Storia di Reggio Calabria
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«Laddove l’Apsias, il piu’ sacro dei fiumi, si getta nel mare, laddove, mentre sbarchi una femmina si unisce ad un maschio, là fonda una città;
il Dio ti concede la terra ausone.» |
(Diodoro (XIII, 23) riporta il testo dell’Oracolo di Delfi, che ispirò la fondazione della città.)
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La millenaria Storia di Reggio Calabria inizia dall'origine mitologica che risale al 2000 a.C. per proseguire con la fondazione come colonia greca nell'VIII secolo a.C. Fu una fiorente città della Magna Grecia e successivamente alleata di Roma. Poi fu una delle grandi metropoli dell'impero bizantino e fu sotto gli arabi, i normanni, gli svevi, gli angioini e gli aragonesi. Fu toccata da un grave terremoto nel 1783. Entrò a far parte del Regno di Napoli e del Regno delle Due Sicilie e passò quindi al Regno d'Italia. Nel 1908 subì le distruzioni di un altro terribile terremoto, quindi fu ricostruita in epoca liberty ma poi parzialmente danneggiata dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Crebbe notevolmente nel corso del XX secolo ma nei primi anni '70 fu protagonista di grandi sconvolgimenti regionali, le cui conseguenze portarono ad un ventennio buio dal quale però, grazie ad una serie di fortunate amministrazioni negli ultimi decenni, la città si è notevolmente ripresa, tornando ad essere secondo i dati demografici, economici e turistici protagonista nel panorama mediterraneo.
Indice |
[modifica] Gli insediamenti pre-greci, la civiltà meticcia e il nome "Italia"
Gli storici antichi narrano che Reggio venne fondata su un precedente insediamento molto più antico che, alcune leggende popolari abbastanza verosimili dati i riscontri letterari, avevano attribuito la fondazione ad Aschenez, pronipote di Noè, il quale sarebbe approdato sulla costa intorno al 2000 a.C., e da cui originariamente la regione avrebbe preso il nome di "Aschenazia". Tale evento è ricordato nella menoria storica della città, come ad esempio il nome della "via Aschenez".
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«Aschenez in verità diede origine agli Aschenazi, che ora dai greci sono chiamati Reggini»
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Si era dunque formato nei secoli anteriori allo sbarco dei greci un agglomerato più ampio col nome Pallanzio (Pallantiòn), abitato in epoche diverse da popoli appartenenti alle stirpi degli Ausoni, degli Enotri e infine degli Itali.
Dionigi di Alicarnasso e Diodoro Siculo ci dicono che gli Ausoni erano stanziati nella zona di Reggio già intorno al XVI secolo a.C. Mentre gli Itali, secondo molte fonti tra cui lo stesso Dionigi di Alicarnasso, Tucidide e Virgilio, dicono che questi ultimi erano un ramo dei Siculi che non avevano seguito la maggioranza del loro popolo nel passaggio alla vicina Sicilia (dando poi il loro nome al'isola).
Il piccolo nucleo rimasto al di quà dello Stretto era stato governato da un Re-Patriarca che con saggezza e generosità aveva conquistato il cuore dei propri sudditi, entrando nella leggenda popolare e nel mito come Re Italo. Alla sua morte i sudditi avevano deciso di assumere il nome di Itali. E col tempo il territorio della punta dello stivale prospicente lo Stretto aveva preso il nome di "Italia".
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«Italo, uomo forte e savio.»
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«Quella regione fu chiamata Italia da Italo, re arcade.»
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(Tucidide)
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«Nell'Italia vi sono ancora dei Siculi e il paese fu chiamato Italia da Italo, un re dei siculi che aveva questo nome.»
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(Tucidide, Storie VI,4,6)
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«Dagli Enotri cólta, prima Enotria nomossi: or, com'è fama, preso d'Italo il nome, Italia è detta.»
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Secondo altre fonti questo nome era legato a una delle fatiche di Eracle contro Gerione. Certo è però che l'arrivo dei greci non fece scomparire tale nome, anzi si espanse offrendo una illuminante testimonianza della straordinaria mescolanza di culture, tradizioni e riti religiosi tra le popolazioni autoctone e i nuovi arrivati che si realizzò con l'arrivo dei greci. Da una felice combinazione di diverse culture quindi scaturì quella tipica civiltà meticcia dei Greci d'Occidente, che più tardi si sarebbe guadagnata la definizione di Magna Grecia.
Col passare del tempo il nome Italia si consolidò nell'uso comune cominciando a definire gli abitanti delle città-stato del Mezzogiorno prima come Italioti, poi Italici con l’arrivo dei Romanie, solo molto tempo dopo avrebbe risalito la penisola per definirla "Italia" nella sua interezza con la conquista della Gallia Cisalpina da parte di Giulio Cesare.
[modifica] Fondazione della città
La ricca suggestiva fantasia dei Greci, fondendo il fantastico ed il reale, ha circondato le origini di Reggio da un alone di arcana leggenda. Oltre al mito di Aschenez, riguardo la fondazione ve ne sono molti altri, ma i più significativi con un certo fondamento storico-iconografico sono il mito di Jocasto e il mito di Eracle:
[modifica] Il mito di Jocasto

Legato alle origini della città è il mito di Jocasto, o Giocasto (Iokastos), che aveva un più chiaro significato storico. Figlio di Eolo, re dei venti, sarebbe stato signore della costa di Reggio e fondatore della città o almeno considerato tale, quando essa sarebbe sorta sulla sua tomba, dove fu collocato dopo essere stato ucciso dal morso di un serpente. Il personaggio seduto, poggiante su di un bastone, che figura nelle belle monete reggine del V secolo a.C., è proprio Jocasto, ricordato quale oichista della città, tanto più che in un esemplare delle stesse monete scorgesi accanto al braccio ed alla schiena un serpente nell'atto di morderlo. La tradizione faceva fremare su quella tomba i Calcidesi, ai quali si doveva la leggenda stessa.
[modifica] Il mito di Eracle
Secondo un'altra leggenda, le origini della città si collegano con il passaggio di Eracle, reduce dalla Iberia con i bovi gerionei.
Uno di essi, staccatosi dall'armento, dopo avero percorso la regione che da esso prese il nome (secondo la tradizione che vede il nome Italo derivato proprio da qui), lanciandosi in mare si dirigeva in Sicilia, onde l'eroe era costretto a seguirlo, quando già stanco del lungo viaggio, per ben riposare, aveva ottenuto dagli dei che zittissero le cicale, che lo infastidivano col monotono canto.
Come simbolo di tale leggenda le prime monete di Reggio, risalenti al VI secolo, fra il 550 e il 493 a.C., portano la figura dal bue androposopo ed in alto un grillo.
[modifica] La colonia calcidese
La città greca venne dunque fondata sul preesistente insediamento nel 730 a.C. da coloni provenienti dalla città di Calcide nell'isola di Eubea, madrepatria di diverse altre colonie nella Magna Grecia.
Secondo alcune fonti antiche ai Calcidesi si sarebbero aggiunti anche alcuni Messeni del Peloponneso esuli politici, ma la presenza dorica risulterebbe attestata solo a partire dal VI secolo a.C.
La data della fondazione di Reggio è stata fissata al 14 luglio dell'anno 730 a.C. secondo gli studi effettuati dagli storici prof. Pasquale Amato e mons. Nunnari, confermati dallo storico francese Georges Vallet, su numerosi testi storici antichi, fra i quali Tucidide, emerge chiaramente che intorno a tale data i calcidesi fondarono la colonia di Rhegion, ciò risulta attendibile anche considerando che le imbarcazioni dell'epoca potevano navigare in piena sicurezza solo nel periodo primaverile-estivo.
Gli storici greci Tucidide e Diodoro Siculo (XIII, 23) narrano come l'oracolo di Delfi avesse indicato ai coloni di fondare la nuova città:
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«Là nel punto in cui l’Apsias, il più sacro dei fiumi, si getta in mare,
dove troverai una femmina avvinghiata ad un maschio, il Dio ti concede la terra ausonia.» |
Quando si fermarono nei pressi del promontorio di Punta Calamizzi alla foce del fiume Apsìas (l'attuale fiumara Calopinace), avendo intravisto una vite avvinghiata ad un fico selvatico nella località denominata Pallantion (l'attuale zona "fortino a mare" o "tempietto"), decisero di stabilirsi dunque in quel luogo, fondando la prima πόλις (polis) greca in Calabria.
Della sacralità del fiume ne è testimonianza la più antica moneta coniata dalla città, raffigurante un toro con faccia umana, che nell’iconografia classica rappresenta la personificazione dei fiumi.
La nuova città prese il nome di Rhegion. Il termine viene riferito nelle fonti antiche al verbo "regnumi", che significa rompere, spezzare, in ricordo della scissione geologica della Sicilia dalla Calabria. Si è invece sostenuta una sua derivazione dalla radice indoeuropea protoitalica "reg", con il significato di "capo, re", in riferimento al promontorio che dominava il panorama dalla penisola e che anticamente costituiva il porto naturale.
L'antica foce del Calopinace con il promontorio di Punta Calamizzi che si protendeva verso la Sicilia, ispirò a Tucidide la definizione:
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«Reggio, acroterio d'Italia.»
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(Tucidide - Storie, I 30 1)
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Gli acroteri erano le decorazioni sommitali dei templi di prestigio, che nel frontone, ai tre vertici, esibivano statue o immagini di potenti divinità, titolari del santuario. Lo storico ateniese volle infatti immortalare in una frase la bellezza, la grazia e la magnificenza della città dello stretto: Reggio sta come una decorazione terminale dell'Italia greca, affacciandosi sul suo mare come un tempio suggestivo e imperante, come fosse il "tempio d'Italia".
[modifica] Periodo greco
Le ceramiche calcidesi di Reggio |
In epoca greca Reggio fu il maggiore centro di produzione della cosiddetta "ceramica calcidese", affermandosi come la concorrente più prestigiosa e agguerrita della "ceramica ateniese" nel bacino del Mediterraneo.
Tra i molti, alcuni esemplari sono oggi custoditi al Museo del Louvre di Parigi. |
La posizione geografica di Reggio e un governo illuminato ne fecero presto una della capitali del mediterraneo. Centro di intensi traffici commerciali e di un crescente potere economico Rhegion contese infatti a Siracusa l'egemonia dello Stretto, essendo uno dei centri politici e culturali più fiorenti della Magna Grecia soprattutto durante il governo di Anassila, Reggio esercitò influenza anche sulla dirimpettaia città di Zancle.
Frequenti erano i contatti con le città calcidiche della costa siciliana con le quali Reggio condivide gran parte della sua storia e della sua cultura antica, e numerose furono le guerre che ebbe con Locri Epizephiri inizialmente alleata, ma poi contrapposta, il cui territorio confinava con quello di Reggio comprimendone lo sviluppo. Fin dai primi anni della sua fondazione, lo stato reggino si estendeva infatti sul versante nord tirrenico fino a Medma e Metauro, città fondate anch'esse dai Calcidesi stessi di Reggio (nei pressi dell'attuale torrente Petrace vicino Gioia Tauro), mentre sul versante sud jonico fino al fiume Cecino o Alece (Halex, l'attuale torrente Galati nei pressi di Palizzi). Più tardi sotto Anassila, con l'occupazione di Messina, la polis di Reggio estese il suo stato anche sull'altra sponda dello Stretto. La fonte principale del benessere della fiorente colonia italiota, fu il commercio e specialmente la vigilanza, che poteva esercitare sul movimento delle navi mercantili lungo il Canale.
Come molte altre colonie che fondarono delle subcolonie, Reggio fondò Pixunte (Pixous) nel 471 a.C. sulla foce del fiume Bussento, identificata oggi probabilmente con la località Policastro Bussentino, frazione di Santa Marina (SA).
[modifica] L'età arcaica e il "governo dei mille"
Dalle prime notizie pervenute, che si riferiscono a qualche secolo dopo la sua fondazione, apprendiamo che Reggio era ordinata a repubblica aristocratica. Capo del governo era un Egemone scelto ordinariamente fra gente messenica. La podestà legislativa era in mano ad un "Consiglio di Mille" sotto il nome di "Escletos" appartenenti alle famiglie patrizie.
Questo governo fu successivamente trasformato in democrazia con l'adozione delle leggi di Caronda, il più importante legislatore delle colonie calcidesi, che diede alla città un codice ancor prima delle altre colonie della Magna Grecia. Ciò permise a Reggio tra l'altro di avere una forte politica estera.
Per lungo tempo infatti Reggio volle esercitare una politica di amicizia con la vicina Locri Epizephiri. Avvenimento di questa amicizia è l'aiuto sollecito e determinante dato dai Reggini ai Locresi, assaliti dai Crotoniati nella celebre Battaglia della Sagra. Reggio mandò infatti un grosso contongente di truppe che, al comando dello stratega Lisistrato, riportarono nel 506 a.C. presso il fiume Sagra, una brillante vittoria sui Crotoniati.
Da questo momento divenne più fervente il culto dei Dioscuri (Castore e Polluce), alla cui protezione si attribuì la vittoria. Certo l'aiuto inviato rappresentava non solo un atto di solidarietà e di amicizia con la vicina colonia, ma anche una misura preventiva, onde evitare il pericolo che avrebbe costituito un'avanzata di Crotone sul vicino territorio locrese.
Dopo tale vittoria Reggio aveva perduto i vantaggi di carattere commerciale che le venivano da Crotone e da Sibari, però aveva stretto in compenso una salda amicizia con i locresi, che non lasciava ancora intravedere i malumori e le rivalità che dovevano fare di Reggio e Locri due implacabili perenni nemiche.
[modifica] Anassila e l'unificazione dello Stretto

La città raggiunse il suo massimo splendore sotto il saggio governo di Anassila, che portò Reggio ad essere uno dei centri politicamente ed economicamente più importanti del Mediterraneo.
Nei primi decenni del V secolo a.C., la città si trovava in una situazione politca particolarmente delicata, mentre numerose minacce giungevano da ogni parte: da ovest gli Etruschi tentavano di acquistare influenza sul tirreno, dal nord si faceva sentire sempre più la pressione della potenza crotoniate e da sud si affacciava la minaccia siracusana, che cercava di sottomettere le città calcidiche ed estendere la sua influenza oltre lo Stretto. All'interno vi era poi un sistema di governo aristocratico con oligarchia sgradito al popolo.
Dallo stato d'animo dei suoi concittadini, seppe trarre profitto Anassila, un giovane condottiero della discendenza messenica, che nel 494 a.C. si impadronì del governo della città ponendosi a capo di un movimento democratico, favorito da una città di indole commerciale quale era Reggio.
Egli accolse fraternamente gli esuli ionici, quali Samii e Milesi, profughi della invasione persiana; di essi una parte rimase definitivamente a Reggio. Ma il suo primo pensiero dovette essere quello di assicurarsi il dominio dello Stretto. Contro le scorrerie degli Etruschi e forse contro la minaccia siracusana, il signore di Reggio aveva elevato, alla estrema punta settentrionale dello Stretto, una fortezza sull'imponente promontorio scilleo famoso nell'antica leggenda del mostro Scilla.
La posizione sullo Stretto, mira di tante invidie ed ambizioni, doveva essere ben guardata anche per mare, perciò Reggio aveva creato fin dal V secolo a.C. una forte marina da guerra. Ma il possesso di una delle coste dello Stretto non bastavano per conseguire l'egemonia sullo Stretto stesso: era necessario estendere il dominio sul lato opposto del Canale, sul sicuro porto di Zancle.
Anassila seppe ben presto trovare l'occasione che lo avrebbe condotto alla conquista di Zancle quando, dopo la caduta di Mileto, giunsero i Samii con l'intenzione di fondare una nuova città sul territorio siculo, Anassila li indusse ad occupare Zancle, anzichè darsi pensiero di fondare una nuova città. Gli zanclei chiesero aiuto a Ippocrate di Gela, il quale però, per timore di mettrsi contro il potere di Anassila, non fece altro che accordarsi con i Samii circa la divisione della preda. Così Zancle nel 496 a.C. rimase ai Samii ed Anassila potè realizzare, qualche tempo dopo, il suo disegno, quando, scacciati i Samii stessi, divenne signore dell'intero Stretto, ribattezzando la città sicula con il nome di "Messene", in onore della patria da cui discendeva.
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«Samios, vero Anaxilas, Rheginorum tyrannus, non multo post eiecit et urbem, hominibus mixtis frequentem reddidit et nomine mutato, Messenem, a sua antiqua patria, nominavit.»
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(Tucidide, Historia belli pheloponnesiaci, VI, 4,6)
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Ma, ottenuta la sicurezza dello Stretto, Anassila dovette seguire un'abile e accorta politica, per salvaguardarsi dai pericoli provenienti dai vicini stati territoriali. Proprio in quel periodo Crotone cominciava ad esercitare una forte pressione espansionistica. per mare, assai preoccupante era la crescente potenza di Siracusa, dove Gelone iniziava una politica prevalentemente marinara con la costruzione di una potente flotta.
Poco tempo dopo Gela, alleata di Siracusa, attaccò con l'inganno Imera, costringendo alla fuga il tiranno Terillo, suocero di Anassila. Questi, allarmato dal successo degli avversari e desideroso di restituire il trono a Terillo, chiamò in aiuto i Cartaginesi, ma purtroppo l'alleanza dorica costituita da Gela, Agrigento e Siracusa, ebbe la meglio sul piano strategico costringendo Reggini e Cartaginesi alla sconfitta proprio nello stesso giorno in cui i Greci combattevano la disperata battaglia delle Termopili.
Successivamente Siracusa estese il suo dominio su quasi tutta la Sicilia facendo sentire la propria influenza anche al di fuori. Lo stesso Anassila dovette subire gli influssi di tale potenza anche nello svolgimento della politica in Italia. Così, quando nel 477 a.C. decise di attaccare con un esercito la città di Locri che, sul punto di essere sottomessa si rivolse a Siracusa, egli dovette desistere dall'impresa.
Anassila, allo scopo di salvagurdare Messena dalla crescente potenza siracusana, cercò di legarsi in rapporti amichevoli con Gelone, concedendo la propria figlia in sposa al fratello di lui, Gerone.
Qualche tempo dopo, nel 476 a.C., Anassila moriva. La sua signoria rappresenta un periodo di grande splendore per la potenza reggina, che si estendeva ormai su parte della Sicilia. Anche all'interno, il suo governo si distinse per sentimenti di giustizia, si da lasciare cara memoria di sé presso i Reggini.
[modifica] L'alleanza con Taranto e la politica commerciale
Morendo, Anassila affidò i suoi due figli minorenni al ministro Micito, perchè consegnasse loro il governo delle due città dello Stretto raggiunta la maggiore età. Micito fu un uomo politco di larghe vedute, che seppe adattare il suo governo alle circostanze del tempo. Nei primi anni della sua reggenza strinse alleanza con Taranto.
La situazione di quel periodo vedeva infatti una Siracusa che aveva soggiogato Naxos, Catania e Leontini, sostituendo alle popolazioni indigene dei mercenari peloponnesiaci che trasformarono le tre città in colonie militari. Ora le sue mire espansionistiche si concentravano sullo Stretto, di cui comprendeva la grande importanza strategica e commerciale. Reggio nelle mosse di Siracusa vedeva dunque una crescente minaccia alla sua egemonia sullo Stretto. In tali condizioni le città che potevano porgerle aiuto, erano Locri, Crotone e Taranto. Ma Locri era da scartare, perchè secolare nemica e rivale di Reggio; Crotone, dopo essere stata sconfitta dagli stessi reggini nella battaglia della Sagra restava ancora ostile. Prova di questa inimicizia è il fatto che a Reggio al tempo di Anassila avevano trovato ospitalità i Pitagorici, fuggiti da Crotone. Non rimaneva che Taranto e l'alleanza con essa pareva presentare non pochi vantaggi.
Reggio era signora dello Stretto, mentre Taranto dell'unico altro buon porto più vicino alla Grecia ed all'oriente. Un loro accordo nuoceva alla concorrenza di tutte le città italiote ed era destinato a paralizzare Siracusa, ormai troppo invadente per la sua ardita prnetrazione nel mar tirreno. Micito spingeva lo sguardo molto più in la dei suoi stessi reggini: l'alleanza di Taranto gli si presentava come il miglior modo per garantire a Reggio ed alle restanti colonie calcidesi della Campania, il transito diretto dei commerci fra l'oriente e l'occidente.
Come trattato d'unione fra Reggio e Taranto, sembra che Micito abbia fondato una colonia reggina di nome Pyxus o Pissunte (Policastro) sul mar tirreno, collegata con il golfo di Taranto attraverso la valle del Siris. Così le merci, giunte a Taranto, venivano sbarcate alla foce del fiume e risalendo la valle giungevano presso Pyxus con un breve cammino senza il pericolo di incontrare navi nemiche.
La fruttuosa alleanza portò nel 473 a.C. però ad una disastrosa sconfitta dell'alleanza di Reggini e Tarantini ad opera degli Japigi, i quali armarono con gli alleati un esercito di 25.000 uomini. I Tarantini, informati che i nemici disponevano di tanta moltitudine di uomini, chiesero aiuto a Reggio. Ebbe quindi luogo una fubesta battaglia in cui gli Japigi ottennero la vittoria. I vinti, divisi in due parti, fuggirono alcuni verso Taranto, altri verso la colonia reggina di Pixus che venne occupata.
Tale sconfitta rese tristamente celebre il governo di Micito ed attirò ingiustamente verso di lui l'odio e la recriminazione della cittadinanza. I reggini non compresero i benefici che, nonostante l'attacco degli japigi, poteva avere Reggio dall'alleanza tarantina e presero in odio il governo di Micito; così, istigati dal cognato Gerone di Siracusa, raggiunta la maggiore età, nel 467 a.C. i figli di Anassila revocarono i poteri dalle mani del tutore a cui chiesero resoconto dell'amministrazione. Micito, da uomo probo quale sembra che fosse, diede ragione del suo operato con tale scupolosità da riguadagnarsi l'ammirazione dei reggini per rettitudine e fedeltà. I figli di Anassila stessi, pentiti, lo pregarono di restare come successore del loro padre, ma egli si rifiutò partendo per la Grecia e ritirandosi a Tegea in Arcadia, dove trascorse il resto della sua vita.
In verità, tenendo conto del delicato momento politico in cui si trovava Reggio, la condotta di Micito era più che giustificabile vista l'accortezza della sua politica, incompresa purtroppo dai suoi sudditi.
[modifica] L'arrivo dei pitagorici e lo splendore culturale
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Per approfondire, vedi la voce Scuola pitagorica reggina. |

Dopo la rivolta demagogica di Cilone contro il Pitagorismo, molti pitagorici furono costretti ad abbandonare Crotone ed a rifugiarsi altrove, ma soprattutto a Reggio accolti dal mecenatismo di Anassila. Ciò permise a Reggio di diventare un centro pitagorico importantissimo, nel cui sinedrio si distinsero non pochi reggini, tra cui i filosofi Pitone vissuto al tempo di Dionisio I, Butera Lico (considerato padre adottivo del poeta tragico Licofrone), Ippone, Ippi, Astilo, Aristide, Atosione, Opsimo, Euticle e Mnesibolo; e ancora Aristocle, Ipparchide, Tecleto, Teocle ed altri, dai quali derivò quella intellettualità eclettica, che pose Reggio ai primi posti nella vita culturale dell'antichità.
La dottrina pitagorica sostituiendo al culto di Dioniso, quello di Apollo e della luce concepiva la vita umana come organo de'indagine e di sapienza. Numerosi sono i tipi di monete su cui è impressa la testa del nume apollo come simbolo del culto che ebbero i reggini.
Il Leone di Nemea e la "Mediterranea" |
Caduta la tirannide a Reggio vennero aboliti i vecchi tipi monetali e la città rimise il tipo, sul cui dritto vi era la testa del leone di Nemea ed al riverso il "demos", personificazione del popolo libero. La tipica moneta recante la testa del Leone di Nemea (del 400 a.C.) è un'immagine particolarmente caratteristica della città di Reggio. L'effige fu infatti ripresa successivamente per creare il simbolo dell'Università degli Studi, a voler ricordare il periodo di splendore artistico e culturale della civiltà reggina durante il quale la moneta fu coniata. |
Sorse dunque a Reggio una delle più grandi scuole pitagoriche che, per la poesia e la letteratura, fece risplendere la città su ogni altra della Magna Grecia, con effetti positivi anche sui costumi, sulle idee, sulla legislazione repubblicana.
Oltre alla scuola pitagorica sorse a Reggio un'importante scuola di scultura il cui massimo esponente fu Pythagoras (Pitagora Reggino), annoverato tra i cinque più grandi scultori dopo Fidia, ciò contribuì non poco ad elevare la città sotto il profilo del gusto estetico ed artistico.
[modifica] La nuova aristocrazia e l'alleanza con Atene
Dopo l'uscita di scena di Micito, i figli di Anassila si divisero la signoria ma, degeneri della virtù paterna, commisero tali turpitudini e delitti da essere scacciati dal popolo insorto contro di loro. Dopo la caduta della tirannide, Messina tornò libera e Reggio, probabilmente con l'intervento della stessa Crotone, venne di nuovo ad essere governata dal partito aristocratico che rappresentava il ritorno al potere dell'antico elemento calcidico, per breve tempo sopraffatto da quello messenico.
Verso il 443 a.C. Reggio ed Atene stipularono un trattato di alleanza con il quale la città greca cercava di intervenire contro l'elemento dorico d'occidente, mentre Reggio cercava aiuto per opporsi alla potenza dell'alleanza sorta nel frattempo tra Locri, Messina e Siracusa. Un pregevole documento di questo trattato è dato dalla scoperta di due marmi, che celebrano l'alleanza tra Reggini, Ateniesi e Leontini. Lo Spanò Bolani asserisce che tra i marmi che Lord Elgin trasportò dalla Grecia in Inghilterra, ve n'è uno dov'è incisa la formula stessa del patto. Lo Spinazzola [1] scrive che nel frammento sono specificati i negoziati del trattato. La formula è semplice e grave:
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«Sarà fede e ricchezza e sincerità tra Ateniesi e Reggini e alleati, saremo fedeli giusti e forti difensori secondo i patti [...]»
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Con questo nuovo passo, l'azione diplomatica dello stato ateniese poneva piede sulla costa della Magna Grecia. Testimonianza dell'amicizia con Atene, è la moneta reggina simile allo statere di Corinto con la testa di Pallade Atena; al riverso il Pegaso. Forse tale trasformazione fu fatta per utilità di commercio.
Nel 427 a.C. avvenne la prima spedizione ateniese in Sicilia, in aiuto di Leontini minacciata da Siracusa. Quando giuse la flotta ateniese fu ben accolta dalla città di Reggio che fin dal primo momento divenne la base navale delle offensive militari iniziate agli ultimi di settembre. I reggini facevano questo sia per affinità di stirpe con quelli di Leontini, ma soprattutto per odio contro i locresi che, dal tempo di Gerone in poi seguivano le sorti di Siracusa.
Quindi da Reggio gli ateniesi vollero iniziare la conquista della Sicilia, e per fare ciò pensarono che fosse necessario domare la dorizzante Locri e poi ridurre all'obbedienza Mylae, Messina e le Lipari. La prima spedizione si concretizzò nella battaglia navale nello Stretto. ad essa parteciparono la flotta Siracusano-Locrese di 30 navi e quella Ateniese-Reggina di 24. Nonostante l'inferiorità numerica Reggio con gli alleati ateniesi ebbe la vittoria mentre Siracusa e Locri sconfitte dovettero riparare a Capo Peloro.
Nel 433 a.C. Reggio stipulò il secondo trattato di alleanza con Atene e pochi anni dopo la Pace di Nicia, avvenuta nel 424 a.C., partiva una seconda grande spedizione organizzata da Alcibiade, con il pretesto di intervenire a favore dell'alleata Segesta, contro Selinunte che era appoggiata dai siracusani quindi alleata spartana.
Gli ateniesi dunque speravano di ottenere l'effetto mancato nella prima spedizione, ma questa volta Reggio prese una posizione di neutralità, e non accolse gli ateniesi dentro le mura che si accamparono fuori dalla città vicino al tempio di Artemide (che sorgeva sulla lunga striscia di terra chiamata Punta Calamizzi, scomparsa a causa di un terremoto nel 1562). Reggio, dopo l'esperimento fatto nella precedente spedizione, rispondeva che essa sarebbe rimasta neutrale e che, del resto, si sarebbe attenuta a quanto avessero fatto le altre città italiote. Nella risposta dei reggini dunque risultava chiaro il fallimento della politica di Pericle in occidente.
In realtà la partecipazione delle due città del Bruzio agli avvenimenti che accompagnarono la prima spedizione degli ateniesi in Sicilia, si era risolta in una guerra reciproca, nella speranza che l'una potesse sopraffare l'altra. Dunque la vecchia inimicizia tra le due città rivali veniva adesso riaccesa dalla sopravvenuta circostanza dell'indebolimento dello stato crotoniate, per cui sia Locri che Reggio, desiderose di estendere la propria influenza sul mar tirreno, ambivano a riacquistare Medma e Ipponio. Ma siccome Feace, al fine di far accostare i locresi alla pace di Nicia, si era adoperato perchè Medma ed Ipponio riconoscessero la signoria di Locri, i reggini a ben ragione mutarono condotta nella seconda spedizione ateniese, giacchè gli ateniesi stessi avevano dimostrato di non avere alcun interesse di favorire Reggio nel suo piano di espansione territoriale ai danni di Locri. E come dimostrano i fatti i reggini non avevano torto; infatti, grazie alla loro neutralità, non patorono nulla per la grande disfatta ateniese presso la baia di Egospotami.
Così nel 416 a.C. per tentare la conquista della Sicilia, Atene radunò a Reggio un'armata imponente di 134 triremi con un equipaggio di 25.000 uomini oltre alle 6.400 truppe da sbarco. La flotta partì nel 415 a.C. e fu radunata a Reggio, quindi nell'inverno dello stesso anno con l'arrivo di ulteriori rinforzi partì l'esercito e la flotta ateniese che nel 414 a.C. assediò Siracusa.
[modifica] La guerra con Siracusa
Quando Dionisio salì al potere di Siracusa, i reggini furono inevitabilmente spinti a prendere posizione contro di lui, del quale non avevano tardato a scorgere le mire ambiziose, tendenti all'assoluto dominio dello Stretto. la loro politca estera non poteva dunque essere diversa da quella seguita da Anassila. Tanto più che per Dionisio, il possesso dello Stretto era una necessità per inibire il passaggio ai cartaginesi.
Nella lotta contro Siracusa, Reggio cercò di avere Messina dalla sua parte, e perciò tentava di di ostacolare le mosse della fazione siracusana esistente in tale città. Tuttavia, quando Dionisio si trovò assediato dai cartaginesei ad Ortigia nel 399 a.C., Reggio e Messina riuscirono ad intervenire unite in favore dei ribelli siracusani contro il tiranno. Ma pur se Reggio raccolse un grosso contingente di 6.000 fanti, 600 cavalieri e 50 navi, nemmeno unita alle forze di Messina riuscì ad avere la meglio. Dionisio riuscì quindi a liberarsi e a preparare la rivincita contro i cartaginesi e, pensando che gli sarebbe stata di grande giovamento l'amicizia delle due città dello Stretto, volle proporre loro un'alleanza. Ma se riuscì a farsi amica Messina, Reggio gli rimase sempre ostile, tanto che si rifiutò di concedere in sposa al tiranno una fanciulla reggina, inoltre nel 399 a.C. la "Democrazia Calcidese" di Reggio rifiutando l'alleanza siracusana ne ospitò gli esuli Eloride e Fitone.
Tuttavia Reggio che rifiutò l'alleanza non mostrò alcuna intenzione di favorire Cartagine e, nella grande contesa mantenne la più assoluta neutralità. ma Dionisio , anche dopo la potente vittoria dui cartaginesi, rimase sempre diffidente dell'ostile Reggio e, temendo che essa potesse allearsi, da un momento all'altro, con la rivale Cartagine, vedeva la necessità impellente di impadronirsi dello Stretto.
L'occasione gli si presentò quando Reggio aderì alla lega Italiota (o lega Achea), stretta dagli stati italioti contro la crescente potenza dei Lucani. Siccome alla lega non aderiva Locri, Dionisio pensò di prendere posizione contraria a tale coalizione, così nel 394 a.C. cominciò con lo stabilire una colonia militare a Messina. Reggio, che aveva tutti gli interessi di impedire che Messina venisse in mano a Siracusa, dopo aver fatto le sua proteste nel 393 a.C. inviò contro la città siciliana un esercito per cingerla di assedio. L'attacco non andò a buon fine come non ebbe successo il contrattacco notturno di Dionigi verso le mura di Reggio ben difese da Eloride. In effetti, secondo quanto tramandano gli storici antichi, Reggio disponeva di mura difensive possenti che impedivano agli attacchi siciliani di aver ragione sulla città.
Nel 390 a.C. il signore di Siracusa tornò a Reggio portando una flotta di 120 navi lungo la costa dello Stretto. Anche questa volta, sia per l'intervento della lega Italiota, con Crotone che mandò 60 navi, sia per il valore dei reggini ed il sopraggiungere di una violenta tempesta, Dionisio rimase sconfitto e dovette riparare a Messina.
Tuttavia Dionisio non desisteva dalla sua idea e credette opportuno allearsi con i Lucani, la cui potenza era sempre minacciosa per gli stati italioti della lega Achea. Egli pensava che mediante tale alleanza avrebbe potuto assalire Reggio al momento opportuno, quando gli altri membri della lega fossero impossibilitati ad aiutare Reggio, impegnati in una eventuale lotta contro i Lucani. La guerra scoppiata fra i Lucani e i Turini sembrava essere l'occasione propizia, ma finì in maniera contraria alle sue aspettative, a causa di un malinteso dello stesso fratello Leptine, troppo conciliante con i Greci e fautore della pace fra essi ed i Lucani.
Dionisio cercò un'altra via: nella primavera del 388 a.C. con un grosso contingente di navi e soldati approdò a Messina e di là, mirando ad isolare Reggio, assalì Caulonia, sconfitta prima che gli alleati italioti avessero potuto darle aiuto. Dopo avere sconfitto un esercito sporadicamente raccolto dai crotoniati, si recò ad aggredire Reggio, la quale, colta alla sprovvista, trattò una pace che gli fu apparentemente concessa.
Dopo il trattato, Dionisio ricondusse l'esercito nello Stretto e continuamente faceva richieste di vettovaglie a Reggio per pagare tutti gli impegni di pace. Quando l'anno dopo (387 a.C.), i reggini si ritrovarono impoveriti dalle continue richieste e dovettero dargli un rifiuto, Dionisio trovò in ciò la causa per attaccarli dando prova di grande slealtà, ruppe la tregua e si scagliò contro Reggio con violenza feroce. Questa volta non vi era possibilità di salvezza. Eroica e disperata fu la resistenza dei reggini, che per 11 mesi gli vietarono di aprire una sola breccia nelle mura. Ma la fame e lo squallore pervasero la cittadinanza, cui non rimase che la resa a discrezione, mentre il generale Fitone che aveva comandato la resistenza venne ucciso.
Così nel 386 a.C. cadeva Reggio e gli antichi segnalavano l'avvenimento ricordando che era stata espugnata la fiorente città italiota patria di tanti uomini illustri. Secondo gli storici la città non fu distrutta, ma incorporata nel dominio di Siracusa, sembra infatti che a Reggio Dionisio abbia avuto per sé una sontuosa abitazione.
Le possenti mura di Reggio furono però rifortificate sotto il controllo del figlio Dionisio II, il quale cambiò il nome della città dandole il nome di Febea. La città comunque riuscì a liberarsi dal suo dominio nel 351 a.C. riprendendo il precedente nome.
- ↑ "Il Museo di Reggio", Conferenza tenuta nel 1960.
[modifica] Periodo romano
[modifica] La città confederata alleata di Roma e la via Popilia

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Per approfondire, vedi la voce Via Capua-Rhegium. |
Nel 351 a.C. per contrastare le incursioni dei bruzi, Reggio chiede aiuto a Roma, la città così riesce a mantenere la propria indipendenza. Dieci anni dopo diviene città confederata ed è alleata della stessa Roma contro Pirro nel 282 a.C., durante le guerre puniche e nelle successive guerre, essendo "socia navalis". Infatti nel 212 a.C., anno in cui Cartagine vinceva su tutti i fronti, Annibale aveva conquistato quasi tutto il meridione italiano tranne Reggio e Taranto, gli unici porti adatti a ricevere rinforzi consistenti.
I collegamenti via terra con Roma erano assicurati dalla Via Popilia, che portava da Reggio fino a Capua, e da lì la Via Appia conduceva fino a Roma. Nel 132 a.C. infatti la magistratura romana decretò la costruzione di una strada che congiungesse stabilmente Roma con la "Civitas foederata Regium", estrema punta della penisola italica. L'opera fu iniziata dal console Lucio Popillius Lænas e fu poi portata a termine dal pretore T. Annius Rufus (motivo per cui fu chiamata anche via Annia oltre che via Popilia). I centri principali indicati sul "cippo di Polla" erano dunque: Capua, Nuceria, Moranum, Cosentia, Valentia, ad fretum, ad statuam, Rhegium.
Nel 90 a.C. divampa il cosiddetto Bellum Sociale, nel quale gli alleati italici si schierano contro Roma, e Reggio è l'unica città del bruzio toccata dalle operazioni militari: Marco Lamponio, Tiberio Clepirio e Ponzio Telesino a capo dell'esercito italico cercano di conquistarla per farne base ideale per l'invasione della vicina Sicilia, ma il proprio pretore dell'isola Caio Norbano la soccorre, e a lui per riconscenza la città dedica una statua di cui si rinviene la base iscritta.
[modifica] Prosperoso municipio dell'impero romano
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Per approfondire, vedi la voce Regio III Lucania et Bruttii. |
Nell'89 a.C., terminato il bellum sociale, Reggio diviene municipium romano, e in particolare "municipium cum suffragio", conservando cioè la libertà di governarsi con leggi proprie, e di parlare la lingua greca, come premio alla sua fedeltà a Roma.
In età augustea prese il nome Regium Julium, probabilmente in onore di Giulio Cesare Ottaviano che la popolò con la sua Gens Giulia. Allo stesso Ottaviano divenuto imperatore Augusto i Reggini dedicarono una statua, di cui si rinvenne nel 1920 la base con l'iscrizione "AUGUSTI". La città comincia quindi ad avviarsi verso una lenta romanizzazione della lingua e dei costumi, si afferma il concetto di stato unitario tipico della Roma repubblicana ed imperiale, quindi Reggio perde autonomia istituzionale. In questo periodo le case di Rhegium sono servite da acquedotti che attingono dalla fiumara dell'Annunziata e nei pressi di via Reggio Campi; tra i tanti, un grande serbatoio/cisterna ellittica fu rinvenuto in via Acri.
La lenta latinizzazione della città permetteva di mantenere il greco, che veniva utilizzato dal ceto dirigente e dai mercanti che intrattenvano rapporti commerciali con l'Africa, l'Egitto e le coste dell'Asia minore; di queste assidue frequentazioni con l'oriente ne è testimonianza l'architrave marmoreo con iscrizione latina del tempio di Iside e Serapide del I secolo a.C.
Regium Julium fu amministrata (secondo le testimonianze del II secolo d.C.) dai quadrumviri quinquennali con amministrazione di giustizia ed edilicia potestate, e per tutta l’età imperiale, nonostante i numerosi terremoti, fu tra le più importanti città dell’Italia meridionale. Mantenne a lungo la lingua e le tradizioni greche.
Nel IV secolo Reggio fu dunque designata residenza del governatore (corrector) della Regio III Lucania et Bruttii (la provincia di "Lucania e Bruzio"), e in questo periodo sorsero numerosi edifici romani, tra cui il Pritaneo ed il Tempio di Apollo Maggiore (del quale si ignora oggi l'ubicazione), resti di un grande Ninfeo furono ritrovati nei pressi della stazione lido e di terme a Piazza Italia. L'abbondanza di acqua permise la costruzione di impianti termali pubblici e privati lungo il mare e all'estremità del Lungomare, indizio di civiltà raffinata e centro di vita mondana, attestata da un'iscrizione del 374 d.C., rinvenuta ne 1912 dove oggi sorge la Banca d'Italia, tra il Corso Garibaldi e la via Palamolla che narra com e il governatore Ponzio Attico fece ricostruire le terme pubbliche dopo il terremoto del 305 d.C. e restaurare il vicino palazzo del tribunale.
[modifica] Inizio del Cristianesimo e caduta dell'Impero romano
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Per approfondire, vedi la voce Colonna di San Paolo. |
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«Costeggiando, giungemmo a Reggio.»
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(San Paolo, Ap 28, 13)
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La città fu tra le prime della penisola ad essere influenzata dal cristianesimo, come è attestato negli Atti degli Apostoli (XXVIII, 13), infatti San Paolo nel suo terzo viaggio che lo condusse da Malta a Roma, nel 61 fece tappa a Reggio.
Punto obbligato di passaggio verso la Sicilia, Regium Julium fu saccheggiata e distrutta da Alarico nel 410 e, per la sua posizione, divenne dopo la caduta dell’Impero Romano d'Occidente, uno dei principali obiettivi degli eserciti che invasero l’Italia.
[modifica] Medioevo
[modifica] Invasioni barbariche e periodo bizantino
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Per approfondire, vedi la voce Ducato di Calabria. |
Caduto l'Impero Romano d'Occidente, durante il periodo delle invasioni barbariche Reggio fu minacciata numerose volte, dopo il saccheggio dei Visigoti di Alarico nel 410 seguì la guerra greco-gotica con l’assedio da parte degli Ostrogoti di Totila nel 549.
Sotto l’imperatore bizantino Giustiniano la città fu conquistata nel 536 dalle truppe guidate da Belisario, Reggio quindi fu provvista di mura e fortificazioni. Per più di cinque secoli la città fece parte dell'impero di Bisanzio, durante il quale rifiorì culturalmente e politicamente divenendo nel VI secolo capoluogo del Bruzio.
Con il nuovo benessere economico sotto l'imperatore d'oriente Basilio I, la sua sede vescovile fu elevata a "Metropoli dei possessi bizantini dell'Italia meridionale" il che le permise di diventare il nucleo principale della chiesa grecanica meridionale, meta di un continuo afflusso di monaci basiliani, i quali favorirono la massiccia presenza di conventi e luoghi di culto nel territorio reggino; ne sono oggi alcune testimonianze la Chiesa degli Ottimati (vicino al Castello Aragonese), la struttura antica della Cattolica dei Greci (in via Aschenez), la Cattolica di Stilo ed altre ancora.
All'inizio del 900 Reggio fu conquistata dagli Arabi capeggiati da Abû el’-Abbâs, che massacrarono gli abitanti e uccisero il vescovo, ma introdussero la coltivazione del gelso e l’allevamento dei bachi da seta, che si rivelerà poi importante per l'economia reggina.
Nel 909 la città fu ripresa dai Bizantini che ne fecero il centro amministrativo dell'Italia meridionale con il titolo di "Capitale del Ducato di Calabria", e Reggio divenne di nuovo florida e popolosissima. Per fronteggiare al meglio la minaccia araba, intorno al 1000 i Bizantini ampliarono il castello cittadino (la cui costruzione risale in ogni modo ad un'età più antica), e fecero erigere varie fortificazioni nell’entroterra della città, edificando alcuni kastra, detti anche motte, di cui ricordiamo i quattro principali di Sant'Aniceto, Sant'Agata, Calanna e Cenisio.
[modifica] Periodo normanno

Dal 1001 al 1027 Reggio fu dominata dagli emiri palermitani, ma poi ripresa dai bizantini. La campagna d'espansione normanna di Roberto il Guiscardo del 1059 portò un esercito a marciare sulla Calabria, tentando invano di prendere Reggio, ancora salda roccaforte bizantina. Nel 1060 il Guiscardo, riunitosi al fratello Ruggero, tornò una seconda volta in Calabria lanciandosi alla conquista di Reggio, che cadde dopo un lungo e difficoltoso assedio alla città fortificata. Roberto il Guiscardo prese quindi Reggio nominandosi egli stesso Duca di Calabria, nominò la città "sede del giustizierato di Calabria" (quindi senza infeudarla) e riportò la sede vescovile nell'orbita del Papa della Chiesa di Roma; risale infatti a quest'epoca l’istituzione del primo arcivescovato latino che pur lasciando sopravvivere la liturgia ortodossa, impose la gerarchia cattolica.
Nel 1085 dopo aver patito un nuovo saccheggio dai Saraceni dell'emiro Benavert, Reggio diventa il ponte strategico per l'occupazione della Sicilia da parte del conte Ruggero d'Altavilla.
[modifica] Periodo angioino-aragonese
Dopo il dominio Normanno la città seguì le alterne vicende di Angioini e Aragonesi, rimanendo sempre e comunque capoluogo regionale. Nel 1267 passata sotto gli Angioini subì un peggioramento delle proprie condizioni economiche e sociali a causa della pressione fiscale e delle guerre degli Angioini (a tale proposito si ricorda che Reggio durante i Vespri Siciliani del 1282 si alleò con gli Aragonesi, tentando invano di liberarsi dal dominio angioino che la occupò ancora per più di un secolo).
Nel 1443 Alfonso il Magnanimo la tolse agli Angioini riducendola a feudo del Regno di Napoli e privandola temporaneamente del titolo di capoluogo regionale che le fu restituito nel 1465 da Ferdinando I di Aragona in seguito ad un’imponente sommossa popolare.
Nella seconda metà del XV secolo la società reggina attraversò una fase di forte sviluppo tuttavia non durevole per l'instabilità del regno aragonese.
[modifica] Età moderna
[modifica] Il '500
Nel 1502, durante la guerra fra spagnoli e francesi, la città fu conquistata dal Generale Consalvo di Cordova il Gran Capitano ed assoggettata a Ferdinando il Cattolico re di Spagna.
La dominazione spagnola inizialmente non produsse effetti particolarmente svantaggiosi, infatti il titolo di capoluogo della provincia della Calabria Ultra fece registrare nella prima metà del XVI secolo un buon andamento demografico ed una considerevole ripresa economica.
La situazione però precipitò nella seconda metà del secolo, con l'avanzata degli Ottomani nel Mediterraneo e le incursioni dei pirati turchi.
Infatti la città fu saccheggiata nel 1512 dal famoso condottiero turco Khayr al-Dīn, più noto col soprannome di Barbarossa; nel 1526 il turco attacca nuovamente Reggio, ma questa volta subisce lo scacco ed è costretto a rivolgere le sue mire altrove. Nel 1594 la città viene nuovamente saccheggiata da Scipione Sinan Cicala, un rinnegato messinese convertitosi all'islamismo.
Nel frattempo il centro urbano fu danneggiato da un evento sismico nel 1562 che fece sprofondare il promontorio di Punta Calamizzi, pivando la città del suo porto.
Oltre a mettere in crisi la produzione ed il commercio, le incursioni turche indebolirono politicamente la città, che per ragioni di sicurezza fu temporaneamente privata del capoluogo della Calabria Ultra.
[modifica] Il '600 e il '700
Nel XVII secolo tuttavia cominciò nella zona la coltivazione del bergamotto, agrume originatosi spontaneamente a Reggio, destinato a divenire insieme all'allevamento del baco da seta la principale attività produttiva nei secoli successivi.
Nel corso del Settecento, passata sotto il governo dei Borbone, la città attraversò un periodo di prosperità e notevole crescita demografica, grazie anchre alll'affermarsi dell'agricoltura incentrata sulle colture specializzate del "giardino mediterraneo" (agrumi, gelso, vite, lino e ortaggi).
Lo sviluppo agricolo fu comunque favorito dall'assenza del latifondo e dalla diffusione della colonìa con le piccole proprietà contadine, che incrementarono l'allevamento dei bachi e la produzione della seta grezza nelle filande per il mercato dell'esportazione.
Ben inserita nei commerci internazionali, a Reggio fiorì anche l'industria della lavorazione dell'essenza del bergamotto (oggi DOP), che superò la produzione della seta destinata ad entrare in crisi verso la fine del secolo.
Purtroppo nel 1743 Reggio fu colpita da un'epidemia di peste che ne decimò la popolazione, e nel 1783 fu in parte distrutta dall’ennesimo terremoto, eventi traumatici che intaccarono la stabilità economica e incisero negativamente sull'andamento demografico. La città si riprese lentamente, fu ricostruita secondo il progetto proposto dall'ing. Giambattista Mori, che fece riedificare gli edifici con criteri più razionali e tracciando strade orizzontali ed ortogonali.
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«La ricostruzione ha reso Reggio pulita e piacevole»
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(George Gissing, il romanziere inglese visitò la Città nel 1897)
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Le idee illuministe si diffusero anche negli ambienti culturali reggini, favorendo la nascita di una loggia massonica fondata da Giuseppe Logoteta che però incise poco nel tessuto socio-politico della città a causa dell'attività di prevenzione della polizia borbonica, tesa a stroncare sul nascere ogni velleità rivoluzionaria.
[modifica] Età contemporanea
[modifica] L'800 e il '900
Durante la breve fase del governo di Gioacchino Murat alla quale seguì la conquista francese, Reggio subì un rapido processo di modernizzazione con una serie di lavori pubblici quali i ponti sui torrenti Calopinace e Annunziata, l'illuminazione a petrolio del centro storico, la costruzione del Real Teatro Borbonio e l'istituzione del primo liceo.
Elevata a ducato del generale Oudinot, la città fu poi bombardata dalla flotta inglese nel 1810. Tornata ai Borbone che le riconobbero il ruolo di capoluogo di una nuova provincia calabrese, la Calabria Ultra Prima, Reggio fu teatro dei moti risorgimentali del 2 settembre 1847 e nel 1860 fu espugnata dai garibaldini entrando a far parte del Regno d'Italia.
Il 28 dicembre 1908 la città fu nuovamente rasa al suolo da uno degli eventi più catastrofici del '900, un grave terremoto seguito da un devastante tsunami, che coinvolse anche Messina e che causò centinaia di migliaia di morti. Reggio quindi fu nuovamente e prontamente ricostruita con molti edifici in stile liberty dagli innovativi criteri antisismici e divenne molto popolosa grazie all'immigrazione dalla provincia.
[modifica] L'epoca fascista e la "Grande Reggio"
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Per approfondire, vedi la voce Grande Reggio. |

La città si dimostrò inizialmente poco propensa al fascismo, infatti nel 1924 le forze antifasciste ottennero la maggioranza dei consensi alle elezioni politiche e nello stesso anno si svolse anche una manifestazione cittadina, determinata dalla notizia infondata delle dimissioni del governo Mussolini.
In epoca fascista comunque la città allargò l'area del suo comune grazie al progetto della "Grande Reggio", la cui realizzazione fu voluta caparbiamente dal primo podestà reggino, Giuseppe Genoese Zerbi, che creò un'unica area metropolitana dalla fusione dei quattordici comuni limitrofi di Catona, Gallico, Ortì, Podargoni, Mosorrofa, Gallina, Pellaro, Cannitello, Villa San Giovanni, Campo Calabro e Fiumara (questi ultimi quattro in seguito staccatisi per costituire il comune di Villa San Giovanni). La popolazione urbana superò così la soglia dei 100.000 abitanti.
Tra gli anni '20 e '30 la città venne rimodernata con la costruzione di nuovi quartieri. Sorsero i rioni di edilizia popolare e si costruirono diverse strutture pubbliche quali la nuova Stazione Ferroviaria centrale, il Museo Nazionale della Magna Grecia e il Teatro Comunale Francesco Cilea.
La Seconda Guerra Mondiale coinvolse direttamente la città che nel maggio del 1943 fu ripetutamente bombardata dagli alleati angloamericani, ed il 3 settembre le truppe dell'ottava armata anglo-americana del generale Montgomery la occuparono, insediandovi una nuova amministrazione comunale della quale il primo sindaco fu Antonio Priolo (poi divenuto sottosegretario nei governi Parri e De Gasperi).
Le elezioni per l'assemblea costituente e quelle amministrative del 2 giugno 1946 videro prevalere la Democrazia Cristiana, che delineò la nuova fisionomia politica della città per lungo tempo prevalentemente cattolica e moderata.
In questo periodo un considerevole fenomeno d'inurbamento portò la popolazione ad aumentare sensibilmente raggiungendo la quota di 165.882 abitanti (censimento del 1971).
[modifica] Storia recente
[modifica] I "Fatti di Reggio"
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Per approfondire, vedi la voce Fatti di Reggio. |
Per molte ragioni tra cui il fatto che Reggio è un porto, è più vicina alla Sicilia, è una delle città più antiche d'Italia, il cuore politico e religioso della Calabria, nonché la città più antica e popolosa della regione, è sempre stata la città più importante dei territori che oggi costituiscono la Calabria.
Per questi motivi, nell'Italia repubblicana, è stata capoluogo della regione Calabria fino al 1970, anno in cui le fu tolto il primato in favore di Catanzaro. Ufficialmente la decisione fu presa per ragioni di collocazione geografica, ma secondo molti (opinione pubblica, stampa e studiosi) questo spostamento avvenne per ragioni politiche e fu una scelta discutibile, soprattutto alla luce della storia seguente che dimostrò l'isolamento politico-amministrativo nei decenni successivi.
Questa scelta provocò la rivolta dei Reggini che portò ai "Moti di Reggio" (luglio 1970 - aprile 1971) durante i quali i cittadini protestarono duramente resistendo alla repressione militare messa in atto dallo stato, con atti di "guerriglia urbana", fianccheggiati dal sindaco Pietro Battaglia e dal leader della rivolta Ciccio Franco, il quale utilizzò in tale occasione lo slogan "Boia chi molla" (di D'Annunziana Memoria). I moti furono duramente repressi dal massiccio intervento di carabinieri, polizia e reparti dell'esercito, con un bilancio complessivo di cinque morti (in circostanze ignote ancora da verificare), centinaia di feriti e migliaia di arresti. Tuttavia Reggio è oggi sede del Consiglio Regionale della Calabria, l'unico fra i compromessi politici mantenuti dal governo, gli altri riguardanti impianti per il rilancio industriale e commerciale infatti non furono mai attuati, rivelandosi quindi secondo l'opinione pubblica mere promesse di circostanza.
A seguito dei moti reggini seguì un periodo di grande difficoltà economica e politica, con il passare degli anni la città cadde in un profondo stato di torpore, di appiattimento sociale e culturale (degrado urbano, abusivismo edilizio, guerre di mafia), con molte promesse governative di sviluppo non mantenute come il mancato decollo dei poli industriali di Saline Joniche e di Gioia Tauro, la crisi delle attività agricole tradizionali, quindi l'intensificarsi del flusso migratorio, soprattutto giovanile, in direzione delle regioni del Centro-Nord. Ma la situazione fortunatamente era destinata a cambiare.
[modifica] La "Primavera di Reggio"
Questo periodo durò all'incirca fino alla fine degli anni '80 finché non cominciò la cosiddetta "Primavera di Reggio" con il sindaco Italo Falcomatà, il quale con straordinaria forza d'animo e l'esortazione a "Reinnamorarsi di Reggio" riempì gli animi dei cittadini dando vita ad un periodo di forte rinascita.
Nel 1982 l'Università degli studi di Reggio (nata nel 1968) diventa università statale, ed oggi prende il nome di Università degli Studi "Mediterranea". Negli anni '90 sotto Falcomatà la città assiste ad una ripresa socio-culturale del territorio, vengono portati a termine i lavori (fermi da più di venti anni) sul lungomare, ammirato e decantato da Gabriele D'Annunzio come "il più bel chilometro d'Italia", che dopo la scomparsa del sindaco prenderà il suo nome. Oggi sotto l'amministrazione Scopelliti la città continua a risvegliarsi e ad essere in crescita portando avanti la sua naturale vocazione turistica.
[modifica] Bibliografia
La bibliografia riguardante Reggio Calabria, la sua storia, le sue personalità è pressoché illimitata tanti e tali volumi sono stati scritti su questi argomenti.
Si indica qui, per comodità, una bibliografia essenziale, integrata eventualmente con l'indicazione di volumi strettamente correlati all'argomento trattato in pagina.
Per un approfondimento consulta la bibliografia dettagliata che integra quella essenziale qui riportata.
Bibliografia essenziale
- Francesco Arillotta, Reggio e le sue strade
- Daniele Castrizio, Maria Rosaria Fascì, Renato G.Laganà, Reggio Città d'Arte
- Giuseppe Caruso, Il castello aragonese di Reggio Calabria, Jason, Reggio Calabria, 1990
- Domenico Laruffa, Incontro con Reggio Calabria, Laruffa, Reggio Calabria, 2003, ISBN: 88-7221-196-4
- Renato Laganà, La città e il mare, Gangemi, Reggio Calabria, 1988
- Edward Lear, Diario di un viaggio a piedi. Reggio Calabria e la sua provincia (25 luglio - 5 settembre 1847), Laruffa, Reggio Calabria, 2003, ISBN: 88-7221-202-2
- Domenico Spanò Bolani, Storia di Reggio Calabria dai tempi primitivi al 1797, Barbaro, Oppido Mamertina (RC), 1977
- C. Guarna Logoteta, Storia di Reggio di Calabria dal 1797 al 1860. In appendice: Reggio dal 1860 al 1908, Barbaro, Oppido Mamertina (RC), 1994
Bibliografia dettagliata
- A.A.V.V., Il Museo Nazionale di Reggio Calabria, Laruffa, Reggio Calabria, 2004, ISBN: 88-238-3
- A.A.V.V., La provincia di Reggio, Ente Provinc. Turismo Reggio C. - SAGEP, Genova, 1974
- A.A.V.V., Reggio Calabria e la sua storia musicale in età moderna, Laruffa, Reggio Calabria, 2003, ISBN: 88-7221-200-6
- A.A.V.V., XXI Congresso Eucaristico Nazionale di Reggio Calabria (Atti), Laruffa, Reggio Calabria, 1989, ISBN: 88-7221-020-8
- Filippo Aliquò-Taverriti, Reggio 1908-1958, Reggio Calabria, 1958
- Pasquale Amato, Storia del Bergamotto di Reggio Calabria. L'affascinante viaggio del 'Principe degli Agrumi', Città del Sole, Reggio Calabria, 2005, ISBN: 88-7351-008-6
- Nicola Aricò, Riedificare contro la storia. Una ricostruzione illuministica nella periferia del Regno Borbonico, Gangemi, Reggio Calabria, 1984
- Franco Arillotta, Reggio nella Calabria spagnola...(1600-1650), Reggio Calabria, 1981
- Daniele Castrizio, Reggio Ellenistica, Gangemi, Reggio Calabria, ISBN: 8874486049
- Gaetano Cingari, Il Partito Socialista nel Reggino (1888-1908), Laruffa, Reggio Calabria, 1990, ISBN: 88-7221-050-X
- Gaetano Cingari, Reggio Calabria, Laterza, Roma-Bari, 1988
- Renato Crucitti, Il verde racconta. Piccole storie del mondo vegetale reggino, Laruffa, Reggio Calabria, ISBN: 88-7221-175-1
- G.Currò - G.Restifo, Reggio Calabria, Laterza, Roma-Bari, 1991
- Antonio De Lorenzo, Le Quattro motte estinte presso Reggio di Calabria, Laruffa, Reggio Calabria, 2001, ISBN: 88-7221-154-9
- Antonio De Lorenzo, Monografie e memorie reggine e calabresi, Laruffa, Reggio Calabria, 2000, ISBN: 88-7221-115-8
- Italo Falcomatà, Giuseppe De Nava, un conservatore riformista meridionale, Reggio Calabria, 1977
- Italo Falcomatà, Il Corriere di Calabria e l'opinione pubblica reggina nella grande guerra (1914-1918), Città del Sole, Reggio Calabria, 2004, ISBN: 88-7351-056-6
- Italo Falcomatà, La Grande Reggio di Genoese Zerbi
- Giovanni Giacco, La cruda estate di fuoco del 1943 - Reggio città ignota, Città del Sole, Reggio Calabria, 2004, ISBN: 88 7351 038 8
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