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Eraclio I di Bisanzio - Wikipedia

Eraclio I di Bisanzio

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Moneta di Eraclio con Costantino III e Eraclio II.
Moneta di Eraclio con Costantino III e Eraclio II.

Eraclio I (575 ca - 11 febbraio 641) fu Imperatore bizantino dal 5 ottobre 610 fino alla sua morte.

Indice

[modifica] Gioventù

Il suo nome era Flavio Eraclio, era figlio di Epifania (di famiglia cappadoce) e del potente Esarca di Cartagine Eraclio, (di origine armena). Eraclio era stato uno dei generali chiave dell'imperatore Maurizio, nella guerra del 590 contro la Persia.

[modifica] La rivolta contro Foca e l'Incoronazione

Eraclio e altri governatori si misero d’accordo per far scoppiare una rivolta contro l’Imperatore Foca. Uno dei congiurati era Prisco, genero di Foca e Prefetto di Costantinopoli, oltre che generale di Maurizio; egli prese contatti con l’Esarca di Cartagine che, nel 608, aiutò la sua ribellione. Il nipote Niceta attaccò l’Egitto con l’appoggio della potente famiglia degli Apioni, e, dopo aver battuto le truppe fedeli a Foca, s’impadronì del paese, avanzando verso la Siria meridionale. Eraclio era a capo della flotta Cartaginese e si diresse verso Costantinopoli. Occupò alcune isole lungo il percorso, pose d’assedio Costantinopoli accampandosi sull’isola di Colonimo confidando nell’appoggio del popolo. Il 3 ottobre del 610 Eraclio entrò trionfalmente nella capitale dell'Impero bizantino, fece catturare e mettere a morte Foca il 5 ottobre dello stesso anno, dopo di ché il nuovo Patriarca Sergio I gli pose solennemente la corona sul capo nella cappella di Santo Stefano all'interno del gran palazzo, e allo stesso tempo sposò Fabia, che cambiò il nome in Eudocia. La sua sposa fu molto stimata a Costantinopoli, purtroppo Eudocia morì nel 612, ed Eraclio in seguito sposò sua nipote Martina. Il secondo matrimonio non venne mai approvato. Nel regno dei due figli di Eraclio, Martina diventò il centro del potere e dell'intrigo politico a Costantinopoli. Il Patriarca Sergio I incoronò Martina, ma cercò in ogni modo di convincere l’Imperatore a ripudiarla. Il Patriarca Niceforo racconta che una volta Eraclio rispose: “Tu hai già fatto il tuo dovere di sacerdote ed amico. Per il resto, la responsabilità ricadrà su di me”. E ciò che accadde in seguito parve ai detrattori di Martina una prova del peso di tali responsabilità: la coppia ebbe dieci figli, dei quali quattro morti in tenera età e due disabili.

[modifica] La guerra contro Cosroe di Persia

Moneta di Eraclio I di Bisanzio, insieme a suo figlio Costantino III di Bisanzio.
Moneta di Eraclio I di Bisanzio, insieme a suo figlio Costantino III di Bisanzio.

Eraclio dovette abbandonare Costantinopoli in favore di Cartagine, perché Costantinopoli era ormai minacciata dai Persiani di Cosroe I e dagli Slavi che avevano valicato il Danubio. Nel 610 caddero Edessa ed Apamea, e, dopo una accanita resistenza, l’anno dopo toccò la stessa sorte a Cesarea. Eraclio si affidò allora a Prisco, suo generale più esperto, ma purtroppo quest'ultimo si fece battere in modo catastrofico dai Persiani e Eraclio si vide costretto a rimuoverlo dal comando dell'esercito bizantino, mettendosene egli stesso a capo per attaccare i Persiani. La battaglia si svolse nel 613 nei pressi di Antiochia e la sconfitta costrinse Eraclio a ripiegare verso Costantinopoli. Il risultato immediato fu che Cosroe diresse un'offensiva su due punti, una verso Costantinopoli, l’altra verso Siria, Palestina ed Egitto conquistando Tarso e la Cilicia, Antiochia e Damasco. Eraclio tentò di agire diplomaticamente, ma i suoi ambasciatori vennero respinti: Cosroe voleva la vittoria finale ed ormai era convinto di poterla avere. Dopo tre settimane d’assedio nel 614 cadde Gerusalemme. L’evento fu molto grave perché la città venne rasa al suolo e gli abitanti massacrati, eccetto, gli Ebrei, che da tempo fiancheggiavano l’ostilità persiana verso i Cristiani, il Santo Sepolcro fu distrutto, la Vera Croce fu rubata e portata in Persia. I Persiani non ebbero pietà per monasteri, che furono rasi al suolo, e molti cristiani vennero sgozzati.

[modifica] La riscossa bizantina

Immagine che rappresenta l'Imperatore Eraclio I di Bisanzio, che taglia la testa al sovrano persiano-sasanide Cosroe II.
Immagine che rappresenta l'Imperatore Eraclio I di Bisanzio, che taglia la testa al sovrano persiano-sasanide Cosroe II.

Eraclio si rese conto della necessità di dover intervenire. E per questo fece ripiegare le forze bizantine che gli restavano e si preparò alla vendetta. Per far fronte alle spese ottenne il pieno appoggio del patriarca Sergio e per questo si poté impossessare dei beni della Chiesa; dimezzò il soldo delle truppe e dei funzionari dell’Impero; arruolò più volontari possibili, concedendo terre militari in cambio del servizio, così da assicurarne il pagamento alle sue forze armate.

In primo luogo l’Imperatore tentò di coprirsi le spalle ad ovest, perché gli Slavi stavano razziando i Balcani ed erano alle porte di Costantinopoli, Tessalonica venne assediata nel 617 e nel 619. Eraclio cercò pervicacemente la pace con il khaghan degli Avari, rischiò anche di cader vittima d’un suo tranello ma, nel 619, finalmente ne comperò la pace. In Oriente, ormai, i Persiani erano nel cuore dell’Anatolia e conquistarono le intere Siria e Palestina, nel 619 l’Egitto venne invaso: l’anno successivo, nell’impossibilità di gestire l’offensiva, il governatore Niceta consegnò ai Persiani, la città di Alessandria.

Una volta radunate le forze, il 5 aprile del 622, lunedì di Pasqua, Eraclio lasciò Costantinopoli. L’esercito dei Bizantini nel settembre dello stesso anno sconfisse in Armenia il generale persiano Shahrvaraz. Tuttavia un’invasione in Tracia da parte degli Avari, che avevano stracciato i patti fatti prima coi Bizantini, richiamò indietro Eraclio. Eraclio dovette aumentare i tributi dovuti agli Avari e nel frattempo ricevette una lettera colma d’insulti di Cosroe II: in essa il sovrano persiano si riferiva all’Imperatore come ad “Eraclio, nostro stupido ed inutile servo”. La tensione religiosa è comunque testimoniata da Sebeo che riferisce che in questa lettera Cosroe consigliava all’avversario di consegnargli il trono in questi termini: “io ti darò campi, vigne ed uliveti di cui vivere… Quel Cristo che non poté salvare sé stesso dagli Ebrei, ma che essi uccisero…, come potrà salvare te dalle mie mani?”
Dopo una breve campagna nel 623, l’anno dopo Eraclio, accompagnato da Martina e dai figli, lasciò Costantinopoli guidando personalmente l’esercito bizantino contro i Persiani. All’inizio gli storici paragonavano questa campagna militare ad una crociata: nella realtà, se è vero che la tensione religiosa fu altissima, è altrettanto vero che l’Impero Bizantino lottava per la sua stessa sopravvivenza, nella convinzione che Iddio avrebbe battuto i barbari per il tramite del suo terreno rappresentante. I Bizantini attraversarono l’Armenia e l’Azerbaigian, penetrarono in territorio persiano, distrussero tre armate persiane ed incendiarono il tempio del Fuoco di Gandža, nel 625.

Per allontanare da sé il pericolo, Cosroe strinse alleanza con gli Avari spingendo i Persiani nel luglio del 626 ad attaccare Costantinopoli, appoggiati da Slavi, Bulgari e Gepidi, mentre Shahrvaraz aggirava a nord i Bizantini andando verso il Bosforo, fermandosi in Calcedonia. Eraclio non si lasciò perdere d’animo, distaccò parte delle sue truppe che, affidate al fratello Teodoro, sconfissero un esercito persiano di appoggio guidato da Shahin, che si suicidò, ed altri uomini li inviò in soccorso a Costantinopoli assediata, dove le imbarcazioni Slave che dovevano trasportare i Persiani vennero incendiate, determinando la sconfitta degli assedianti e la liberazione della città, la cui resistenza era stata ammirevolmente guidata dal Patriarca Sergio. Si narra che in quest’occasione per la prima volta venne innalzato l’inno Akathistos quale ringraziamento alla Theotokos, il cui tempio alle Blacherne era rimasto miracolosamente intatto.

La grande vittoria del 10 agosto 626 determinò la fuga dei Persiani da Costantinopoli, ma soprattutto la fine degli Avari, il cui predominio sugli altri popoli Slavi crollò. Eraclio riuscì abilmente a dividere Shahrvaraz, il più abile generale persiano, dal suo re e nel frattempo si assicurò l’alleanza e gli uomini del re dei Khazari, quindi nel 627 riprese l’offensiva, battendo il nemico in Iberia e penetrando in Mesopotamia. Il 12 dicembre, presso l’anticaNinive, Cosroe fu annientato, durante la battaglia di Ninive, e nel gennaio del 628 Eraclio ne incendiò la residenza preferita, Dastagerd. I Persiani erano sconfitti: lo scià venne imprigionato e fatto uccidere dal figlio maggiore, Kavadh II Shiroe. Nella primavera del 628 il nuovo re persiano offrì la resa in cambio della cessione delle terre occupate, della restituzione dei prigionieri e della cessione della Vera Croce. L’Impero Persiano era in collasso: dopo pochi mesi Kavadh II morì.

Eraclio, vincitore, tornò a Costantinopoli ed il 14 settembre del 628 vi celebrò un magnifico trionfo, quindi, ottenute Siria, Palestina ed Egitto da Shahrvaraz, consegnò al Santo Sepolcro di Gerusalemme la Vera Croce, che in quegli anni era stata mantenuta intatta tra i Persiani dall’orafo cristiano imperiale Jazdan. Il trionfo non fece scordare al basileus i torti del passato: agli Ebrei, racconta Sebeo, forse esagerando, venne imposto il battesimo, e comunque fu loro vietato risiedere in Gerusalemme, fino a tre miglia dalla città.

[modifica] La riforma dell'Impero Romano d'Oriente

L'ultima battaglia tra bizantini e persiani, e la vittoria finale bizantina, con la morte del Re persiano, in un dipinto del rinascimento italiano, di Piero della Francesca.
L'ultima battaglia tra bizantini e persiani, e la vittoria finale bizantina, con la morte del Re persiano, in un dipinto del rinascimento italiano, di Piero della Francesca.

Eraclio migliorò l’esercito romano-bizantino e la struttura amministrativo-territoriale: infatti, usualmente, gli si attribuisce l’introduzione del sistema dei Tèmata - θέματα - unità amministrative militari formate da soldati territoriali e truppe scelte (anche se alcuni attribuiscono la paternità di questa innovazione al regno di Maurizio). L’Impero Romano sotto il suo regno accentuò in maniera sempre più formale ed ufficiale la tendenza a manifestare la sua natura culturale greco-orientale e l'essere principalmente di lingua greca, pur permanendo agganciato alla idea universale romana ed alla natura di diretta prosecuzione dell'Impero dei Cesari. Se Egitto e Siria erano monofisiti e di lingua per lo più copta e siriana, Grecia, Tracia ed Anatolia - cioè il nucleo dell’Impero - erano di lingua greca e di credo calcedoniano: una situazione che rifletteva una polarizzazione culturale-linguistica già presente ai tempi dell'Impero Romano unitario e che si era ancora progressivamente enfatizzata a seguito (prima) della caduta dell'Impero d'Occidente e (poi) dell'invasione slava sotto Maurizio che aveva fortemente inciso sulle regioni illirico-dalmatiche (da cui la dinastia di Giustiniano proveniva) di cultura e lingua latina. Di fatto il latino era la lingua ancora utilizzata per gli atti amministrativi e legislativi nonché dell'esercito, ma era un idioma prevalentemente parlato (in maniera sempre più volgare e distante dalla classicità anche di un secolo prima) solamente nelle regioni italiane (o dalmatico-illiriche) rimaste sotto dominio imperiale (e non tutte vista la storica e forte influenza grecofona nelle regioni meridionali risalente perfino ai tempi della Magna Grecia). In un simile contesto, Eraclio - sull'onda della sua opera di restaurazione - intuì di dover adeguare lo Stato, e così la lingua dell’amministrazione e della Chiesa. L'indicatore più chiaro fu che dal 629 anche la titolatura imperiale mutò, con la dicitura Imperator, Caesar, Augustus - o in greco αυτοκράτωρ καîσαρ αΰγουστος - sostituita dal titolo di βασιλεύς, adottato quindi non solo, come alcuni affermano, perché questo era il titolo attribuito agli sconfitti re di Persia in un segno di sanzione del dominio ritrovato dell'Impero Romano e Cristiano su quello Persiano, ma anche come sanzione di un cambiamento che si riscontrò poi in un altro aspetto sostanziale: se grandissima si rivelava ancora l’autorità della Chiesa, con Eraclio la figura del Basileus si rafforzò potentemente, assumendo ulteriori aspetti teocratici, a tutela della Chiesa stessa.
Eraclio fece incoronare quando era ancora un neonato il figlio avuto da Fabia, Herakleios Neos Konstantinos, conosciuto come Costantino III, nato nel 612, quindi farà in seguito incoronare il figlio nato da Martina, anch’esso di nome Herakleios nato nel 626 e conosciuto come Eracleona.

[modifica] L'influenza religiosa nel regno di Eraclio e gli avvenimenti in Italia

Eraclio propugnò una tesi relativa al Cristo secondo la quale egli si componeva di due nature ma di un' unica energia (dal greco ἐνέργεια, "atto, potenza, funzione"), donde il termine “monoenergismo”. Tale compromesso, inizialmente, ricevette il favore dei Patriarchi, e del Papa di Roma. Tuttavia il nuovo Patriarca di Gerusalemme, Sofronio, nel 634 rigettò tale teoria definendola una versione del monofisismo.

Eraclio e Sergio dissero che Cristo aveva, sì, due nature, ma una sola volontà (θέλημα). Tale proposizione, più ragionevole del monoenergismo, venne sancita nel 638 tramite l’affissione del documento che la propugnava, l’Ekthesis, nel nartece di Santa Sofia.

Eraclio, pur impegnato a fondo in oriente, non aveva dimenticato i minacciati possedimenti italiani, ed aveva avuto cura di inviare esarchi che fossero in grado di preservarli dai Longobardi. Dopo l’esarca Eleuterio che, pur dopo avere ristabilito l’ordine a Ravenna, Roma e Napoli, aveva tentato di usurpare il titolo imperiale d’Occidente, l’Imperatore aveva spedito in Italia Isacio. Sotto il suo mandato tuttavia non si poterono conservare i domini veneti dell'entroterra, costringendo così gli abitanti a rifugiarsi sulle coste, dove sorsero Cittanova o Eraclea (nominata così in onore del basileus) e numerosi altri centri. In seguito Isacio, di fronte agli atteggiamenti di Papa Severino, non esitò ad assaltare il Laterano, con la scusante di recuperare le paghe della guarnigione bizantina, e ad esiliare il pontefice ed il suo seguito.
Ciò tuttavia non servì a rendere più accettabile la politica religiosa eracliana.

[modifica] Gli Arabi e l'Impero Bizantino

Conquiste dell'Islam
Conquiste dell'Islam

Esattamente quando Eraclio celebrava i suoi trionfi contro lo storico nemico dei Bizantini, nei lontani deserti dell’Arabia quelle tribù di beduini nomadi uscivano definitivamente dalla Jahiliyya, sotto la guida di Muhammad.
Si narra che già prima del 629 il Profeta aveva inviato ai maggiori re del mondo, tra cui Eraclio, delle missive nelle quali chiedeva l’adesione all’Islam e, comunque, già in quell’anno un paio di incursioni di predoni arabi venivano bloccate dagli alleati Ghassanidi dei Bizantini a Muʾta. Nessuno diede peso a tali avvenimenti, frutto della più volte asserita indisciplina delle tribù desertiche, ma la realtà era ben diversa.

Gli Arabi nell’autunno del 633 penetravano in Transgiordania ed in Palestina con tre colonne di 3.000 uomini ciascuna. I primi scontri sul mar Morto e nei pressi di Gaza si risolsero in vittorie arabe, ed addirittura il patrizio Sergio, comandante militare locale, cadde sul campo. Di fronte alla nuova invasione l’Impero si rese conto del pericolo ed Eraclio, posta sede ad Emesa (poi Homs), radunò un esercito al comando del quale pose il fratello, Teodoro.
Non si sa se per ordine di Abū Bakr o per sua propria volontà, nell’aprile del 634 Khālid ibn al-Walīd lasciò Hīra, che assediava insieme al generale al-Muthannā ibn Hāritha, e con una marcia prodigiosa unì le sue truppe, ma soprattutto il suo genio militare, alle truppe arabe in Palestina che la controffensiva bizantina metteva in difficoltà.
Teodoro investì le forze avversarie presso Ajnādayn, a sud-ovest di Gerusalemme, il 30 luglio del 634, riportando una grave sconfitta: il governatore della Palestina cadde e lo stesso Teodoro si salvò solo grazie alla fuga. Grazie alla velocità negli spostamenti ed alla compattezza delle sue truppe Khālid, la “Spada di Dio”, portò i musulmani ad una vittoria dopo l’altra: il nuovo comandante bizantino, l’armeno Vaanes, si fece battere a Pella e a Marj al-Ṣuffar, a sud di Damasco, e la stessa Damasco si trovò assediata nel marzo del 635. Il 10 settembre Damasco aprì le porte a Khālid.

Eraclio, da Antiochia, preparava la riscossa, ed affidò un imponente esercito al sakellarios Teodoro, a Vaanes e al ghassanide Jabala ibn Ayham. Di fronte a tale spiegamento di forze Khālid preferì ritirare le sue truppe, sgomberando i territori e le città conquistate fino ad allora, e ripiegando in cerca del luogo ideale allo scontro, che individuò sulle rive del fiume Yarmūk, un affluente del Giordano a sud del lago di Tiberiade. Qui infuriò una lunga e sanguinosa battaglia, dall’esito incerto fino all’ultimo, che si risolse il 20 agosto del 636 in una netta vittoria degli Arabi. I resti dell’armata bizantina batterono in ritirata ed Eraclio fece sgomberare la Palestina e la Siria, approntando la difesa. Gli Arabi, ora guidati da Yazīd ibn Abī Sufyān e da suo fratello Muʿāwiya ibn Abī Sufyān, rioccuparono rapidamente quanto precedentemente sgomberato e posero il blocco a Gerusalemme, da cui il basileus prudentemente aveva fatto portar via la Vera Croce. Nel 638, dopo sette mesi d’assedio, la città santa si arrendeva ai musulmani.

[modifica] La fine di un sogno

Sicuramente era convinzione dei cristiani che, come anni prima, il loro glorioso Imperatore li avrebbe liberati dai musulmani, con l’aiuto di Dio e, probabilmente, ritirando le truppe restanti, questa era anche l’intenzione di Eraclio, che però non era più l’incomparabile guerriero d’un tempo. L’uomo che, dopo aver sgomberato parte delle terre trionfalmente riacquistate all’Impero poco tempo prima, tristemente ritornava a Costantinopoli, era un uomo stanco, molto malato e forse non del tutto padrone di sé, e solo un tentativo d’usurpazione a Costantinopoli, nel 637, lo costrinse a rientrare a palazzo. La reazione fu molto dura: i rivoltosi, tra i quali comparivano il figlio illegittimo Atalarico ed il nipote Teodoro, ebbero nasi e mani amputate. Questo fatto legò ancor più il basileus alla moglie, ed il figlio Eracleona venne incoronato coimperatore, rinfocolando antiche polemiche e convincendo ancor più molti ambienti che i guai dell’Impero altro non erano che i frutti della punizione divina per i peccati del basileus.

Nel frattempo l’ondata musulmana, abbattutasi violentemente sui Persiani, si riversava sull’Armenia e sulla Mesopotamia bizantina ed alla fine del 639 si affacciava alle porte dell’Egitto provenendo dalla Siria-Palestina. Dopo alcuni insuccessi, 4.000 cavalieri arabi guidati da ʿAmr ibn al-ʿĀṣ, all’inizio del 640, occupavano Pelusio e, in luglio, battevano i difensori bizantini presso la fortezza di Babylon, ponendo l’assedio alla stessa fortezza. Intanto, più lontano, l’Armenia fu invasa.

Il patriarca d'Alessandria, Ciro, che esercitava funzioni politiche simili a quelle governatoriali, chiese ad Eraclio di poter trattare la resa di Babylon con ʿAmr. Il basileus rifiutò, imponendo la continuazione della resistenza, e depose Ciro, in seguito sospettato di intesa con gli Arabi a causa delle sue simpatie monofisite. Mentre Babylon viveva stretta d’assedio, la stessa sorte si profilava per la ricca Alessandria, che pareva tuttavia ben più decisa a resistere.

Eraclio ebbe la ventura di non dover assistere alla resa di Babylon nell’aprile del 641, né di venire a conoscenza della caduta di Alessandria, l’anno successivo, ceduta ad ʿAmr da Ciro, reintegrato nel frattempo da Martina. Reso irriconoscibile dalla malattia, distrutto dall’idropisia, l’11 febbraio del 641 l’Imperatore si era spento. Venne sepolto nella chiesa dei santi Apostoli, accanto a Fabia.

[modifica] Bibliografia

  • Georg Ostrogorsky. Storia dell'Impero bizantino. Milano, Einaudi, 1968. ISBN 8806173626
  • Gerhard Herm. I bizantini. Milano , Garzanti, 1985.
  • John Julius Norwich. Bisanzio . Milano, Mondadori, 2000. ISBN 8804481854
  • Silvia Ronchey. Lo stato bizantino . Torino, Einaudi, 2002. ISBN 8806162551
  • Alexander P Kazhdan. Bisanzio e la sua civiltà . 2a ed. Bari, Laterza, 2004. ISBN 8842046914
  • Giorgio Ravegnani. La storia di Bisanzio . Roma, Jouvence, 2004. ISBN 8878013536
  • Giorgio Ravegnani. I bizantini in Italia . Bologna , il Mulino, 2004.
  • Ralph-Johannes Lilie. Bisanzio la seconda Roma . Roma, Newton & Compton, 2005. ISBN 88-541-0286-5
  • Alain Ducellier. Bisanzio (IV-XV secolo) . Milano, San Paolo, 2005. ISBN 8821553663
  • Giorgio Ravegnani. Introduzione alla storia bizantina . Bologna , il Mulino, 2006.

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

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Foca Eraclio I
(610 - 641)
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