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Banca Popolare di Milano - Wikipedia

Banca Popolare di Milano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Banca Popolare di Milano
Tipologia: Società cooperativa

Borse valori:

Mibtel: PMI

Fondazione: nel 1865 a Milano
Sede sociale: Milano, Piazza F.Meda 4
Filiali:

702

Slogan: La tua voglia di fare abita qui

Persone chiave:

Settore:

Gruppi bancari

Prodotti:

Fatturato:

Dipendenti: (2005): 8.378
Sito web: www.bpm.it
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Progetto Economia


La Banca Popolare di Milano è una società cooperativa a responsabilità limitata fondata a Milano nel 1865, istituto di credito a capo del gruppo Bipiemme. È la decima banca in Italia per capitalizzazione, quarta tra gli istituti popolari.
Il presidente del Consiglio di amministrazione è Roberto Mazzotta, il direttore generale è Fabrizio Viola e il vice direttore generale Antonio Colli.

Può contare su una forza lavoro di oltre 6.000 dipendenti-soci (che salgono a 8.000 considerando il gruppo Bipiemme), con 1.430.100 clienti[1] e una raccolta, diretta e indiretta, di 57,3 miliardi di euro. Ha una presenza interregionale nel territorio con le sue 702 filiali, con una forte concentrazione in Lombardia (462 agenzie[2]). Lo sviluppo su base nazionale è stato raggiunto grazie alle numerose acquisizioni che l'hanno vista protagonista, tra cui la Banca Popolare di Roma, la Banca Briantea, Banca Agricola Milanese, Banca Popolare Cooperativa Vogherese, Banca Popolare di Bologna e Ferrara, Banca Popolare di Apricena, Ina Banca, Cassa di Risparmio di Alessandria e Banca di Legnano.


Indice

[modifica] La Cooperativa

La Banca Popolare di Milano è una Società cooperativa a Responsabilità Limitata, il cui capitale è tenuto nelle mani di oltre 130 mila azionisti (di cui 65 mila soci). Ogni socio, così come previsto dall'art. 13 dello statuto della banca, può esprimere un solo voto indipendentemente dal numero di azioni possedute. L'art. 11 dello statuto indica che possono diventare soci tutti gli azionisti che ricevono il gradimento del Consiglio di amministrazione, dopo aver presentato domanda scritta. I soci hanno inoltre diritto ad una percentuale dell'utile lordo[3], così come previsto dall'art. 47 dello statuto della banca. Praticamente tutti i dipendenti della Banca Popolare di Milano partecipano attivamente alla vita dell'istituto, essendo tutti soci della cooperativa, per questo gli stessi dipendenti hanno diritto al 5% dell'utile lordo[4].

[modifica] La storia di Banca Popolare di Milano

Il fondatore, Luigi Luzzatti
Il fondatore, Luigi Luzzatti

La Banca Popolare di Milano nacque con l'intento di creare una cooperativa di credito capace di assicurare ai propri soci una sostenibilità e una competitività di fronte alla crescente forza dell'alta borghesia nella crescita industriale che caratterizzava la fine dell'Ottocento nel capoluogo lombardo.

La caratteristica popolare, che già aveva avuto successo in Germania e in Belgio, fu sicuramente ispiratrice per la vicina Banca Popolare di Lodi di Tiziano Zalli, amico del fondatore di BPM, Luigi Luzzatti. Lo stesso Zalli si disse affascinato dal testo di Luzzatti: "La diffusione del credito e delle Banche popolari" del 1863, fonte di spunti per la nascita della prima banca popolare italiana, la Banca Mutua Popolare Agricola di Lodi.

[modifica] Il comitato promotore della banca

Fu proprio Luzzatti, il 28 ottobre 1864 a comunicare a Zalli l'esistenza a Milano di un comitato promotore per una banca popolare cittadina. Il comitato nacque da una precedente commissione, istituita dall'allora sindaco Antonio Beretta con il compito di promuovere la creazione di una nuova azienda bancaria, denominata "Compagnia del credito sul lavoro di Milano". La compagnia si sciolse poco dopo, ma lasciò in Luzzatti (responsabile della stesura del programma) l'idea che un istituto popolare fosse pronto a nascere sul suolo meneghino.

Solo nel febbraio del 1865 si riuscì a nominare un consiglio di amministrazione provvisorio composto dallo stesso Luzzatti, oltre a Francesco Viganò, Aristide Gabelli, Alessandro Romanelli, Luigi Bossi, Giovanni D'Italia, Filippo Binda, Giovanni Spertini, Giuseppe Brusadelli, Giovanni Battista Colombo, Giacomo Cattadori oltre ad un certo Tresoldi (di cui non si hanno altre notizie).

[modifica] Le prime assemblee e la fondazione

Palazzo Marino, qui nel 1865 fu costituita la Banca Popolare di Milano
Palazzo Marino, qui nel 1865 fu costituita la Banca Popolare di Milano

Il 3 agosto 1865, in un'assemblea a cui presero parte 350 cittadini di ogni ceto, si preparò l'istituzione della Banca Popolare di Milano e del suo statuto. Luigi Luzzatti convocò la prima assemblea straordinaria il 21 agosto dello stesso anno, alla quale parteciparono 184 soci. Il 7 dicembre 1865 in una sala di Palazzo Marino si svolse l'ultima assemblea preparatoria e nella stessa sede, il 12 dicembre il notaio Girolamo Corridori redasse l'atto di costituzione della Società Anonima a Responsabilità Limitata denominata Banca Popolare di Milano e autorizzata con decreto reale n. 1710 del 23 del medesimo mese.

[modifica] L'avvio dell'attività creditizia

Palazzo del Broletto, in un locale al suo interno fu ospitata la prima sede della banca, dal 1866 al 1870
Palazzo del Broletto, in un locale al suo interno fu ospitata la prima sede della banca, dal 1866 al 1870

L'attività ebbe inizio ufficialmente il 25 gennaio 1866, grazie all'apporto di 404 diversi soci che avevano sottoscritto 1.086 azioni per un capitale di 56.000 Lire. Lo statuto prevedeva un limite massimo di 50 azioni per ciascun socio ad un prezzo di 50 Lire cadauna, pagabili anche ratealmente. Il primo anno di attività raccolse grande interesse attorno alla neonata Banca, tanto che si accolsero 700 nuove domande di associazione, capaci di far salire il capitale sociale (quasi interamente versato) a 220.000 Lire e accantonarne altre 8.000 per le riserve. La crescita fu costante e dopo i primi cinque anni di attività si raggiunsero risultati eccelsi: 2.500 soci possedevano 29.706 azioni e il capitale versato era salito a 1.500.000 di Lire.

[modifica] L'importanza dell'anima popolare

I grandi risultati raggiunti non avevano fatto altro che attirare i capitali dell'alta borghesia milanese, aumentando di fatto il distacco della minoranza operaia all'interno dell'azionariato. Il legame con le fasce più deboli dell'economia cittadina fu, fin dall'inizio, uno dei capisaldi dell'attività della Banca Popolare. Si capì subito che la classe operaia non era abituata al credito: lo evitava temendo di indebitarsi o ne abusava servendosi male di questa possibilità. Fu così imposto un limite al voto capitario (sancito dall'art. 11 dello statuto) utile a costituire una buona garanzia per i soci meno abbienti.

[modifica] Il credito agricolo

Palazzo dei Giureconsulti in Piazza Mercanti, sede della banca dal 1870 al 1872
Palazzo dei Giureconsulti in Piazza Mercanti, sede della banca dal 1870 al 1872

Le difficoltà riscontrate dall'attività agricola erano ben note al fondatore Luzzatti, che fu il primo a richiedere alla Banca Popolare uno sviluppo in questo senso. In seguito all'Unità d'Italia le campagne erano in una situazione tutt'altro che favorevole: la cronica difficoltà nel recuperare i capitali utili ad ammodernare le macchine agricole era accentuata dagli alti interessi applicati sui titoli di Stato che favorivano la fuga degli investimenti dalle campagne. Questo, unito alla rivoluzione industriale fecero precipitare le capacità economiche dei contadini, che dovevano spesso affidarsi all'usura per sostenere la propria attività. Solo il Monte frumentario veniva loro in aiuto.

La vicina Banca Popolare di Lodi fu il primo istituto ad accorgersi di questo settore e ad istituire nuove filiali vicine alle realtà contadine, fuori dalle mura cittadine. L'interesse di BPM però, era quello di non instaurare nuove agenzie ma di concentrare tutta l'attività sull'unica sede milanese, contando sulla centralità del capoluogo Lombardo per l'attrazione di capitali nazionali ed esteri. La vicina Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde aveva seguito una strategia più decentralizzante con la nascita di nuove filiali, restando però lontana dal credito agricolo privilegiando i mutui ipotecari e i titoli pubblici.

La Banca Popolare di Milano nella persona del suo fondatore, offrì la propria disponibilità per entrare nel settore del credito agricolo. L'amministrazione però e soprattutto il nuovo presidente, Lisiade Pedroni decisero di rinunciare all'apertura verso il settore primario, lasciando aperta la porta per la nascita di un nuovo istituto di credito specializzato: la Banca Agricola Milanese. Correva l'anno 1874 e venne fondata la banca con la quale BPM strinse fin da subito stretti accordi di collaborazione, che sfociarono poi nella completa acquisizione del 1997.

[modifica] La definitiva consacrazione

Durante la lunga presidenza di Lisiade Pedroni la banca raggiunse la definitiva consacrazione a protagonista di grande successo tra gli istituti di credito popolari in particolare e commerciali in generale. Verso gli inizi del 1870 si ebbe un generale aumento della produzione, soprattutto nei grandi centri settentrionali, Milano su tutti. Il generale risveglio dell'economia accentuò la crescita bancaria che si trasformò in un vero e proprio boom con la nascita di nuovi e numerosi istituti di credito. In questo clima di fiducia la Popolare di Milano fece la parte del leone facendo registrare nuovi record per la giovane azienda meneghina: i depositi in conto corrente passarono da 3 milioni del 1870 a 14 milioni del 1872 ponendo la banca al secondo posto nella capacità di raccolta di risparmio, dietro solo alla Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde. La Cariplo era in effetti leader del mercato con una raccolta di 214.438.000 Lire, un risultato raggiunto soprattutto grazie alla presenza delle diverse agenzie sul territorio, in contrapposizione con quanto scelto dalla Popolare che fino ad allora non aveva aperto altri sportelli oltre quello della sede cittadina.

La nuova forza di BPM le consentì di superare brillantemente la crisi del 1873 che costò cara a molti altri istituti bancari. Fu proprio per superare questa crisi che la banca istituì, così come già fatto proprio dalla Cariplo, i Libretti di risparmio al portatore, una nuova modalità di gestione del risparmio che consentiva alla banca di raggiungere anche i ceti meno agiati, che più erano diffidenti nei confronti dei conti correnti.

[modifica] Le prime agenzie

Agli inizi del 1880 iniziò a maturare l'idea di aprire nuove filiali sul territorio comunale, così da poter essere più vicini ai piccoli operai e ai commercianti, che più facilmente avrebbero potuto raggiungere l'agenzia più vicina, senza dover distogliere troppo tempo dal proprio lavoro per raggiungere l'istituto centrale. L'avventura però non iniziò con i risultati sperati: le prime due agenzie sorsero nel 1881 all'interno dei quartieri di Porta Genova e Porta Ticinese, ma dopo soli due anni di attività, nel 1883 l'amministrazione decise di chiuderle.

Questa esperienza segnò in maniera indelebile il futuro di Banca Popolare di Milano: da quel momento in poi il Consiglio di amministrazione si rivelò sempre contrario all'apertura di nuove agenzie nella città. Si dovranno aspettare quasi trent'anni per vedere un'inversione di tendenza: solo nel 1909 la dirigenza prese in considerazione la possibilità di inaugurare nuove filiali. Sulla scia di altre grandi banche che avevano da tempo percorso questa strada, la Popolare scelse inizialmente di aprire un'agenzia fuori dal comune milanese: Sesto San Giovanni potreva essere uno snodo strategico, con i suoi 12.000 abitanti e i grandi stabilimenti industriali, la nuova succursale avrebbe potuto attirare interessanti capitali per la banca. L'istituto, che in quel periodo era la più grande banca popolare italiana, aveva molta fiducia sulla strategia centralizzante che fino ad allora aveva riscosso così tanto successo e non vedeva di buon grado l'apertura di nuovi sportelli che in passato erano costati sfortunati investimenti. Solo nel 1911, sotto la presidenza di Francesco Mira (1911-19), l'istituto riuscì a promuovere la creazione di un'unica nuova agenzia: era il primo Agosto 1911 e la nuova agenzia di Porta Vittoria (Milano, via F.lli Bronzetti, angolo C.so XXII Marzo) diede inizio alla ramificazione delle attività creditizie della Banca Popolare di Milano. Questa nuova avventura si rivelò sin da subito molto promettente: già sul finire del 1913 la dirigenza poté annunciare l'apertura di oltre 400 nuovi conti e una rimanenza di 1,3 milioni di lire.

[modifica] La grande guerra

La continua crescita e la costante espansione che fino ad allora avevano caratterizzato la vita di BPM furono per la prima volta messi seriamente in discussione da un evento tanto generale quanto catastrofico: la prima guerra mondiale. Era il 4 agosto 1914 e già da una settimana le principali piazze borsistiche avevano dato forti segni di nervosismo, registrando ingenti perdite e trascinando con sé anche le nazioni che inizialmente si erano dichiarate neutrali, come gli Stati Uniti e la stessa Italia.

L'introduzione della scontata moratoria, provocò un repentino quanto atteso calo dei depositi, che passarono in un solo mese, da 62 a 54 milioni di Lire nel settembre del 1914. Di lì a poco Milano si sarebbe trovata al centro di una frenetica produzione industriale, spinta dall'eccezionale domanda dello Stato che, per far fronte all'enorme sforzo bellico, necessitava di continui approvvigionamenti di mezzi ed armi oltre ad un'importante investimento per l'evoluzione tecnologica. La domanda aggregata poteva così restare su alti livelli, per lo più in una piazza come Milano dove la Banca Popolare godeva di grande fiducia nei confronti dei cittadini e dei principali investitori.
Il primo cinquantenario (1865-1915) non fu naturalmente festeggiato, ma nonostante l'ingresso in guerra dell'Italia, il totale dei depositi riprese la sua ascesa, arrivando a 80 milioni nel 1917 e a 90 milioni nel 1918.
L'ultimo anno di guerra portò una ventata di ottimismo all'economia italiana e la tanto attesa pace portò una nuova crescita per la Banca Popolare che vide salire i depositi a 108 milioni di Lire. La fine della guerra però provocò un aumento dell'inflazione causato dalla ripresa della circolazione del denaro. Questo, unito al debito pubblico, all'indebolimento della Lira nei confronti delle altre valute forti, al calo del potere d'acquisto e all'aumento del costo delle materie prime resero comunque difficile il periodo post bellico.

Nel contesto economico italiano ed occidentale, la Grande guerra fu l'occasione per l'emancipazione della donna e l'ingresso nel mondo del lavoro. La Banca Popolare di Milano aveva già intrapreso questa strada da qualche anno: nel febbraio del 1911 l'incremento del lavoro d'ufficio fu l'occasione per aprire le porte della professione bancaria al gentil sesso. Per la prima volta nella storia di BPM, il direttore dell'unica agenzia fu autorizzato ad assumere personale femminile.

[modifica] BPM e il fascismo

Durante la Marcia su Roma e la conseguente ascesa al potere del Partito Nazionale Fascista, a capo della Banca Popolare di Milano c'era Filippo Meda, al quale verrà poi intitolata la piazza nella quale sorge l'attuale sede meneghina della banca. Proprio a Meda si deve l'introduzione della quota di utile destinata ai dipendenti (pari al 10%), nelle modifiche apportate allo statuto il 6 febbraio del 1920. Filippo Meda era un personaggio di primo piano del movimento cattolico italiano e aveva già ricoperto cariche istituzionali nei precedenti governi; questi aspetti, uniti alle critiche avanzate dallo stesso Meda nei confronti della politica monetaria del partito fascista incrinarono definitivamente i rapporti tra la Banca Popolare e il governo del Duce. Si arrivò così alle dimissioni avanzate da Meda e rientrate solo dopo l'intervento del fondatore nonché presidente onorario Luigi Luzzatti.

Proprio in quei giorni però, il 29 marzo 1927 si spense a Roma il Deus ex machina di BPM: Luigi Luzzatti. La scomparsa del punto di riferimento dell'allora dirigenza favorì l'allineamento della banca con le direttive del partito fascista: Meda infatti si allontanò dall'amministrazione ed evitò di partecipare all'assemblea che elesse a nuovo presidente Giuseppe Borgomaneri. Altri esponenti vicini all'ideologia fascista salirono ai vertici della Banca Popolare, come il vice presidente Ulisse Gobbi e altri cinque consiglieri. L'ascesa fascista alla direzione di BPM fu completata con le dimissioni del direttore generale, Gerolamo Pirinoli (da sempre vicino a Meda) sostituito da Arnaldo Dini.

[modifica] La crisi del ventinove

Dalla seconda metà degli anni venti la situazione economica italiana era entrata in una fase di stallo: diversi erano i motivi della stagnazione tra i quali l'introduzione della cosidetta quota 90 concorreva ad un generale calo della produzione e ad un preoccupante abbassamento dei salari. Sul finire di quel decennio, la crisi del 1929 che paralizzò l'economia Americana, trascinò con sé dapprima i paesi che avevano richiesto un aiuto economico da parte degli States, come Gran Bretagna, Austria e Germania, e poi coinvolse anche Francia e Italia. I primi anni trenta avevano portato sul baratro molte grandi industrie e con loro, tutti gli istituti di credito caratterizzati da ampie partecipazioni in queste aziende. Solo l'intervento dell'IRI, così come previsto dalle teorie Keynesiane, salvò le grandi banche come la Banca Commerciale Italiana, il Credito Italiano e il Banco di Roma, mentre tutti gli altri piccoli istituti bancari perirono.

Le sedi centrali di Banca Popolare di Milano

  • Palazzo del Broletto (1866-1870)
  • Palazzo dei Giureconsulti in P.zza Mercanti (1870-1872)
  • Palazzo Corio-Casati in Via S.Paolo (1872-1931)
  • Palazzo in P.zza Meda (1931-oggi)

La Banca Popolare di Milano non aveva mai scelto la strada dell'investimento nelle grandi attività industriali e risentì quindi in maniera relativa della crisi. Ci fu comunque una riduzione dei depositi di 5 milioni (saliti a 10 milioni alla fine del '33) e per la prima volta, la banca si era trovata ad affrontare un problema di liquidità. Nel milanese, oltre alla Popolare anche la Cariplo, la Banca Agricola Milanese, la Banca Cesare Ponti (oggi parte del Gruppo Carige), la Banca Bellinzaghi (acquisita nel 1983 dal Credem) riuscirono a salvarsi dal fallimento o dall'acquisizione da parte dello Stato.

[modifica] La nuova sede della banca

È in questo periodo di crisi e di decelerazione che la Popolare di Milano ebbe la forza di portare avanti e concludere un progetto iniziato quasi 10 anni prima: la nuova sede cittadina della banca.
Gli studi per la nuova sede iniziarono già nel 1923 e furono affidati ad una commissione guidata dal consigliere Enrico Belloni e due anni dopo, i lavori di progettazione furono affidati all'architetto Giovanni Greppi. Per costruire la nuova sede della banca, sita in piazza Francesco Crispi (oggi piazza Filippo Meda) furono demoliti diversi palazzi, atto necessario per lasciare spazio ai 3.650 mq utili al salone centrale e agli uffici posti sopra di esso.

Lo stabile, che ancora oggi è la sede ufficiale e storica di Banca Popolare di Milano, nonché base dell'agenzia 0, fu concluso nel 1931 ed inaugurata l'8 dicembre dello stesso anno.

[modifica] La seconda guerra mondiale

Prima della seconda guerra mondiale il regime fascista aveva imposto severi limiti sulla diffusione territoriale delle banche popolari, che avrebbero dovuto rimanere all'interno della provincia di fondazione, senza poter quindi aprire nuovi sportelli nelle provincie limitrofe. Sull'orlo del baratro della più grande guerra mai combattuta dall'umanità, BPM pagò, come tutte le aziende italiane dell'epoca, il suo prezzo nei confronti del conflitto. Già nel 1941 80 impiegati furono chiamati alle armi e si pensi che in quegli anni l'organico della banca non raggiungeva le 800 unità.
E' in questo periodo che, nonostante tutto, ci sarà una proficua rivoluzione del personale bancario: 301 persone furono assunte durante la guerra, di cui il 43,5% di sesso femminile. Alcune di queste, il 28%, furono chiamate dalla banca per sostituire i mariti al fronte. È in questi anni che si allunga la durata del servizio bancario, i neo assunti del periodo bellico e post bellico saranno i futuri dirigenti e quadri che condurranno al meglio la banca durante il boom economico, portando l'istituto di credito meneghino ad essere uno dei maggiori protagonisti nel panorama prima settentrionale e poi nazionale.

Durante la guerra, i bombardamenti del 24 ottobre 1942 distrussero le agenzie di via Principe Umberto e del Macello. Già da qualche anno però la Banca Popolare si era adoperata per evitare la perdita di dati e soprattutto di valori durante il conflitto: dal 1939 i contenuti dei mezzi forti erano stati trasferiti in località più sicure ed erano stati presi provvedimenti in tal senso per il loro trasferimento. Dal 1940 una seconda contabilità era mantenuta e aggiornata in una provincia lontana e la sede centrale aveva subito delle ingenti opere di rafforzamento e protezione delle strutture che avrebbero dovuto assorbire pesanti vibrazioni dovute ai bombardamenti alleati.

Nel periodo bellico la scarsa diffusione delle banconote spinse la Popolare, come molti altri istituti di credito, a stampare su carta filigranata dei particolari assegni circolari da 50, 100 e 250 Lire. La crisi però, non riguardava solo l'insufficiente circolo del danaro, ma anche e soprattutto la fuga delle grandi industrie, la chiusura dei negozi e la sospensione della maggior parte delle attività commerciali. È in questo periodo di difficoltà che la banca acquisì il servizio di tesoreria per alcuni comuni ed enti della provincia di Milano e Varese, oltre alla gestione dei valori bollati iniziata nel 1940 assieme alla Cariplo. Servizio di tesoreria che ai giorni nostri continua in concomitanza con l'erede della Cassa di Risparmio: Banca Intesa, ora Intesa Sanpaolo.

Nonostante la crisi bellica, alla fine della seconda guerra mondiale la Banca Popolare di Milano poteva contare su 33 agenzie e 5 filiali, oltre 31.000 soci possedevano 1.360.000 azioni per un capitale di 68 miliardi di Lire. Delle 33 agenzie, ben 13 erano fuori dal comune di Milano: nella provincia si trovavano a Magenta, Vittuone, Magnano, Rho, Novate, Varedo, Meda, Macherio, Cusano Milanino e Sesto San Giovanni; nella provincia di Varese c'erano Cavaria, Cassano Magnago e Saronno. Il tessuto urbano era ormai profondamente cucito all'anima della Banca Popolare e più di un terzo dei cittadini milanesi era cliente della banca.

[modifica] La prima acquisizione: la Banca Popolare di Roma

Per approfondire, vedi la voce Banca Popolare di Roma.

Dopo aspre lotte interne alla Popolare di Milano, l'istituto accolse un radicale cambiamento di rotta della politica di crescita dell'istituto: la banca infatti aprì molti sportelli (in contrapposizione con quanto fatto fino ad allora) e anzi iniziarono decise contestazioni nei confronti della Banca d'Italia che invece circoscriveva molto l'attitività delle banche locali. L'istituto allora godeva di un'ottima liquidità e vedeva di buon grado un'espansione all'esterno della provincia meneghina. Dopo Varese, molto appetibile veniva considerata la provincia pavese e per la prima volta, si tentò di aprire un nuovo sportello fuori dalla Lombardia, a Genova, per cercare di essere di supporto ai clienti milanesi che sfruttavano molto il porto ligure per i propri affari. La crescita interregionale di BPM però iniziò decisamente più a sud, nella capitale.

I grandi limiti imposti dalla Banca d'Italia alle mire espansionistiche delle banche locali dell'epoca, obbligarono l'istituto milanese a puntare su obiettivi differenti per accrescere il numero delle dipendenze. Da una parte, potevano essere stretti accordi con istituti di credito complementari, come la Banca Agricola Milanese, la Banca Briantea ed il Credito Industriale Sardo. Dall'altra parte si potevano acquisire istituti bancari minori, soprattutto se in difficoltà finanziaria.

La Banca Popolare di Roma era un istituto di credito sorto nella capitale nel 1945 ed era l'unica banca popolare ad operare nel comune romano. Era comunque una popolare anonima, la maggior parte del capitale infatti era nelle mani della società di assicurazioni INA, che aveva interesse nel trasformare la banca in una società per azioni. La forte opposizione dell'"Associazione fra le banche popolari" coinvolse BPM che intervenì acquisendo l'istituto capitolino, aprendo così un nuovo sportello Banca Popolare di Milano al di fuori della Lombardia, a Roma. Si riuscì così a salvare la difficile situazione dell'istituto popolare laziale, oltre a consentire a BPM di aumentare il proprio bacino d'utenza.

[modifica] Il miracolo italiano

La Banca Popolare di Milano si presentò alle porte del boom economico nel migliore dei modi: a metà degli anni cinquanta ci fu il sorpasso delle agenzie dislocate al di fuori del Comune di Milano: 34 contro le 31 sul suolo meneghino. La grande crescita industriale del periodo che coinvolse soprattutto Milano e la Lombardia, portò la banca a raggiungere i 200.000 clienti, un risultato di tutto rispetto per l'epoca, il numero e l'allocazione delle agenzie. La grande crescita della raccolta (aumentata di 40 miliardi nel solo 1961) consentì alla Popolare di centrare una nuova politica espansionistica, con l'apertura di centri nel milanese (a Lorenteggio, Lambrate e in piazza Maciachini) e soprattutto al di fuori del comune, a Bresso, Arese, Bollate, Cologno Monzese, Pioltello, Corsico, Parabiago e Cislago

[modifica] Gli accordi con altri istituti di credito

Dopo l'ottimo recupero dell'acquisita Banca Popolare di Roma, la Popolare di Milano capì che per evitare i limiti espansionistici imposti dalla Banca d'Italia le strade delle fusioni e degli accordi collaborativi con istituti di credito complementari potevano essere le uniche strade percorribili per ottenere una maggiore diffusione delle proprie dipendenze.
Sul finire degli anni cinquanta la Banca Popolare di Milano si vide costretta a realizzare, in tempi relativamente brevi, un salto dimensionale per evitare di rimanere incastrata tra due forze opposte ma ugualmente insidiose: la concorrenza della Cassa di Risparmio delle Provincie Lombarde, allora molto potente e le scalate industriali operate da grandi aziende milanesi del settore secondario su istituti di credito locali, quali la Banca Provinciale Lombarda e il Credito Commerciale, entrambe nelle mani della bergamasca Italcementi.

[modifica] La Banca Agricola Milanese

Per approfondire, vedi la voce Banca Agricola Milanese.
Il logo della Banca Agricola Milanese

Iniziò così un'operazione di acquisto delle azioni della Banca Agricola Milanese che obbligò l'azienda fondata nel 1874 a scendere a patti con la dirigenza della Popolare di Milano, onde evitare una completa acquisizione. Prevalentemente diffusa nella provincia meridionale di Milano, l'istituto agricolo poteva essere un grande partner per la Popolare (la quale aveva fino ad allora aperto filiali nei comuni del Nord Ovest) che affinò un accordo suddiviso in quattro punti:

  • Un unico centro meccanografico per entrambi gli istituti
  • La necessità di consultazione per l'apertura di nuovi sportelli
  • La costituzione di una centrale rischi univoca, alla quale accedere per la concessione di credito
  • Un unico centro per la formazione del personale

[modifica] La Banca Briantea

Per approfondire, vedi la voce Banca Briantea.
Il logo della Banca Briantea

La Popolare di Milano individuò nel piccolo istituto cooperativo denominato Banca Briantea, un'altro possibile quanto valido alleato alle mire espansionistiche della dirigenza di BPM. La collocazione delle loro filiali, così come l'attività, erano considerate complementari alla Popolare di Milano e così, anche per la Banca Briantea, vennero estesi gli stessi accordi già previsti nel patto con l'Agricola Milanese. La Popolare di Milano ebbe fin da subito il controllo della maggioranza assoluta, una percentuale che oscillava tra il 60% e il 70%, senza mai sfociare in un completo assorbimento del piccolo istituto, operazione che verrà effettuata molti anni più tardi.

[modifica] L'acquisizione della Mobiliare Milanese

Per raggiungere una completa fusione delle tre banche meneghine, la Popolare di Milano acquisì la Mobiliare Milanese[5] della quale l'azienda di credito BPM ottenne l'intero capitale azionario di 600 milioni di lire. Previa autorizzazione della Banca d'Italia, la nuova società finanziaria deteneva il 26,5% dell'Agricola Milanese ed il 60% della Briantea. Nonostante le ottime presentazioni per il concludersi della fusione a tre, le resistenze interne della Popolare di Milano (le quali temevano di perdere lo status di cooperativa) e del patto di sindacato dell'Agricola Milanese, impedirono la fusione. Banca Popolare di Milano dovrà aspettare il 1986 per riuscire a prendere il controllo dell'istituto agricolo di via Mazzini, con la prima OPA ostile del mondo bancario italiano. Offerta pubblica di acquisto che portò al controllo e poi alla completa fusione nel 1997.

[modifica] La Banca Popolare Cooperativa Vogherese

Gli anni settanta rappresentarono per la Popolare di Milano un decennio di tentativi, per lo più falliti, di fusioni ed incorporazioni per la crescita del numero delle dipendenze. Dopo aver partecipato con successo alla nascita di istituti quali Centrobanca, Mediocredito Lombardo, Finanziaria Regionale Lombarda e Banca Italease (nel cui capitale rientrerà solo nell'aprile 2005), la banca faticò ad acquisire nuove fette di mercato al di fuori della Lombardia. Dopo i tentativi bloccati da Banca d'Italia di approdare, tramite acquisizioni, in Emilia, in Toscana e nelle Marche e gli insuccessi delle offerte alla Banca Popolare di Codogno (finita nelle mani di Banca Popolare Commercio e Industria, oggi BPU Banca) e alla Banca Popolare di Napoli (acquisita dalla Banca di Credito Popolare di Torre del Greco), la crisi della Banca Popolare Cooperativa Vogherese consentì all'istituto milanese di avanzare un'offerta di fusione che accolse i favori del commissario straordinario dell'azienda pavese. L'accordo, prevalentemente sociale, si articolava di sei punti fondamentali:

  • Il concambio di due azioni della Popolare di Milano ogni azione della Popolare Cooperativa Vogherese
  • La nascita di un programma di assistenza per le piccole e medie imprese pavesi
  • Il riutilizzo della metà degli impieghi in investimenti locali
  • La nomina di un consigliere vogherese per i fidi ed i finanziamenti
  • La considerazione dell'Oltrepò Pavese per la recluta del personale
  • Il finanziamento di un'opera di pubblico interesse nel vogherese

[modifica] Le altre acquisizioni

Il vecchio logo di Banca Popolare di Milano, tratto da una carta intestata del 1983, da notare il capitale sociale che al 31 dicembre 1980 ammontava a 178.084.040.700 Lire (riserve incluse).
Il vecchio logo di Banca Popolare di Milano, tratto da una carta intestata del 1983, da notare il capitale sociale che al 31 dicembre 1980 ammontava a 178.084.040.700 Lire (riserve incluse).

Gli ultimi vent'anni del XX secolo hanno visto l'affermarsi della vocazione interregionale del neonato gruppo Bipiemme. Prima di mettere a segno nuove acquisizioni in Italia, l'istituto popolare si affaccia per la prima volta all'attività estera, con gli uffici di rappresentanza aperti a Londra, New York e Francoforte. In territorio nazionale si procede con le acquisizioni della Banca Popolare di Bologna e Ferrara (1988), Banca Popolare di Apricena (1989) e Banca 2000 SpA, ex Ina Banca Marino SpA (1998). Grande interesse viene dato al settore dell'investimento, con il controllo di Banca Akros.

La Banca Popolare di Milano ha provveduto poi ad ampliare il proprio ventaglio di offerte, stringendo accordi con altre importanti società del settore parabancario, con la creazione di Selma Bipiemme Leasing SpA (in collaborazione con Mediobanca), Bipiemme Ras Vita (con RAS, divenuta poi Bipiemme Vita e rivenduta nel 2006 per il 46% a Fondiaria Sai), Bipiemme Immobili e molte altre attività direttamente o indirettamente connesse con il mondo creditizio.

È in questi anni, e più precisamente il 17 maggio 1994 che la Banca Popolare di Milano, precedentemente quotata al mercato ristretto (oggi Expandi), accede alla contrattazione continua di Borsa Italiana.

[modifica] Il terzo millennio

Per approfondire, vedi le voci Banca di Legnano e Cassa di Risparmio di Alessandria.
Il logo della Banca di Legnano

Gli anni 2000 si aprono con l'acquisizione di Banca di Legnano, ceduta il 25 giugno 2001 dall'allora Intesa BCI e portata in dote dalla Banca Commerciale Italiana durante la fusione del gruppo BCI con Intesa. La cessione riguardava il 55% del capitale, la maggioranza assoluta fu acquisita grazie ad un'OPA a 15,797 Euro per azione[6]. Nel 2003 la Banca Popolare di Milano stringe un accordo di collaborazione e concambio di azioni con i francesi della Fondazione di Strasburgo del Crédit Mutuel, un accordo fortemente voluto dal presidente Mazzotta e che permette all'istituto meneghino di avere un importante partner quale il Crèdit Industriel et Commercial, banca parigina controllata dal gruppo Crédit Mutuel.

Il logo della Cassa di Risparmio di Alessandria

In un'ottica di espansione nelle regioni nord orientali e soprattutto in Piemonte, il gruppo Bipiemme acquisisce la Cassa di Risparmio di Alessandria (2004) e nello stesso anno procede all'assunzione del 20% del capitale della Cassa di Risparmio di Asti.

[modifica] Gli ultimi avvenimenti

Per approfondire, vedi la voce Banca Popolare dell'Emilia Romagna.

Dopo i falliti accordi con Bipop (in mano a Capitalia) e Banca Popolare Italiana (ex Banca Popolare di Lodi, ormai unita al Banco Popolare di Verona e Novara), l'istituto milanese si ritrova, come mezzo secolo prima, a cercare partner e soluzioni per evitare di rimanere una facile preda per i grandi istituti europei, come la concittadina Unicredit, l'inglese Barclays o i già soci francesi del Crédit Mutuel. Attualmente la Banca Popolare di Milano è l'unico istituto popolare di grande respiro a non aver allacciato accordi con banche di medesime dimensioni. E' stata diffusa la notizia di un bilaterale interessamento con la Banca Popolare dell'Emilia Romagna[7], un istituto presente in 13 paesi europei (principalmente in Europa dell'Est) e forte in Italia con 13 banche controllate, 1.100 sportelli e 12.000 dipendenti.
La stampa ha fatto circolare voci su possibili sviluppi futuri: un merger of equals, inteso come fusione con pari dignità per i due istituti, con una holding cooperativa a capo di due banche, scorporate e trasformate in SpA con grande autonomia. La sede legale a Modena e quella operativa a Milano, con il Bipiemme Roberto Mazzotta come presidente, l'emilio-romagnolo Guido Leoni come amministratore delegato e Fabrizio Viola di BPM confermato direttore generale del nuovo gruppo. Potrebbe nascere così una super popolare da 1.800 sportelli, 20.000 dipendenti e 10 miliardi di capitalizzazione.

[modifica] Banca Popolare di Milano e Piazza Affari

BPM è quotata alla Borsa di Milano ed è presente nell'indice S&P Mib, il paniere che racchiude le azioni delle 40 principali società. È la decima banca italiana per capitalizzazione[8], con oltre 5 miliardi di euro:

[modifica] I rating di BPM

Gli ultimi due bilanci sociali di Banca Popolare di Milano hanno visto un mantenimento degli indici di rating delle principali società di analisi finanziaria.

2004 2005
Debiti a breve termine Debiti a medio/lungo Debiti a breve termine Debiti a medio/lungo
Standard & Poor's A-2 A- A-2 A-
Fitch Ratings F2 A- F2 A-
Moody's P-1 A3 P-1 A3


Legenda:

  • Standard & Poor's
    • A-2: buona capacità di pagamento alla scadenza.
    • A-: forte capacità del pagamento degli interessi e del capitale, ma la situazione economica può incidere sulle finanze.
  • Fitch Ratings
    • F2: buona capacità nel rispondere agli impegni finanziari.
    • A-: forte capacità per il pagamento degli impegni, con basso rischio di credito. Vulnerabile ai cambiamenti della situazione economica.
  • Moody's
    • P-1: forte capacità di pagamento delle obbligazioni.
    • A3: obbligazioni di qualità medio alta. Capitale e interesse garantito ma scetticismo per il mantenimento futuro dello status.

[modifica] Banca Popolare di Milano e la sua città: Milano

Banca Popolare di Milano ha fin dalla sua nascita avuto una grande attenzione nei confronti della città di Milano e dei suoi abitanti. L'evoluzione e la crescita del gruppo bancario meneghino ha sempre avuto come riferimento i propri clienti, per lo più residenti nel capoluogo lombardo e ancora oggi, la maggior parte degli impieghi, dei depositi e dei crediti concessi ai privati e alle imprese coinvolgono cittadini milanesi.

La città di Milano ha avuto un grande partner nella Popolare, non solo per gli aspetti direttamente collegati all'attività bancaria e all'accesso al credito: un'azienda di queste dimensioni offre alla città che la ospita dei livelli occupazionali, un indotto e quindi un prodotto interno lordo di tutto rispetto.

[modifica] Il Grattacielo Galfa

La Torre Galfa
La Torre Galfa

A metà degli anni settanta la crescita del personale impiegato in sede e la necessità di godere di grandi spazi per i sempre più sviluppati centri servizi, richiesero alla Banca Popolare di Milano un nuovo centro capace di rispondere alle maggiori esigenze interne. Si decise così di distinguere la storica sede centrale, sita tutt'ora in Piazza Meda dalla nascente sede operativa: la prima avrebbe ospitato la direzione generale, gli uffici del personale e altre attività focali, la seconda sarebbe stato il centro nevralgico della banca: il centro assegni, la direzione informatica e la maggior parte dei servizi sarebbero stati spostati nella nuova sede operativa.

La banca acquistò così uno dei migliori segni distintivi del boom economico e del miracolo italiano: la Torre Galfa, un palazzo di 28 piani per 109 metri di altezza, il terzo grattacielo Milanese, il quarto della Lombardia, tredicesimo in Italia. Finito di erigere nel 1959 seguendo i disegni tecnici dell'architetto Melchiorre Bega, il palazzo deve il suo nome all'incrocio delle vie che lo ospitano: via Galvani e via Fara.

Per quasi trent'anni i suoi 2.687 metri quadrati sono stati il cuore pulsante della Banca Popolare di Milano, un centro di sviluppo ma anche un simbolo della presenza della banca nella sua città natale. Il grattacielo è stato poi venduto nel 2006 per 25 milioni di euro[9] ed è stato così sostituito dal nuovo Centro Servizi di via Bezzi.

[modifica] Il Centro Servizi di via Bezzi

La Banca Popolare di Milano era da tempo alla ricerca di un'area, all'interno del comune di Milano, capace di ospitare la nuova sede operativa. Nel 1995 fu scelta l'ex base industriale di Farmitalia, un'area ormai dismessa che, una volta ristrutturata ed ampliata, avrebbe potuto ospitare gran parte degli uffici centrali della banca.

L'area si trova tra via Bezzi (snodo cruciale posto sulla circonvallazione esterna), via Massaua, via Fornari e via Marostica, quasi 5 ettari di terreno posto in un quartiere semi centrale di Milano.

Nel 1996, Bipiemme Immobili (azienda del gruppo) incaricò la società di progettazione General Planning di iniziare i lavori di risanamento e riqualificazione degli edifici già esistenti, senza apporre sostanziali modifiche al progetto originale. L'anno seguente il comune di Milano autorizzò Bipiemme Immobili alla ristrutturazione dell'area industriale e quattro anni dopo, nel 2001 la Banca Popolare di Milano potè iniziare ad usufruire del Centro Servizi: una struttura composta da tre edifici principali e uno di ingresso per un totale di 33.514 metri quadrati. Le capacità della struttura vennero poi raddoppiate negli anni seguenti e nel 2006 sono stati inaugurati quattro nuovi edifici. Le prime strutture vengono così rinominate Bezzi 1 e le nuove costruzioni Bezzi 2.

Se per Bezzi 1 fu sufficiente la concessione del Comune a riqualificare l'area industriale di Farmitalia, per Bezzi 2 fu necessario ottenere una nuova concessione, che permettesse l'edificazione di nuove strutture.
Banca Popolare di Milano scelse la strada della Concessione convenzionata, una modalità di accesso agevolata alle necessarie autorizzazioni che consentisse la costruzione dei nuovi edifici in cambio della realizzazione (e del conseguente mantenimento) di un parco di circa dieci mila metri quadrati gratuitamente disponibile ai cittadini milanesi.

La zona, grazie all'apporto di BPM ha ricevuto nuova linfa vitale, che, come ha riportato lo stesso Presidente Mazzotta:

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«contribuisce al risanamento e all'avvio di una nuova vita in un quartiere di Milano e concorre quindi alla crescita e alla trasformazione della nostra città»
(Banca Popolare di Milano e la sua Città - Il nuovo centro servizi BPM pag.7, di Silvia Lolli Gallowsky, Bolis Edizioni)

[modifica] I numeri di "Bezzi"

L'area utilizzata dalla Banca Popolare di Milano per il proprio Centro Servizi copre 36.992 metri quadrati, oltre a 9.159 mq dedicati al parco pubblico mantenuto dalla banca. Gli edifici si svluppano su una superficie complessiva di 65.245 mq e i dipendenti possono usufruire di 800 posti auto e 200 per i motocicli per un totale di 25.562 mq dedicati all'autorimessa sotterranea. I dipendenti, in servizio o pensionati, hanno inoltre accesso alla mensa, capace di servire 480 persone. La struttura ospita inoltre un auditorium per conferenze ed assemblee interne di 450 posti.

[modifica] Le agenzie cittadine

Banca Popolare di Milano può contare su un'importante presenza all'interno del comune di Milano, grazie alle 121 agenzie del gruppo Bipiemme sparse per la città[10]. Basti pensare che nel comune meneghino ci sono più agenzie Bipiemme che uffici postali (111[11]).

[modifica] Il gruppo Bipiemme

La crescita delle agenzie BPM dal 1980 al 2005

Banca Popolare di Milano (o BPM) è la capogruppo del gruppo Bipiemme, un insieme di società capaci di occupare i principali comparti della finanza italiana.

[modifica] Società del gruppo

  • Banca Akros SpA
    • Akros HFR Alternative Investiments SGR SpA
    • Akros Securities Inc. U.S.A.
  • Banca di Legnano SpA
  • Bipiemme Gestioni SGR SpA
  • Bipiemme Immobili SpA
  • Bipiemme Private Banking SIM SpA
  • Bipiemme Vita SpA
    • Ultramedia srl
  • BPM Capital llc - Usa
  • BPM Ireland Plc
    • BPM Fund Management ltd (Dublino)
  • BPM Luxembourg SpA Lussemburgo
  • Cassa di Risparmio di Alessandria SpA
  • Ge.Se.So. srl
  • We@service SpA
  • Tirving ltd Dublino

[modifica] Schema del gruppo e proprietà

Le società e le percentuali di proprietà del gruppo Bipiemme


Dati aggiornati al 2006

[modifica] I comparti dell'intermediazione finanziaria

Così come fornito dal bilancio sociale di Bipiemme del 2005, si riporta nella tabella seguente i vari settori di presenza delle società del gruppo:

Retail banking

Investment banking

Corporate banking

Wealth management

Banca Popolare di Milano Scarl

Bipiemme Gestioni SGR Spa

Banca di Legnano Spa

 

 

Bipiemme Vita Spa

Cassa di Risparmio di Alessandria Spa

 

 

BPM Fund Management Ltd.

Banca Akros Spa

 

Akros Alternative Inv. SGR Spa

We@Service Spa

Akros Securities Inc.

 

 

Bipiemme Private Banking SIM Spa

Bipiemme Ireland Plc.

 

 

 

Tirving Ltd.

 

 

[modifica] Società partecipate

Il Gruppo Bipiemme può vantare numerose partecipazioni in aziende di primo livello in differenti settori. Di seguito le partecipazioni superiori al 2% (e quindi pubbliche per il volere della Consob) del gruppo, aggiornati al 31 dicembre 2005:

  • Aedes BPM Real Estate SGR SpA (39%)
  • SelmaBipiemme Leasing SpA (38,35%)
  • Etica SRG SpA (27,5%)
  • Cassa di Risparmio di Asti SpA (20% tramite Banca di Legnano SpA)
  • NordEst Banca SpA (20%)
  • Wise Venture SGR SpA (20%)
  • Multimedica Holding SpA (15%)
  • Dexia Crediop SpA (10%)
  • Genextra SpA (4,55%)
  • Istituto Europeo di Oncologia (I.E.O.) Srl (3,53%)
  • Banca Italease SpA (2,08%)

[modifica] Dipendenti

Nella tabella che segue i dipendenti del gruppo Bipiemme suddivisi per qualifica professionale e per società di appartenenza:

 

Dirigenti

Quadri direttivi

Restante personale

Totale

Banca Popolare di Milano

108

2.346

3.947

6.401

Banca di Legnano

15

305

470

790

Cassa di Risparmio di Alessandria

7

162

411

580

Banca Akros

25

109

107

241

Bipiemme Gestioni SGR

10

42

58

110

Bipiemme Vita

6

8

12

26

We@Service

4

31

41

76

Bipiemme Private Banking SIM

4

41

9

54

BPM Ireland

1

1

6

8

Bipiemme Immobili

1

2

5

8

Altre società

1

7

76

84

Totale

182

3.054

5.142

8.378

[modifica] Galleria fotografica

[modifica] Note

  1. 1.430.100 clienti di cui: 1.278.000 privati, 141.600 aziende e 10.500 enti ed associazioni. I dati, se non diversamente specificato, fanno riferimento al bilancio sociale del gruppo BPM del 2005
  2. 702 filiali nazionali di cui 462 in Lombardia considerando le agenzie Banca Popolare di Milano, Banca di Legnano, Cassa di Risparmio di Alessandria e Banca Akros
  3. La percentuale viene di anno in anno stabilita dall'assemblea, soluzione scelta dall'assemblea straordinaria dei soci che, in data 15 febbraio 2007, ha modificato l'art. 47 dello statuto. Precedentemente ai soci era distribuito il 50% dell'utile netto.
  4. L'art. 47 dello statuto, modificato il 15 febbraio 2007, ha variato le modalità di calcolo di distribuzione dell'utile: precedentemente ai dipendenti veniva distribuito il 20% dell'utile netto.
  5. Società Per Azioni Mobiliare Milanese, in mano alla Spafid SpA, Società per Amministrazioni Fiduciarie, proprietà di Mediobanca
  6. Maggiori informazioni in merito sono reperibili sul documento reso disponibile dalla Consob sul proprio sito
  7. La stessa Banca Popolare di Milano ha dato notizia delle trattative sul proprio sito
  8. Dato aggiornato al 16 febbraio 2007, fornito da Borsa Italiana SpA
  9. Informazioni sulla vendita sono disponibili sui risultati del primo quadrimestre della Banca
  10. Considerando le agenzie retail di Banca Popolare di Milano e Banca di Legnano, le filiali corporate e i centri private. Dati ufficiali forniti da Informadove.it in collaborazione con BPM
  11. Fonte: www.posteitaliane.it, dato aggiornato al 1 aprile 2007
  12. Dati non aggiornati dopo la fusione con Sanpaolo IMI, non sono ancora state cedute le agenzie previste dall'Antitrust

[modifica] Bibliografia

  • Marzio Achille Romani. La banca dei milanesi, storia della Banca Popolare di Milano. Bologna, Editori Laterza, 2005.
  • Autori vari. Documento informativo. Fusione per incorporazione della Banca Agricola Milanese SpA e della Banca Briantea SpA nella Banca Popolare di Milano Scarl. Milano, Servizio Relazioni Esterne BPM, 1997.
  • Silvia Lolli Gallowsky. Banca Popolare di Milano e la sua città, il nuovo Centro Servizi BPM. Bergamo, Bolis Edizioni, 2006.
  • Autori vari. Bilancio sociale del gruppo Bipiemme 2004. Milano, Servizio Affari Generali della Banca Popolare di Milano, 2005.
  • Autori vari. Bilancio sociale del gruppo Bipiemme 2005. Milano, Servizio Affari Generali della Banca Popolare di Milano, 2006.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

Milano
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