Bairo, Conte di Ozegna, Conte delle Apertole, Barone di Vaud e del Faucigny, Alto Signore di Monaco e di Mentone, Signore di Vercelli, Signore di Pinerolo, Signore della Lomellina e Valle Sesia, Nobil Uomo Patrizio Veneto, Patrizio di Ferrara
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