Battaglia di Maratona
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Battaglia di Maratona | |||||||
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Parte delle Guerre persiane | |||||||
![]() La terza guerra greco-persiana |
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Schieramenti | |||||||
Città stato greche | Persia | ||||||
Comandanti | |||||||
Milziade Adeimanto di Corinto |
Dario I di Persia Artaferne Ippia |
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Effettivi | |||||||
circa 10.000 opltiti e 1.000 Plateesi | circa 26.000 | ||||||
Perdite | |||||||
192 | 7.000 |
Guerre persiane |
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Lade – Maratona – Termopili – Capo Artemisio – Salamina – Platea – Micale – Eurimedonte – Cipro |
La battaglia di Maratona (settembre 490 a.C.) fu il momento culminante del primo tentativo del re Dario I di Persia volto alla conquista della Grecia e di incorporarla all'impero persiano. L'unione della Grecia all'impero persiano avrebbe reso sicura la porzione più debole del confine occidentale. La maggior parte delle informazioni che ci sono giunte sono tramandate da Erodoto, uno dei più grandi storiografi dell'antichità.
Indice |
[modifica] Data dello scontro
Erodoto accenna a numerosi eventi utilizzando una data tratta dal calendario lunisolare, basato sul ciclo metonico; questo calendario era usato da numerose città greche come alternativa a quello ufficiale. Calcoli astronomici ci hanno permesso di arrivare ad una data assoluta, nel calendario giuliano, della battaglia. Philipp August Böckh nel 1855 arrivò a dire che la battaglia si svolse il 12 settembre 490 a.C., data convenzionalmente presa come ufficiale. Comunque, questo risultato deriva dal momento in cui gli spartani tennero le loro feste; è possibile inoltre che il calendario spartano fosse un mese avanti rispetto a quello di Atene. In questo caso la battaglia potrebbe essere stata combattuta il 12 agosto 490 a.C..
[modifica] Genesi
La catena di eventi che porterà alla piana di Maratona inizia nel 499 a.C., quando il tiranno di Mileto, Aristagora, proclamò nella sua città l'isonomia (uguaglianza davanti alla legge), incoraggiando le altre città greche a fare lo stesso. La lega delio-attica, che formalmente era sottoposta all'autorità di Dario o comunque del satrapo di Sardi, sembrava aver preso nuovo vigore. Quindi, in previsione di una reazione persiana, fece appello alle città madri, nel continente.
Solamente Atene ed Eretria risposero all'appello, consegnando alla lega 25 triremi e opliti. Nel 498 a.C. venne messa in fuga una squadra navale fenicia, arrivando in seguito a minacciare Sardi, capitale della satrapia, che bruciarono senza mai impossessarsi della cittadella. Il re Dario giurò di vendicarsi dell'offesa recata dai greci e subito fece muovere verso le coste dell'Asia Minore un enorme esercito.
Dopo la sconfitta di Efeso, gli ateniesi lasciarono la lega, così, quella che era nata come una ribellione, si trasformò in una ritirata disastrosa. Nel 494 a.C. i persiani presero Mileto e la saccheggiarono, vendendo tutti gli abitanti come schiavi; poco dopo la flotta greca subì una schiacciante sconfitta nel Mar Egeo. Dopo una fase in cui sembrava che volesse limitarsi a minacciare le città elleniche, richiedendo loro la consegna dei leader politici che avevano spinto alla rivolta ionica, Dario spedì in Tracia un esercito al comando di suo genero Mardonio per conquistare Taso e le sue miniere d'argento. Questa armata indebolì la Tracia e costrinse Alessandro I di Macedonia a sottomettersi di nuovo alla Persia. Comunque, nel tentativo di avanzare in Grecia, cercando di compiere la circumnavigazione del monte Athos nel 492 a.C. la maggior parte della flotta di Mardonio naufragò a causa di una tempesta costringendolo alla ritirata in Asia. I Brigi di Tracia poi assalirono l'esercito di terra; in tutto furono perse 300 navi e caddero 20.000 uomini.
Ormai Atene ed Eretria capirono di essere direttamente coinvolte e minacciate dall'espansione di Dario. Questo infatti, oltre che per motivi economici e d'orgoglio, intendeva soggiogare Ateniesi e Eretriesi, espandendosi quanto più possibile nell'area greca, vista la tendenza espansionistica dell'impero achemenide.
Il re persiano aveva in mente di far scoppiare dei dissidi dentro la città di Atene; nel 510 a.C., con l'aiuto di Cleomene I, re di Sparta, gli Ateniesi espulsero dalla città Ippia (figlio di Pisistrato), loro tiranno. Ippia quindi fuggì e raggiunse la corte di Dario in cerca di assistenza. Dario venne a conoscenza da Ippia che gli Alcmeonidi, una potente famiglia ateniese, erano contrari a Milziade ed erano pronti ad aiutare Ippia. Essi erano anche pronti ad accettare le richieste persiane ottenendo in cambio il perdono per il loro ruolo nella rivolta ionica. Dario sperava di trarne vantaggio per catturare Atene, isolando così Sparta e permettendogli di conquistare poi il resto della Grecia.
[modifica] L'attacco dei Persiani
Muovendo dalla Cilicia, le forze persiane avrebbero dovuto piombare su Atene ed Eretria e, dopo la loro distruzione, sottomettere tutta la Grecia; nel 490 a.C. Dario fece salpare la flotta verso le rive della Grecia, al comando del nipote Artaferne, figlio di un satrapo di Sardis, e di Dati, un ammiraglio proveniente dalla Media; Mardonio era stato ferito nell'attacco precedente.
Senza una vera e propria opposizione, i persiani riuscirono a sottomettere le isole dell'Egeo, arrivando a Caristo nella costa sud dell'Eubea, di fronte a Eretria. Artaferne prese una parte dell'esercito persiano e la pose sotto assedio. La piccola cittadina non ebbe alcuna possibilità di resistere ad un esercito tanto grande e, una volta conquistata, venne rasa al suolo, mentre tutti i suoi abitanti vennero venduti come schiavi. La flotta persiana, guidata da Dati, salpò di nuovo, attraversò il braccio di mare tra l'Eubea e l'Atticae, dopo aver doppiato Capo Sunio, sbarcò l'esercito nella Baia di Maratona, zona pianeggiante e ricca d'acqua.
Ad Atene ci si stava già da tempo preparando ad uno scontro decisamente inevitabile; nel 493 a.C. era stato eletto all'arcontato Temistocle, di origine nobile, ma di partito democratico. Subito fece iniziare una serie di lavori al porto di Atene, il Pireo, dotandolo di solide difese. Inoltre promosse la costruzione di una flotta bellica, il cui personale sarebbe stato costituito in larga parte dalle classi inferiori della società ateniese, i teti. Milziade, ex tiranno del Chersoneso, venne richiamato in patria dagli aristocratici, irritati da comportamento di Temistocle.
Nel 490 a.C. Milziade divenne stratego, proprio nel momento in cui Dario faceva salpare la flotta verso la Grecia. Arrivato poi a Maratona, l'ex tiranno fece disporre le proprie truppe sulle colline ad ovest della pianura, col fianco destro appoggiato al mare, in modo da tagliare ai Persiani la via diretta per Atene. Gli ateniesi, terrorizzati, mandarono un messaggero a Sparta[1] e probabilmente un'altro verso Platea, per chiedere aiuto. Il corriere arrivò a Sparta il 9 settembre e gli spartani acconsentirono ad aiutare gli ateniesi, ma fecero notare che non sarebbero potuti partire per la guerra, fino a quando non fosse terminata la festa di Carnea, cioè il primo giorno di luna piena (la notte tra il 19 e il 20 settembre).
[modifica] Gli eserciti
Secondo fonti antiche come Erodoto, nella piana di Maratona vi sarebbero dovuti essere 10.000 opliti ellenici; è probabile che la realtà non fosse molto diversa da quanto lo storiografo ci ha tramandato. Hans Delbrück, storico tedesco, studiando la struttura dei demi ateniesi, giunse alla conclusione che Atene poteva mobilitare fra i 5.000 e gli 8.000 soldati, con molta probabilità poco meno di 7.000. A questi andavano aggiunti circa 1.000 opliti plateesi, le truppe leggere e i non combattenti, arrivando ad un massimo di 12.000 uomini.
Nel caso dello schieramento persiano, sono state rigettate le valutazioni numeriche degli antichi, che la descrivevano, con ogni probabilità per celebrare maggiormente l'impresa ellenica, come composto da molte decine di migliaia di armati. Delbrück, analizzando le possibili dimensione della flotta, stima la forza persiana in un massimo di 25.000 uomini, cifra comprensiva dei non combattenti come i marinai. Inoltre bisogna ricordare che parte dell'esercito era in mano a Artaferne che intendeva attaccare Atene anche dal mare. Sul campo di battaglia dunque vi erano circa 9.000 fanti e 2.000 cavalieri.
[modifica] La battaglia
Gli eserciti nemici si fronteggiarono, accampati, per i primi tre giorni, in cui non successe niente di rilevante. Questo conferma l'equilibrio di forze presenti sul campo. Il piano di Dati era quello di trattenere Milziade a Maratona, mentre Artaferne, al comando della flotta, si dirigeva verso la città. Erodoto riferisce che proprio i membri della famiglia ateniese degli Alcmeonidi erano incaricati di fare segnalazioni ai Persiani dalle montagne, per comunicare loro il momento opportuno per attaccare la città; tuttavia, successivamente, smentirà queste insinuazioni ricordando i precedenti antitirannici della famiglia. Dopo tre giorni, Dati, poiché la flotta dell'alleato era prossima ad Atene, decise di dare battaglia. Milziade assunse l'iniziativa tattica: fece prima di tutto rinforzare le due ali, temendo, dal momento che era sprovvisto di cavalleria, una manovra aggirante dei cavalieri persiani, e il 21 settembre attaccò lo schieramento nemico.
Questa probabilmente fu una decisione presa da tutti i generali, benché Erodoto riferisca che gli ateniesi si avvicendavano al comando e quel giorno il comandante fosse proprio Milziade e che ebbe un ruolo importante nel convincere gli altri comandanti ad attaccare. Secondo il racconto di Erodoto, cinque strateghi votarono per l'attacco e cinque contro, ma essendo Callimaco il polemarco, il suo voto favorevole all'attacco diede il via alla battaglia.
Erodoto ci dice che gli opliti corsero per otto stadi (circa 1500 metri): questo era piuttosto improbabile data la pesantezza dell'equipaggiamento dei soldati. Quasi certamente invece entrambi le linee si mossero l'una contro l'altra, con una carica vigorosa, ma breve. Questa tattica avrebbe condotto i greci ad un attacco disordinato, ma questo era preferibile rispetto alla pioggia di frecce dei moltissimi arcieri, soprattutto Saci, popolo della Scizia orientale, tributario della Persia. L'urto fu molto violento e i Persiani, non abituati alla lotta ravvicinata, dal momento che erano soliti attaccare con il lancio di dardi e giavellotti, ne subirono alla lunga le conseguenze.
La fanteria pesante greca, gli opliti, era molto più pesantemente corazzata rispetto a quella persiana e la loro picca aveva un raggio d'azione maggiore rispetto alla corta lancia ed alla spada dei soldati nemici. D'altra parte i persiani avevano il vantaggio dell'arco che quasi tutti loro portavano (vantaggio reso nullo dall'armatura pesante dei greci) e del numero.
Il centro ellenico, che era meno numeroso rispetto a quello persiano e sotto una pioggia di frecce, ridotto a quattro linee rispetto alle solite otto per rendere la linea più lunga e ridurre la sovrapposizione con le linee persiane, perdeva in unità e indietreggiava progressivamente, senza però sbandarsi o darsi alla fuga, permettendo così alle ali, formate da otto linee, di bloccare le manovre della cavalleria nemica. Dopo aver sfondato la prima linea, i greci iniziarono a chiudere lo schieramento nemico. Sentendosi sconfitti, i persiani ruppero del tutto lo schieramento e si diedero alla fuga verso le navi, voltando la schiena agli opliti ellenici.
Alcuni storici considerano questo accerchiamento sui lati una decisione nata dal caso, non dalla volontà di Milziade; la loro più esemplare frase è Canne prima di Canne? (Christodoulou Demetrios). La battaglia tra Romani e cartaginesi del 216 vide, infatti, questa tattica come determinante per l'esito finale. Gli storici, tuttavia, affermano che Milziade avesse della personali esperienze, riguardo all'arte bellica persiana e che quindi ne conoscesse i difetti; con l'invasione delle Isole Cicladi, esso studiò un'adeguata strategia contro il nemico.
Nella fuga, lo scontro si trasformò in un massacro; i Greci, pieni di coraggio e di vigore, sterminarono l'esercito in rotta. Solo pochi persiani riuscirono a salvarsi. Secondo la tradizione storiografica ateniese, furono raccolti sul campo 6.400 cadaveri nemici e, per contro, solamente 192 furono i morti contati nelle file elleniche, tra questi il polemarca Callimaco. Gli ateniesi seppellirono i loro caduti sul campo di battaglia, dove sorge ancora oggi un tumulo. La netta differenza tra i caduti dei due schieramenti si giustifica con il fatto che la maggior parte dei persiani venne uccisa dopo la rottura dello schieramento e durante la fuga; bisogna inoltre notare che la storiografia filo-ellenica aveva, sicuramente, ridotto il numero di vittime nelle file greche, per esaltare la vittoria ateniese.
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Sulla tomba degli Ateniesi, Simonide scrisse:
![]() «Ελλήνων προμαχούντες Αθηναίοι Μαραθώνι χρυσοφόρων Μήδων εστόρεσαν δύναμιν»
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![]() «Gli Ateniesi, difensori degli Elleni, a Maratona distrussero le forze dei Medi, d'oro vestiti»
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(Simonide)
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Ecco il resoconto di Erodoto:
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«La battaglia ingaggiata a Maratona durò lungo tempo. E al centro, dove erano schierati i Persiani e i Saci, loro alleati, avevano la meglio i barbari: sicché da questa parte essi vincevano e, sgominate le file avversarie, inseguivano i nemici all'interno del paese. Alle due ali invece erano più forti ateniesi e plateesi. Ma questi, pur essendo vincitori, non si diedero ad inseguire la parte dei barbari che sfuggiva, mentre, facendo una conversione delle due ali, presero a combattere contro quelle truppe che in quel momento avevano la meglio sugli ateniesi al centro, e la vittoria così arrise agli ateniesi.»
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[modifica] Dopo la battaglia
Appena Dati prese il mare, gli ateniesi, guidati da Milziade, si mossero verso Atene e, dopo sole otto ore di marcia, si schierarono sulle mura in modo tale da dissuadere ogni tentativo offensivo della flotta persiana. Vedendo persa l'opportunità, Artaferne si riunì con i superstiti della battaglia, riprese il largo e se ne tornò in Asia. Gli spartani arrivarono il giorno seguente alla partenza di Artaferne verso Faliro, compiendo la distanza di 220 km in tre giorni; visitarono il luogo della battaglia e furono d'accordo nell'affermare che gli ateniesi avevano conseguito una grande vittoria.
[modifica] Conseguenze
La battaglia di Maratona non fu una vittoria decisiva sui persiani. Comunque fu la prima volta che i greci ebbero la meglio sui persiani in una battaglia terrestre; prima di questo evento
![]() « τέως δέ ἧν τοῖσι Ἔλλησι καί τὸ οὕνομα τὸ Μήδων φόβος ἁκοὒσαι»
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![]() «solo il nome dei Persiani era causa di terrore a udirsi»
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(Erodoto, Storie, libro VI, par 112, 3)
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"La loro vittoria diede ai greci la fiducia nel loro destino: resistere per tre secoli durante i quali nacque la cultura occidentale" (J. F. C. Fuller "Storia militare del mondo occidentale"); infatti, ad esempio, John Stuart Mill disse che la battaglia di Maratona, per quanto riguarda la storia inglese, era stata più importante della battaglia di Hastings. Vedendo che i persiani non erano imbattibili, a seguito della sconfitta di Maratona, molte popolazioni soggette alla loro legge si sollevarono e l'ordine achemenide fu ristabilito solo dopo alcuni anni.
Il comune nemico persiano aiutò le città-Stato a creare una sorta di solidarietà tra loro. La vittoria consolidò la credenza che i greci fossero "civilizzati" e gli asiatici fossero solamente dei "barbari", malgrado la Ionia (che viveva in una satrapia persiana) godesse appieno di tutti i benefici di una grande e ammirevole cultura quale quella persiana achemenide.
[modifica] Curiosità
La vittoria greca fu totale e, secondo la leggenda, Filippide, araldo ateniese, fu inviato ad annunciare la vittoria percorrendo di corsa la distanza fra Maratona ad Atene; arrivato a destinazione, disse solo due parole "χαίρετε, νικῷμεν" ("siate felici, abbiamo vinto!") o, più semplicemente, "Νενικήκαμεν!" ("siamo vincitori") e poi cadde morto, stremato dalla fatica. Questa leggenda fu la base per la moderna maratona. Contrariamente a quanto si crede, la distanza della maratona moderna (42 km e 195 metri) non è la stessa distanza che intercorre fra Maratona e Atene (circa 37 km), ma venne fissata in occasione delle Olimpiadi di Londra del 1908; la maratona entrò a far parte delle competizioni ufficiali con la I Olimpiade dell'era moderna. Il 1° vincitore, fu il greco Spiridon Louis.
[modifica] Note
[modifica] Voci correlate
[modifica] Fonti e storiografie
Le principali fonti storiche della battaglia vengono da Erodoto, che descrive gli eventi nel VI libro, dal parafrafo 102 al 117. Egli è nato pochi anni dopo la battaglia e probabilmente scrisse le sue storie, dopo la pace di Callia (449 a.C. - 448 a.C.). Nel suo stile caratteristico, molto concreto e basato su vere testimonianze (cosa non sempre scontata prima dello storiografo di Alicarnasso; anche per questo è tradizionalmente individuato come il primo storiografo), orna il suo resoconto con eventi di vario tipo, spesso di importanza discutibile; il dio Pan appare a Fidippide, durante il suo viaggio verso Sparta, ordinandogli di chiedere ai suoi concittadini perché non si dessero cura di lui (alla fine della guerra gli Ateniesi fondarono ai piedi dell'Acropoli un sacrario in onore del dio); Ippia sogna il disastro dei Persiani; l'ateniese Epizelo viene accecato da un fantasma durante la battaglia. Da ciò emerge una parte del metodo di Erodoto, la sostanziale fede nei prodigi e nell'essere meraviglioso, anche se spesso si dimostra cauto e sospettoso nell'accogliere notizie relative ai fatti sovrannaturali. Tutte le altre fonti storiche di una certa rilevanza provengono da epoche successive. Pausania tramanda importanti informazioni riguardo la fase finale della battaglia; nel X secolo l'enciclopedia bizantina Suda conservava informazioni, ora perdute.
[modifica] Storiografia
- Erodoto (484 a.C.-425 a.C.?), Ιστορίης Απόδειξης (Storie), VI libro
- Tucidide (ca 460 a.C.-ca 400 a.C., Ξυγγραφη (Le guerre del Peloponneso)
- Isocrate (436 a.C.-338 a.C.), Επιταφειος τοις Κορινθειοις βοηθοις (Orazione funebre)
- Platone (428 a.C.-427 a.C.–ca. 348 a.C. /347 a.C.), Μενέξενος (Menesseno (dialogo)|Menesseno) / Νόμοι (Leggi)
- Senofonte (c. 427 a.C.–355 a.C.), Κυρου Ανάβασις (Anabasi)
- Aristotele (384 a.C.-322 a.C.), ΑΘηναιων Πολιτεια (Costituzione degli Ateniesi)
- Cornelio Nepote (ca. 100 a.C.- 24 a.C.), De Viris Illustribus
- Plutarco (46-127), Βίοι Παραλληλοι (Vite parallele), Teseo e Romolo, Aristide e Catone, Temistocle e Camillo / Περί του Ηροδότου κακοηθείας (De Herodoti malignitate - Sulla malignità di Erodoto)
- Luciano di Samosata (ca. 120 - ca. 180), Ὑπὲρ τοῦ ἐν τῇ προσαγορεύσει πταίσματος
- Pausania (II secolo d.C.), Ελλαδος Περιήγησις (Periegesi della Grecia)
- Claudio Eliano (c. 175–c. 235), Ποικιλη Ιστορια (Storia varia)
- Marco Giuniano Giustino (III secolo d.C.), Historiarum Philippicarum
- Fozio I di Costantinopoli c.820 - 893 AD, Μυριόβιβλον (Biblioteca): Epitome of Περσικά (Persica) da Ctesia (IV secolo d.C.)
- Enciclopedia Suda (X secolo)
[modifica] Fonti
- Peter Green, Guerre Greco-Persiane
- Dr. Manousos Kampouris, Η Μάχη του Μαραθώνα, το λυκαυγές της κλασσικής Ελλάδος (la battaglia di Maratona, il declino della civiltà greca), Πόλεμος και ιστορία (Guerra e Storia) magazine, edito il 26 gennaio 2000, Communications editions, Atene
- Christian Meier, Athen. Ein Neubegihn der Welt geschichte, Berlino 1993
- Busolt D. Griechichse Geschichte bis zur Schlacht bei Chaeroneia, vol I, Gotha 1893
- Glotz G., Roussel P., Cohen R., Storia Greca, vol. I-IV, Parigi 1948
- Bengtson H., Griechische Geschichte Handbuch der Altertumswissenschaft, III, 4. Monaco di Baviera 1969
- Garoufalis N. Demetrios, Η Μάχη του Μαραθώνα, Η δόξα της οπλιτικής φάλαγγας (La battaglia di Maratona, la gloria della falange oplita), Στρατιωτική Ιστορία (Storia militare) magazine, 13 settembre 1997, Periscopio editions, Atene
- Christodoulou Demetrios, Η στρατιωτική ιστορία της αρχαίας Ελλάδος, μία άλλη προσέγγιση (=Storia militare dell'antica Grecia, un altro punto di vista), Στρατιωτική Ιστορία (Storia militare), 20 aprile 1998, Periscopio editions, Atene
- I. Kakrides, Οι αρχαίοι Έλληνες στην νεοελληνική λαική παράδοση (=Gli antichi Greci nelle moderne tradizioni popolari), Atene 1989
- Martin, Thomas R., Ancient Greece from prehistoric to Hellinistic times, New Haven, New England, Yale University Press, 2000.
- G.Giannelli,La spedizione di Serse da Terme a Salamina, Milano, 1924
- G. De Sanctis, Storia dei Greci, 2 volume, La nuova Italia, Firenze, 1939
[modifica] Collegamenti esterni
- La battaglia di Maratona su Warfare, arte militare, storia e cultura strategica
- Livio, Battaglia di Maratona by Jona Lendering