Premierato
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Premierato (dall'inglese premier: presidente del consiglio dei ministri - primo ministro) è il termine con il quale è usualmente chiamata, in Italia, quella particolare versione del sistema parlamentare che prevede un ruolo forte ed autonomo, sia rispetto al consiglio dei ministri sia alla stessa maggioranza parlamentare, del capo della compagine governativa (in Italia: presidente del Consiglio dei ministri) ed una sua, diretta o "semidiretta", investitura popolare.
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[modifica] Il "modello Westminster"
Prototipo del premierato, così inteso, è il modello Westminster, ossia il sistema parlamentare e di governo vigente in Gran Bretagna, dove si è affermato, nel corso dei secoli, soprattutto per via consuetudinaria.
Nessuna norma costituzionale, infatti, prevede che il primo ministro britannico sia eletto a suffragio universale e diretto, essendo esso, formalmente, tuttora nominato dal capo dello Stato (Regina o Re).
Una convenzione costituzionale, da tutti accettata, vuole, infatti, che sia nominato premier il leader del partito di maggioranza assoluta. Può accadere, pertanto, che, nel corso della legislatura, i deputati appartenenti allo stesso partito del primo ministro gli revochino la fiducia tacitamente accordatagli, eleggendo un nuovo capo del partito che sarà nominato premier dal capo dello Stato. Tale eventualità s'è, da ultimo, verificata nel 1990, quando i parlamentari del Partito conservatore sostituirono la "Signora di Ferro" Margaret Thatcher con il più giovane e meno carismatico John Major.
Il premier, di fatto, nomina e revoca i ministri (secretaries) e scioglie la Camera dei comuni, anche se, formalmente, tali provvedimenti assumono l'etichetta di decreti reali.
Questi poteri presuppongono, per il loro esercizio, la fiducia del partito di maggioranza che, come visto, può sempre essere revocata.
Indispensabile alla configurazione del "modello Westminster" è stato il sistema elettorale maggioritario uninominale a turno unico che, nei decenni, ha consentito la formazione di maggioranze parlamentari assolute composte da un solo partito, determinando la strutturazione del sistema politico in bipartitismo.
[modifica] Il "premierato" in Italia
[modifica] Origini
L'adozione di un nuovo sistema elettorale, per tre quarti uguale a quello britannico, nel 1993, unita all'eclissi dei partiti fino ad allora stabilmente al governo, a seguito degli scandali di Tangentopoli e dei referendum istituzionali del 1993, ha posto le premesse, anche in Italia, per la strutturazione del sistema politico nella direzione del bipolarismo ed ha avviato il dibattito sulla possibile adozione del premierato.
Le elezioni politiche del 1994, 1996 e 2001, in assenza di significative revisioni costituzionali, hanno, sia pur minimamente, avvicinato il sistema italiano al "modello Westminster" poiché, in tutti e tre i casi, presidente del Consiglio dei ministri è stato nominato il capo della coalizione "vincente".
Ciò non ha impedito alla maggioranza di centrodestra del 1994 di essere sostituita, nella stessa legislatura, da una maggioranza di centrosinistra, a seguito del "cambio di campo" della Lega Nord, ed allo stesso Parlamento di essere sciolto, dopo soli due anni di attività, nel 1996.
[modifica] La "bozza Salvi" e la "Bicamerale"
Da questa esperienza nacque la proposta di una revisione formale della seconda parte della Costituzione (quella sull'ordinamento della Repubblica) che mirasse al rafforzamento della posizione del governo e della sua stabilità, unite ad una riduzione della discrezionalità dei parlamentari nella formazione di maggioranze troppo diverse da quella uscita dalle urne.
Venne, all'uopo, istituita la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, presieduta dall'allora segretario del PDS (oggi DS) Massimo D'Alema.
Nella "Bicamerale", la proposta del premierato venne contenuta nella cosiddetta "bozza Salvi", dal nome del senatore Cesare Salvi, che l'aveva redatta. Essa prevedeva l'elezione diretta del primo ministro (denominazione che avrebbe sostituito quella di presidente del Consiglio dei ministri), il suo "rapporto fiduciario" con la sola Camera dei deputati e lo scioglimento della Camera stessa in caso di approvazione di una mozione di sfiducia. Il primo ministro, inoltre, aveva il potere di nomina e revoca dei ministri, anche se ufficialmente spettante al presidente della Repubblica, e poteva proporre a quest'ultimo lo scioglimento delle Camere.
Al premierato, la Commissione preferì il semipresidenzialismo, prima che l'intero progetto si "arenasse" in Parlamento.
[modifica] La "grande riforma" bocciata dal referendum del 25 e 26 giugno 2006
Durante la XIV legislatura, la maggioranza parlamentare che sosteneva il governo della Casa delle Libertà approvò un disegno di legge costituzionale concernente "Modifiche alla Parte II della Costituzione" che, nella parte riguardante la forma di governo statale, adottava proprio il premierato.
In questa versione, l'elezione diretta del primo ministro era prevista soltanto secondo modalità stabilite dalla legge e non escludeva la nomina da parte del presidente della Repubblica.
Il primo ministro, inoltre, nominava e revocava i ministri, senza la necessità di decreti presidenziali, e poteva proporre lo scioglimento della Camera dei deputati.
A differenza della "bozza Salvi", l'impedimento permanente, la morte o le dimissioni del primo ministro ovvero l'approvazione di una mozione di sfiducia "costruttiva" (contenente, cioè, l'indicazione di un nuovo candidato alla carica di primo ministro, purché approvata da soli deputati appartenenti alla maggioranza espressa dalle urne) non comportavano il ricorso automatico alle elezioni anticipate ma aprivano un periodo d'attesa di venti giorni durante i quali i deputati, purché appartenenti alla maggioranza elettorale, avrebbero potuto proporre un nuovo primo ministro che sarebbe stato nominato dal presidente della Repubblica (il "periodo d'attesa", ovviamente, non era necessario in caso di "sfiducia costruttiva"). Stessa procedura in caso di richiesta di scioglimento da parte del primo ministro in carica.
Quest'ultima versione del premierato, unita al resto della "grande riforma", è stata "bocciata" dagli elettori durante il referendum costituzionale del 25 e 26 giugno 2006.
[modifica] L'esperienza concreta
La XIV legislatura, scaturita dalle elezioni politiche del 13 maggio 2001, pur in assenza di riforme costituzionali formali, ha rappresentato un periodo particolarmente assimilabile al modello Westminster per diversi aspetti quali: la quasi automaticità della nomina del capo della coalizione vincente (Silvio Berlusconi) alla carica di presidente del Consiglio; la stabilità della compagine governativa, pur se formalmente spezzata dalla formazione del governo Berlusconi III sul finire della legislatura; i numerosi "rimpasti" di governo risoltisi in pochi giorni senza la tradizionale complessa procedura di formazione di un nuovo governo.
Un segnale contraddittorio, da questo punto di vista, proprio sul finire della XIV legislatura, è venuto dalla riforma del sistema elettorale che, pur salvando il sistema delle coalizioni preelettorali e la tendenza al bipolarismo e prevedendo un "premio di maggioranza", ha favorito la cosiddetta "frammentazione" con il ripristino della logica proporzionale. La stessa legge, tuttavia, ha codificato l'obbligo per le forze politiche e per le coalizioni di depositare il proprio programma ed il nome del proprio capo, pur in assenza di vincoli formali per il presidente della Repubblica, stante l'attuale tenore dell'articolo 92 della Costituzione.
Nel febbraio/marzo 2007, nel contesto normativo descritto, a meno di un anno dall'inizio della XV legislatura, a seguito della "crisi-lampo" del governo, determinata dal voto contrario del Senato alle dichiarazioni del ministro degli Affari esteri D'Alema, il presidente del Consiglio Prodi subordinò la propria permanenza alla guida dell'esecutivo all'accettazione, da parte dei partiti della maggioranza, di "dodici punti" politico-programmatici, l'ultimo dei quali, ispirandosi ai principi del premierato, stabiliva che, in caso d'insanabile disaccordo su una decisione, sarebbe stato il presidente del Consiglio a "sintetizzare" la posizione ufficiale del governo e della maggioranza.
[modifica] Voci correlate
- Modello Westminster
- Primo ministro
- Presidente del Consiglio dei ministri
- Sistema parlamentare
- Bipolarismo
- Referendum costituzionale del 2006
- Rimpasto