Arcangelo Corelli
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Arcangelo Corelli (Fusignano, Ravenna, 17 febbraio 1653 - Roma, 8 gennaio 1713), fu un compositore e violinista italiano.
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[modifica] La vita
Studiò a Bologna, dove nel 1670 venne accolto nell'Accademia Filarmonica. Nel 1675 si stabilì a Roma: lì fu, dal 1679, violinista del Teatro Capranica, e si perfezionò nella composizione. Nel 1679-1680 soggiornò forse in Germania; ma la sua attività si svolse esclusivamente a Roma, dove ebbe come suoi protettori e mecenati i cardinali Benedetto Pamphilj e Pietro Ottoboni e fu in buoni rapporti con Cristina di Svezia. Fu considerato da molti contemporanei come il più grande violinista della sua epoca e un valido direttore di complessi orchestrali; in particolare si segnalò come primo violino di complessi ad arco, anche di grandi dimensioni. Nel 1702 si esibì alla corte di Napoli, dove la sua arte non fu compresa. Nel 1708 lasciò ogni attività pubblica; trascorse gli ultimi anni di vita in volontario ritiro, a Roma. La sua fama nazionale ed europea non venne però mai meno tra i contemporanei. Anche per questo fu sepolto nel Pantheon, dove tutt'ora si trova la sua tomba.
[modifica] Le opere pubblicate
L'opera di Corelli - che fu assai apprezzato e ricercato in vita come esecutore e anche come insegnante - costituisce un momento importantissimo nello sviluppo della musica strumentale occidentale. Egli diede nuovo impulso alla forma della sonata a tre, pubblicando, tra il 1681 e il 1694, quattro raccolte, comprendenti ciascuna dodici sonata a tre (dall'op. 1 all'op. 4), le quali, ripartite com'era costume dell'epoca in sonate da camera e sonate da chiesa a seconda del loro carattere, segnano un punto conclusivo dell'evoluzione di questa forma in Italia. Nella sonata a tre, Corelli sfrutta a fondo le possibilità cantabili del violino (si tratta di composizioni per due violini e basso, oltre al clavicembalo nelle sonate da camera e all'organo nelle sonate da chiesa, per la realizzazione del basso continuo), servendosi di una struttura assai semplice in tre o quattro tempi (con prevalenza, nelle sonate da camera, in movimenti di danza). La scrittura, nobile ed espressiva, è sostenuta da un contrappunto vigoroso e di studiate dissonanze. Nell'op. 5, pubblicata verso il 1700, Corelli affrontò anche la sonata per violino solo e basso (col termine sonata si intendeva ancora una successione di vari tempi in forma di suite); fra queste composizioni spicca la celebre Follia, dodicesima della raccolta e coronamento dell'arte strumentale corelliana. L'op. 6, infine, pubblicata nel 1714, ma probabilmente già nota prima, è la principale raccolta di composizioni di Corelli non solo per il suo valore espressivo, ma anche per la risonanza che questi 12 Concerti grossi con duoi altri violini e violoncello di concertino obligati e duoi altri violini, viola e basso di concerto grosso ad arbitrio ottennero sul piano internazionale, ponendosi così all'inizio della fortuna europea del concerto grosso. Dopo i Concerti grossi di Alessandro Stradella (1676), quelli di Corelli rappresentano lo stadio di massima perfezione raggiunto da questa forma nel XVII secolo, con la caratteristica contrapposizione del "concertino" (costituito da tre strumenti solisti) al "tutti" orchestrale.
[modifica] Gli extra opus
Nel complesso la produzione "ufficiale" di Corelli appare ridottissima: in oltre quaranta anni di carriera, appena 12 concerti grossi, 12 sonate per violino e 48 sonate a tre. Vista la straordinaria capacità di questo musicista, riconosciuta da tutti i contemporanei, questa scarsa produzione non si spiega con i notevoli impegni di concertista e direttore d'orchestra sempre sostenuti da Corelli, né con la cura qualitativa del tutto speciale (e in parte insolita in quei tempi) che egli dedicava alle sue opere prima di pubblicarle a proprio nome. Corelli quindi deve aver scritto ben di più, ma probabilmente gran parte della sua produzione - forse a causa del suo perfezionismo - non fu mai pubblicata ed è così andata dispersa o perduta. Negli ultimi anni c'è stato quindi un grande interesse per la riscoperta di potenziali partiture corelliane, e alcune sono ormai riconosciute quasi unanimemente dai critici. Si tratta quindi di lavori extra opus, rimasti cioè esclusi dalla rigida selezione che Corelli effettuava per le sue opere a stampa, ma non per questo di minore importanza musicale.
Tra questi extra opus considerati ormai da tutti autenticamente corelliani si segnala in primo luogo un concerto grosso scritto per la corte di Francesco II d'Este, duca di Modena, nel 1689; questo concerto funse da introduzione musicale a un oratorio di Giovanni Lorenzo Lulier, ed infatti si intitola Introduttione e Sinfonia per l'Oratorio di Santa Beatrice d'Este. Il largo, praticamente uguale a quello del sesto concerto grosso op.VI, pubblicato 25 anni dopo, non solo rafforza la paternità corelliana del manoscritto, ma ci dimostra come le pubblicazioni delle opere corelliane (e soprattutto dei suoi straordinari concerti grossi) siano il frutto di una attenta selezione di pezzi composti nell'arco di una intera vita artistica, scegliendo pochi brani eletti all'interno di una produzione più vasta, che è andata irrimediabilmente perduta.
Un secondo manoscritto oggi attribuito a Corelli riguarda il Concerto a quattro, per due violini, violetta e basso, ritrovato al Conservatorio di S.Pietro a Majella a Napoli e recante la dicitura esplicita "non sono date alle stampe". La copia napoletana, completa di tutte le partiture, indica l'opera come una "sonata a 4", mentre un'altra copia rinvenuta nella Library of S.Michael's College a Tenbury (Gran Bretagna) la presenta come una opera "a 7" e quindi come una forma di concerto grosso. In ogni caso, resta la straordinaria qualità della composizione e in particolare lo splendido movimento in "Grave": esso rappresenta, come quasi sempre nell'opera di Corelli, un brevissimo raccordo tra due tempi veloci, un piccolo gioiello caratterizzato da una nota inquieta, visionaria e malinconica.
Numerose fonti italiane, inglesi e austriache attestano poi l'autenticità di una Sonata a quattro, per tromba, due violini e basso continuo che merita una particolare menzione in quanto unica opera dedicata dallo straordinario compositore di Fusignano ad uno strumento a fiato. Per contro un'altra sonata e un concerto comprendenti strumenti a fiato, conservati a Vienna, sono di assai dubbia autenticità.
Taluni considerano corelliana la Fuga a quattro voci con un soggetto solo rinvenuta da Mario Fabbri, in tempi recenti, presso il Conservatorio di Firenze, e celata sotto lo pseudonimo-anagramma di Gallario Riccoleno. La composizione contiene un tema del tutto simile a quello del celebre Allelujah del Messiah di Händel, e questo potrebbe confermare le indicazioni che ascrivono anche il giovane Händel tra gli allievi beneficati da Corelli, che fu anche un notevole didatta della musica. Per contro potrebbe trattarsi di un "omaggio" virtualmente attribuito a Corelli, di scuola haendeliana.
Infine bisogna ricordare che l'editore di Corelli, Estienne Roger, pubblicò nel 1714, dopo la sua morte, sei Sonate a tre per due violini col basso per l'organo, che egli qualificò come "opera postuma". L'attribuzione effettiva di queste sonate è anch'essa molto discussa, ma l'ultima sonata è sostenuta da ben otto fonti in tutta Europa e anche la somiglianza stilistica con le sonate a tre è davvero molto pronunciata.
Tutte queste opere manoscritte, sia le più certe che le più discusse, si caratterizzano per la raffinatezza stilistica e la qualità della scrittura musicale, e confermano il valore assoluto di Corelli, che ha avuto un ruolo fondamentale nello sviluppo della musica italiana ed europea del '700.