Marsilio da Padova
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Marsilio da Padova, filosofo italiano (1275-1343), nacque a Padova tra il 1285 e il 1289 in una famiglia di giudici e notai che viveva vicino al Duomo. Le fonti più attendebili sulla sua nascita riportano l'anno 1275. Infatti le notizie sulla sua vita non sono molte.
Completò i suoi studi nell'università di Parigi presso la facoltà delle arti, dove fu insignito dell'autorità di rettore nel 1313. Il tempo trascorso nella città influì moltissimo sull'evoluzione del suo pensiero. Gli anni parigini furono molto importanti e fecondi per l'evoluzione del suo pensiero e la visione dello stato di corruzione in cui versava il clero lo portò a diventare anticurialista.
A Parigi incontrò Guglielmo di Ockham e Giovanni di Jandun, con cui condivise passione politica e atteggiamento di avversione verso la Chiesa potere temporale. Con Giovanni di Jandun rimase legato da grande amicizia e assieme a lui subì l'esilio.
Marsilio dopo le sue dure affermazioni contro la Chiesa venne bollato con l'epiteto di figlio del diavolo.
[modifica] Da Parigi a Roma
Marsilio si trovava a Parigi quando si sviluppò la lotta tra Filippo il Bello, re di Francia, e il Papato.
Tutto ciò, assieme al vivace contesto culturale in cui si muoveva, lo portò alla compilazione della sua opera maggiore il Defensor Pacis, l'opera cui deve la sua fama e che influì moltissimo sia sul pensiero filosofico-politico contemporaneo che su quello successivo.
A Parigi sperimentò una monarchia decisa ad accrescere il proprio potere e la propria autorità su tutte le forze politiche centrifughe del momento ivi compresa la Chiesa di Bonifacio VIII. Diventato consigliere politico ed ecclesiastico di Ludovico il Bavaro lo seguì a Roma nel 1327 in occasione della sua incoronazione imperiale e qui fu nominato dallo stesso Ludovico vicario spirituale della città. L'incoronazione imperiale avvenne ad opera del popolo romano anzicché del papa inaugurando, così, quella stagione dell'impero laico che Marsilio vagheggiava e che avrebbe aperto la strada alla laicizzazione dell'elezione imperiale e alla cosiddetta Bolla d'Oro, 1356, di Carlo IV di Boemia.
La Bolla d'Oro |
La Bolla d'Oro, 1356 stabilì che l'imperatore doveva essere eletto dai principi di Baviera, Boemia, Palatinato, Brandeburgo e dagli arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri. Scomparve d'allora l'intervento del papa e l'impero assunse una connotazione esclusivamente tedesca senza alcuna pretesa di universalità. |
Con la Bolla d'Oro fu elimanata ogni ingerenza del papa nell'elezione imperiale diventando così un fatto esclusivamente tedesco.
Fu ancora con Ludovico quando questi si ritirò, dopo il fallimento dell'impresa romana, in Germania dove rimase fino alla morte avvenuta tra il 1342 ed il 1343.
È del periodo immediatamente antecedente la sua morte la compilazione di alcune opere minori tra cui spicca il Defensor Minor, un piccolo capolavoro.
Si può definire l'opera di Marsilio come il prodotto di tempi in cui confluiscono la virtù del cittadino, il nazionalismo francese e l'imperialismo renano-germanico.
[modifica] Defensor Pacis
Il Defensor pacis, (difensore della pace), scritto nel 1324 è la sua opera più conosciuta. Il suo fondamento è il concetto di Pace intesa come base indispensabile dello Stato e come condizione essenziale dell'attività umana. Si tratta di un'opera laica, chiara, priva di retorica, moderna e per alcuni versi ancora attuale.
La necessità dello Stato non discende più da finalità eticoreligiose, ma dalla natura umana nella ricerca di una vita sufficiente e dall'esigenza di realizzare un fine prettamente umano e non altro.
Da questa esigenza nascono le varie comunità, dalla più piccola alla più grande e complessa, lo Stato. Ne deriva la necessità di un ordinamento nella comunità che ne assicuri la convivenza e l'esercizio delle proprie funzioni.
Per Marsilio questa esigenza ha caratteristiche prettamente umane che non rispondono a finalità etiche ma civili, contingenti e storiche. Alla base dell'ordinamento c'è la volontà comune dei cittadini, superiore a qualsiasi altra volontà.
È la volontà dei cittadini che attribuisce al Governo, Pars Principans, il potere di comandare su tutte le altre parti, potere che sempre, e comunque, è un potere delegato, esercitato in nome della volontà popolare.
Marsilio pone il problema, che tratterà anche nel Defensor Minor, del rapporto con il Papato e con i suoi principi politici costruiti
![]() « [...] occulta valde, qua romanum imperium dudum laboravit, laboratque continuo, vehementer contagiosa, nil minus et prona serpere in reliquas omnes civitates et regna ipsorum iam plurima sui aviditate temptavit invadere [...] »
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![]() « [...] segretamente, con i quali aveva cercato, e continua a cercare, di insinuarsi subdolamente in tutte le altre comunità e regni che aveva già tentato di attaccare con la propria enorme avidità [...] »
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( Marsilio da Padova, Defensor pacis, Hannover, Hahnsche Buchhandlung, 1933 )
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Il giudizio di Marsilio sulla chiesa come istituzione è molto negativo e lo manifesta con la crudezza di linguaggio che gli è solita quando affronta l'argomento dei rapporti fra lo Stato e la Chiesa.
[modifica] Il consorzio umano
Viene esaminata, anzitutto, la natura del consorzio umano e le regole che lo disciplinano, successivamente illustra la natura della Chiesa nella sua organizzazione e nei suoi fini.
Marsilio conosce Aristotele ma non ne è condizionato. Da Aristotele deriva il concetto del consorzio civile quale organismo naturale basato sulla famiglia, e dello Stato precisa che fanno parte
![]() « pluraritatem civitatum seu provinciarum sub uno regimine contentarum; secundum quam acceptionem non differt regnum a civitate in politiae specie, sed magis secundum quantitatem.»
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![]() «una pluralità di città o provincie unite sotto uno stesso governo; secondo questo principio il regno si distingue dalla civitas nella gestione governativa solo per la maggiore complessità»
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( Marsilio da Padova, op.cit. )
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[modifica] Sovranità Popolare, Principi Rappresentativo e Maggioritario
Marsilio afferma che il potere legislativo spetta al popolo considerato come Universitas e pure ad esso spetta quella che noi chiamiamo sovranità popolare, anche se il concetto di sovranità inteso in senso moderno sarà sviluppato solo più tardi.
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«Diciamo dunque, d'accordo con la verità e l'opinione di Aristotele, nella Politica, libro III capitolo VI, che il legislatore o la causa prima ed efficiente della legge è il popolo o la sua parte prevalente, mediante la sua elezione o volontà espressa con le parole nell'assemblea generale dei cittadini, che comanda che qualcosa sia fatto o non fatto nei riguardi degli atti civili umani sotto la minaccia di una pena o punizione temporale»
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(Vasoli C. - Il Difensore della Pace.)
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Precisato che il potere legislativo spetta al popolo, determina le modalità con cui questa volontà popolare si manifesta ed esprime.
Spetta alla maggioranza, intesa quantitativamente, rappresentare e manifestare la volontà del popolo. Alla base di tutto sta la considerazione che l'individuo, in quanto parte del popolo, è obbligato ad accettarne le decisioni. Alla obiezione che la maggior parte del popolo si deve considerare incapace e che, perciò, soltanto pochi, particolarmente esperti, potranno formare le leggi Marsilio risponde che seppure i sapienti possono legiferare meglio dei non dotti non vuol dire che siano più competenti dell'universalità dei cittadini, di cui essi stessi fanno parte. Agli esperti compete formulare, ma soltanto formulare, la legge, mentre spetta al popolo approvarla o respingerla.
Sono tracciati quelli che si possono considerare i fondamenti del moderno costituzionalismo: la sovranità popolare, il principio rappresentativo e quello maggioritario.
[modifica] Divisione dei Poteri
Marsilio individua la prima di quella che successivamente sarà chiamata separazione dei poteri, pars principans o potere legislativo esclusivo del popolo ed il potere esecutivo esercitato dal Principe.
C'è nella teoria marsiliana un dualismo tra principe e popolo analogo a quello che si riscontra nell'antico diritto germanico, ma con la differenza che, per Marsilio, il potere del popolo è superiore a quello del principe e ciò si manifesta nel potere di sorveglianza che il popolo ha sull'attività del principe, potere che può arrivare alla deposizione del principe stesso.
[modifica] Politica e Religione. Stato ed Impero
Dio è estraneo nei princìpi politici di Marsilio, mentre era presente nelle istituzioni medioevali quale causa prima e fine ultimo. Nel Defensor Pacis Dio è considerato fra i fattori secondari e generali, essendo l'uomo la causa prima del consorzio sociale e la base essenziale e sostanziale dello Stato.
È proprio per questi principi così innovatori e moderni, tenuto conto dell'epoca in cui sono stati manifestati, che Marsilio da Padova ha avuto tanta risonanza e tanta influenza ha esercitato sul pensiero contemporaneo.
Nelle opere compilate nei primi anni del Trecento intorno alla lotta tra Filippo il Bello e Bonifacio VIII oltre a trattare del conflitto tra potere civile e Papato pone, anche se in maniera ancora non definita, la questione del rapporto conflittuale fra lo Stato e l'Impero: arena dottrinale dove i regalisti oppongono le ragioni del Re di Francia alle pretese dell'Imperatore.
Ecco Bartolo da Sassoferrato e la scuola italiana che fissano il principio Imperator est dominus totius mundi, l'Imperatore è signore di tutto il mondo, a cui risponde la scuola di Tolosa con la formula Rex est Imperator in suo Regno, il Re è Imperatore nel proprio regno.
[modifica] Lo Stato
Marsilio si serve espressamente e ripetutamente del termine Stato, definendolo come una pluralità di città o di provincie sottoposte ad un potere unico, unico nel senso di esclusivo. In altri scritti, specialmente quelli a favore di Ludovico il Bavaro, si serve del termine Impero e ciò per il fatto che ad una istituzione tanto universale come la Chiesa non può opporre che un'altra istituzione altrettanto universale quale l'Impero.
Fra tanti scrittori che si sono serviti del termine Impero forse soltanto Dante l'intese nella pienezza del significato ed oltretutto come necessario.
Soltanto dopo un lungo travaglio politico e dottrinale lo Stato affermerà la sua autonomia nei confronti dell'Impero stesso, nasceranno le nuove nazioni che con i propri caratteri di sovranità e territorialità agiranno dentro e contro l'Impero. Su tutto ciò influirà grandemente la riforma protestante, che distruggerà quell'unità religiosa che era stata la grande costruzione medioevale.
Marsilio configura lo Stato come un organismo composito in cui si incontrano Partes aventi ciascuna una propria funzione.
Questa distinzione in Partes oltre ad avere un'origine prettamente umana ne ha anche una politica essendo stabilita dall'Humanus Legislator, il popolo, ed è proprio questi che opera ogni distinzione compresa quella del sacerdozio. Considera il sacerdozio come una parte dello Stato, una Pars necessaria, ma niente di più che la parte di un tutto.
[modifica] Forma dello Stato
Per quanto riguarda la forma dello Stato esprime una preferenza per una sorta di monarchia che impropriamente può essere definita costituzionale, dall'origine elettiva e dalla dipendenza dalla legge, ma la novità e l'originalità di Marsilio da Padova stanno nel fatto che la forma politica dello Stato deve essere scelta dal Legislator Humanus, la cui volontà è la volontà del popolo, essendo esso stesso il popolo.
Ecco espresso il principio della sovranità e rappresentatività popolare laddove precisa che il
![]() «legislatorem humanum solam civium Universitatem esse.»
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![]() «legislatore umano è l'insieme dei cittadini»
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(Marsilio da Padova, op.cit. )
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e lo pone come l'unico soggetto titolato a scegliere la forma politica dello Stato.
Lo Stato è concepito come prodotto umano, indipendentemente da premesse teologiche quali quelle del peccato o simili. La concezione dello Stato supera gli organismi politici particolaristici del Medioevo e se non riesce a conoscere la nozione della personalità giuridica dello Stato n'è pone tuttavia le basi.
Dalla Comunitas Civium nasce la sovranità e la legge che è la funzione principale dello stato. La legge
![]() «regulare debet actus civiles humanos et secundum regulam [...]»
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![]() «deve disciplinare gli atti civili umani secondo la legge [...]»
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(Marsilio da Padova, op.cit. )
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[modifica] Natura e fini del sacerdozio
Nella seconda parte del Defensor Pacis Marsilio dedica al problema dei rapporti tra lo Stato e la Chiesa ed alla sua risoluzione molte più pagine che nella prima parte. Se sacerdozio è considerato niente più che una parte dello Stato, una pars necessaria, ma niente di più che la parte di un tutto, la legge divina è considerata come remedium al disordine ed alla corruzione spirituale derivante dal peccato: fine del sacerdozio è, dunque, la predicazione di questa legge divina che è in definitiva la legge evangelica.
Il sacerdozio, per quel suo carattere politico derivante dall'essere una funzione dello Stato, è dallo Stato regolato. Si parla di pars sacerdotalis come si parla di pars agricola o commerciale e da ciò discende che è regolata dallo Stato al pari delle altre partes che lo costituiscono.
Il fine precipuo del sacerdozio è l'insegnamento, la predicazione della legge evangelica e l'esplicazione di quelle funzioni esclusivamente spirituali nelle quali il Principe non può né deve entrare mentre, laddove si tratti di questioni civili o politiche, la competenza piena ed esclusiva è dello Stato.
[modifica] La Chiesa
Marsilio esamina il concetto di Chiesa in tutti i suoi attributi e nelle sue funzioni, precisando che
![]() «dicitur hoc nomen ecclesia de universitate fidelium credentium et invocantium nomen Christi»
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![]() «è chiamata chiesa l'insieme dei fedeli credenti e invocanti Cristo»
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(Marsilio da Padova, op.cit. )
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![]() « Sunt et dici debent omnes Christi fideles, tam sacerdotes, quam non sacerdotes.»
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![]() «Sono e devono essere chiamati fedeli di Cristo tutti, sia i sacerdoti che i non sacerdoti»
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(Marsilio da Padova, op.cit. )
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Viene a cadere, così, ogni differenza tra laici e clero.
Distingue la Chiesa quale Universitas Fidelium, l'insieme dei fedeli, dal sacerdozio che non è altro che un suo organismo, una sua funzione. Abbatte quei privilegi e prerogative di tipo metriale che il clero ha acquisito e ciò in funzione del carattere puramente spirituale del sacerdozio. Nega qualunque pretesa da parte del clero di potere coattivo o di immunità, sancendo anche l'impossibilità per i chierici di possedere. Definito il concetto di sacerdozio come mera funzione ne nega il carattere sacramentale.
Nega soprattutto il potere del Vescovo di Roma sulla Chiesa e sulla gerarchia ecclesiastica, affermando che la fonte di ogni potere è la universitas fidelium a cui spetta la nomina dei ministri del culto. Da ciò discende che, essendo la comunitas fidelium la stessa comunitas civium che forma lo Stato, la fonte di ogni potere è uguale, il popolo.
[modifica] Papato e Concilio
Il processo tendente a rendere monarchica ed assoluta l'autorità papale si è compiuto nell'interno della Chiesa con Gregorio VII e Innocenzo III. Le lotte per la supremazia della Chiesa sull'Impero, in cui si vedono chiare pretese di dominio, sono oggetto dell'interesse storico del Trecento.
La definizione Papa potest dici Ecclesia, il Papa è la Chiesa, è nel medesimo tempo il risultato dell'ardua lotta per il primato, compiuta dai grandi Papi del Medioevo ed il programma di un futuro non lontano. In questa lotta si leva forte la voce di Marsilio da Padova contro il papato, esaltando la funzione dello Stato e precisando la natura della Chiesa quale organizzazione e istituzione religiosa. Nega ogni potere papale ed ogni pretesa di dominio da parte del Papa, sulla Chiesa, potere che spetta invece all'Universitas Fidelium rappresentata dal Concilio Ecumenico.
Quest'ultimo è costituito dalla comunità dei fedeli, clero e laici, attraverso i propri rappresentanti, e non da soggetti nominati direttamente dal Papa a cui sottrae la convocazione del Concilio che spetta al Principe. Marsilio elimina ogni differenza tra il clero ed i laici, e, in seno al clero, tra i vescovi ed i semplici sacerdoti.
La partecipazione al Concilio è obbligatoria sia per il clero che per i laici, rispondendo questo dovere ad una esigenza di carattere sociale e morale. Quanto deciso dal Concilio ha valore di legge universale ed è posto, per autorità, immediatamente dopo i sacri testi e prima dei decretali ai quali non viene riconosciuta alcuna autorità cogente. Il Concilio ha il più vasto campo di azione possibile, potendo decidere circa il rito, i digiuni, il riconoscimento di ordini religiosi, insomma su tutto quanto interessa la vita religiosa.
I vescovi devono sottostare al Concilio, potendo ogni potere, loro concesso, essere revocato in qualsiasi momento. Il Concilio può determinare la preminenza di un vescovo su altri, ma soltanto con carattere puramente amministrativo, non comportando questa relativa superiorità alcuna supremazia od immunità: il vescovo di Roma, è sottoposto alla vigilanza dello Stato e precisamente della Universitas Civium. L'Universitas civium può attraverso l'Imperatore convocare in qualsiasi momento il Concilio Ecumenico. L'imperatore ha, oltre il compito di convocare il Concilio, che farà per ragioni di opportunità su invito del Pontefice, un potere di sorveglianza sullo svolgimento del Concilio stesso.
Marsilio nega il primato sia spirituale che temporale, del vescovo di Roma, il Papa. Primato che è stato costruito a poco a poco, in maniera impercettibile, per sedimentazione consuetudinaria acquistando un'autorità morale prima e politica poi sempre maggiore. Di questo processo il popolo non fu consapevole, tanto che alla fine accettò il primato romano come voluto da Dio. L'autorità che viene negata al Pontefice è invece riconosciuta al Concilio Ecumenico.
È la Universitas Fidelium, analoga alla Universitas Civium, l'organo supremo della Chiesa. Siamo di fronte ad un processo di costituzionalizzazione analogo a quello visto per lo Stato. Marsilio nega la necessità di una qualsiasi mediazione ecclesiastica:
Toglie ogni forza coattiva all'autorità ecclesiastica e la stessa scomunica, dopo un regolare giudizio, è deferita al Concilio Ecumenico. Le usurpazioni del Papa e dell'organizzazione ecclesiastica sul potere civile sono considerate quali vere cause di turbamento della pace,
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«sotto una maschera di onestà e di decoro il papato è così pericoloso per il genere umano che ove non lo si fermi, arrecherà danno assai grave alla civiltà ed alla Patria.»
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Nega l'istituzione divina dell'organizzazione della Chiesa e la considera come il risultato di usurpazione dei diritti dei fedeli che partecipano della Chiesa allo stesso titolo dei sacerdoti.
Diversi sono gli elementi della polemica, ma fra tutti il più importante è quello della superiorità del Concilio Ecumenico.
[modifica] Riforma della Chiesa
Marsilio ha una chiara visione dello stato di corruzione e di degenerazione in cui versa la Chiesa, si trova fronte ad uno spettacolo desolante: la quasi completa ignoranza da parte dei chierici dei sacri testi, la inesperienza e l'ambizione dilagano in tutte le sfere della Chiesa, sia alte che basse. Molti sono gli autori che condannano questo stato di cose, e fra tutti si eleva la voce di Dante.
Marsilio si propone una riforma della Chiesa che si deve basare sulla sua democratizzazione, vuole che il popolo entri a far parte delle istituzioni della Chiesa e che possa influire su di essa. Viene accettato il corpo dei cardinali purché vi sia una più estesa rappresentanza nazionale. Conseguentemente subiranno la stessa riforma tutti gli altri organi canonici minori.
Viene negata ogni pretesa di Plenitudo Potestatis come deleteria e contraddittoria nei confronti dei poteri dello Stato, quella pienezza di potere di cui si fa campione Bonifacio VIII, secondo cui la sfera del potere ecclesiastico deve assorbire quello temporale perché la sovranità papale non conosce limiti per la sua origine divina. Con la sua Bolla Clericis laicos del 1296 proibisce, pena la scomunica, l'imposizione di qualsiasi tassa e contributo a carico di ecclesiastici da parte del potere laico senza il consenso del Papa, ciò mette in gioco l'esistenza stessa degli Stati.
La Francia di Filippo il Bello risponde con una serie di editti che impediscono non solo l'esportazione di oro e preziosi ma anche l'ingresso nel suo territorio di stranieri, rendendo, così, di fatto impossibile per il Papa finanziarsi attraverso i suoi legati. Filippo il Bello la spuntò contro il Papa, che dovette subire l'imposizione fiscale francese anche senza il suo consenso. Questo cedimento umiliante costituì un indebolimento politico della posizione del Papa ed un grande rafforzamento di quella del Re di Francia. Si delineano chiaramente le posizioni dei due campi dal cui contrasto la Chiesa di Roma uscirà umiliata mentre il potere statale incomincia ad acquisire, oltre che pienezza di poteri, sovranità in senso moderno.
Quasi come fine naturale la Plenitudo Potestatis ha
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«omnium principatuum radicem succidi sinere, vinculum et nexum cuiusqumque civitatis et regni dissolvi.»
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Il Papa è visto quale
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«drago ille magnus, serpens antiquus, qui digne vocari debet diabolus et sathanas»
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. Mai definizione del Papa è stata tanto dissacrante quanto categorica.
Si può concludere riportando le parole del Battaglia:
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«Marsilio si pone come tutore della sua patria e per essa, pensa, scrive e soffre.»
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(Battaglia F. - Marsilio da Padova e la filosofia politica del Medio Evo.)
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[modifica] La Legge
Marsilio espone con chiarezza il concetto di legge e, fra le varie definizioni che ne dà, la più incisiva appare la seguente
Ecco la modernissima distinzione della legge in quanto oggetto di una disciplina e della legge in quanto norma giuridica con tutti i caratteri della norma giuridica: imperatività e coattività.
Affinché la legge possa dirsi perfetta oltre i caratteri dell'imperatività e coattività deve, anche, rispettare un ideale di giustizia.
Il carattere di giustizia, che deve essere proprio della legge, deriva da quella stessa fonte da cui la legge deriva l'imperatività e cioè dal Legislator Humanus, colui che fissa il criterio che la legge deve seguire. Soltanto il Civile Consortium può indicare ciò che è giusto e ciò che deve essere seguito:
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«Quoniam illius veritas certius indicatur, et ipsius comunis utilitas diligentius attenditur, ad quod tota intendit civium universitas intellectu et affectu.»
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Tratta il problema del rapporto tra legge divina e legge umana risolvendolo con genialità, modernità di vedute ed anche con una certa audacia. La prima distinzione tra le due leggi è la sanzione, che nella legge divina è puramente spirituale e ultra terrena.
L'uomo risponde solo a Cristo e non invece ai sacerdoti a cui viene negato, nella maniera più assoluta, ogni potere coattivo. Lo Stato deriva da sé stesso i propri princìpi e fini, indipendentemente da qualsiasi influenza divina. La teoria marsiliana si distingue dal naturalismo aristotelico in quanto, mentre il secondo guarda più che altro alla natura, Marsilio pone a centro e fondamento della sua opera l'uomo inteso come essere libero e consapevole. Per quanto riguarda il processo di formazione della legge soltanto un certo numero di individui presi dalla Universitas Civium formulano le leggi, e sarà poi il popolo con la propria approvazione a dare il carattere di giuridicità alle leges precedentemente formulate, è pure al popolo che spetta il diritto di formulare aggiunte o modifiche, cosa che farà
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«secundum exigentiam temporum vel locorum, et reliquarum circunstantiarum.»
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Dalla Universitas Civium vengono esclusi i fanciulli, le donne, gli schiavi ed anche gli stranieri. Ciò non getta una luce negativa sull'opera di Marsilio solo che si consideri l'epoca in cui visse. Come si è detto sopra, spetta agli esperti, ai Prudentes la formulazione delle proposte di legge:
[modifica] Valentior Pars
Le proposte di legge dovranno essere approvate dall'Universitas Civium o dalla sua Valentior Pars e solo dopo di ciò avranno l'efficacia di norme giuridiche. L'autorità di fare le leggi spetta solo al corpo dei cittadini che farà sì che esse vengano osservate assolutamente. A questo proposito va chiarito il concetto di Valentior Pars nel senso che essa è costituita dalla maggior parte dei cittadini.
È una maggioranza stabilmente costituita che si avvicina all'unanimità, la Valentior Pars è, infatti, l'intero corpo dei cittadini sani, distinti, è vero, secondo la diversità di stato e di condizione, ma tutti egualmente partecipi dello stesso carattere di autori della legge. [1]
[modifica] Tractatus de translatione Imperii
Tra le opere così dette minori di Marsilio a Padova vi è il Tractatus de translatione imperii. Un'opera che niente aggiunge alla fama derivatagli dal Defensor Pacis anche se ebbe una certa diffusione in Europa. Nel secolo XV è studiato a Erfurt, a Vienna, a Monaco oltre che in Italia, testimoniando l'interesse per la cultura italiana che vede Marsilio assieme a Francesco Petrarca, Coluccio Salutati, Giovanni Boccaccio, Poggio Bracciolini, Guarino ed altri anche minori.
Si può considerare questo trattato come una storia sintetica dell'Impero dalla fondazione di Roma fino al secolo XIV. Il trattato di scarso valore storico e giuridico è, per altri versi, interessante in quanto ci aiuta a capire alcuni punti oscuri della dottrina politica marsiliana: l'abbandono della fede nei miracoli, la ricerca delle cause degli eventi nelle forze e nelle azioni sociali e politiche dei popoli e dei loro capi.
[modifica] Modernità di Marsilio
È il principio della sovranità popolare definito chiaramente già nel secolo XIV che rende moderno ed attuale Marsilio. Lo Stato è concepito come prodotto umano, al di fuori da premesse teologiche quali il peccato o simili. È fortemente affermato il principio della legge quale prodotto della comunità dei cittadini, legge dotata di imperatività e coattività oltre che ispirata ad un ideale di giustizia. Questo ideale di giustizia deriva dal consorzio civile, l'unico soggetto che può stabilire ciò che è giusto e ciò che non lo è. Per Marsilio l'uomo deve essere inteso come libero e consapevole; questo concetto distacca Marsilio dal medioevo ergendolo a faro di libertà. La modernità di Marsilio può essere pienamnte intesa laddove si consideri che ha enunciato questi principi nel XIV secolo e non nel XXI secolo.
Lo studio delle opere di Marsilio mette in luce la grandezza e la genialità di questo Autore trecentesco che ben a ragione può considerarsi il precursore di una età più giusta, più umana ed anche più moderna.
Nel Defensor Pacis appare diffuso un costituzionalismo affermato fortemente nei confronti sia dello Stato che della Chiesa. Si potrebbe vedere iniziato il principio della divisione dei poteri che sarà, più tardi, affermato in seguito a gravi sconvolgimenti sociali e politici quali la Rivoluzione francese. Ê tra i primi studiosi a distinguere e separare il diritto dalla morale, attribuendo il primo alla vita civile e il secondo alla coscienza, con la chiarezza e l'incisività proprie degli studiosi moderni: in alcune sue affermazioni sembra di leggere Bobbio.
Sembra proprio che Marsilio sia estraneo alla sua epoca, quasi un uomo del XX secolo trapiantato per sbaglio nel '300. È proprio in considerazione del periodo storico in cui visse che risalta maggiormente la sua carica umana e la sua attenzione per l'uomo in quanto tale, la sua comprensione dei due diversi ambiti della società, temporale e spirituale, rendendo giustizia al primo senza, tuttavia, prevaricare il secondo anzi tentando di riportarlo in quella giusta dimensione che la riforma protestante si incaricherà di evidenziare.
Marsilio è sempre un uomo del suo tempo, saldamente ancorato nella sua epoca, il medioevo, ma con intuizioni che ne fanno un uomo nuovo proiettato nel Rinascimento, anticipatore per certi versi di quel movimento culturale che nel tramonto del medioevo ha le proprie radici. La definizione del nuovo concetto di Stato, autonomo, indipendente da qualsiasi altra istituzione umana o, a maggior ragione, ecclesiastica è il grande merito del Patavino.
Anche nella Chiesa viene affermata una forma di costituzionalismo contro il dilagante strapotere dei vescovi e dei papi. È ancora l'universitas fidelium a prendere, attraverso il Concilio, ogni decisione riguardante qualsiasi materia di ordine spirituale. Il nostro autore non teme di scagliarsi contro un'istituzione già forte di una lunga quanto forzata ed usurpata tradizione e consuetudine, la Chiesa. Nega il primato di Pietro e di Roma, afferma la necessità del ritorno del clero a quella povertà evangelica tanto cara ad alcune sette riformiste di cui lui certamente conobbe e comprese il pensiero.
Lotta contro la Chiesa ma solo per conservarne o rivalutarne il più vero, autentico ed originario contenuto e significato. Quasi riformista e conservatore nello stesso tempo, riformista là dove è contro la corruzione dilagante nella Chiesa di quel periodo, conservatore là dove accetta la necessità di un ordine costituito, della religione, della morale, intese nel senso più puro. Sembrerebbe un assurdo ma è proprio attraverso la lotta contro le istituzioni clericali che Marsilio cerca di salvare la Chiesa.
La modernità di Marsilio consiste anche nel metodo della sua trattazione e della terminologia che usa, sempre stringata ed esaustiva, aliena da qualsiasi forma di retorica. Può sembrare un razionalista, un positivista ma, una cosa è certa, non perde mai di vista l'uomo ponendolo al centro di tutta la sua trattazione.
Soltanto Dante al pari di Marsilio sarà animato dagli stessi ideali, ma là dove Dante perde il concetto di nazione in quello universale d'Impero Marsilio unisce il concetto di nazione a quello di stato sovrano. Il nostro autore è invece unito a Dante dalla visione della situazione geopolitica italiana: entrambi con pari dolore osservano le desolanti condizioni in cui si trova l'Italia smembrata nel territorio e divisa negli ideali.
[modifica] Note
- ↑ Vasoli C. - Il Difensore della Pace..
[modifica] Bibliografia essenziale
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- Vasoli C. - Il difensore della pace. Marsilio da padova - Torino, UTET, 1975, BNI 76-4683.