Enzo Biagi
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Enzo Marco Biagi (Lizzano in Belvedere, 9 agosto 1920) è un giornalista, scrittore e conduttore televisivo italiano.
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[modifica] Biografia
[modifica] Gli esordi
Enzo Biagi nacque a Pianaccio, un piccolo paese sull'Appennino bolognese, frazione del comune di Lizzano in Belvedere. All'età di nove anni si trasferì a Bologna, dove il padre Dario lavorava, come vice capo magazziniere, in uno zuccherificio già da qualche anno. L'idea di diventare giornalista gli nacque dopo aver letto Martin Eden di Jack London. Frequentò l'istituto tecnico Pier Crescenzi, dove con altri compagni diede vita ad una piccola rivista studentesca, Il Picchio, che si occupava soprattutto di vita scolastica. Il Picchio fu soppresso dopo qualche mese dal regime fascista e da allora nacque in Biagi una forte indole antifascista.
Nel 1937, all'età di diciassette anni, compose il suo primo articolo, pubblicato sul quotidiano L'Avvenire d'Italia, che parlava del dilemma sorto nella critica dell'epoca se il poeta di Cesenatico Marino Moretti fosse crepuscolare o no. Cominciò così la sua collaborazione con l'Avvenire occupandosi di cronaca, di colore e di piccole interviste a cantanti lirici.
Nel 1940 fu assunto in pianta stabile dal Carlino Sera, versione serale de Il Resto del Carlino, come estensore di notizie, ovvero colui che si occupa di sistemare gli articoli portati in redazione dai reporter. Nel 1942 fu chiamato alle armi ma non partì mai per il fronte a causa di problemi cardiaci che lo accompagneranno per tutta la vita. Si sposò con Lucia Ghetti, maestra elementare, il 18 dicembre 1943 e poco dopo fu costretto a rifugiarsi sulle montagne e qui aderì alla Resistenza combattendo nelle brigate "Giustizia e Libertà" legate al Partito d'Azione.
Terminata la guerra, entrò con le truppe alleate a Bologna e fu proprio lui ad annunciare alla radio locale l'avvenuta liberazione. Poco dopo fu assunto come inviato speciale e critico cinematografico al Resto del Carlino.
[modifica] Gli anni cinquanta e sessanta: Biagi direttore
Nel 1951 Biagi aderì al manifesto di Stoccolma contro la bomba atomica e, accusato dal suo editore di "essere un comunista sovversivo", fu allontanato dal Resto del Carlino.
Qualche mese dopo, fu assunto da Arnoldo Mondadori e diventò caporedattore del settimanale Epoca, trasferendosi per la prima volta a Milano. Dopo qualche mese, ne divenne direttore. Il settimanale attraversava un periodo difficile e nel 1951 si erano alternati alla sua guida ben quattro direttori. Biagi impose un decisivo cambiamento di marcia, con nuove rubriche e una nuova veste editoriale, trasformando Epoca da rivista di pettegolezzi a un giornale impegnato. Sotto la sua direzione, Epoca si impose all'attenzione del grande pubblico grazie ad inchieste e reportage esclusivi, in particolare sul caso Montesi e su papa Pio XII. Nel 1960 tuttavia un articolo sugli scontri di Genova e Reggio Emilia contro il governo Tambroni provocò la reazione dura dello stesso e Biagi fu costretto a dimettersi. Qualche mese dopo fu assunto dalla Stampa come inviato speciale.
Il 1° ottobre 1961 Biagi diventò direttore del Telegiornale, secondo alcuni per accontentare il Partito Socialista Italiano che in quegli anni iniziava con la Democrazia Cristiana l'esperienza del centrosinistra. Biagi fece assumere in RAI alcuni grandi giornalisti italiani come Giorgio Bocca e Indro Montanelli. Ma ben presto arrivarono critiche durissime soprattutto dal PSDI di Giuseppe Saragat e dalla destra, che fece stampare volantini e manifesti con cui accusò Biagi di essere un comunista. Nel 1963 curò la nascita del telegiornale del secondo canale Rai. Nello stesso anno, lanciò RT-Rotocalco Televisivo, il primo settimanale della televisione italiana. Nel 1963 fu costretto a dimettersi.
Nel 1971, dopo numerose collaborazioni al Corriere della Sera e al settimanale L'Europeo, fu nominato direttore del Resto del Carlino con l'obiettivo di trasformarlo in un quotidiano nazionale. In questo periodo riprende la sua collaborazione con la Rai. Il 30 giugno del 1972 fu allontanato dalla direzione del Resto del Carlino e tornò quindi al Corriere della Sera.
[modifica] Il Fatto
Nel 1995 iniziò la trasmissione Il Fatto, un programma di approfondimento dopo il Tg1 sui principali fatti del giorno, di cui Biagi era autore e conduttore. Nel 2004 Il Fatto è stato nominato il miglior programma giornalistico realizzato nei cinquant'anni della Rai. Famose resteranno le interviste a Marcello Mastroianni, a Sofia Loren, a Indro Montanelli e le due realizzate a Roberto Benigni, l'ultima delle quali nel 2001, in piena campagna elettorale: il comico toscano, inevitabilmente, parlò di Silvio Berlusconi e della sua candidatura, commentando a modo suo il conflitto d'interessi e il contratto con gli italiani. L'intervista scatenò roventi polemiche contro Benigni e contro Biagi. Il deputato di Alleanza Nazionale e futuro ministro delle comunicazioni, Maurizio Gasparri, parlando ad un'emittente lombarda, auspicò l'allontanamento dalla Rai dello stesso Biagi.
[modifica] Il caso Biagi
Il 18 aprile 2002 l'allora presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, nel corso di una conferenza stampa, auspicò che la nuova dirigenza Rai allontanasse dal video il giornalista Michele Santoro, il comico Daniele Luttazzi ed Enzo Biagi, i quali secondo il cavaliere avevano fatto un "uso criminoso" della tv pubblica. La dichiarazione di Berlusconi, fatta durante una visita ufficiale a Sofia, rimase nota con la definizione giornalistica di Editto bulgaro. Biagi replicò quella sera stessa nella puntata del Fatto, appellandosi alla libertà di stampa e di espressione, sostenendo che questi siano i principi della libertà e della democrazia. Terminata la stagione, la dirigenza Rai, dopo un lungo tira e molla, cancellò il programma, adducendo come motivazione ufficiale un calo degli ascolti (per questo fatto l'allora direttore di Rai Uno Agostino Saccà fu interrogato dalla commissione parlamentare di vigilanza, in quanto i dati d'ascolto del Fatto non erano affatto negativi e comunque sempre migliori dei programmi che negli anni successivi si susseguirono al posto del Fatto, causando una crisi d'ascolti in Rai e segnando il momento di massimo ascolto per la concorrenza, ovvero Striscia la notizia, che toccò più volte il record del 47% di share).
La dirigenza Rai promise di spostarlo ad un'altra fascia oraria. Inizialmente fu proposto dopo il Tg delle 13:30, ma questa proposta fu respinta da Biagi sostenendo che così non avrebbe potuto approfondire in maniera adeguata i fatti del giorno. Poi gli fu proposto di andare in onda prima del Tg serale, ma anche questa ipotesi fu respinta da Biagi in quanto "è assurdo fare l'approfondimento prima della notizia". Il 2 luglio del 2002, dopo un incontro fra Saccà (diventato ora direttore generale della Rai), Fabrizio Del Noce, nuovo direttore di Rai Uno, e lo stesso Biagi, si decise di sopprimere definitivamente Il Fatto e di affidare a Biagi un programma in prima serata dedicato all'attualità e alle inchieste.
Viste alcune dichiarazione di Del Noce (che in un comunicato diffuso il 18 settembre disse che il crollo degli ascolti di Rai Uno fra le 20:30 e le 21:00 era colpa della solidarietà a Biagi, che con il suo "vittimismo" avrebbe scatenato un accanimento senza precedenti contro Rai Uno), Enzo Biagi, con la collaborazione del suo regista e amico, Loris Mazzetti, avviò delle trattative con il direttore di Rai Tre, Paolo Ruffini, per trasmettere Il Fatto alle 19:53, dopo la conclusione del Tg3 e dei tg regionali. Biagi accettò ma il presidente della Rai, Baldassarre, bloccò il programma sostenendo che Il Fatto era troppo costoso per Rai Tre. Il 20 settembre Biagi, indispettito, in una lettera al direttore generale Saccà scrisse che se la Rai aveva ancora bisogno di lui (come dichiarato dallo stesso dg) e se questo ostacolo era rappresentato da problemi economici, egli si dichiarava pronto a rinunciare al suo stipendio, accettando quello dell'ultimo giornalista della Rai, purché detto stipendio venisse inviato al parroco di Vidiciatico, un paesino sperduto nelle montagne bolognesi (la lettera integrale è stata pubblicata da diversi giornali e sul libro Era ieri, scritto da Enzo Biagi e da Loris Mazzetti). Saccà replicò con una lettera a Paolo Ruffini (pubblicata su La Repubblica del 29 ottobre) che la proposta di Biagi non poteva essere accettata per motivi pubblicitari.
Il 26 settembre Agostino Saccà inviò una nuova lettera a Enzo Biagi nella quale proponeva di sospendere le trattative in attesa di "momenti migliori", rassicurando il giornalista che "si sarebbe trovato il tempo per fare un programma leggero". Biagi, esausto e su consiglio delle figlie e di molti altri colleghi, decise di lasciare la Rai. Il giornalista incaricò l'avvocato milanese Salvatore Trifirò di occuparsi della transazione per la chiusura definitiva del contratto. La Rai riconobbe il lungo lavoro di Biagi "al servizio dell'azienda" e pretese che in cambio Biagi non lavorasse per nessun'altra rete nazionale per almeno due anni. Biagi ha sempre respinto le accuse di aver accettato un contratto miliardario sostenendo che è la stessa cifra che un giudice ha stabilito come risarcimento per Michele Santoro.
[modifica] Oggi
Enzo Biagi è tornato in televisione, dopo due anni di silenzio, alla trasmissione Che tempo che fa intervistato per una ventina di minuti da Fabio Fazio. Il ritorno di Biagi in tv segnò ascolti record per Rai Tre (e per la stessa trasmissione di Fazio) e fece molto scalpore suscitando reazioni diverse nel Paese: il quotidiano La Repubblica titolò il giorno dopo: "Biagi di sera, bel tempo si spera" mentre il giornale Libero, insieme a politici di destra, accusarono Biagi di strumentalizzare la vicenda. Biagi è poi tornato altre due volte alla trasmissione di Fazio, testimoniando ogni volta il suo affetto per la Rai "la mia casa per quarant'anni" e la sua particolare vicinanza a Rai Tre. In una di queste interviste, commentando la grande confusione sul risultato delle elezioni dichiarò: "Ho capito una sola cosa: che nessuno vuol perdere!" che è diventato, di fatto, un tormentone. Biagi è successivamente intervenuto anche al Tg3 e in altri programmi della Rai. Invitato anche da Adriano Celentano nel suo Rock Politik in una puntata dedicata alla libertà di stampa assieme a Santoro, Biagi ha però declinato l'offerta per motivi di salute.
Attualmente scrive sul settimanale L'Espresso, sulla rivista Oggi e sul Corriere della Sera.
Nella sua ultima apparizione televisiva, Biagi ha affermato che il suo ritorno in Rai era molto vicino e, al termine della trasmissione, il direttore generale della Rai, Claudio Cappon, telefonando in diretta, ha annunciato che l'indomani stesso Biagi avrebbe firmato il contratto e sarebbe tornato alla Rai. Alla notizia, il pubblico in sala è esploso in un grande applauso. La nuova trasmissione partirà a primavera, in seconda serata su Rai Tre, e si parlerà di attualità con qualche riferimento al passato.
[modifica] Opere
Tra i numerosi libri pubblicati da Biagi:
- Un anno Una vita (1992)
- La disfatta
- I come Italiani (1972)
- L'albero dai fiori bianchi (1994)
- Il signor Fiat (inchiesta sulla famiglia Agnelli)
- La bella vita (intervista all'attore Marcello Mastroianni) del 1996
- Sogni perduti (1997)
- Scusate dimenticavo (1997)
- Racconto di un secolo (1999)
- Lettera d'amore a una ragazza di una volta (2003), dedicato alla moglie Lucia scomparsa recentemente
- Il Fatto (raccolta di interviste) (2003)
- La mia America (2004)
- Era ieri (2005) (autobiografia in collaborazione con Loris Mazzetti)
- Quello che non si doveva dire (2006).
Enzo Biagi ha scritto anche due libri in fumetti: La storia d'Italia a fumetti e La storia dei popoli a fumetti.
[modifica] Curiosità
Enzo Biagi ha scritto il soggetto di una storia Disney Topolino e la memoria futura, pubblicata su Topolino 2125 del 20 agosto 1996 [1]. In questa storia Topolino viaggia indietro nel tempo con la macchina del tempo inventata da Zapotec e Marlin arrivando nell'anno 0, l'anno della nascita di Gesù.
[modifica] Voci correlate
- Editto bulgaro
- Il Fatto
[modifica] Altri progetti
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