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Diocesi di Locri-Gerace - Wikipedia

Diocesi di Locri-Gerace

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

diocesi di Locri-Gerace
Dioecesis Locrensis-Hieracensis (-Sanctae Mariae de Pulsi)
chiesa latina
[[Image:{{{immagine}}}|290px]]
vescovo Giancarlo Maria Bregantini
sede vacante
suffraganea di arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova
Regione ecclesiastica Calabria
   
Collocazione geografica Provincia ecclesiastica
diocesi suffraganee
{{{suffraganee}}}
Coadiutore:
vicario:
provicario
generale:
ausiliari:
Vescovi emeriti:
parrocchie: 74
sacerdoti 52 secolari e 25 regolari
1.720 battezzati per sacerdote
25 religiosi 147 religiose 1 diaconi
134.043 abitanti in 1.248 km²
132.511 battezzati (98,9% del totale)
Eretta: V secolo d.C.
rito: romano
cattedrale :
Santi patroni:
Via Garibaldi 104, 89044 Locri [Reggio Calabria], Italia
tel. 0964.20.781 fax. 0964.23.00.58 W
Dati dall'annuario pontificio 2005 * *
Chiesa cattolica in Italia
elenco diocesi della Chiesa cattolica
Progetto:Diocesi · discussioni -- guida

La diocesi di Locri-Gerace (in latino: Dioecesis Locrensis-Hieracensis (-Sanctae Mariae de Pulsi)) è una sede della Chiesa cattolica suffraganea dell'arcidiocesi di Reggio Calabria-Bova appartenente alla regione ecclesiastica Calabria. È stata costituita nel V secolo d.C. e nel 2004 contava 132.511 battezzati su 134.043 abitanti. È attualmente retta dal vescovo Giancarlo Maria Bregantini.

Indice

[modifica] Territorio

La diocesi comprende le seguenti città: Africo, Agnana Calabra, Antonimina, Ardore, Benestare, Bianco, Bivongi, Bovalino, Brancaleone, , Bruzzano Zeffirio, Camini, Canolo, Caraffa del Bianco, Careri, Casignana, Caulonia, Ciminà, Ferruzzano, Gerace, Gioiosa Ionica, Grotteria, Locri, Mammola, Marina di Gioiosa Ionica, Martone, Monasterace, Palizzi, Pazzano, Placanica, Platì, Portigliola, Riace, Roccella Ionica, Samo, San Giovanni di Gerace, San Luca, Sant'Agata del Bianco, Sant'Ilario dello Ionio, Siderno, Staiti, Stignano, Stilo.

[modifica] Storia

La storia della fede cristiana nella diocesi di Locri – Gerace comincia sin dai primi secoli del cristianesimo. Le notizie documentate dei secoli tardo antichi e alto medioevali riguardano, purtroppo, il solo centro principale e sede del vescovo, Locri, non riferendosi al suo territorio. La presenza documentata, per mezzo di due epigrafi, del cristianesimo, è del IV secolo. La cattedra vescovile fu istituita, assai probabilmente, prima del 343, ed è documentata nell’ultimo quarto del VI secolo.

I primi vescovi locresi indicati dalla tradizione sono delle figure leggendarie, senza nessun fondamento storico, come Suera, indicato nel I secolo d.C. Doveva esservi una chiesa cattedrale, ma non è ancora stata individuata dagli archeologi.

I limiti della primitiva area d’influenza (non potremmo definirla “diocesi”) di Locri erano la fiumara Allaro (subito oltre Caulonia) a nord, e quella di [[Melito (Tuccio) a sud. Comprendeva interamente quella che sarebbe, in seguito, diventata la diocesi di Bova.

È possibile che ci fossero dei piccoli centri abitati, oltre a Locri. Dovettero esserci anche degli edifici di culto, come ad esempio la chiesetta detta di San Marco nell’area di Kaulon (odierno sito archeologico nei pressi di Monasterace Marina), recentemente datata al V-VI secolo.

Tra i primissimi monasteri in Calabria, documentati alla fine del VI secolo, ce ne è stato uno a Locri. Erano monasteri di lingua, e probabilmente rito, latini. Di questi si hanno notizie non oltre la metà del VII secolo, poi non si ha notizia di vita monastica nella regione fino all’arrivo dei monaci greci. C’è chi sostiene che in quel tempo (VII-IX secolo) fu praticata la vita eremitica in grotta.

Dal VI secolo il territorio della Calabria meridionale divenne dominio dell’impero bizantino. Non ci furono cambiamenti fino all'XI secolo, quando arrivarono i normanni. Vi furono, in Calabria, nel VI secolo, invasioni di Longobardi, ma è poco probabile (manca la documentazione) che arrivarono anche nella diocesi.

Il primo vescovo di Locri di cui conosciamo il nome è Dulcino, di cui si legge in una lettera di papa Gregorio Magno. Di lui sappiamo solo che morì nel 594. Il secondo, Marciano, sedette sulla cattedra dal 598. Altri vescovi documentati prima dell’anno mille sono: Crescenzo (649), Stefano (680), Gregorio (morto nel 709), Cristoforo ( 787) e Giorgio (870).

I locresi si trasferirono gradualmente nel sito dell’attuale Gerace fra la fine del VII e gli inizi del VIII secolo. Quello che è il primo nome della città, Santa Ciriaca (una martire orientale), compare per la prima volta in un documento del 787. In muratura doveva essere la primitiva cattedrale di Santa Ciriaca, della quale, purtroppo, non sono documentati resti. Sono superstiti di quell’epoca, e per questo preziosissime, sempre a Gerace, le chiese di San Giovannello e della Nunziatella (di quest’ultima si conserva, del periodo, solo la zona absidale), che studiosi affidabili datano al X secolo.

L’VIII secolo fu caratterizzato dalla crisi iconoclastica, in conseguenza della quale il basileus di Costantinopoli decise il trasferimento delle diocesi dell’Italia meridionale all’obbedienza al patriarcato di Costantinopoli.

Dell’insediamento sul territorio in età bizantina sappiamo poco. Verosimilmente, Gerace non era il solo centro abitato. La fascia costiera era probabilmente desolata. Verso l’interno dovevano sorgere altri kastron o kastellion e numerosi Choria e Pyrgoi. Emergono dai documenti i nomi di Africo, Bovalino, Bruzzano, Bucito (antico nome di Martone), verosimilmente già esistevano Ardore, Grotteria, Mammola, Roccella, Castelvetere (Caulonia). In quel periodo, tra le colline, vivevano eremiti, ed i monasteri erano presenti un po’ ovunque nel territorio.

Nel X secolo fu fondata, strappando una buona parte di territorio a quella di Gerace, la diocesi di Bova. Dopo il 902 (anno della conquista di Taormina, che pose fine alla conquista dell’intera Sicilia) gli arabi insediarono la Calabria: nel 925 presero Bruzzano. Gerace fu conquistata nel 985 assieme a Bovalino. Gli assalitori lasciarono nella zona in verità poche tracce, tra cui il nome odierno di Careri, che deriva dall’arabo hareri (tessitore).

[modifica] Monachesimo

Negli ultimi anni del IX secolo, e nei primi del X, la Calabria accolse i cristiani scacciati dalla Sicilia dagli arabi. Fu l’inizio dello sviluppo nella regione del monachesimo, cosiddetto, italogreco. Dalla Sicilia arrivarono, per stabilirsi in Calabria, santi come sant'Elia il Giovane, san Leoluca di Corleone. Secondo un importante studioso francese, nel X secolo “…la Calabria diviene per eccellenza la terra dei monaci e degli eremiti…” la sua fama “…si espande, attraverso tutto il mondo bizantino, fino a Costantinopoli ed a Gerusalemme…”. La regione darà dei santi come sant'Elia Speleota, san Nicodemo da Cirò, san Fantino il Giovane, san Nilo da Rossano, san Giovanni Terista, san Leo di Africo.

Nella diocesi, i monaci greci sono presenti esplicitamente nelle fonti non prima della fine del IX – inizi del X secolo. La tradizione che vuole sant'Ilarione romitante a Caulonia nel IV secolo, non ha alcun fondamento storico. I greci di Calabria sono insieme coltivatori e copisti; essi dissodano il suolo, sradicano gli alberi, piantano la vite. Così in molti luoghi, attorno ai monasteri, si formano paesi, che rapidamente si popolano di contadini.

Nella diocesi c’erano quattro zone monastiche eminenti: quella di Stilo - Bivongi; l’attuale valle del Torbido, compresa la Limina; il territorio di Gerace; la valle del Buonamico. Oltre alle forme eremitica e lavriotica, che sono bene attestate, non molto si sa dei monasteri che dovettero essere presenti.

Il monastero più importante della diocesi era San Filippo d’Argirò a Gerace. L’unico monastero femminile, anch’esso a Gerace, era quello di santa Parasceve. Importantissimi, nella vallata dello Stilaro, san Giovanni Terista a Bivongi, (che ebbe come grangia Santi Cosma e Damiano a Riace), santa Maria di Monte Stella a Stilo, santa Maria della Cattolica a Stilo. Notevoli, a sud, Santa Maria di Polsi, che avrà gran destino nel corso dei secoli, e San Giorgio di Pietra Kappa, vicino a San Luca.

Questa la situazione nella valle del Torbido:

Sulla Limina, vivente san Nicodemo, fu fondato dallo stesso il monastero di San Michele di Cellerana, il più importante della zona. Tra XV e XVI secolo la sua sede fu poi trasferita a Mammola, nella grangia di San Biagio.

Sono menzionati, in una carta greca del 1106:

  • Santissima Deipara dei Buceti, a Martone
  • Sant'Anania, forse nei pressi di Martone
  • San Giovanni Profeta Precursore e Battista, forse a San Giovanni di Gerace.

Lungo il corso del Pretoriate (attuale Torbido), si trovava il monastero di San Fantino Vecchio. Sempre lungo lo stesso corso d’acqua, vi era San Fantino di Pretoriate.

In una carta greca di donazione databile 1011-1012 un tale Nicodemo Kondos, per il perdono dei suoi numerosi peccati, dona al “santo padre nostro Nicodemo” la chiesa (o monastero) della Theotokos ton Orton, quattromila viti e due capienti botti. Non si sa se fu un monastero o una semplice chiesa, ed è comunemente identificata con Santa Maria delle Grazie nei pressi di Gioiosa. A Grotteria, presso la chiesa più recente di Santa Maria del Soccorso, si ha notizia di un monastero di San Nicola; risulta da un documento del 1232 e sarebbe stato distrutto da un terremoto nel 1349. Oltre ai monasteri qui ricordati, ne sono documentati altri nella diocesi, quasi una trentina, di cinque dei quali non si conosce nemmeno la collocazione.

La forte fluttuazione di monaci fra un monastero e l’altro, e la brevità della vita di molti monasteri, rendono impossibile qualsiasi valutazione dell’entità numerica dei singoli centri monastici.

Per quanto riguarda la presenza di santi in diocesi, Nicodemo è un santo storico, non sussistendo dubbi d’alcun genere sulla sua esistenza; nel territorio di Africo visse, nel secolo XI, San Leo. Vicino a Bivongi visse, nel X-XI secolo San Giovanni Terista, il mietitore.

Il culto di questi santi fu spontaneo ed immediato, e certamente rimase limitato – com’è ancora oggi – alla sola zona che era stata teatro della loro vita, e dove morirono e furono sepolti. Ciò avviene perché i santi italogreci erano venerati soprattutto nei monasteri. Inoltre ogni monastero, oltre ad essere indipendente dagli altri, poteva vantare santi suoi propri cui dedicare il massimo delle attenzioni ed il culto.

[modifica] Periodo normanno

Nel periodo d’occupazione normanna furono costruiti il castello e la cattedrale; Gerace divenne un grande cantiere. La serie dei vescovi geracesi d’epoca bizantina e normanna è incompleta. Rilevante fu il lavoro di Leonzio, ideatore e sostenitore della cattedrale. I normanni portarono con se il "monachesimo latino", e lo dislocarono nei punti strategici della ragione. I benedettini fondarono:

I Canonici Regolari di sant'Agostino fondarono Santa Maria Cattolica e dei XII Apostoli a Bagnara nel 1085. In seguito, Santa Maria della Matina, Santa Maria di Corazzo e la Certosa passarono ai Cistercensi, i quali fondarono direttamente Santa Maria della Sambucina a Luzzi (CS). Dai Cistercensi proveniva l’abate Gioacchino da Fiore, che fondò nel 1191 l’Ordine florense. Furono questi monaci lo strumento attraverso il quale la latinità cominciò a diffondersi in modo inarrestabile in Calabria.

In epoca normanna, oltre alle città, sono presenti castra, castellia, casalia, motte. Solo Bruzzano è citata in un documento, come casale. Molti altri centri verranno, in seguito, definiti motte.

È da osservare come in epoca normanna vi fu il momento più felice dei monasteri italogreci. Questo poté succedere perché le zone in cui i normanni non poterono imporre immediatamente il loro progetto – le diocesi di Bova, Gerace e Oppido – furono circondate e quasi assediate dalle grandi abbazie latine da loro fondate (come la Certosa di Serra e la Santissima Trinità di Mileto), le quali furono lentamente infiltrate entro le diocesi greche solamente attraverso donazioni e benefici.

Il monastero di San Fantino del Pretoriate, ad esempio, fu assegnato dapprima alla Certosa di Serra, poi, attorno al 1139, alla Santissima Trinità di Venosa (città pugliese).

[modifica] Periodo svevo

Ai normanni succedettero gli Svevi (1194-1266). Nel terzo quarto del XIII secolo sembra che nella diocesi ci sia stata una netta ripresa, ed il recupero di più accettabili condizioni di vita. Si hanno generiche notizie dell’arroganza e delle usurpazioni dei signorotti locali, ma è troppo poco per ricostruire il periodo storico. I limiti di tanti latifondi feudali s’identificheranno però spesso con quelli dei monasteri italogreci.

Cominciarono a diffondersi nella diocesi il rito e la lingua latine; secondo la tradizione, fu fondata in Gerace già nel corso del XIII secolo la Chiesa di San Michele de’ Latinis. Nel 1179, nel suo testamento, una donna di Castelvetere raccomandò ai sacerdoti di cantare messa, per la salvezza della sua anima, sia in greco sia in latino.

[modifica] Periodo aragonese

Dopo il periodo svevo, cominciò quello angioino – aragonese. Vi furono, in quegli anni, gravi disordini interreligiosi per la presenza malsopportata di una colonia ebraica. A Grotteria (importante centro della diocesi), la “giudecca” sembra attestata nel 1276-1277.

C’è da ricordare che gli angioini fecero una forte politica antibizantina, dando un contributo decisivo alla fine del monachesimo italogreco. Questi, oltre che per la politica contraria degli angioini, decadde per alcuni suoi mali interni. Ad esempio non aveva più da tempo interscambi con il mondo bizantino d’oriente. Altro problema fu che la gente non era più tutta greca. Inoltre, i beni dei monasteri furono o dissipati da abati empi o sequestrati da signori feudali avari.

Un importante insieme di documenti, le Collettorie pontificie, ci indicano la situazione della diocesi negli anni 1324-1328. Per quanto riguarda i monasteri, tutti quelli della diocesi erano tassati, nel 1324, per un totale di 3 once e mezza.Il dato complessivo delle rendite della mensa vescovile arriva a 198 fiorini l’anno, e si colloca in posizione mediana nella classifica delle diocesi calabresi.

Nel volgere dei prossimi due secoli più della metà dei monasteri geracesi termineranno la loro parabola o consumandosi senza lasciare altra traccia che qualche vago indizio nella toponomastica, o diventeranno grange di quelli più importanti; questo anche per la pratica della commenda.

Nel 1342 Barlaam di Seminara, personalità di grande spessore culturale e politico nel mondo bizantino del XIV secolo, fu eletto vescovo di Gerace direttamente da papa Clemente VI. La sua presenza sulla cattedra vescovile fu, ed è ancora oggi, motivo di prestigio per la diocesi.

[modifica] Periodo moderno

Rivolgendo lo sguardo all’organizzazione diocesana quattrocentesca, accanto al vescovo operava il Capitolo, formato di sette dignità – decano, cantore, arcidiacono, protopapa, tesoriere, protonotario, primicerio – ed un buon numero di canonici semplici.

Per quanto riguarda invece le parrocchie, le chiese principali dei centri più importanti erano “protopapali”, delle varie parrocchie si hanno notizie solo nella metà del ‘500, epoca della quale possediamo alcuni verbali delle visite pastorali.

Altro documento fondamentale per la storia del cristianesimo nella nostra zona è una relazione che, nel 1457, compilò Atanasio Chalkeopulos, allora Archimandrita (reggente) di Santa Maria del Patir a Rossano, e futuro vescovo proprio di Gerace.

La situazione complessiva in tutta la diocesi è accettabile; ma ci sono delle situazioni particolarmente gravi, che fanno comprendere il modo in cui il monachesimo italogreco andava scomparendo. Il totale, nei monasteri visitati, è di 14 monaci e 10 monache. L’unico monastero italogreco che sopravvivrà, fino al 1783, sarà San Biagio a Mammola, inizialmente grangia di San Nicodemo. Un fatto fondamentale di quegli anni fu l’introduzione in diocesi, nel 1470, a Grotteria, dei Domenicani.

Un vescovo greco, Atanasio Chalkeopulos, imporrà a Gerace il mutamento del rito da greco in latino. Eliminò anche l’iconostasi dalla cattedrale. Il 29 marzo 1480, si aprì l’Era Moderna nella diocesi.

[modifica] Serie dei vescovi


[modifica] Statistiche

La diocesi al termine dell'anno 2004 su una popolazione di 134.043 persone contava 132.511 battezzati, corrispondenti al 98,9% del totale.

anno popolazione sacerdoti diaconi religiosi parrocchie
  battezzati totale % numero secolari regolari per
battezzato
  uomini donne  
1948 148.700 149.000 99,8 109 107 2 1.364 2 63 73
1970 260.000 0,0 100 95 5 0 5 112 75
1980 121.900 128.300 95,0 76 62 14 1.603 15 141 77
1990 127.100 128.150 99,2 70 54 16 1.815 17 114 60
1999 131.190 131.665 99,6 73 53 20 1.797 2 23 137 73
2000 130.048 131.150 99,2 73 54 19 1.781 2 22 140 73
2001 129.874 131.021 99,1 74 55 19 1.755 2 22 143 73
2002 132.107 133.307 99,1 81 56 25 1.630 2 28 145 73
2003 132.105 133.281 99,1 79 56 23 1.672 1 23 147 73
2004 132.511 134.043 98,9 77 52 25 1.720 1 25 147 73

[modifica] Bibliografia

  • Enzo D’Agostino – Da Locri a Gerace - Storia di una diocesi della Calabria bizantina dalle origini al 1480 – Rubbettino Editore, Soveria Mannelli 2005

[modifica] Collegamenti esterni

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