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Neolitico - Wikipedia

Neolitico

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Etimologicamente il termine Neolitico deriva dalle due parole greche "neo" (nuova) e "litos" (pietra):è difatti attribuita a questo periodo la scoperta dell'argilla e,di conseguenza,della ceramica.Il Neolitico è un periodo della preistoria, l'ultimo dei tre che costituiscono l'Età della Pietra. Fu contraddistinto da notevoli innovazioni nella litotecnica, dall'uso della levigatura per gli strumenti litici e dalla nascita dell'agricoltura e dell'allevamento nella Mezzaluna Fertile.

Mappa del Neolitico europeo all'apice dell'espansione danubiana, circa 4500 a.C.-4000 a.C..
Mappa del Neolitico europeo all'apice dell'espansione danubiana, circa 4500 a.C.-4000 a.C..

Indice

[modifica] La "Rivoluzione" del Neolitico

Il principale di questi mutamenti, che avvenne in forme e in tempi diversi nelle varie parti del Vecchio e del Nuovo Mondo, è costituito dal passaggio da un'economia di caccia e raccolta a una di tipo produttivo, basata sulla domesticazione di piante e animali. L'usanza di macinare i semi delle piante selvatiche risale addirittura al Paleolitico inferiore; dopo un lungo periodo di "manipolazione" delle piante selvatiche, consistente nella loro raccolta e nell'immagazzinamento, si arrivò, intorno alla metà dell'VIII millennio a.C., alla domesticazione di cereali (soprattutto il Triticum dicoccum) e leguminose, in una vasta area compresa tra l'Anatolia orientale, l'Iraq settentrionale, la Palestina e l'Iran occidentale. Per quanto riguarda i primi animali domestici, la pecora sembra attestata già nel 9000 a.C., il maiale agli inizi del VII millennio a.C., il bue sembra invece presente alla metà del VII millennio, in Tessaglia. Tra il VII e il VI millennio a.C. le stesse innovazioni compaiono nell'Africa settentrionale e iniziano a diffondersi nel continente europeo. Nell'Asia sudorientale, la coltivazione del riso compare, in un'area compresa tra la Cina e la Tailandia, nel IV millennio a.C.; scavi condotti nella seconda metà del XX secolo hanno inoltre permesso di datare la comparsa del maiale domestico e le prime opere di irrigazione in Nuova Guinea allo stesso periodo. Nel Nuovo Mondo il passaggio a un'economia di produzione sembra compiersi, in alcune aree del Messico e del Perù, tra il VII e il IV millennio a.C..

Vale la pena di ricordare che uno studio teorico sull'espansione dell'agricoltura in Europa e quindi della neolitizzazione a partire dal Medio Oriente è stata condotto da Albert Ammerman e Luigi Luca Cavalli Sforza utilizzando il modello matematico di reazione-diffusione e in particolare l'equazione di Fisher (Ammerman-Cavalli Sforza 1986).

[modifica] La transizione neolitica

Il passaggio da un'economia basata sulla caccia e sulla raccolta – che ha accompagnato l'uomo per la gran parte della sua storia - ad un'economia basata invece prevalentemente sulla coltivazione e sull'allevamento è stato certamente di estrema importanza. Fino a pochi decenni fa, era dato per scontato che tale processo avesse avuto origine da qualche parte in Medio Oriente, e che in qualche millennio la pratica dell'agricoltura si fosse diffusa, da Oriente ad Occidente, in tutto il bacino del Mar Mediterraneo nell'Europa continentale.

Le ragioni di tale passaggio rimanevano controverse. Venivano chiamate in causa alcune variazioni climatiche post-glaciali, che potevano aver reso più fertili zone desertiche della Turchia meridionale, aumentando la piovosità; oppure una forte crescita demografica, sempre conseguenza del miglioramento del clima dopo la fine dell'ultima glaciazione, che aveva reso necessario aumentare la disponibiltà di risorse alimentari; oppure ancora la crescita della foresta, che aveva reso impossibile la caccia ai grandi branchi di selvaggina. Ciò che non si dubitava era il carattere quasi immediato – nella scala temporale della storia dell'umanità, calcolata in milioni di anni – del passaggio all'agricoltura. Il famoso archeologo inglese Vere Gordon Childe, per sottolineare la velocità e la drammaticità del passaggio coniò l'espressione "rivoluzione neolitica" (Childe, 1934).

Studi recenti di storia dell'agricoltura, unitamente a nuove tecniche di ricerca applicate all'archeologia, stanno mettendo in discussione teorie ritenute valide fino a qualche decennio fa. Il sempre maggior contributo che le scienze naturali danno alla ricostruzione degli aspetti della vita materiale dell'uomo durante la sua storia ci permettono di formulare nuove ipotesi ed aprono interessanti campi di indagine. L'attenzione degli studiosi si è spostata, in questi ultimi anni, dallo studio delle forme e delle sintassi decorative degli oggetti all'analisi dei resti organici presenti negli insediamenti preistorici. Dai focolari provengono semi combusti o noccioli; depositi di ossa di animali, sottoposti a ricerca tafonomica per capire se sono stati macellati o semplicemente mangiati (G. Giacobini, 1996) possono darci utili indicazioni sull'eventuale presenza di allevamento e/o domesticazione; altre indicazioni provengono dal confronto con scenari attestati in epoche diverse: i fitoliti rilevati in un sito calcolitico hanno indiziato l'utilizzo prevalente del terreno, presupponendo che alte concentrazioni corrispondano a una forte incidenza del pascolo (Biagi-Nisbet, 1984); una particolare usura delle dentature dei resti umani può evidenziare un'alimentazione ricca di scorie silicee, e quindi ricondursi alla molitura dei cereali con macine di pietra; scheletri femminili con segni di usura alle ginocchia, agli alluci ed alla colonna vertebrale provano che le donne passavano molto tempo chine a macinare cereali, e quindi sono un altro segnale di economia basata sull'agricoltura; infine, è recente notizia che dall'analisi del DNA condotta su frumenti selvatici con il sistema di marcatura molecolare si è dimostrato che la domesticazione dei cereali è avvenuta tra la Turchia orientale e l'Iraq nel 9000 circa a.C., nell'odierna zona del Karacadag.

Quali quindi le teorie più recenti sull'origine dell'agricoltura? Una sintesi chiara ed efficace è contenuta nel libro di F. Giusti, La nascita dell'agricoltura, 1996. Dopo un'attenta disamina delle varie teorie sull'argomento, l'autrice conclude che la nascita dell'agricoltura è dovuta a combinazioni diverse di vari fattori già in precedenza analizzati, a seconda delle aree nelle quali essa è avvenuta. Accettato come centro di origine il Medio Oriente (la mezzaluna fertile) ove certamente un aumento della piovosità favorì la diffusione delle graminacee, gli stadi successivi della transizione sono assai meno lineari di quanto finora ipotizzato. L'uomo "paleolitico" – l'uomo cioè che viveva esclusivamente di caccia e raccolta – aveva elaborato durante centinaia di migliaia di anni tecniche molto efficaci di controllo delle risorse alimentari. Tramite l'astinenza sessuale (le nascite venivano distanziate in modo da non costringere le madri al trasporto di prole numerosa durante gli spostamenti legati alla caccia), l'infanticidio o il senilicidio il rapporto tra i membri delle comunità ed il territorio disponibile veniva tenuto in costante equilibrio. La caccia e la raccolta venivano praticate in modo selettivo, favorendo la riproduzione della selvaggina o dei frutti selvatici; un'antica sapienza, ormai in gran parte perduta, permetteva di ricavare calorie e proteine da innumerevoli varietà vegetali.

L'affermazione delle tecniche di coltivazione e allevamento procedette dunque anzitutto lungo direttrici che attraversavano terreni particolarmente favorevoli, come quelli formatisi per deposito di polveri portate dal vento (loess) nell'Europa centrale; seguì il corso di grandi vie fluviali, come il Danubio; ebbe successo nelle ampie vallate dei Balcani e della Grecia orientale, dagli inverni freddi e piovosi e dalle lunghe estati, ambiente ideale per la pastorizia e la transumanza; ma penetrò con difficoltà nelle fredde foreste del Nord Europa e nelle regioni poste ai bordi della catena alpina.

In queste ultime in particolare, fenomeni di erosione e sedimentazione hanno creato ambienti favorevoli all'agricoltura di estensione assai limitata anche se diffusi in tutto l'arco alpino. Si tratta delle conoidi di deiezione, depositi alluvionali a forma appunto di cono posti allo sbocco di valli ripide e incassate, o dei terrazzamenti naturali, sacche di terreno soffice e aerato formatesi in conseguenza di fenomeni alluvionali contro sbarramenti rocciosi.

A Breno, in Valcamonica, una comunità neolitica scelse appunto una conoide preferendola al terreno di fondovalle, ricoperto da dense foreste composte da querce, olmi, noccioli selvatici e tigli. Successive comunità di agricoltori – cacciatori continuarono ad abitare lo stesso luogo fino all'età del Bronzo, e tuttora le conoidi poste allo sbocco delle valli secondarie sono intensamente coltivate in tutte le Alpi, in particolare a vite od a frutteto.

Le forme e le decorazioni dei vasi in ceramica - tecnica nata quasi ovunque assieme all'agricoltura - ci permettono di seguire passo passo il cammino degli influssi neolitizzatori, durato alcuni millenni, anche se non sempre abbiamo dati cronologici sufficientemente attendibili per stabilire una periodizzazione esauriente. La prima ondata giunse dal mare con la cultura della Ceramica Impressa, decorata con impressioni a crudo ottenute prevalentemente con la conchiglia del genere Cardium (da cui anche l'appellativo di Cardiale), su tutte le coste del Mar Mediterraneo, fino alla Liguria, alla Francia meridionale ed alla Spagna. Un'altra ondata risalì il corso del Danubio, portando con sé ceramiche decorate a linee incise (Linienbandkeramik), collane ottenute con conchiglie di genere Spondylus o altri bivalvi, figurine femminili in argilla.

L'incontro tra i primi agricoltori e le comunità mesolitiche europee produsse numerose varianti regionali dei due filoni principali della Ceramica Impressa e della Linienbandkeramik. A Nord delle Alpi, si affermò la cultura delle ceramiche decorate "a punzone" (Stichbandkeramik), cultura generalmente nota come Cultura di Rössen, il cui centro di irradiazione era posto nel bacino meridionale del Reno. Ad Ovest delle Alpi la Cultura di Chassey, a contatto con il mesolitico attardato della Svizzera (cultura di Egolzwill) diede origine al Cortaillod, che attraverso i facili passaggi verso la Lombardia, alle soglie dell'età dei metalli influenzò la cultura lombarda della Lagozza. La cultura di Chassey ha lasciato tracce importanti in Val di Susa.

[modifica] La neolitizzazione della Pianura padana e del versante Sud delle Alpi

Durante la prima fase della neolitizzazione, la Pianura padana fu prevalentemente influenzata dalla cultura della Ceramica Impressa. Essa giunse nella zona occidentale dalla Liguria, attraverso le basse giogaie delle marittime e poi lungo il corso dei fiumi, come ad Alba; nella parte orientale l'influsso giunse dall'Adriatico, mentre nel centro si svilupparono, sempre dallo stesso ceppo, la cultura di Fiorano in Emilia-Romagna e nel Veneto, quella di Vhò di Piadena nel mantovano e nel cremonese e dell'isolino Virginia nel varesotto.

[modifica] Il neolitico in Liguria

La cultura della ceramica impressa ligure è presente in varie grotte della regione (Grotta di Pollera, Arma di Nasino, Arena Candide ed altre) ed è separata dal sottostante livello mesolitico da uno strato sterile che denota un intervallo cronologico ben definito tra le due culture: i primi agricoltori occuparono la regione quando ormai le comunità mesolitiche si erano da tempo estinte.

I manufatti in ceramica sono di impasto grossolano di colore grigio o rossiccio, hanno forme che comprendono vasi a fiasco, tazze emisferiche con prese e ciotole sferoidali con il bordo decorato a tacche. Le decorazioni sono prevalentemente composte da fasce distinte, quella superiore con motivi ad angoli multipli e quella ventrale eseguita a punzone, ad unghiate, ad impressioni trascinate (stab and drag), con il guscio della conchiglia Cardium ed a cordoni impressi orizzontali e verticali. Nella ceramica più fine traslucida sono annoverate tazzine, bicchieri e forme a fiasco. Oltre alle industrie litiche di tradizione mesolitica compaione le asce in pietra verde, reperibile con facilità nelle Alpi marittime. L'economia si basa su raccolta – in particolare di molluschi - caccia e uccellagione mentre l'agricoltura non sembra ancora del tutto sviluppata.

[modifica] Il neolitico in Emilia Romagna e Veneto

La cultura di Fiorano presenta insediamenti in pianura e nella fascia pedemontana dell'appennnino emiliano e del Veneto. In queste ultime zone i villaggi, ben individuati da numerosi fondi di capanna, sono prevalentemente posti alla base di conoidi fluviali. La cultura di Fiorano è contraddistinta da una grande varietà di forme su ceramica fine comprendente tazze carenate con o senza anse, grandi scodelle a quattro anse, orci globosi e grandi giare decorate con cordoni semplici ed impressi, motivi a solcature lineari, foglioline e puntini. L'industria litica comprende bulini ad incavi e stacchi laterali, grattatoi frontali erti, perforatori, romboidi e microbulini.

L'industria litica in selce di buona qualità proveniente dalle aree prealpine venete (Lago di Garda e Monti Lessini) presenta forme di bulini, geometrici, troncature, raschiatoi ed elementi di falcetto. Da ricordare il frammento superiore di una statuetta fittile riconducibile per fattura a quelle del gruppo di Vhò di cui presenta strette analogie anche per la presenza di un pozzo per il prelievo dell'acqua di falda.

[modifica] Il neolitico in Lombardia

L'economia risente in modo significativo delle alternanze tra agricoltura/allevamento e caccia/raccolta. Gli insediamenti della cultura di Vho sono posti prevalentemente su aree elevate rispetto alla valle del Po e sono molto frequenti pozzi, pozzetti ed altri tipi di cavità sparse in modo irregolare attorno alle capanne. La ceramica fine comprende forme che vanno dai vasi a fruttiera con piccolo piede a tazze carenate con ansa a nastro e bugne sulla carena, a vasi a fiasco e a forma di tronco di cono con due anse; le decorazioni vanno dai cordoni plastici orizzontali e verticali alle bugne, alle impronte digitali, alle solcature appaiate ed ai motivi incisi a zig zag ed a chicco di grano; sono frequenti gli idoletti in argilla rappresentanti figure femminili.

La cultura dell'Isolino di Varese è caratteristica di una zona lacustre delle prealpi varesine dove le stazioni più conosciute sono l'Isola Virginia e Pizzo di Bodio sulle sponde del lago di Varese. La ceramica si presenta con forme caratteristiche tipo vasi a fruttiera, forme ovoidi con bordi estroflessi, vasi con profilo ad S e bordo estroflesso e le anse a nastro variamente decorate; la sintassi decorativa varia da incisioni finissime di motivi geometrici generalmente triangolari e decorazioni plastiche tipo bugne, linguette, cordoni impressi e rigonfiamenti sugli orli. Il sito di Pizzo di Bodio è stato datato durante scavi molto recenti dal 6320 +- 80 BP al 6050 +- 50 BP. (D. Banchieri 1990).

[modifica] Il neolitico in Friuli

In Friuli la prima neolitizzazione è presente a Sammardenchia (Pozzuolo del Friuli) e Fagnigola (Azzano Decimo) oltre ad una decina di siti molto più limitati territorialmente e studiati in modo meno approfondito. Il primo è un insediamento di media pianura, collocato sui terrazzamenti in un'area piuttosto vasta a poca distanza dal fiume Cormor. Essendo l'ubicazione in area molto fertile è possibile che le potenzialità produttive dell'agricoltura fossero piuttosto alte e questa ipotesi è confermata dall'estensione dell'antropizzazione, dalla lunghezza del periodo insediativo e dalla consistente densità abitativa. La ceramica ha notevoli componenti riferibili alla facies di Fiorano mentre la litica ha una forte caratterizzazione mesolitica con la presenza diffusa di elementi di falcetto e di utensili levigati, macine e macinelli oltre alla presenza di ossidiana. Fagnigola invece è un insediamento di bassa pianura piuttosto umida per cui poco indicata per produzioni agricole, anche se ciò viene smentito dai resti di cultura materiale che ricalcano praticamente le componenti di Sammardenchia; alcune datazioni radiometriche datano il sito dal 6050 +- 90 al 5760 +- 160 B. P. (B. Bagolini, F. Bressan, 1990).

[modifica] Il neolitico in Trentino

L'areale alpino subisce le influenze del gruppo del Gaban per il Trentino ed un influsso dell'Isolino per la Lombardia con particolarità specifiche nel sito di Breno in Valcamonica. Il gruppo del Gaban è presente in Trentino Alto Adige in ripari sottoroccia ed all'aperto; la ceramica è decorata ad impressioni digitali, fasce di zig zag ed incisioni verticali e festoni di unghiate, mentre quella più lucida e fine è decorata con motivi graffiti a "note musicali". Nella fase più recente della stratigrafia compaiono forme globose monoansate, tazze monoansate carenate e decorate con grandi triangoli incisi e bugnette doppie sulla carena e grandi orci ansati col bordo decorato da impressioni ad unghiate. L'industria litica denota la presenza di bulini, grattatoi microbulini e lame ritoccate. Decisamente caratteristici di questo gruppo sono le manifestazioni artistiche su osso, corno e supporto litico raffiguranti antropomorfi normalmente di sesso femminile legati ai culti sulla fertilità della grande madre (Gimbutas 1990).

[modifica] Il neolitico in Piemonte

In Piemonte nella parte meridionale della regione, troviamo il sito di Alba che ha forti influssi della ceramica impressa ligure e del gruppo del Vhò. È stato accertato che questa stazione appartiene al neolitico antico già con i materiali recuperati negli scavi di fine Ottocento e degli anni 1950, infatti la ceramica comprende un gruppo con sintassi decorative collegabili alla facies ligure ed un gruppo con influenze chiaramente padane. Nel primo gruppo troviamo forme troncoconiche e a fiasco con cordoni impressi a doppia fila di puntini e a forma di otto con prese a lingua raramente forate, di colore rossiccio e di buona finitura, mentre al secondo appartengono i vasi a fruttiera, forme aperte con tacche sul bordo e vasi troncoconici con orlo a lobi. Molto ricorrenti le decorazioni incise sia a crudo che sulla superficie essiccata con tratti sottili a formare reticoli geometrici (chevron) sia sulle pareti che sulla parte superiore delle anse a nastro.

Brignano-Frascata in provincia di Alessandria, ma al confine appenninico con l'Oltrepò pavese, presenta affinità con le facies ceramiche e litiche di Alba anche nella presenza di antropomorfi ceramici legati ai culti della fecondità della madre terra e la presenza di elementi di falcetto con superficie lucida, pollini di graminacee e leguminose e impronte di cariossidi nei pavimenti delle capanne indica in ambedue le stazioni un ambiente dove la domesticazione vegetale ed animale (presenza di resti di ovini, caprini, bovini gracili ed adulti e suini) era largamente praticata. (Venturino Gambari, 1995). Il sito del Cristo di Alessandria ha affinità in special modo nella litica con il neolitico antico mediopadano, mentre la Boira Fusca di Salto ha restituito una piccola parte di industria confrontabile con gli orizzonti della ceramica impressa ligure. Da menzionare anche i siti di Treiso (CN), Villa del Foro e Tortona (AL).

In Val di Susa i numerosi siti esaminati presentano evidenze legate al periodo di piena neolitizzazione, ma niente che possa ricondurre ad orizzonti culturali del neolitico antico, come potrebbe invece indurre a pensare il riparo sotto roccia di Balm' Chanto (Roure) nell'adiacente Val Chisone dove era presente un bivacco epigravettiano di cacciatori-raccoglitori. Anche qui però è notevole la frattura temporale tra l'industria mesolitica e la ceramica (2972 frammenti) dell'Età del Rame o Calcolitico (Nisbet-Biagi, 1987).

[modifica] Il neolitico in Valle d'Aosta

La Valle d'Aosta per ora non ha restituito tracce di una precoce neolitizzazione infatti i siti di questa fase preistorica importante per le grandi trasformazioni culturali ed economiche si riduce alle necropoli di Vollein e Villeneuve del neolitico finale.

[modifica] Il Neolitico pieno in Italia Settentrionale e la facies dei Vasi a Bocca Quadrata

La seconda fase della neolitizzazione europea vide nella pianura padana l'affermarsi di una cultura che, più di ogni altra, costituì un fattore unificante con una forte carica propulsiva: la cultura dei Vasi a Bocca Quadrata. Essa deve il suo nome alla forma dell'imboccatura di alcuni vasi, sempre presenti negli insediamenti e nelle sepolture, tanto da costituire un fossile guida, vasi che secondo i periodi hanno assunto forme diverse, mantenendo però sempre l'imboccatura quadrata o quadrilobata. La cultura dei VBQ durò circa 1500 anni, cioè dal 4500 al 3000 a.C., in datazione calibrata, e nei luoghi ove essa si sovrappose al Neolitico antico padano (come ad Alba) la frattura nella stratigrafia appare sempre molto netta, tanto da far pensare all'arrivo forse talvolta non proprio pacifico di una popolazione alloctona.

[modifica] Il Neolitico nel Sud Italia

Per approfondire, vedi la voce La Sardegna prenuragica.

Una popolazione che si distinse per la sua cultura materiale, assai progredita per quegli anni, era stanziata tra la Calabria del Sud, la Sicilia, comprese Lampedusa e Malta. I caratteri distintivi della produzione ceramica di questa popolazione erano abilmente rappresentati con incisioni sulle argille ancora crude, da segni molto eleborati. Il segno più noto era il rombo, e, da questo, losanghe, spighe di grano ed altri molto elaborati.
La cultura di questa popolazione è stata detta di Stentinello e rappresenta la fase più evoluta del neolitico europeeo. Di recente l'archeologo onorario Sebastiano Stranges ha pubblicato le sue scoperte su centinaia di siti del neolitico stentinelliano. Tali segnalazioni hanno interessato varie università, principalmente Cambridge, che oggi, con il coordinamento del prof. John Robb, guida le ricerche che vengono effettuate da 14 università internazionali. I risultati delle ricerche stanno fornendo un quadro del neolitico straordinario, che pone la Calabria ionica al centro del Mar Mediterraneo per quanto riguarda il neolitico arcaico e medio.

[modifica] Riferimenti bibliografici

Ammerman A.J., Cavalli Sforza L.L., 1986, La transizione neolitica e la genetica di popolazioni in Europa, [trad. it.], Torino.

Biagi P., Nisbet R., 1984, The earliest farming communities in Northern Italy in Guilaine et alii (eds.), Premières communautes paysannes en Mediterranée occidentale, Actes du colloque internationale du C.N.R.S. (Montpellier, 1983), Paris, pp. 447-453.

Bagolini B., Bressan F., 1990, Aspetti ambientali nei siti neolitici del Friuli, in Biagi P. (ed.), The Neolithisation of the Alpine Region, "Monografie di Natura Bresciana", 13, pp. 175-185.

Childe V.G., 1934, New Light on Most Ancient East: The Oriental Prelude to European Prehistory, London.

Giacobini G., 1996, La ricerca tafonomica: una chiave per l'interpretazione dei siti preistorici, in Andreoni C., Giunchi C., Peretto C., Zavatti I. (eds.), Oltre la pietra. Modelli tecnologie per capire la preistoria, Forlì, pp. 197-215.

Gimbutas M., 1990, Il Linguaggio della Dea. Mito e culto della Dea Madre nell’Europa Neolitica, [trad. it.], Milano.

Nisbet R., Biagi P., 1987, Balm' Chanto: un riparo sottoroccia dell'età del rame nelle Alpi Cozie, "Archeologia dell'Italia Settentrionale", 4, Como.

Venturino Gambari M. (ed.), 1995, Navigatori e contadini: Alba e la valle del Tanaro nella preistoria, "Quaderni della Soprintendenza Archeologica del Piemonte. Monografie", 4, Torino.

Saltini Antonio, 1995, I semi della civiltà. Frumento, riso e mais nella storia delle società umane, Prefazione di Luigi Bernabò Brea, Bologna.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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