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Siti archeologici a Reggio Calabria - Wikipedia

Siti archeologici a Reggio Calabria

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Sotto il profilo archeologico Reggio Calabria costituisce quasi un unicum perché presenta una frequentazione umana continuata sempre nello stesso perimetro per ben oltre tremila anni.

Le attività di scavo condotte sul tessuto urbano sono state però nel tempo modeste e limitate, recentemente è comunque stata presentata la nuova carta archeologica della città di Reggio che, catalogando tutti i ritrovamenti archeologici collegati agli scavi effettuati dal XVI al XI secolo comprende nell'insieme 10 raggruppamenti, 74 aree, 203 siti, quasi 500 schede.

I più antichi ritrovamenti sono tracce di capanne databili all’XI secolo a.C., sulle sponde del Calopinace, e le ceramiche provenienti dagli scavi del porto che ci forniscono notizie sicure sui primi abitatori di Reggio Calabria.

Indice

[modifica] Aree sacre

Una serie di rinvenimenti, venuti alla luce fin dal XIX secolo, hanno permesso di identificare diverse zone di culto dislocate in più punti della città, tra le quali un Persephoneion, un Apollonion, un Artemision e un Atheneion.

[modifica] Area sacra del Parco archeologico Griso-LaBoccetta

Lastra Griso LaBoccetta (VI secolo a.C.) in terracotta policroma. Due figure femminili in atto di danzare in movimento verso destra, le figure sono modellate senza uso di matrice, i panneggi conservano raffinate decorazioni dipinte che riproducono i ricami sulle stoffe.
Lastra Griso LaBoccetta (VI secolo a.C.) in terracotta policroma. Due figure femminili in atto di danzare in movimento verso destra, le figure sono modellate senza uso di matrice, i panneggi conservano raffinate decorazioni dipinte che riproducono i ricami sulle stoffe.
Uno scorcio degli scavi nell'area Griso-Laboccetta.
Uno scorcio degli scavi nell'area Griso-Laboccetta.

L'area sacra al momento più rilevante è quella nel fondo Griso-Laboccetta, situata al centro della città attuale tra via del Torrione, via Tripepi, via 2 Settembre e via Palamolla, che presumibilmente si estendeva fino alla via Aschenez.

Scavata dalla fine del XIX secolo, l'area Griso-Laboccetta ha restituito tra i pezzi archeologici più celebri esposti al Museo Nazionale della Magna Grecia di Reggio. Già nel VI secolo a.C. è accertata la presenza di un santuario molto importante dedicato a Demetra in questo sito fuori dalle mura. Verso la metà del IV secolo a.C. l'area viene integrata entro il nuovo circuito allargato delle mura cittadine. Da questo momento l'area è occupata da edilizia privata fino al periodo romano.

L'area monumentale costituisce un settore di una più vasta area urbana, raffigurata sotto nella planimetria catastale di fine ottocento, che fu oggetto di scavi a partire da quell'epoca ed ha restituito n umerevoli resti fittili che hanno portato all'identificazione della stessa come santuario dedicato alle divinità ctonie. Furono rinvenute numerose terrecotte architettoniche che rivestivano le strutture degli edifici di culto, nonchè grandi quantità di coroplastica e vasi frammentari che costituivano gli ex-voto, dedicati alle dee Demetra e Persefone, il cui culto era molto praticato in età greca arcaica e classica. I resti murari individuano le fondazioni di strutture murarie in ciottoli il cui alzato in mattone crudo è ormai perduto. le strutture corrispondono ad edifici sorti nel santuario tra il V ed il IV secolo a.C. e agli edifici di carattere residenziale che si impiantarono sullo stesso sito dopo l'abbandono del santuario in età ellenistica e romana (III - II secolo a.C.)

Agli inizi dello scavo iniziato alla fine del XIX secolo è stato rinvenuto un tratto del temenos, il muro di cinta dell'area sacra. Le numerose decorazioni architettoniche rinvenute nello scavo hanno dunque permesso di ipotizzare la presenza, oltre che di un tempio di notevoli dimensioni, anche di una serie di strutture annesse e di un tempietto con cella e pronao databile alla metà del VI secolo a.C.

Alla fase di maggiore splendore del santuario segue una fase di ricostruzione, databile al secondo quarto del V secolo, come si può dedurre dal rinvenimento di materiale architettonico relativo appunto a quel periodo.

Durante le varie campagne di scavo è stato recuperato molto materiale tra cui è molto interessante un frammento di fregio architettonico in terracotta policroma, detta "lastra Griso-Laboccetta" databile all'ultimo quarto del VI secolo a.C. Non è stato ancora possibile stabilire la destinazione del pezzo in cui sono ritratte due figure femminili danzanti, modellate senza l'uso di matrice.

[modifica] Santuario del palazzo della Prefettura

Un area sacra scoperta nel 1913 da Paolo Orsi, durante i lavori per la costruzione del palazzo della Prefettura, ha portato alla luce le fondazioni (stereobate) di un tempio, databile alla prima metà del V secolo a.C. grazie alla identificazione di due tegole riutilizzate nella costruzione di un edificio termale romano.

In base agli elementi noti si è ipotizzato che potesse trattarsi del tempio ad Apollo.

[modifica] Area sacra della marina

Una terza area sacra è stata rinvenuta a circa 80 m a Sud-Ovest dal Museo Nazionale, dunque al di fuori dalla cinta muraria.

I primi scavi del 1886 hanno poetato alla luce un tempio monumentale, di cui oggi non resta che qualche blocco in calcare. Il rinvenimento di terrecotte arcaiche del tipo recuperate nel fondo Griso-Laboccetta indica una fase d'uso arcaica, così come il materiale di età classica fa risalire a questa epoca successiva pure una fase di ricostruzione. Per questo santuario è piuttosto controversa l'attribuzione ma la divinità più probabile a cui è dedicato il tmepio sembra essere Artemide Phacelitis.

[modifica] L'Atheneion sul lungomare

I resti di un Atheneion (tempio dedicato alla dea Atena) sorgono sotto un Bar del lungomare, nell'isolato compreso tra via XXIV Maggio, corso Vittorio Emanuele III, corso Garibaldi e via San Paolo. Si possono vedere due colonne entrando nelle caverne sotto il bar.

[modifica] Necropoli

Tutt'intorno all'area dell'antica città greco-romana sono state rovate numerose necropoli che hanno portato alla luce una gran quantità di reperti custoditi al Museo Nazionale. Tra queste le più importanto sono quella di Santa Caterina, quella ritrovata durante i lavori per l'edificazione del Museo stesso, quella in via Demetrio Tripepi, e quella recentemente scoperta di San Giorgio Extra.

[modifica] La necropoli sotto il Museo

Una tomba della necropoli presente nei sotterranei del Museo, è stata spostata sul lungomare, accanto al chiosco di un rinomato gelataio, è una tomba a camera del periodo greco, il manufatto, trovato durante gli scavi per le fondazioni di Palazzo Piacentini, fu spostato dal sito originario e posto come ornamento tra il Lungomare Italo Falcomatà e il Corso Vittorio Emanuele III, usato fino a pochi anni fa come basamento per il monumento a Ibico reggino, adesso spostato in altra sede.

[modifica] Le necropoli di Santa Caterina

[modifica] Tomba ellenistica di via Demetrio Tripepi

[modifica] Aree pubbliche

[modifica] Gli scavi di Piazza Italia

Per approfondire, vedi la voce Piazza Italia.

Con gli interventi di restauro e ristrutturazine eseguiti all'inizio del nuovo millennio in Piazza Vittorio Emanuele II (nota come Piazza Italia) è venuto alla luce un importante sito archeologico. In particolare le ripetute campagne di scavo effettuate tra il 2000 ed il 2004, che hanno interessato l'area sud orientale della piazza, hanno portato alla luce un sito di notevole interesse storico a testimonianza che la zona è da sempre al centro delle attività commerciali della città, riconoscibile attraverso la sovrapposizione in sei metri di ben undici fasi di edificazione, dal VII secolo a.C. fino ai primi del XIX secolo d.C.

Alcuni ipotizzano si tratti dell'Agorà in epoca greca e poi del Foro in epoca romana ma lo stato attuale degli scavi non consente ancora di esserne certi.

Nello strato più basso, quello più antico di epoca greca arcaica, sono stati rinvenuti alcuni frammenti di ceramica e murature di ciottoli, organizzate secondo un impianto ortogonale, che coincide col soprastante tracciato di epoca romana. A questa seconda fase, si fanno risalire quattro vani rettangolari, i cui muri sono caratterizzati da una doppia fase costruttiva, coincidente con la sovrapposizione di materiali diversi, e forse legata ai dissesti subiti a causa del terremoto che devastò la città intorno alla metà del IV secolo d.C.

La terza fase di bizantina risale ai secoli VI-X, ed è riconoscibile nella presenza di alcuni vani adibiti ad attività commerciali, con pozzi e cisterne, all'interno dei quali sono state ritrovate monete che testimoniano l'importanza di Reggio nell'ambito del commercio marittimo dell'Impero Romano d'Oriente.

Al XII secolo, in epoca normanna, appartiene probabilmente un muro lungo circa 12 metri che delimita un edificio, suddiviso in ambienti più piccoli, sede di attività artigianali, legate alla lavorazione del bronzo. A conferma della vitalità economica e commerciale dell'area nell'Alto Medioevo, sono stati ritrovati numerosi reperti: monete bronzee (alcune con indicazioni arabe), ceramiche invetriate di provenienza siculo-magrebina, vetri, metalli e perfino un tarì d'oro (moneta araba diffusa in Sicilia).

Il XIV secolo, in epoca angioina, è identificabile in una serie di edifici articolati nell'ambito di uno stesso isolato, che mantengono per lo più lo stesso andamento del sottostante impianto di epoca greca. Anche in questo caso, sono presenti molti vani adibiti a magazzino, delimitati da murature realizzate in materiale povero di provenienza locale.

La destinazione del sito come luogo pubblico, e quindi piazza, risale al XIX secolo: delimitata da canali di scolo delle acque, probabilmente ospitava delle vasche con fontane. É stata inoltre ritrovata l'originaria fondazione del basamento che dal 1828 ospitava la statua di Ferdinando I di Borbone, poi sostituita con l'attuale monumento che rappresenta l'Italia, dedicato a Vittorio Emanuele II, e dal quale la piazza prende il nome.

Durante la campagna di scavi preliminare è stato trovato, nella stratificazione più profonda, un grosso muro posto di traverso che si pensa possa appartenere ad un grande tempio. Al momento non si hanno molte altre informazioni poichè tale muro si estende ben oltre l'area degli scavi. Inoltre lo scandaglio ha rivelato che a circa 4 metri di profondità vi è una massa metallica di circa 2 metri di lunghezza che molto probabilmente è una statua, il che concorderebbe con l'ipotesi del tempio.

[modifica] L'Acropoli

Per approfondire, vedi la voce Castello Aragonese di Reggio Calabria.

Secondo i ritrovamenti e gli studi effettuati nella zona, la collina sulla quale oggi sorge il Castello Aragonese costituiva molto probabilmente l'acropoli della città. In effetti anche se oggi è molto meno evidente, nell'antichità la collina rappresentava un punto importante per la tutela del sistema delle mura.

Molto probabilmente la cinta della palaiapolis (la palèpoli che era l'arcaica città fondata nell'VIII secolo a.C. dai calcidesi) aveva, come angolo inferiore delle mura che discendevano dall'acropoli, proprio l'area dell'attuale castello. Nel periodo ellenistico, con l'allargamento della città verso il mare, la collina rimase un luogo fortificato di notevole importanza militare, mentre le mura, che nella polis d'epoca classica piegavano verso nord, scendevano ora fino al porto; il sito archeologico delle "Mura greche" sul lungomare mostra infatti l'angolo della cinta.

[modifica] L'Odèon / Ekklesiasterion

Uno scorcio del rudere dell'Odeion.
Uno scorcio del rudere dell'Odeion.

Degli scavi effettuati nel 1922 da Paolo Orsi tra via del Torrione, via Tripepi, via XXIV Maggio e via San Paolo, sono venuti alla luce i resti di una struttura pubblica situata all'interno delle mura di cinta, ad un centinaio di metri dall'area sacra del fondo Griso-Laboccetta.

Essa è identificata dall'archeologo come l'Odèon della città - edificio simile ad un teatro di modeste dimensioni dedicato a esercizi di canto, rappresentazioni musicali e concorsi di poesia e musica - mentre secondo altri sarebbero i resti dll'Ekklesiasterion, l'edificio per le riunioni dell'assemblea popolare, dunque non è improbabile che proprio qui sia avvenuta l'assemblea voluta da Timoleonte e dagli strateghi rhegini nel 344 a.C.

una ricostruzione dell'Odèon/Ekklesiasterion di Reggio, nell'immagine è evidenziato il rudere oggi superstite.
una ricostruzione dell'Odèon/Ekklesiasterion di Reggio, nell'immagine è evidenziato il rudere oggi superstite.

Paolo Orsi ha inoltre rinvenuto, a poca distanza dall'edificio, tre capitelli ionici decorati da volute, palmette e ovoli, probabilmente sorretti da fusti lignei che dovevano servire per la scenografia della tribuna.

I resti risultano databili tra il IV e il III secolo a.C., e dell'edificio rimane molto poco in vista. Da quanto rimane in base alle notizie, si può supporre che la struttura, a pianta circolare, costruita con blocchi di calcare squadrati, presentasse una gradinata di una quindicina di ordini che poteva contenere all'incirca 1.500-1.600 posti a sedere. Non se ne può ipotizzare la copertura ed è probabile che sia esistito un muro perimetrale di recinzione dell'area.

Pur parlando di di riunione dell'assemblea, nè Diodoro, nè Plutarco nominano espressamente l'Ekklesiasterion. Dunque potrebbe anche pensarsi che l'assemblea popolare di Reggio si riunisse, per esempio, in un teatro, così come è attestato per diverse città.

Tuttavia gli altri dati forniti dalle fonti esaminate sono tali da escludere questa ipotesi. Infatti Plutarco dice chiaramente che gli strateghi reggini "riunirono l'assemblea e chiusero le porte". Le porte di cui si tratta sono quelle dell'edificio dove il popolo era stato convocato: la loro chiusura ne impediva l'uscita. Tale dato è fondamentale per identificare la tipologia architettonica dell'ambiente dove si riuniva l'assembea popolare, un ambiente non liberamente accessibile, come un teatro, ma chiuso e forse coperto.

Da esso inoltre non poteva scorgersi il mare, dato che tutto l'inganno ordito da Timoleonte e dagli strateghi reggini presuppone l'impossibilità dei cartaginesi, che si trovano in assemblea, di accorgersi che la flotta corinzia stava salpando. Sappiamo anche che il luogo di riunione era situato non nella parte bassa della città, prossima al mare, ma nella parte collinare, dato che Plutarco ci informa che Timoleonte, fuggendo dall'assemblea, "discese verso il mare". Esso inoltre doveva avere una rispettabile capienza. infatti le fonti riferiscono concordamente che vi si riuniva l'assemblea e Plutarco parla di "moltitudine riunita" e di "folla" mentre Diodoro precisa che l'assemblea era "plenaria". Infine entrambi ci informano che l'edificio era dotato di una tribuna per gli oratori (βῆμα), attorno alla quale si affollano i reggini per creare confusione e consentire a Timoleonte di dileguarsi inosservato.

[modifica] Terme Romane

Da scavi effettuati durante la sitemazione del lungomare successiva al terremoto del 1908, sono venuti alla luce i ruderi di uno degli otto impianti termali presenti in città in epoca Romana. Il sito - denominato "Terme Romane" - presenta resti di pavimento a mosaico costituito da piccole tessere bianche e nere. Esso è tra le poche testimonianze giunte ai giorni nostri del periodo in cui la città di Rhegium Julium fu Civitas Confoederata di Roma e prosperoso Municipium dell'Impero Romano in Magna Grecia; sembra infatti che l'area interessata dall'impianto termale sia di gran lunga più estesa di quanto non lo sia la zona visitabile del sito, rendendo l'impianto paragonabile per estensione ad esempio alle terme di Diocleziano.

[modifica] Mura della città greca

A testimonianza della vastità della città greca rimangono oggi pochi tratti della cinta muraria sopravvissuti agli eventi storici. Ne esiste ancora un tratto sul lungomare, uno sulla Collina degli Angeli, ed uno sulla collina del Trabocchetto.

[modifica] Mura greche sul lungomare

Il sito più noto riguardo le mura reggine è quello denominato "Mura Greche" che sorge sul Lungomare Falcomatà nei pressi di Palazzo Zani. Questo tratto di mura risale al IV secolo a.C. e farebbe parte della rifortificazione operata da Dionisio II di Siracusa, dopo che la città fu presa dal padre Dionisio I. Il sito è costituito da due file parallele di grossi blocchi di arenaria tenera.

[modifica] Mura della collina degli Angeli

Le mura sulla collina degli Angeli, costruite in mattoni crudi - cioè con del fango misto a paglia lasciato seccare al sole - sono conservate per un tratto lungo una decina di metri. Dal lato Est, al di fuori della città antica, la parte visibile non supera i 3 metri, mentre dal lato interno il muro si presenta in realtà molto più imponente.

Nel tratto conservato sono stati titrovati:

  • una inscrizione in caratteri greci, ma probabilmente in lingua osca;
  • una edicola votiva rappresentante una Vittoria alata, con legenda TRIS NIKA, tre volte vittoria. Si ipotizza che l'edicola votiva ricordi un assalto alle mura da parte di Pirro o più probabilmente di Annibale, respinto dai Reggini.

[modifica] Mura del parco archeologico Trabocchetto

[modifica] Bibliografia


[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Viste da satellite


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