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Luchino Visconti - Wikipedia

Luchino Visconti

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Nota disambigua - Se stai cercando il signore di Milano con questo nome (1287-1349), vedi Luchino Visconti (signore di Milano).
Luchino Visconti
Luchino Visconti

Don Luchino Visconti di Modrone, conte di Lonate Pozzolo, (Milano, 2 novembre 1906 - Roma, 17 marzo 1976) è stato un regista cinematografico e teatrale italiano.

Indice

[modifica] Biografìa

Figlio del conte Giuseppe Visconti di Modrone (Milano 10 novembre 1879 - 16 dicembre 1941) e di Carla Erba (proprietaria della nota azienda farmaceutica, deceduta a Cortina d'Ampezzo, Belluno, 17 gennaio 1939). Luchino fu il quarto di sette tra fratelli e sorelle: Guido, il primogenito (caduto in guerra ad El Alamein nel 1941; ebbe un legame affettivo con l'attrice Elsa De' Giorgi), Anna (poi andata sposa a un principe Caracciolo), Luigi (sposerà l'attrice Laura Adani), poi, appunto, Luchino, Edoardo (padre del futuro regista Eriprando), Ida Pace (detta Nane) e Uberta (Milano, 6 aprile 1918 - Roma 30 luglio 2003; andata in sposa il 30 aprile 1940 al documentarista e regista Renzo Avanzo e, in seconde nozze, al compositore e direttore d'orchestra Franco Mannino, collaboratore in molti lavori di Visconti).

E' lo zio di Allegra Agnelli Caracciolo e prozio della giornalista Barbara Parodi Delfino.

Luchino Visconti prestò servizio militare come sottufficiale di cavalleria a Pinerolo e visse gli anni della sua gioventù agiata occupandosi dei cavalli di una scuderia di sua proprietà. Inoltre, frequentò attivamente il mondo della lirica e del melodramma, che lo influenzerà moltissimo; l'intera famiglia infatti aveva un palco alla Scala (il padre era uno dei massimi finanziatori del teatro) e il salotto della madre era frequentato, tra gli altri, da Arturo Toscanini.

La carriera cinematografica iniziò nel 1936, in Francia, quando assiste alla regìa e nella scelta dei costumi Jean Renoir, alla realizzazione di due sue opere, I bassifondi (Les basfonds) e La scampagnata (Une partie de campagne). Il realismo del grande autore francese lo influenzerà profondamente. Sempre in Francia entrò in contatto con alcuni militanti di sinistra fuoriusciti dall'Italia che ne modificarono le convinzioni politiche. Dopo un breve soggiorno a Hollywood rientrò in Italia nel 1939 a causa della morte della madre. Iniziò a lavorare con Renoir ad un adattamento cinematografico della Tosca, ma dopo l'inizio della guerra il regista francese è costretto a lasciare il set, sostituito dal tedesco Karl Koch.

Sarà decisivo l'incontro con alcuni giovani intellettuali e critici, collaboratori della rivista Cinema (per ironia della sorte fondata dal figlio di Benito Mussolini, Vittorio) fautori di una nuova idea di cinema che superi le melense ed edulcorate commedie del cinema dei telefoni bianchi ambientati in ville lussuose, che racconti invece realisticamente la vita e i drammi quotidiani della gente. Su queste basi, insieme a Giuseppe De Santis, Gianni Puccini, Antonio Pietrangeli, Mario Serandrei e Rosario Assunto, nel 1942 firma il suo primo film, uno dei più grandi capolavori neorealistici: Ossessione, ispirato al celebre romanzo Il postino suona sempre due volte (The Postman Always Rings Twice) di James Cain, che ha come protagonisti la conturbante Clara Calamai (sostituì all'ultimo momento Anna Magnani, inizialmente destinata a interpretare il torbido ruolo di Giovanna) e Massimo Girotti nel personaggio del meccanico Gino, che avrà vita non facile sugli schermi della penisola.

Un secondo progetto, di trasporre su pellicola L'amante di Gramigna di Giovanni Verga, non andò in porto a causa della recrudescenza della guerra. Catturato e imprigionato, Visconti si salvò dalla fucilazione soltanto grazie all'intervento dell'attrice Maria Denis (che racconterà quest'esperienza nel suo libro autobiografico di memorie, Il gioco della verità). Alla fine del conflitto collaborò alla realizzazione del pregevole documentario Giorni di gloria, diretto dal suo collaboratore Mario Serandrei, dedicato alla Resistenza e alla Liberazione.

Nello stesso tempo si dedicò all'allestimento di drammi in prosa con assolute prime rappresentazioni (rimase leggendaria la compagnia formata con Paolo Stoppa e Rina Morelli) e, negli anni cinquanta, anche alla regìa di melodrammi lirici, coronando di fatto un sogno antico e avendo inoltre l'opportunità di dirigere Maria Callas, nel 1955, con La Sonnambula e La Traviata.

Una scena de «La Terra Trema»
Una scena de «La Terra Trema»

Nel 1948 tornò dietro la macchina da presa realizzando un film polemico e crudo, che denunciava apertamente le condizioni sociali delle classi più povere, La terra trema, adattamento dal romanzo I Malavoglia di Giovanni Verga, di stampo quasi documentaristico e dalle bellissime immagini, ma di difficile comprensione per la fedele registrazione di uno strettissimo dialetto siciliano (nella fattispecie quello dei pescatori di Aci Trezza, vicino a Catania) che non incontrò i favori del pubblico neanche quando, nel 1950, vi fu una seconda edizione del film doppiata in lingua italiana. Una curiosità: nella storia del cinema nostrano, La terra trema è uno dei quattro film interamente parlati in dialetto e sottotitolati in italiano: gli altri sono L'albero degli zoccoli (1978) di Ermanno Olmi (nel caso specifico il dialetto è quello bergamasco) l'intellettualistico Giro di lune tra terra e mare (1997) di Giuseppe Gaudino, recitato in dialetto campano della zona flegrea con citazioni latine, e infine LaCapaGira (2001) di Alessandro Piva, parlato in dialetto barese.

Più accattivante per il grande pubblico fu il terzo lavoro, Bellissima (1951), scritto da Cesare Zavattini, che analizzava con una certa spietatezza il dietro le quinte del rutilante mondo cinematografico con una delle attrici simbolo del neorealismo italiano, Anna Magnani, qui insieme a un efficace Walter Chiari e con la partecipazione del regista Alessandro Blasetti,esaminatore dei provini, e del presentatore Corrado, qui nel ruolo di sé stesso. Con la Magnani l'anno successivo realizzò anche l'episodio omonimo del film Siamo Donne, tratto da un'altra idea del vulcanico Zavattini, quella di mostrare un episodio della vita privata di quattro attrici celebri (oltre alla Magnani, vi sono anche Alida Valli, Ingrid Bergman e Isa Miranda) unita ai provini di un concorso alla ricerca di volti nuovi femminili da lanciare al cinema indetto dalla casa di produzione Titanus (Quattro attrici, una speranza), riemerso di recente in DVD, che è anche l'unica occasione filmata rimasta per ammirare uno dei cavalli di battaglia teatrali della popolare attrice romana, il numero della Fioraia del Pincio.

Nel 1954 realizzò il suo primo film a colori, Senso, liberamente tratto da un racconto di Camillo Boito, che segnò una svolta nella sua arte, e che molti critici interpretarono come un tradimento del neorealismo. Grande affresco storico riletto in chiave critica nel contesto dell'analisi di un dramma privato, estremamente ricercato nella cura maniacale del dettaglio ambientale e scenografico (del quale viene considerato uno dei grandi maestri: soltanto Franco Zeffirelli, allievo dichiarato, lo seguirà nel suo esempio) questo film inaugurò una stagione viscontiana di pellicole complesse e affascinanti, di volta in volta cariche di violenza e tensione, dall'accoglienza sempre controversa da parte di critica e pubblico, e nelle quali è costante la presenza della dissoluzione umana, morale e fisica, che proseguirà in pratica fino alla fine della carriera. Nel caso di Senso il tema fu quello di una nobildonna veneta (Alida Valli) che si innamora perdutamente di un ufficiale dell'esercito austriaco (Farley Granger) nel periodo della disfatta di Custoza, la quale, trasformatasi involontariamente in delatrice, lo fa condannare alla fucilazione. Venne presentato, con grandi polemiche, alla Mostra del Cinema di Venezia, in una serata di premiazione piuttosto tumultuosa, nella quale il film di Visconti venne completamente ignorato dalla giuria, che preferì insignire del Leone d'Oro Renato Castellani con Giulietta e Romeo.

Nel 1957 vinse il Leone d'Argento sempre alla Mostra del Cinema di Venezia con un altro mirabile film, Le notti bianche, tenera e delicata storia d'amore ispirata al romanzo di Fedor Dostoevskij, superbamente interpretata da Marcello Mastroianni, da Maria Schell e da Jean Marais (con una partecipazione straordinaria di Clara Calamai) sapientemente fotografato in bianco e nero in un'atmosfera plumbea e nebbiosa, ambientato in un porto, ispirato a quello di Livorno, completamente ricostruito a Cinecittà.

Nel 1960 si aggiudicò il Premio Speciale della Giuria della Mostra del Cinema di Venezia per Rocco e i suoi fratelli, odissea di una famiglia di meridionali trapiantata per lavoro a Milano narrata con i toni della tragedia greca, che provocò grandi polemiche e scandali a causa di alcune scene estremamente crude e violente per l'epoca, tantoché la censura consigliò addirittura ai proiezionisti delle sale cinematografiche di "oscurare" con la mano protesa sull'obiettivo del proiettore le scene incriminate. L'anno seguente, insieme a Vittorio De Sica, Federico Fellini e Mario Monicelli realizzò un episodio, Il lavoro, del film Boccaccio '70, estremamente critico e polemico proprio nei confronti della commissione censoria che aveva tartassato il suo film precedente, firmandone anche la sceneggiatura insieme a Suso Cecchi D'Amico, con protagonisti Tomas Milian, Romy Schneider, Romolo Valli e Paolo Stoppa.

Nel 1962 mette finalmente d'accordo critica e pubblico con quello che rimane il suo successo più importante: Il Gattopardo, tratto dal romanzo omonimo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa e vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes. Interpretato da un cast stellare (tra gli altri Burt Lancaster e Claudia Cardinale), ambientato nel periodo dello sbarco dei garibaldini in Sicilia (l'impresa dei Mille), narra delle vicissitudini di un principe latifondista che è costretto ad accettare il nuovo connubio tra la declinante aristocrazia e la nuova borghesia, suggellato con un matrimonio che avrà il culmine nella celeberrima scena finale del ballo, che occupa l'ultima mezz'ora della pellicola, considerata unanimemente il punto massimo dell'arte viscontiana al cinema. Alberto Moravia nella recensione al film si spinge a dire che è il film di Visconti più puro, più equilibrato e più accurato.

«Il Gattopardo», B.Lancaster e C.Cardinale
«Il Gattopardo», B.Lancaster e C.Cardinale

Nel 1965 uscì il film Vaghe stelle dell'Orsa, storia di un incesto ispirata solo nel titolo al Leopardi e interpretato sempre da Claudia Cardinale, seguìto da La strega bruciata viva, un episodio del collettivo Le streghe (1966) e in quello che probabilmente fu il suo film più discusso e a detta di molti il meno riuscito, Lo straniero (1967) ispirato al libro di Albert Camus, nel quale tornò a dirigere Marcello Mastroianni.

Alla fine degli anni '60 Visconti, ispirandosi alle tematiche mitologiche e decadenti di Richard Wagner e Thomas Mann, iniziò il progetto di una tetralogia tedesca e dei quattro titoli previsti inizialmente ne realizzò tre. Il primo fu La caduta degli dei (1969), storia dell'ascesa e della conseguente caduta dei componenti di una famiglia proprietaria delle più importanti acciaierie tedesche con l'avvento del nazismo. Il secondo fu Morte a Venezia (1971), tratto dal lavoro omonimo di Mann, che esplora il tema di una bellezza ideale e irraggiungibile. Infine, il terzo fu Ludwig, uno dei film più lunghi della storia del cinema italiano (dura oltre 3 ore e 40 minuti nella sua versione integrale) che narra la storia dell'ultimo monarca della Baviera, Ludwig II°, trovato ucciso in circostanze misteriose nel fondo di un lago. La tetralogia avrebbe dovuto concludersi con la trasposizione cinematografica de La montagna incantata, sempre di Mann, dal quale aveva già tratto Morte a Venezia, però durante la lavorazione di Ludwig viene colto da un ictus cerebrale che lo lasciò paralizzato nella parte sinistra del corpo.

Nonostante le grandi difficoltà riesce a girare due ultimi film, di gusto visibilmente decadente. Sono Gruppo di famiglia in un interno, scopertamente autobiografico e di nuovo interpretato da Burt Lancaster, e il crepuscolare L'innocente tratto dal romanzo omonimo di Gabriele d'Annunzio, interpretato da Giancarlo Giannini e Laura Antonelli. Luchino Visconti muore nella primavera del 1976, colto da una forma grave di trombosi poco dopo aver visionato insieme ai suoi più stretti collaboratori il film nella prima forma del montaggio, della quale rimase insoddisfatto. Il film fu restituito al pubblico in quella veste, a parte alcune poche modifiche apportate dalla co - sceneggiatrice Suso Cecchi D'Amico sulla base di indicazioni del regista durante una discussione di lavoro. Poco dopo lo seguirà anche Rina Morelli, attrice che stimava moltissimo e con la quale aveva condiviso le grandi stagioni teatrali di prosa del dopoguerra immediato.

[modifica] Curiosità

Luchino Visconti è lo zio materno di donna Allegra Caracciolo dei Principi di Castagneto e di Melito, moglie di Umberto Agnelli.

[modifica] Filmografia

[modifica] Regista

[modifica] Aiuto regista

[modifica] Teatrografìa

[modifica] Regista del teatro di prosa

[modifica] Collaborazioni (teatro di prosa)

  • Carità mondana di Giannino Antona Traversi, messinscena (1936)
  • Il dolce aloe di Jay Mallory, messinscena (1936)
  • Il viaggio di Henry Bernstein, scena (non firmata) (1938)
  • Vita col padre di Howard Lindsay e Russel Crouse (da Clarence Day), supervisione (1947)
  • Festival di Age, Scarpelli, Dino Verde eVergani, supervisione, (1954)

[modifica] Regista opere liriche

[modifica] Balletti

  • Mario e il Mago, azione coreografica, (1956)
  • Maratona di danza, libretto (1957)

[modifica] Celebrazioni

Nel 2006 è stato realizzato in Italia un francobollo commemorativo del centenario della nascita di Luchino Visconti.

[modifica] Bibliografia

  • Alessandro Bencivenni: Luchino Visconti, Il Castoro, 1994. ISBN 8880330187
  • Viscontiana: Luchino Visconti e il melodramma verdiano, Milano: Edizioni Gabriele Mazzotta, 2001. ISBN 88-202-518-7

[modifica] Collegamenti esterni

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