Costantino XI di Bisanzio
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Costantino XI di Bisanzio, noto anche come Costantino XI Paleologo o Costantino Dragases[1], in greco: Κωνσταντίνος ΙΑ’ Δραγάσης Παλαιολόγος, Kōnstantinos XI Dragasēs Palaiologos (Costantinopoli, 9 febbraio 1405 - ivi 29 maggio 1453), fu imperatore bizantino dal 6 gennaio 1449 fino alla sua morte. Fu anche l'ultimo imperatore romano d'Oriente.
La sua morte in battaglia assurse a simbolo della lotta della cristianità contro i turchi e, nel XIX secolo, dell'indipendentismo greco. Fu fatto santo e martire dalla Chiesa ortodossa.
[modifica] Gioventù
Era quartogenito - non considerando due figli morti ancora infanti - di Manuele II di Bisanzio e di Elena Dragaš, era nipote, per parte di madre, del principe serbo Costantino Dragaš.
I suoi fratelli furono Giovanni VIII di Bisanzio, anch'egli imperatore bizantino, Teodoro II Paleologo, Demetrio Paleologo e Tommaso Paleologo, despoti della Morea, e Andronico Paleologo, despota di Tessalonica.
Nell'Impero bizantino, per motivi di prestigio, era consuetudine aggiungere il cognome della madre a quello del padre. Quando a Costantino fu proposta l'opzione di avere due cognomi, essendo tra l'altro i Dragaš signori serbi di una parte della Macedonia, egli declinò l'offerta, bastandogli il cognome bizantino del padre.[citazione necessaria]
[modifica] Costantino despota della Morea

Fu nominato reggente della Morea nel novembre 1423, quando il fratello Giovanni partì per l'Italia e l'Ungheria in cerca di aiuti contro la continua minaccia ottomana. Durante l'assenza del fratello, sotto la guida della madre Elena, siglò un trattato di pace col sultano Murad II. Nominato despota, gli fu affidata la gestione della costa del Mar Nero, all'epoca ancora bizantina, e dell'Acaia, che a partire dalla quarta crociata (1204) era in mani occidentali.
Nel novembre 1427 fu accompagnato dal fratello Giovanni VIII in Morea per assicurare l'Acaia a Costantinopoli. Furono attaccati i domini dei Tocco, signori dell'Epiro e del Peloponneso occidentale; quest'ultimo territorio fu ceduto a Costantino a dote di Maddalena Tocco, figlia di Leonardo Tocco, andata sposa al principe nel luglio 1428. Appena un anno dopo la sposa morì.
Costantino proseguì nei suoi piani di espansione dei territori bizantini, sollevando numerose proteste dai veneziani. Nel 1430 fu presa la città di Patrasso, i cui signori erano legati al papa di Roma; la sua avanzata fu però fermata dagli eserciti di Turachan Bey in Beozia.
Ritornato a Costantinopoli, Costantino continuò a esercitare per alcuni anni le funzioni di reggente mentre il fratello era impegnato in occidente nel vano tentativo di giungere alla riunificazione della Chiesa cattolica con la Chiesa ortodossa, allo scopo di ottenere in cambio aiuti militari contro l'avanzata ottomana sui pochi territori rimasti in mano all'Impero bizantino. Affiancato dalla madre Elena, fronteggiò con forza le tensioni popolari che tale tentativo di riunione, non voluta dal clero e dai fedeli ortodossi, stava sollevando; successivamente, assunse in più occasioni l'incarico di governante a causa delle cattive condizioni di salute di Giovanni VIII, tornato in patria nel gennaio 1440.
Giunto in Morea per riprendere l'amministrazione dei territori affidatigli, Costantino si risposò con Caterina Gattilusio, figlia di Dorino Gattilusio di Lesbo. Anche questa unione fu però sfortunata; ella, come la moglie precedente, morì l'anno successivo, mentre il principe si trovava in viaggio verso Costantinopoli. Caterina venne attaccata dai Turchi di Murad e dalle truppe del fratello di Costantino, Demetrio, alleatosi con i Turchi nella speranza d'impadronirsi del trono di Bisanzio.
L'assedio che fu posto alla città venne respinto e Costantino fece ritorno in Morea, dove si concentrò nuovamente nella protezione e nell'espansione dei suoi territori: in poco tempo il principe pose nuovamente l'Attica sotto il suo potere; soltanto le città veneziane di Corone e Modone riuscirono a sottrarsi alle sue mire espansionistiche. Approfittando della temporanea vittoria delle potenze cristiane contro i Turchi, Costantino tentò di ampliare ulteriormente i suoi territori, ma la disfatta cristiana nella battaglia di Varna del 10 novembre 1444 permise al sultano ottomano Murad II di penetrare e devastare la Morea, costringendo Costantino ad abbandonare i suoi progetti espansionistici, salvando quel che poteva dei suoi rimanenti territori.
[modifica] L'inizio del regno di Costantino
Il 31 ottobre 1448 Giovanni VIII morì dopo una lunga malattia. In attesa dell'arrivo di Costantino, la madre Elena Dragaš dovette assumere il controllo di Costantinopoli per fronteggiare la tentata usurpazione al trono da parte di Demetrio, fratello di Costantino. Quest'ultimo venne a conoscenza della morte di Giovanni VIII di Bisanzio da due emissari inviati dalla madre, accompagnati dal fratello Tommaso Paleologo; il messaggio lo invitava a tornare al più presto a Costantinopoli per fronteggiare il tentativo di usurpazione del fratello Demetrio. Il 6 gennaio 1449 Costantino XI Paleologo organizzò a Mistra la cerimonia d'incoronazione a Basileus dei bizantini; non si trattò però di un'incoronazione ufficiale, data l'assenza di un patriarca ortodosso, qui fu incoronato dall'esercito.
Il 12 marzo 1449 il nuovo sovrano entrò a Costantinopoli, dove sua madre gli consegnò le insegne imperiali e la chiave delle tesorierie bizantine, che aveva nel frattempo protetto dai tentativi di Demetrio d'impossessarsene.
[modifica] Il problema ecclesiastico
La situazione religiosa a Costantinopoli era nel pieno caos. Con il concilio di Firenze tenuto dal fratello Giovanni VIII Paleologo, si era decisa l'unione della Chiesa cattolica e della Chiesa ortodossa, l'Impero bizantino così sarebbe tornato sotto la potestà spirituale del papa,[2] visto che era il cuore della chiesa ortodossa, ma di fatto nell'Impero bizantino non era così poiché la netta maggioranza di bizantini erano contrari a questa decisione, e nemmeno negli altri stati che si erano convertiti all'ortodossia, essi si rifiutarono di accetare le decisioni di Costantinopoli. Sul trono patriarcale sedeva Gregorio III di Costantinopoli, patriarca di rito latino e odiato da quasi tutti i bizantini perché considerato un traditore. Gregorio III aveva fatto tutto ciò che gli era in suo possesso fare per unire le due chiese, tanto ché per questo accanimento fu esiliato a Roma.
Costantino XI, vista la precaria situazione dell'Impero, non poteva far altro che appoggiare l'unione tra le due chiese, visto che gli ottomani erano infatti ormai alle "mura" di Costantinopoli, e Costantino, per sperare di salvare la sua capitale, aveva assolutamente bisogno dell'aiuto dei latini, e ciò sarebbe arrivato solamente con l'unione delle due chiese. La sua coraggiosa posizione però, fu pagata a caro prezzo: venendogli infatti a mancare l' appoggio dei suoi sudditi, contrari all'unione con la chiesa di Roma, non poté mai essere incoronato ufficialmente Basileus, ma comunque fu probabilmente un bene che Costantino non venne mai ufficialmente incoronato, perché se ciò sarebbe avvenuto sarebbe potuta accadere con molta probabilità una guerra civile, tra coloro che appogiavano i latini (la minoranza) e coloro che volevano preservare il culto ortodosso (la netta maggioranza).
[modifica] La costruzione della fortezza ottomana sul Bosforo
![La bandiera della marina dei Paleologi,[citazione necessaria] usata a partire dal XIV secolo fino alla caduta dell'Impero bizantino.](../../../upload/shared/thumb/f/f6/Flag_of_Palaeologus_Dynasty.svg/250px-Flag_of_Palaeologus_Dynasty.svg.png)
Appena eletto, Costantino XI tentò di imporre dazi sulle merci d'importazione nel tentativo di risollevare le quasi vuote casse imperiali, suscitando però le proteste di Venezia, che lo costrinse presto ad abolire le nuove imposte. La decisione di cedere alle proteste veneziane fu dovuta principalmente al fatto che la minaccia turca si stava facendo sempre più incalzante, soprattutto dopo la morte del sultano Murad II e la salita al trono di Mehmet II, la cui politica verso Costantinopoli si manteneva molto incerta, nonostante Mehmet II avesse rinnovato il trattato di pace con l'Impero bizantino, che già suo padre Murad II aveva sigillato con l'Impero bizantino.
Costantino, non fidandosi di Mehmet II, inviò quindi l'ambasciatore Leontari Briennio a Venezia, Ferrara e Roma per chiedere appoggio economico ed eventualmente aiuti militari. Le risposte degli occidentali rimasero vaghe, con promesse di aiuti presto dimenticate. Il papa Niccolò V promise di impegnarsi nella salvaguardia di Costantinopoli ma richiese quale conditio sine qua non il reintegro del patriarca Gregorio III e l'accelerazione del processo di riunificazione delle due chiese, resa assai difficile dalla forte opposizione dei nobili anti-unionisti e del popolo.
I sospetti di Costantino furono confermati quando, nell'aprile del 1451, gli ottomani per ordine di Mehmet II iniziarono a costruire una nuova fortezza a pochi chilometri di distanza da Costantinopoli, che si erigeva sulle basi del vecchio bastione fatto edificare nel XIV secolo dal sultano Bajazet I, e questa fortezza si trovava nel punto più stretto del Bosforo, dove Europa e Asia quasi si toccano. In questo modo, Mehmet II dominava tutto lo stretto del Bosforo e si trovava in ottima posizione per attaccare Costantinopoli, e poteva pretendere dazi sulle navi che passavano per il Mar Nero.
Oltre alla costruzione della fortezza, gli ottomani si diedero al saccheggio sistematico delle zone limitrofe, che culminò col massacro di Epibation, seguito alla rivolta delle popolazioni locali. Il terrore si diffuse a Costantinopoli. I bizantini protestarono con gli ottomani, e a queste proteste si aggiunsero anche quelle dei genovesi di Pera.
A questa ennesima provocazione Costantino XI rispose con l'ordine d'arresto di tutti i Turchi risiedenti in città e con la chiusura delle porte di Costantinopoli. Quando iniziarono i lavori, l'imperatore mandò subito due successive ambascerie cariche di doni, per indurre il sultano a rispettare il trattato vigente e l'integrità dei piccoli villaggi bizantini che si trovavano sulle coste del Bosforo.
Mehmet, però, rimandate indietro le ambascerie, oppose un secco rifiuto. I rappresentanti di una terza ambasceria, inviata due settimane più tardi da Costantino furono fatti tutti giustiziare dal sultano.
Il 31 agosto del 1451 la costruzione della fortezza ottomana chiamata Boghaz-Kesen, (ancor oggi esistente col nome di Rumeli Hisari), fu completata. Con essa Mehmet II poteva controllare l'arrivo di ogni nave, e l'eventuale venuta di forze di terra lungo la costa, mentre lanciava duri attacchi alle città ancora bizantine sul mar Nero con l'obiettivo di isolare la Morea, affidata ai fratelli dell'imperatore Tommaso Paleologo e Demetrio Paleologo.
Costruita la fortezza, Mehmet ordinò perquisizioni sistematiche di tutte le navi transitanti per il Bosforo, a qualsiasi nazionalità appartenessero. Verso la fine di novembre dello stesso anno, un vascello veneziano proveniente dal Mar Nero non rispettò la disposizione e per questo fu distrutto a cannonate, i superstiti vennero uccisi e il comandante veneziano, Antonio Rizzo, fu impalato. Ormai l'occidente aveva capito che Mehmet II non era solo un giovane troppo ambizioso.
[modifica] La riunificazione delle due chiese
Vista la gravità della situazione Costantino moltiplicò le richieste di aiuto all'Europa occidentale sollecitando l'arrivo da Roma del cardinale Isidoro di Kiev, inviato dal papa per far rispettare gli impegni sulla riunificazione delle due chiese. Il suo arrivo era però previsto solo ad ottobre. Costantino non aveva con sé che 200 arcieri.
Venerdì 12 dicembre del 1452 nella basilica di Santa Sofia fu solennemente proclamata l'unione della Chiesa d'Oriente con la Chiesa d'Occidente. Alla cerimonia erano presenti l'Imperatore e l'inviato del papa Isidoro di Kiev.
In tal modo fu decretata l'unione delle chiese già decisa al Concilio di Firenze dal fratello ormai deceduto Giovanni VIII. Non ci furono festeggiamenti e le chiese di rito latino restarono deserte, compresa la stessa Santa Sofia. Anche coloro più legati al Basileus preferirono assistere a funzioni religiose svolte secondo la liturgia ortodossa. La città era agitata dalle proteste popolari e dalla generale preoccupazione di un imminente attacco degli ottomani. Costantino, preoccupato, ordinò di rafforzare le mura e di bloccare nei porti le navi occidentali, con l'intento di indurre i veneziani presenti a sollecitare l'aiuto della madrepatria.
[modifica] L'assedio di Costantinopoli
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Per approfondire, vedi la voce Assedio di Costantinopoli. |

Negli ultimi anni, la marina ottomana aveva conosciuto un'incredibile espansione. Costantinopoli, che era praticamente imprendibile per via terrestre, a causa delle potentissime mura teodosiane, poteva però essere conquistata per fame, attraverso un ferreo blocco marittimo. Nel marzo del 1453, a Gallipoli, si radunò una enorme flotta turca, forte di circa 250 imbarcazioni, che si attestò davanti alle mura marittime di Costantinopoli[citazione necessaria]. Nel contempo una grande armata terrestre, di circa 100.000 uomini, di cui 20.000 bashi-bazouk entrò in azione in Tracia, attestandosi davanti alle mura teodsiane di Costantinopoli.
Mehmet aveva anche un arma di cui andava fortemente orgoglioso: un cannone enorme fabbricato appositamente per lui da un tedesco, Urban, nel gennaio di quello stesso anno1453. Poteva sparare proiettili di sei quintali da una distanza di un chilometro e mezzo ogni novanta minuti. Ci vollero duecento uomini per trasportare la bombarda e fu trainato fino a Costantinopoli con trenta buoi.[citazione necessaria]
Il 5 aprile del 1453 Mehmet II, tramite un messaggero, intimò a Costantino di arrendersi. Se lo avesse fatto, avrebbe avuto salva la vita, e sarebbe diventato governatore, e anche tutta la popolazione di Costantinopoli sarebbe stata risparimiata dai saccheggi. Costantino a ciò rispose:
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«Darti la città, non è decisione mia né di alcuno dei suoi abitanti; abbiamo infatti deciso di nostra spontanea volontà di combattere, e non risparmieremo la vita.»
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Nelle prime ore di venerdì 6 aprile del 1453 il sultano fece aprire il fuoco su Costantinopoli. I bizantini avevano già previsto questa mossa e tutti i residenti in città, uomini, donne, vecchi e bambini, avevano già iniziato a lavorare per rinforzare le mura cittadine.[citazione necessaria]
Costantino, fece inoltre rinforzare anche le mura marittime, che si affacciavano sul mar di Marmara, e sul Corno d'oro. Il ricordo della quarta crociata non si era ancora cancellato: i crociati avevano infatti espugnato la città dal mare. I rapporti fra bizantini e latini continuavano ad esser tesi. Pochi giorni prima era stata festeggiata la Pasqua, ma anche per questa importantissima ricorrenza Santa Sofia era restata deserta: la riunificazione delle due chiese non voleva assolutamente essere accettata dalla popolazione.
Nel febbraio del 1453, il senato veneziano, memore della morte di Antonio Rizzo, decise di mandare in aiuto a Costantinopoli due galere con quattrocento uomini l'una e con la promessa di inviarne altre quindici. Lodevole fu il comportamento del governatore del quartiere veneziano in città: Girolamo Minotto. Egli promise infatti tutto l'aiuto che fosse stato in suo potere dare e assicurò che nessuna nave veneziana sarebbe salpata senza il suo consenso.
A Costantinopoli erano inoltre ancorate alcune imbarcazioni genovesi sia provenienti da Galata, sia dall'Italia, inviate da papa Niccolò V e dalla Repubblica di Genova. Fra queste ultime vi erano anche due galere con settecento volontari pronti alla lotta, che avevano abbracciato la causa bizantina e volevano difenderla con la propria vita. Questi uomini d'arme facevano parte dell'esercito privato di Giovanni Giustiniani Longo appartenente ad una delle più potenti famiglie di Genova ed esperto in poliorcetica (πολιορκητικά). Papa Niccolò V promise di inviare tre navi.
In totale Costantino poteva disporre di dieci navi bizantine, otto veneziane, cinque genovesi, una proveniente da Ancona, una catalana ed una provenzale, per un totale di ventisei navi. Una cifra ben modesta se paragonata alla potente flotta ottomana. Ancor più preoccupante era il limitato numero di soldati a sua disposizione: 5.000 bizantini e poco più di 2.000 latini, per un totale di 7.000 uomini che avrebbero dovuto difendere ventidue chilometri di mura da un esercito di 100.000 turchi.
La mattina del 6 aprile tutti i cristiani erano ai propri posti di combattimento. Costantino e Giovanni difendevano la parte più vulnerabile delle mura di Costantinopoli, dove probabilmente si sarebbe riversato l'attacco ottomano. Le mura marittime erano quasi deserte: i pochi soldati presenti erano adibiti per lo più a compiti di vedetta a controllo degli spostamenti delle navi ottomane. Il sultano fece bombardare le mura terrestri di Costantinopoli con una violenza sconosciuta nella storia degli assedi.
Al termine di quella prima giornata gli ottomani avevano demolito buona parte delle mura nei pressi della porta Carsio e tentato ripetutamente di penetrare in città attraverso le brecce che si erano create, ma senza successo. Nella notte, mentre i musulmani riposavano nei propri accampamenti, la popolazione era riuscita a riparare le brecce. Mehmet II, scoraggiato, decise allora di sospendere l'assedio, e di attendere l'arrivo di rinforzi.
Questi arrivarono l'11 aprile in numero ingente, forse tra i 20.000 e i 60.000 uomini. Fu ripreso il fuoco che durò ininterrottamente per quarantotto giorni e che provocò crolli continui di mura in due punti diversi nei pressi del fiume Licino. Le brecce che si creavano venivano però sempre riparate dai cristiani nel corso della notte.
In quei giorni arrivarono dall'Ellesponto le tre navi genovesi promesse dal Papa accompagnate da una nave da trasporto carica di grano ed inviata da Alfonso d'Aragona. Mehmet II aveva commesso un errore: aveva lasciato sguarnito lo Stretto dei Dardanelli e le quattro navi latine erano entrate nel mar di Marmara indisturbate. Era la mattina del 20 aprile. L'ammiraglio ottomano, Solimano Baltoğlu, non riuscì ad impedire che le navi raggiungessero la città.
Dopo ciò, Mehmet II escogitò un metodo per permettere alle sue navi di entrare nel Corno d'oro. Chiese ai suoi suoi ingegneri di progettare una strada dietro il Galata, che dal mar di Marmara avrebbe raggiunto l'attuale piazza Tksim per poi sboccare nel Corno d'oro. I fabbri ottomani iniziarono a costruire subito ruote di ferro e binari di metallo, ed i carpentieri intelaiature in legno tanto grandi da poter racchiudere la chiglia di una nave di media grandezza. Era un'opera colossale, pagata dalle casse ottomane ricolme d'oro.
Quando i bizantini videro le navi ottomane nel Corno d'oro rimasero sbalorditi. Ora la situazione si era aggravata: il porto non era più sicuro e le mura malconce in più punti. Nei primi giorni di maggio, Costantino ormai capiva che la fine era vicina: i viveri scarseggiavano e le navi promesse da Venezia, non giungevano. I ministri bizantini scongiurarono l'imperatore di abbandonare la capitale e mettersi in salvo: Ma invano.
Sabato 26 maggio Mehmet II riunì tutto il suo consiglio di guerra, e annunciò che l'attacco finale sarebbe stato sferrato il giorno 29 Maggio, preceduto però da un giorno di riposo e di preghiera (28 maggio). Quando questo arrivò, tutto tacque e gli ottomani iniziarono a pregare e a riposarsi in vista del giorno successivo, quando sarebbe avvenuta la battaglia decisiva. Mentre i suoi soldati dormivano, Mehmet II fece un lungo giro di ispezione, tornò tardi al campo ed andò a dormire.
La sera del 28 maggio Costantino XI e Giustiniani Longo si misero a presidio della porta di S. Romano. Nell'occasione il Basileus tenne un discorso ai difensori che è giunto fino a noi in questa forma sicuramente enfatizzata nel corso dei secoli
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«Miei signori, miei fratelli, miei figli, l'ultimo onore dei Cristiani è nelle nostre mani.»
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(Costantino XI)
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In quell'ultimo lunedì che vide la Costantinopoli bizantina, furono dimenticati tutte le liti e contrasti tra greci e latini. Per l'occasione si svolse una lunghissima processione spontanea che si snodò in ogni angolo di Costantinopoli. I fedeli attraversarono le vie della capitale con le icone più adorate.
L'imperatore allora riunì per l'ultima volta i suoi comandanti, e parlò ai suoi sudditi dicendo:
Poi si rivolse ai latini e li ringraziò per tutto ciò che avevano fatto per aiutare Costantinopoli, e poi disse:
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«Da oggi latini e romani sono lo stesso popolo, uniti in Dio, e con l'aiuto di Dio salveremo Costantinopoli.»
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(Costantino XI Paleologo)
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E anche le differenze religiose furono dimenticate: tutta la popolazione di Costantinopoli si riversò nella chiesa di Santa Sofia, simbolo da quasi un millennio del cristianesimo d'Oriente.
Fu l'ultima liturgia cristiana celebrata a Santa Sofia e, probabilmente, la più commovente di tutta la storia dell'Impero bizantino. Poi, a liturgia non ancora finita, irruppe in chiesa Costantino che si inginocchiò e chiese perdono dei suoi peccati. Gli venne anche data l'eucarestia.
Tornato nella sua reggia, il palazzo delle Blacherne, salutò per l'ultima volta i familiari e la servitù poi, verso mezzanotte, ispezionò, a cavallo, tutte le mura di terra. Era accompagnato dal suo migliore amico, il fedele Giorgio Sphrantzes.
Martedì 29 maggio del 1453 fu l'ultimo giorno di vita della Costantinopoli "romana". All'una e mezza Mehmet II diede l'ordine di attaccare e le campane delle chiese presero a suonare per avvisare la città che la battaglia finale era iniziata.

Una rappresentazione dell'assedio realizzata nel XV secolo.
Mehmet II sapeva che se voleva vincere non avrebbe dovuto concedere tregua ai cristiani in modo che essi si potessero riorganizzare. I primi soldati che Mehmet II mandò all'attacco furono i bashi-bazouk, male armati e peggio addestrati.
Per due ore e mezza i bashi-bazouk continuarono ininterrottamente ad attaccare i cristiani, finché, alle quattro del mattino, Mehmet II ordinò alla seconda schiera di combattenti di intervenire. Questa era costituita da reparti di soldati arruolati in Anatolia, molto ben equipaggiati e addestrati. Questi ultimi furono però subito circondati dai soldati comandati direttamente da Costantino, ed annientati. Gli ultimi ad intervenire nella battaglia furono i reparti di élite degli ottomani, i giannizzeri. Bizantini e Latini erano spossati, combattevano ormai da cinque ore ininterrotte e non avrebbero potuto resistere a lungo.
Poco dopo l'alba la situazione precipitò: il capitano Giovanni Longo Giustiniani fu ferito ed allontanato dalla battaglia dai suoi uomini. Molti difensori latini interpretarono questa mossa come una fuga disperata, e fuggirono alle barche. Mehmet II si accorse di ciò, ed ordinò ai giannizzeri di concentrare l'attacco sulle postazioni genovesi. I bizantini iniziarono ad arretrare, e, trovandosi accerchiati, vennero quasi tutti massacrati. Costantinopoli era ormai perduta e l'Impero di Bisanzio, ultimo erede della grande Roma aveva cessato di esistere, bagnato dal sangue di un manipolo di eroi.
[modifica] La morte di Costantino XI
Le fonti relative alla morte di Costantino XI si fanno a questo punto numerose e discordanti: il Gran Logoteta Giorgio Sphrantzes, fedele compagno del basileus, che in quel momento era lontano dalla battaglia, dice unicamente:
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«Il mio Signore e imperatore, di felice memoria, il Signore Costantino, cadde ucciso.»
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Secondo alcuni cronisti l'imperatore sarebbe rimasto ucciso mentre si dirigeva verso la porta Aurea; altri sostengono invece che cadde nei pressi di Santa Sofia; altri ancora sostengono addirittura che Costantino XI si sia spogliato delle insegne Imperiali e che sia fuggito confondendosi tra la popolazione, riuscendo così a salvarsi (tale ipotesi risulta comunque improbabile).
La maggior parte dei cronisti, oltre che gli storici attuali, sono quasi certi nel sostenere che Costantino XI abbia perso la vita nei pressi della porta di San Romano: dopo aver lasciato le insegne Imperiali, si gettò nella mischia con valore, assieme ai suoi ultimi compagni ancora in vita, e scomparve per sempre. É probabile che il corpo di Costantino fosse riconosciuto grazie agli stivali che indossava, color porpora, che solo gli imperatori bizantini avevano il diritto di portare. Forse Mehmet II fece seppellire il corpo di Costantino in una fossa comune, per evitare che i cristiani potessero erigere un mausoleo alla sua memoria, o che ci potesse essere un pellegrinaggio di europei per recarsi ad onorare la tomba di Costantino.
Una statua che lo rappresenta si trova di fronte alla cattedrale di Atene, mentre una seconda è ubicata nella città di Mistra.
[modifica] Note
- ↑ Dragases (Dragaš) era anche il cognome della madre, poi fattasi monaca col nome di Epomena
- ↑ Decreto di unione della Chiesa greca e latina, Firenze, 6 luglio 1439
[modifica] Bibliografia
[modifica] Cinquecentine
- Diedo, Girolamo Lettera del clarissimo s. Girolamo Diedo nobile venitiano, all'illustrissimo signor Marc'Antonio Barbaro, allhora dignissimo bailo in Costantinopoli, & hora meritissimo procurator di S. Marco. Nellaqu - In Venetia : presso gli heredi di Francesco Ziletti, 1588.
- Diuerse croniche degne di memoria le quali narrano le più notabili cose, & guerre successe in molte parte tra Christiani e Turchi, cominciando l'anno 1453, che fu la presa di Costantinopoli sino al 15 - In Vicenza, 1586.
- La guerra del Turcho contra a Costantinopoli et altre terre cosa bellissima. - S.l. : s.n., [circa 1530].
- Nicetas : Choniates La historia de gli imperatori greci, di Niceta Acominato da Chone ... Nella quale si contengono le cose di Costantinopoli, cominciando doue lascia il Zonara fino all'anno MCDLIII che fu presa - In Venetia : [Francesco Sansovino] (In Venetia : appresso Francesco Sansouino, 1562).
[modifica] Bibliografia attuale
- Georg Ostrogorsky. Storia dell'Impero bizantino. Torino, Einaudi, 1968.
- Agostino Pertusi (a cura di). La caduta di Costantinopoli. Le testimonianze dei contemporanei. Milano, Mondadori (Fondazione Valla), 1976. [1]
- Agostino Pertusi (a cura di). La caduta di Costantinopoli. L'eco nel mondo. Milano, Mondadori (Fondazione Valla), 1976.
- Alexander P. Kazhdan. Bisanzio e la sua civiltà. Roma-Bari, Laterza, 1994.
- Andrea Frediani Costantinopoli 1453 1999.
- John Julius Norwich. Bisanzio. Milano, Mondadori, 2000.
- Steven Runciman La caduta di Costantinopoli Feltrinelli 1968 e Piemme 2001.
- Silvia Ronchey. Lo stato bizantino. Einaudi, Torino, 2002.
- Alain Ducellier e Michel Kaplan. Bisanzio. Milano, San Paolo, 2002.
- Giorgio Ravegnani. La storia di Bisanzio. Roma, Jouvence, 2004.
- R. J. Lilie. Bisanzio la seconda Roma. Roma, Newton & Compton, 2005. ISBN 88-541-0286-5.
- Giorgio Ravegnani. Bisanzio e Venezia. Bologna, il Mulino, 2006.
[modifica] Voci correlate
- Impero bizantino
- Costantinopoli
- Assedio di Costantinopoli
- Luca Notara
- Giovanni Giustiniani Longo
- Giorgio Sphrantzes
- Michele Critoboulos
- Girolamo Minotto
[modifica] Altri progetti
Commons contiene file multimediali su Costantino XI di Bisanzio
[modifica] Collegamenti esterni
- http://www.imperobizantino.it/Storia-art23.htm
- http://www.roth37.it/COINS/Oriente/paleologhi.html
- http://www.santiebeati.it/dettaglio/92429
- http://cronologia.leonardo.it/battaglie/batta105.htm
- http://www.imperobizantino.it/Imperatori-art15.htm
- http://www.maat.it/livello2/turchia-europa.htm
- http://digilander.libero.it/yiannis/bizanzio.htm
- http://www.giustiniani.info/costantinopoli.html
- http://www.arsbellica.it/pagine/medievale/Costantinopoli/ducico.html
- http://www.arealocale.com/default.asp?action=article&ID=1842
- http://www.porphyra.it/Porphyra7.pdf
Precedessore: | Imperatore bizantino | Successore: |
Giovanni VIII | nessun successore - fine dell'Impero Romano d'Oriente |
Imperatori dell'Impero Romano d'Oriente in ordine cronologico dal 395, anno della separazione dall'Impero Romano d'Occidente, al 1453, anno della definitiva caduta di Costantinopoli
Arcadio | Teodosio II | Marciano | Leone I | Leone II | Zenone I | Basilisco | Anastasio I | Giustino I | Giustiniano I | Giustino II | Tiberio II Costantino | Maurizio I | Foca | Eraclio I | Costantino III | Eraclio II | Costante II | Costantino IV | Giustiniano II | Leonzio II | Tiberio III | Filippico | Anastasio II | Teodosio III | Leone III | Costantino V | Artabasdus | Leone IV | Costantino VI | Irene | Niceforo I | Stauracio | Michele I | Leone V |Michele II | Teofilo II | Michele III | Basilio I | Leone VI | Alessandro | Costantino VII | Romano I | Romano II | Niceforo II | Giovanni I | Basilio II | Costantino VIII | Romano III | Michele IV | Michele V | Zoë | Costantino IX | Teodora | Michele VI | Isacco I | Costantino X | Romano IV | Michele VII | Niceforo III | Alessio I | Giovanni II | Manuele I | Alessio II | Andronico I | Isacco II | Alessio III | Alessio IV | Isacco II | Alessio V | Teodoro I | Giovanni III | Teodoro II | Giovanni IV | Michele VIII | Andronico II | Michele IX | Andronico III | Giovanni V | Giovanni VI | Andronico IV | Giovanni VII | Manuele II | Giovanni VIII | Costantino XI
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