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Pegno - Wikipedia

Pegno

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Nel diritto civile, il pegno è un diritto reale di garanzia su una cosa altrui, costituito per fungere da garanzia di un credito. Nell'ordinamento italiano è regolato dagli articoli 2784 e seguenti del Codice civile.

Indice

[modifica] Costituzione del pegno

Il pegno si costituisce per contratto (scrittura di pegno). Ma la forma scritta (con data certa) è richiesta solo perché abbia luogo la prelazione (art. 2787, comma 3 c.c.).

Quando si tratta di pegno di cose mobili, è un contratto reale (e alla consegna della cosa è equiparata la consegna del documento che ne conferisce l’esclusiva disponibilità).
La consegna della cosa data in pegno comporta lo spossessamento del proprietario ed assolve la funzione di porre i terzi nella condizione di rendersi conto che si tratta di cosa della quale l’alienante non ha la piena disponibilità.
In rapporto alla custodia della cosa il creditore occupa posizione corrispondente a quella di un depositario (art. 2790 del Codice civile): non può usarla (salvo che l’uso sia necessario alla sua conservazione).

Quando si tratta di pegno di crediti, è un contratto che si perfeziona solo con la notificazione del pegno al debitore del credito dato in pegno oppure con l’accettazione da parte di questo con scrittura avente data certa.

Il pegno di titoli di credito è pegno del titolo quale cosa mobile, non del diritto menzionato sul titolo. Lo si costituisce con la consegna del titolo.

Il pegno di diritti diversi dai crediti si costituisce nelle forme richieste per il loro trasferimento (ad esempio, per il pegno di quote di società a responsabilità limitata, con l'annotazione nel libro dei soci).

[modifica] Caratteri del contratto di pegno

Il contratto di pegno ha natura accessoria al credito garantito. Se questo è invalido, il contratto di pegno risulta privo di causa. Il debitore del credito dato in pegno può opporre al creditore pignoratizio tutte le eccezioni che potrebbe opporre al suo creditore, salvo che non abbia accettato senza riserve la costituzione del pegno (art. 2805 del Codice civile).

Il pegno può essere costituito anche per garantire un credito futuro, purché sia presente il rapporto giuridico dal quale potrà nascere il credito. Il credito omnibus è inammissibile (art. 2787, 3° comma del Codice civile: la scrittura di pegno deve contenere sufficiente indicazione della cosa e del credito).

[modifica] Vicende del pegno

Se il debitore paga il credito garantito, il creditore dovrà restituirgli la cosa data in pegno (art. 2788).
Se non paga, il creditore, dopo avergli intimato di pagare, può far vendere la cosa da un mediatore a ciò autorizzato o chiedere al giudice che essa gli venga assegnata in proprietà.
Nel primo caso, l’eventuale eccedenza del prezzo ricavato rispetto all’importo del credito andrà al debitore (o al terzo datore di pegno) oppure agli altri suoi creditori, se ve ne sono. Nel secondo caso, occorrerà una stima del valore del bene, la quale accerti che esso non ha valore superiore all’importo del credito.

Nel pegno di crediti (cd. pignus nominis: è una garanzia frequentemente richiesta dalle banche che finanziano imprese contro pegno dei loro crediti verso i clienti), il creditore pignoratizio è tenuto, alla scadenza, di riscuotere il credito: tratterà quanto a lui dovuto e verserà l’eventuale eccedenza al debitore (art. 2803). Il pegno di crediti implica, perciò, l’attribuzione al debitore pignoratizio di una facoltà corrispondente ad un mandato a riscuotere il credito del proprio debitore.

In linea di principio, il pegno è indivisibile: garantisce il credito finché questo non è pagato integralmente, anche se il credito o la cosa data in pegno è divisibile (art. 2799). Per l’anticipazione bancaria il principio è derogato dall’art. 1849, e si ritiene che anche fuori da questa ipotesi si possa pattuire la divisibilità del pegno (con l’obbligazione (diritto civile) del creditore pignoratizio di effettuare restituzioni parziali del pegno dopo il versamento da parte del debitore di rate del debito).

Si parla di pegno irregolare (cauzione) quando la cosa data in pegno è una somma di denaro o altre quantità di cose fungibili non individuate o delle quali è stata conferita al creditore la facoltà di disporre. La figura è regolata dall’art. 1851 del Codice civile per l’anticipazione bancaria, ma è incontroversa la sua generale utilizzabilità. Le cose date in pegno passano in proprietà al creditore, che dovrà restituirle al momento dell’adempimento. In caso di inadempimento dovrà restituire la parte di esse che ecceda l’ammontare dei crediti garantiti.
La causa del trasferimento della proprietà è qui una (tipica) causa di garanzia, ossia la causa propria del pegno.

[modifica] Pegno rotativo

La fattispecie del pegno rotativo ha larga (se non esclusiva) diffusione nella prassi bancaria dell'ultimo decennio; il modello contrattuale è quello del pegno su titoli.
L'autore che per primo ha elaborato tale figura è Enrico Gabrielli.
Il cosiddetto pegno rotativo o pegno fluttuante è quel contratto costitutivo di garanzia reale con cui un soggetto, al fine di ottenere un'anticipazione bancaria o di costituirsi una garanzia per i propri debiti futuri, offre come oggetto di pegno una somma di denaro (non di rado depositata su un libretto di risparmio oppure merci o titoli non individuati.
Se l'anticipazione non viene rimborsata, la banca incamera definitivamente l'oggetto del pegno (di cui è già proprietaria con facoltà di disporne), ovvero diversamente restituisce al debitore pignoratizio il bene.
La caratteristica del pegno rotativo consiste nella clausola di rotatività, con la quale le parti convengono sulla possibilità di sostituire il bene originariamente costituito in garanzia, senza che tale sostituzione comporti novazione del rapporto di garanzia, e sempre che il bene offerto in sostituzione abbia identico valore.
La giurisprudenza è oscillante: talora nega validità ed efficacia al pegno rotativo, più di recente è orientata per l'ammissibilità.

  • La tesi negativa parte dalla questione se il vincolo di pegno originario possa trasferirsi su un diverso oggetto e se occorra ripetere le formalità di costituzione del pegno (ad es. su titoli che scadono).
Le norme bancarie uniformi prevedono il trasferimento del pegno originario sui nuovi titoli: la banca può riscuotere ad esempio i Buoni Ordinari del Tesoro che scadono nel corso dell'apertura di credito e reimpiegare gli importi riscossi per l'acquisto di nuovi B.O.T. di durata uguale a quelli scaduti, che vanno a sostituire l'oggetto del pegno (essendo fungibili perché non individuati).
Diversa è la situazione nel pegno regolare, dove il formalismo comporta -a tutela dei creditori concorrenti del garantito- necessariamente una ulteriore scrittura costitutiva di garanzia, ponendo il dubbio se (ai fini della azione revocatoria fallimentare il pegno sui nuovi titoli sia un pegno nuovo.
  • La tesi positiva risale a una sentenza della Corte di Cassazione del 1998, che muove dalla considerazione che la cosa data in pegno ha un suo valore, sicché è valido il patto di rotatività a condizione che:
  • il negozio costitutivo di garanzia abbia data certa;
  • contenga l'indicazione della cosa data in pegno;
  • il valore del bene sostituito nel pegno abbia identico valore di quello originario.
In giurisprudenza, la tesi positiva è stata seguita dai giudici di merito, con riferimento al patto di rotatività tra cambiali scadute e cambiali rinnovate. Il ragionamento seguito fa leva sull'esistenza, nel nostro ordinamento, di altre forme di sostituzione della cosa come oggetto di pegno.
Il meccanismo di cui all'art. 2742 del Codice civile consente la surrogazione di un'indennità alla cosa oggetto di pegno (deteriorata o perita durante il vigore della garanzia). C'è poi l'art. 2803 del Codice civile che prevede il trasferimento della garanzia dal titolo al ricavato (quando il titolo è scaduto). È lo stesso contesto normativo che offre quindi altri spunti a favore della tesi positiva: il pegno rotativo è quindi ritenuto valido, e comporta l'efficacia della sostituzione nel tempo dell'oggetto della garanzia, senza che ciò implichi la rinnovazione delle formalità di costituzione.

Il pegno rotativo o fluttuante trova oggi espresso riconoscimento legislativo nell'art. 34, comma 2, del Decreto legislativo n. 213/1998, laddove è consentita l'accensione di specifici conti destinati alla costituzione di vincoli sugli strumenti finanziari (tali sono, a norma dell'art. 1 del Decreto legislativo n. 213/1998, anche i titoli pubblici), disposizione che supera tutte le perplessità dottrinali sulla possibilità di costituire pegni irregolari, anche con patto di rotatività, sui titoli dematerializzati.

[modifica] Cenni storici

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«Tanto nel diritto austriaco, come nel diritto romano, la parola pegno che deriva da pugno (quia res quae pignori dantur, manu traduntur), ha un triplice senso, poiché o significa la cosa stessa che si dà in pegno al creditore per sua sicurezza (cod. civ. aust. par. 447, e Item serviana Instit. de action.), o il diritto che a lui compete sopra la cosa pignorata, o finalmente il contratto con cui si attribuisce realmente al creditore il diritto di pegno sopra una cosa.
Gli scrittori di questa materia sogliono in uno stesso trattato parlare del pegno preso in tutti e tre gli esposti significati.»
(Brano tratto dal I° capitolo del testo di Giuseppe Carozzi, Del diritto di pegno, Milano 1820)

Il pignus era un contratto reale, perfezionabile con la consegna materiale della cosa, che trasferiva solo il possesso di essa e non la disponiblità; proprietario (dominus) ne restava il debitore, che poteva alienarla ad altri.
Il pegno poteva costituirsi, oltre che con la normale traditio rei, anche con stipulatio o con pactum; in quest'ultimo caso, mancando la traditio rei, il pignus fu detto conventum (cioè convenzionale) e finì col confondersi con l'ipoteca.
Oggetto del pegno potevano essere tutte le cose suscettibili di essere comprate e vendute (res mancipi): ma i cosiddetti iura praediorum urbanorum non erano né pignorabili né ipotecabili, mentre lo erano il vectigal e la superficies, nonché le servitù rustiche.
Il crditore pignoratizio aveva lo ius possidendi, cioè il diritto di possedere; ma tale possesso non dava titolo per l'usucapione nè per l'uso della cosa. Anzi, se distraeva la cosa pignorata, era perseguibile con l' actio furti.
Il creditore aveva anche lo ius distrahendi, cioè il potere di vendere la cosa e soddisfarsi sul ricavato, previo avviso al debitore (denunciatio).
Il debitore non poteva pregiudicare la posizione del creditore né vendendo la cosa , né donandola, né facendone legato, né fedecommesso. Inoltre, gli era concessa un'azione (actio pigneraticia directa) per ottenere la restituzione del pegno, una volta adempiuta l'obbligazione principale.
Oltre che per estinzione dell'obbligazione, il pegno si estingueva per il perimento della cosa, per confusione, per rinuncia del creditore, per usucapione della cosa da parte di chi (in buona fede) ignorava l'esistenza della garanzia, o con l'esercizio dello ius distrahendi.
Fino al tempo di Costantino, che lo vietò, nel contratto di pegno si inseriva la cosiddetta lex commissoria: il venditore-debitore trasferiva solo il possesso della cosa mentre il trasferimento della proprietà era sospensivamente condizionato al pagamento del prezzo; alla scadenza dell'obbligazione, se questa rimaneva inadempiuta, il creditore-acquirente diventava automaticamente proprietario del bene.

[modifica] Voci correlate

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