Guerra medievale
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La guerra medievale è la guerra nel Medioevo europeo. Sviluppi tecnologici, culturali e sociali resero inevitabile una vistosa trasformazione nel carattere della guerra come veniva praticata nell'antichità, cambiando le tattiche ed il ruolo della cavalleria ed artiglieria. Simili schemi bellici esistevano in altri parti del mondo. In Cina attorno al XV secolo gli eserciti passarono da una struttura imperniata su masse di fanteria al modello di forze armate che avevano il proprio nerbo nella cavalleria, ad imitazione dei nomadi della steppa. Il Medio Oriente ed il Nord Africa usavano metodi ed equipaggiamenti simili a quelli europei, e si verificò un considerevole scambio di tecniche e di tattiche fra le due culture. È opinione piuttosto diffusa che il Medioevo in Giappone si sia protratto fino al XIX secolo. Analogamente in Africa - nel Sahel e nel Sudan stati come il regno di Sennar e l'impero Fulani impiegarono tattiche ed armi medievali per tutto l'Ottocento.
[modifica] Origini della guerra medievale
Forse la più importante novità tecnologica fu l'introduzione della staffa, che arrivò in Europa nell'VIII secolo, ma che era utilizzata anche anteriormente in Cina e Medio Oriente. La staffa, assieme all'allevamento dei cavalli consentì la nascita di una cavalleria più potente. I primi imperi, come quello romani, usavano combattenti montati, principalmente come esploratori o ausiliari. La staffa portò invece in primo piano la cavalleria, mettendo in condizione i cavalieri di imbracciare una lancia con efficacia e svolgere azioni di appoggio laterali in profondità, impiegando armi da getto. In Europa, il cavaliere armato con corazza pesante assunse un'importanza centrale. In Mongolia, gli arcieri a cavallo, armati "alla leggera", fecero altrettanto. In Cina e nel Medio Oriente, le forze principali rappresentavano una sorta di via di mezzo tra questi due estremi.
Molti considerano la battaglia di Adrianopoli, occorsa nel 378, come fine dell'impero romano ed inizio del Medioevo (quanto meno sotto il profilo squisitamente marziale, poiché in linea generale la data assunta convenzionalmente è più spesso il 476 con riferimento alla deposizione di Romolo Augustolo). Questo scontro dimostrò la superiorità della cavalleria sulle forze terrestri tradizionali, e ciò contribuì a marcare il carattere che la guerra medievale avrebbe mantenuto per parecchi secoli.
La guerra ebbe il suo cuore in piccoli quadri di cavalieri, unità elitarie e costosissime. Questo dato di fatto era al contempo effetto e causa dell'ordine sociale coevo. Essere un cavaliere comportava grande abilità e prolungato addestramento. Di conseguenza, al contrario di quanto avveniva negli antichi eserciti di cittadini, il mestiere delle armi rappresentava una professione a tempo pieno. Per ulteriore conseguenza, si radicava una netta divisione della società tra nobiltà e gente comune. La nobiltà feudale acquisì notevole potere in una fase in cui, com'è noto, lo stato centrale dimostrava tutta la propria debolezza. Diveniva al contempo sempre più difficile riunire forze numerose e ben organizzate quali erano le legioni romane. Piuttosto, il grosso degli armati era composto di contadini, arruolati forzosamente o di mercenari. In alcune regioni, come l'Inghilterra alto medievale e la Scandinavia o la Spagna pure nell'Alto medioevo, gli yeomen (termine inglese per designare il libero agricoltore che coltiva il proprio fondo) davano vita ad una fanteria relativamente ben equipaggiata.
Anche la fine - come il sorgere - del modo medievale di combattere fu determinato da cambiamenti tecnologici e sociali. Una reviviscenza del potere dei governi centrali avrebbe consentito l'affermazione di eserciti permanenti, o semi-permanenti, come ad esempio in Francia le compagnies d'ordonnance.
[modifica] Strategia e tattica
[modifica] Dispiegamento delle forze
Premessa metodologico-storiografica: è probabilmente un errore parlare di "eserciti medievali europei" nel periodo in esame, poiché l'Europa era assai differenziata culturalmente. La maggior parte delle regioni aveva caratteristiche affatto peculiari e non assimilabili ad altre. Gli studi inglesi ed americani al proposito sono stati decisamente concentrati sulle prassi belliche anglo-francesi, ma questa impostazione dottrinale ha evidentemente il vizio di confondere la parte con il tutto. Tanto premesso, esporremo comunque in sintesi i principali risultati di una tale elaborazione, che, malgrado il limite appena descritto, è in ogni caso di pieno rilievo.
Gli eserciti medievali anglo-francesi potevano essere divisi in tre sezioni chiamati "battaglie" o 'battaglioni' - l'avanguardia (o vaward), il centro (o 'battaglia principale') e la retroguardia. L'avanguardia era spesso composta di arcieri ed eventuali altri tiratori muniti di armi a lunga gittata, come frombole, pietre e - meno frequentemente - semplici catapulte leggere. Il centro si sostanziava di fanteria e cavalieri corazzati, mentre nella retroguardia operavano unità di cavalleria più agili.
L'ordine di marcia normale seguiva il senso dei rispettivi nomi: avanguardia, centro, retroguardia. Giunti sul teatro dello scontro, di regola le tre "battaglie" si disponevano sul terreno nello stesso ordine, da destra a sinistra. Tuttavia, quando gli eserciti crescevano divenendo sempre meno "maneggevoli", capitava sovente che i vari tronconi si disponessero sul campo semplicemente com'erano arrivati.
Ogni sezione si schierava o in linea o per blocchi. Una formazione lineare presentava il vantaggio che tutti i soldati potessero prender parte alla battaglia almeno una volta (specialmente quelli che disponevano di armi a lunga gittata, quali gli archi lunghi inglesi od altri tipi di archi). Però, una carica di cavalleria poteva facilmente disperdere una formazione in linea.
Per converso, una formazione a blocco era generalmente più robusta, ma avrebbe comportato un'entrata ritardata in combattimento per le file più arretrate (o addirittura ne avrebbe escluso la partecipazione, come successe ai francesi alla battaglia di Agincourt, avvenuta nel 1415). Le formazioni a blocco davano il vantaggio dell'"uomo di scorta" nel caso venissero colpiti i soldati di prima linea, ed erano spesso piuttosto dure da scompaginare, specie se l'esercito era ben addestrato.
La cavalleria poteva essere disposta in parecchi modi, secondo la situazione. Se un drappello di cavalieri era senz'altro efficace, una cavalleria a ranghi serrati, che opera a "lancia in resta", rappresentava una forza devastante. La formazione più comune era quella in linea: i cavalieri si sarebbero disposti in una lunga fila, di solito con la profondità di tre o quattro righe e poi avrebbero caricato. Ad ogni modo, un reparto di fanteria ben addestrato sarebbe riuscito a reggere un tale urto, così alcune unità impiegavano formazioni a cuneo. I cavalli sarebbero stati spiegati in un gran triangolo, che al centro avrebbe presentato la cavalleria più pesantemente corazzata. Quando il cuneo veniva a contatto con la linea dei fanti, il più delle volte sarebbe riuscito ad aprire una falla, consentendo agli attaccanti un successivo assalto di fanteria sul medesimo punto, che avrebbe messo in rotta le forze restanti.
Per contrastare il predominio della cavalleria sul campo di battaglia, l'espediente più diffuso era l'uso di picche, ossia aste acuminate che talora superavano i sei metri di lunghezza. Quando la cavalleria caricava, i picchieri si sarebbero disposti in quadrato o a cerchio, il che impediva ai cavalli di penetrare troppo a fondo nelle linee dei fanti, poiché è intuitivo che gli animali non si sarebbero buttati a cuor leggero su un muro di spiedi. Con la protezione - ai fianchi e sul retro - di un congruo blocco di picche, gli eserciti potevano muovere su posizioni efficaci senza subire minacce.
Un altro metodo, tipico degli inglesi, consisteva nell'impiego massivo di arcieri. L'arco lungo inglese (il longbow), che abbiamo già nominato, era un'arma veramente micidiale in mano ad esperto tiratore, e i britannici scoprirono che - quando erano tempestati da migliaia di arcieri che tiravano all'unisono - ben pochi eserciti avversari erano in grado di sferrare un assalto frontale sostenuto da cavalleria o fanteria leggera. Durante la Guerra dei cent'anni, diversi cavalieri francesi riferirono di aver visto "il giorno trasformarsi in notte a causa della nuvola di frecce che piovevano dal cielo". Dopo parecchie salve contro le linee nemiche, la fanteria e la cavalleria inglesi avrebbero assestato il colpo di grazia agli antagonisti stravolti dall'"azione di fuoco" (usando, s'intende, per metafora un'espressione moderna).
[modifica] Impiego delle forze
Il livello di esperienza e di abilità tattica degli eserciti medievali variava ampiamente, nel tempo e nello spazio. Per le battaglie maggiori, la programmazione ante pugnam tipicamente si sostanziava di un consiglio di guerra fra i comandanti, che poteva risolversi tanto nell'esposizione di un piano, quanto in un chiassoso dibattito tra i diversi capi, a seconda di quanta autorevolezza possedeva il generale. Le comunicazioni campali prima dell'avvento dei mezzi tecnologici odierni erano ovviamente ardue. Prima che fossero disponibili telefoni e radio, i messaggi hanno viaggiato per millenni attraverso segnali musicali, comandi udibili, messaggeri, o segnali visivi (stendardi, orifiamma, striscioni, bandiere e così via).
La fanteria, tiratori compresi, di regola veniva impiegata tipicamente in apertura della battaglia, per scompaginare le formazioni dei fanti avversi, mentre la cavalleria avrebbe tentato di sconfiggere la propria controparte corrispondente. Quando uno dei contendenti avesse conquistato la superiorità nella cavalleria (o l'avesse posseduta fin dal principio) avrebbe tentato di sfruttare la perdita di coesione, conseguente alla mischia tra fanterie, nella fanteria avversaria per assalirla con l'intento di metterla in rotta. Non era una faccenda semplice, ma anzi richiedeva un'attenta scelta di tempo, giacché una fanteria ordinatamente disposta spesso poteva avere la meglio sugli attaccanti montati. Puri scontri tra fanterie erano affari lunghi da risolvere.
I cannoni ebbero il loro battesimo del fuoco nel tardo medioevo. Tuttavia, la loro cadenza di tiro assai modesta (spesso un solo colpo per un'intera battaglia), per giunta accompagnata dall'imprecisione, ne fece soprattutto un moltiplicatore di forza psicologico, più che una valida arma anti-uomo.
Successivamente nella storia del fenomeno che consideriamo, una volta che si diffusero i cannoni "a mano", la cadenza di tiro venne solo leggermente migliorata, ma i cannoni divennero molto più facili da puntare, in gran parte a causa delle dimensioni più ridotte e del fatto che rimanevano più vicini a chi li impugnava. Gli operatori potevano facilmente essere protetti, perché i cannoni erano più leggeri e potevano essere spostati con rapidità di gran lunga superiore. Ad ogni modo, un' artiglieria campale degna di questo nome e realmente efficace non apparve, e tanto meno si diffuse, prima dell'esordio dell'età moderna.
[modifica] Ritirata
È un dato di fatto, nella guerra medievale, che una ritirata precipitosa poteva causare un numero di caduti ampiamente superiore a quello derivante da un ripiegamento ordinato. Quando la parte soccombente iniziava a ritirarsi, la celere cavalleria che faceva parte della retroguardia del vincitore avrebbe intercettato il nemico in fuga, mentre la fanteria avrebbe proseguito nel proprio attacco. Nella maggior parte delle battaglie medievali, accadeva che morissero più soldati in fase di ritirata che durante il combattimento vero e proprio, poiché i cavalieri riuscivano presto e facilmente ad eliminare fanti "comuni" ed arcieri non più protetti da quel dispositivo di picchieri che avevamo descritto poc'anzi.
[modifica] Fortificazioni
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Per approfondire, vedi le voci Assedio e Assedio scientifico. |
Il disfacimento degli stati centralizzati determinò il sorgere di vari gruppi dediti vieppiù alla scorreria su larga scala quale fonte di sostentamento. In ciò si distinsero particolarmente i vichinghi (ma non furono da meno arabi, mongoli e magiari). Poiché si trattava normalmente di gruppi piccoli, che avevano l'esigenza di spostarsi velocemente, costruire fortificazioni si rivelò una scelta idonea a garantire rifugio e protezione alle persone, così come il benessere materiale della regione che provvedeva in tal senso.
Vi fu un'evoluzione di questi manufatti nel corso del Medioevo, fino a consacrare quale struttura paradigmatica del genere il castello, parola che nell'immaginazione di molti rappresenta un istintivo sinonimo dell'epoca considerata. Il castello fungeva da luogo protetto per le elite locali. Al suo interno, erano irraggiungibili dalle bande di predoni, e potevano anzi inviare cavalieri a scacciare i predoni dall'area, od a frustrare gli sforzi, condotti da più numerosi eserciti, di rifornirsi depredando la regione. Ciò era reso possibile da quella superiorità locale - sui "cercatori di provviste" - che (in assenza del castello) non si sarebbe potuta vantare sull'intera schiera ostile.
Le fortificazioni avevano una gran copia di vantaggi. Offrivano riparo nei confronti di eserciti troppo grossi per affrontarli in campo aperto. La capacità della cavalleria pesante di dominare la scena della battaglia era inutile contro le fortificazioni. Costruire macchine d'assedio richiedeva molto tempo, e di rado poteva portare qualche frutto in assenza di un'idonea attività preparatoria. Molti assedi potevano sver bisogno di mesi, se non di anni, prima di ottenere l'effetto di indebolire o demoralizzare a sufficienza i difensori. Le fortificazioni costituivano un ottimo mezzo per impedire che le elite fossero facilmente "sfrattate" dalle proprie terre - come ebbe a commentare un nobile francese, osservando (al sicuro nel proprio castello) le truppe avversarie fare scempio delle sue terre, "non possono portare le terre con sé".
[modifica] Tecniche dell'assedio medievale
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Per approfondire, vedi la voce Armi da assedio medioevali. |
Nell'epoca in esame gli assedianti utilizzavano un ampio ventaglio di macchine d'assedio: scale a pioli, arieti, torri d'assedio e vari tipi di catapulta, quali il mangano, l'onagro, la ballista ed il trabucco. Fra queste tecniche andavano annoverate anche le pratiche di scavo.
I progressi nella conduzione degli assedi incoraggiarono lo sviluppo di una serie di contromisure. In particolare, le fortificazioni medievali divennero sempre più solide - ad esempio, ai tempi delle Crociate, comparve il castello concentrico - e sempre più insidiose per gli attaccanti - come testimonia il crescente uso di trabocchetti, botole, oltre a dispositivi per il getto di olio bollente, piombo fuso o sabbia arroventata. feritoie, porte segrete per le sortite, e profondi alvei di corsi d'acqua erano ugualmente essenziali per resistere agli assedi a quei tempi. I progettisti dei castelli prestavano particolare attenzione alla difesa delle entrate, proteggendo le porte con ponti levatoi, grate scorrevoli e barbacani. Pelli di animali umide erano spesso stese sopra le porte per ritardare gli incendi. Fossati ed altre difese idrauliche, sia naturali, sia modificate ad arte, erano altrettanto indispensabili per i difensori.
Nel Medioevo europeo, virtualmente ogni grande città aveva le sue mura - Ragusa (Dubrovnik) in Dalmazia ne è un suggestivo e ben conservato esempio - e le città più importanti avevano cittadelle, forti o castelli. Si facevano grandi sforzi per garantire un'adeguata scorta d'acqua in caso d'assedio. Talora venivano scavate lunghe gallerie sotterranee per portare acqua alla città. In città medievali quali Tábor in Boemia, venivano impiegati complessi sistemi di tali gallerie sia per l'immagazzinamento, sia per le comunicazioni. Contro tali difese, a volte gli assedianti facevano ricorso alla maestria nell'escavazione di squadre di zappatori ben addestrati.
Fino all'invenzione della polvere da sparo (e la conseguente maggior velocità che veniva impressa ai proiettili dalle relative nuove armi), il rapporto di forze - anche sul piano meramente logistico - pendeva nettamente a favore degli assediati. Dopo detta invenzione, i tradizionali metodi di difesa si rivelarono sempre meno efficaci nei confronti di un assediante risoluto.
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Per approfondire, vedi le voci Fortificazione alla moderna e Guerra con la polvere da sparo. |
[modifica] Organizzazione
[modifica] Cavalieri
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Per approfondire, vedi la voce Ordini_religiosi_cavallereschi. |
Un cavaliere medievale, di norma, era un soldato "montato" e munito di armatura, spesso collegato alla nobiltà se non addirittura alla casa reale, sebbene (specie nel nord-est europeo) i cavalieri potessero essere uomini di estrazione sociale alquanto umile, e perfino "non liberi". Il costo delle loro armature, dei cavalli ed armi, era ingente. Ciò, assieme ad altre cause, contribuì a trasformare il cavaliere (almeno nell'Europa occidentale), in una classe sociale distinta dagli altri guerrieri. Durante le Crociate, sacri ordini di cavalieri combatterono in Terra Santa (si vedano le voci: Templari, Ospedalieri e così via).
[modifica] Cavalleria pesante
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Per approfondire, vedi la voce Cavalleria. |
La cavalleria pesante, armata con spade e lance, giocava una parte di spicco nelle battaglie medievali. Reparti di tale tipo venivano spesso impiegati per caricare le formazioni nemiche.
[modifica] Fanteria
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Per approfondire, vedi la voce Fanteria. |
Il ruolo della fanteria è stato ignorato nel passato da scrittori che rivolgevano la propria attenzione soltanto alla figura dei cavalieri, ed alla connessa cavalleria pesante. La fanteria era reclutata ed addestrata in un'ampia varietà di modi nelle diverse regioni europee e/o nei vari periodi che assieme compongono il Medioevo (un arco di circa mille anni); ad ogni modo, i fanti hanno probabilmente sempre costituito il grosso di un esercito medievale da campagna. Era normale, nelle guerre che si protraevano a lungo, l'impiego di fanti mercenari. Per lo piu', gli eserciti annoveravano rilevanti aliquote di picchieri, arcieri ed altri soldati appiedati. Negli assedi, che forse erano la fase più comune della guerra medievale, le unità di fanteria trovavano impiego come componenti delle guarnigioni ed arcieri, oltre ad altre posizioni.
[modifica] Il reclutamento o leva dei soldati
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Per approfondire, vedi la voce Servizio di leva. |
Nell'Alto Medioevo era dovere morale e cavalleresco di ciascun nobile rispondere al richiamo bellico fornendo "di tasca propria" uomini e mezzi, arcieri e fanteria, oltre, naturalmente, alla propria personale e valorosa partecipazione alla guerra. Un tale sistema decentrato era reso necessario dall'ordine sociale di quel tempo, ma produceva forze eterogenee per addestramento, equipaggiamento ed attitudine militare: un ritratto grottesco, ma non lontano dal vero, di questi frangenti si può rinvenire nel film italiano L'Armata Brancaleone, un titolo destinato a divenire proverbiale anche nel linguaggio comune.
Al crescere del potere dei governi centralizzati, si verificò una reviviscenza degli eserciti di cittadini che avevamo conosciuto nel periodo classico, ed al contempo la coscrizione esercitata nella classe agraria si palesò quale strumento di centrale importanza nell'organizzazione bellica. L'Inghilterra era uno degli stati medievali più centralizzati, e gli eserciti che essa schierò nella Guerra dei Cent'anni erano per lo più composti di professionisti che percepivano una retribuzione. In teoria, ogni inglese doveva prestare servizio in armi per almeno quaranta giorni. Quaranta giorni non erano un periodo di tempo sufficiente per una campagna, specie se essa si svolgeva "sul continente" (ossia fuori dalle isole britanniche). Pertanto venne introdotto (XII secolo) lo scutage (che traeva il suo nome dal latino scutum, lo scudo dei cavalieri) istituto per cui molti inglesi pagavano per sottrarsi al loro marziale dovere: anche in virtù di quel denaro nacque l'esercito permanente inglese.
Nel corso del Medioevo, le zone più agiate dell'Europa, specie l'Italia, iniziarono ad affidarsi soprattutto ai mercenari per le loro guerre. Si trattava di gruppi di soldati di mestiere, destinati a ricevere una paga prefissata (il soldo, da cui l'etimologia stessa di "soldato"). I mercenari di solito erano soldati efficaci fin tanto che durava il loro morale, ma - al contrario - sarebbero stati pronti a sbandarsi e fuggire nel momento in cui paresse loro che la partita fosse perduta. Questo era un argomento per ritenerli senz'altro meno affidabili di un esercito permanente. I combattimenti che opponevano mercenari su ciascuna sponda (fondandosi più sulla "simbolicità" delle manovre che sulla fisicità del cozzo) portavano peraltro a campagne relativamente povere quanto a spargimento di sangue.
I cavalieri erano indotti alla battaglia da obblighi sociali e feudali, come abbiamo già detto, ma anche dalla prospettiva di profitto e di ascesa nella gerarchia della stratificazione. Difatti, chi, tra loro, recitava bene la propria parte sul campo aveva buone probabilità di aumentare i propri possedimenti e/o accrescere il proprio rango. Non andava neppure trascurato il potenziale vantaggio acquisibile dal saccheggio e dalla prassi di chiedere un riscatto per rilasciare i prigionieri nemici. Per i cavalieri la guerra medievale era, tutto sommato, un affare a basso rischio. Vi erano molte buone ragioni per cui i nobili evitavano di ammazzarsi reciprocamente: sovente erano imparentati, avevano precedentemente combattuto dalla stessa parte ed erano in ogni caso membri di una medesima elite culturale. A ciò si aggiunga che il riscatto da pagare/incassare poteva essere una somma ingente. Perfino i bifolchi, che ovviamente non vantavano vincoli di affinità o cultura, difficilmente si sarebbero macchiati le mani con il sangue di un nobile, preferendo piuttosto lucrare sul riscatto, sulla spoliazione di un pregiato cavallo, dell'armatura e degli altri preziosi "accessori" dell'alto lignaggio.
[modifica] Equipaggiamento
[modifica] Dotazione individuale per:
[modifica] Armi
- Arco
- Longbow
- Balestra
- Picca
- Lancia
- Scudo
- Daga
- Spada
- Ascia
- Piccozza da cavalleria
- Mazza ferrata
- Martello
- Spadone
[modifica] Rifornimenti e logistica
Secondo un famoso modo di dire di Napoleone, un esercito marcia sul suo stomaco, ed è un tallone d'Achille che ha segnato tutte le campagne militari della storia. In seguito alla caduta dell'Impero Romano d'Occidente, la logistica è divenuta una scienza di cui gli strateghi europei medievali avevano ben poca comprensione. Mentre le piazzaforti, quali i castelli, erano attentamente rifornite, gli eserciti in campagna non sapevano o non volevano approvvigionarsi razionalmente ed in via preventiva. Di conseguenza, gli eserciti medievali facevano ricorso ai metodi logistici che esporremo di seguito.
[modifica] Saccheggio e foraggiamento
Il metodo consueto di risovere i problemi logistici medievali era foraggiarsi, ovvero "far fruttare la terra". Posto che le campagne medievali erano spesso coordinate al servizio di aree ben popolate d'insediamento umano, un esercito in viaggio avrebbe forzosamente requisito tutte le risorse disponibili sui territori attraversati, dal cibo alle materie prime ed agli equipaggiamenti. Far fruttare la terra non è molto facile quando non vi è cibo pronto da mangiare, ragion per cui esisteva, almeno in teoria, una canonica "stagione di campagna", volta a condurre la guerra in un tempo prevedibile, quando cioè vi sarebbero stati sia cibo sul terreno sia condizioni metereologiche relativamente buone. Questa stagione andava dalla primavera all'autunno, poiché per l'inizio della primavera tutti i prodotti agricoli sarebbero stati messi a dimora, lasciando in tal modo i maschi liberi per la guerra fino al tempo del raccolto, ad autunno avanzato.
Il saccheggio di per sé era spesso l'obiettivo di una campagna militare, sia per pagare i mercenari, sia per catturare risorse, ridurre la capacità bellica del nemico, oppure come calcolato affronto al governo avversario. Esempi del genere sono gli attacchi vichinghi attraverso l'Europa, o le chevauchées estremamente distruttive condotte dagli inglesi nella Francia settentrionale nel corso della Guerra dei Cent'anni (1337 - 1453).
[modifica] Catena di rifornimento
Quando un esercito faceva propriamente la scelta, o vi era costretto, di portare con sé i rifornimenti, si istituiva una catena di rifornimento o coda logistica, da un territorio amico all'esercito stesso. La catena di rifornimento dipendeva dal controllo sulle strade (in Europa soprattutto le vecchie strade romane), o su vie d'acqua navigabili come fiumi, canali o mari.
Proprio il trasporto via acqua era la soluzione logistica preferita, difatti il trasferimento massiccio di materiali via terra non sarà destinato a pratici sviluppi sino all'invenzione della ferrovia (1804) e del motore a combustione interna (1823).
Durante l'invasione del Levante (1189-1192), Riccardo I d'Inghilterra fu costretto a rifornire il suo esercito come se fosse stato in marcia attraverso un territorio deserto e sterile. Effettivamente, in quel frangente fece spostare costantemente le truppe lungo la costa, per ottenere rifornimento dalla propria flotta navale. Analogamente, le campagne romane nell'Europa centrale erano spesso imperniate sul controllo dei fiumi Reno e Danubio sia come ostacoli naturali, sia come vie di comunicazione.
L'equivalente terrestre era costituito dalle carovane merci, che spesso costituivano un aspetto problematico della faccenda. Infatti, le salmerie costringevano gli eserciti a spostamenti più lenti, e relativamente meno protetti. Gli attacchi ai carriaggi avversari - pensiamo, ad esempio, alla già ricordata battaglia di Agincourt, immortalata dal dramma storico Enrico V di William Shakespeare - potevano paralizzarne definitivamente l'efficienza operativa. Poiché la carovana delle salmerie era sprovvista di scorta, attacchi del genere erano considerati sleali. Ciò nonostante, il convoglio logistico di un nemico allo sbando era spesso avidamente saccheggiato dai vincitori.
[modifica] Carestia e malattie
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Per approfondire, vedi la voce Armi, acciaio e malattie. |
L'insuccesso della logistica si traduceva sovente in carestia e malattie per un esercito medievale, con ovvi riflessi sul morale delle truppe. Frequentemente l'assediante pativa la fame mentre aspettava che l'assediato capitolasse per la stessa ragione; viceversa, era l'assediante, a quel punto, che si sbandava, naturalmente desistendo dall'assedio intrapreso. epidemie di vaiolo, colera, tifo e dissenteria si diffondevano comunemente negli eserciti medievali, specie se mal riforniti e/o in condizioni di ozio. Un famoso esempio: nel 1347 la peste bubbonica esplose tra l'esercito mongolo intento all'assedio delle mura di Caffa (o Teodosia che dir si voglia) in Crimea, ed il morbo in seguito si diffuse in tutta Europa, tristemente ricordato come Morte nera.
Per gli abitanti di un luogo conteso, era abbastanza normale patire la fame nei periodi prolungati di guerra, per tre ragioni.
- Gli eserciti alla ricerca di cibo divoravano tutte le scorte che trovavano, decimandole od annientandole del tutto.
- Per di più, i percorsi terrestri seguiti dagli eserciti in movimento devastavano i terreni seminati, vanificando ogni speranza di successivo raccolto.
- Da ultimo, la manodopera agricola era particolarmente falcidiata dai combattimenti, e questo aggiungeva ulteriore difficoltà all'ipotesi di poter recuperare le perdite subite.
[modifica] Guerra navale
Nel Mediterraneo, la guerra navale continuò ad assomigliare a quella praticata nell'età precedente: flotte di galee propulse da rematori schiavi avrebbero tentato di speronarsi reciprocamente, o di eseguire un abbordaggio per consentire ai "marines" del tempo di combattere sul ponte del vascello antagonista. Questo stile di combattimento continuerà fino al principio dell'età moderna, come si può facilmente riscontrare nel caso della battaglia di Lepanto (1571). Tra gli ammiragli più celebri del periodo in esame, ricorderemo Andrea Doria, Khair ed-Din e Don Giovanni d'Austria.
Ad ogni modo, le galee erano fragili e difficili da usare nei freddi e turbolenti Mare del Nord e Atlantico settentrionale, benché se ne sia registrato qualche sporadico uso. Furono sviluppate navi più larghe, principalmente propulse a vela, sebbene le lunghe navi a bassa linea di galleggiamento di tipo vichingo, con rilevante apporto dei rematori, siano rimaste in uso fino al XV secolo. Lo speronamento era poco pratico con queste navi a vela, ma il principale scopo di tali navi da guerra restava il trasporto dei soldati per l'abbordaggio (si vedano gli esempi della battaglia di Svolder e della battaglia di Sluys). Le navi da guerra di questo periodo ricordavano, sul piano costruttivo, le fortezze terrestri. Le pesanti sovrastrutture che le caratterizzavano le rendevano anche piuttosto instabili, ma poiché in uno scontro diretto erano generalmente superiori alle già ricordate navi "a basso bordo", il modello della nave-fortezza fu destinato a prevalere a partire dal XV secolo.
Nel medioevo, si dimostrò difficile montare i cannoni a bordo di una nave da guerra, anche se alcuni furono collocati sui ponti di prua o di poppa. Vennero impiegati piccoli "cannoni" (se così si potevano chiamare) da tenere in mano e adatti all'uso anti-uomo. I cannoni veri e propri, montati sui ponti in prosieguo, compromettevano la stabilità del vascello. Si tenga anche presente che i cannoni del tempo peccavano di bassa frequenza di tiro e di imprecisione.
Ma tutto questo era destinato a cambiare alla fine del medioevo. Il sabordo fu inventato alla fine del XVI secolo da un carpentiere navale di Brest (Francia), un certo Descharges. L'inserimento di un'apertura (di norma rettangolare) nel fianco della nave, con un coperchio incernierato in alto (basculante), permise la creazione di un ponte per le bocche da fuoco, sottostante al ponte principale. Il peso dei cannoni distribuito su ponti più bassi aumentò immensamente la stabilità della nave, ed una fila di cannoni così disposti era pertanto in grado di produrre la bordata, in cui l'ampiezza del fronte di tiro suppliva alla relativa imprecisione delle artiglierie del tempo. Come esempio, si prenda la "Mary Rose", nave ammiraglia della flotta di Enrico VIII d'Inghilterra: aveva trenta cannoni per fianco, ed ognuno era in grado di sparare palle da almeno 4,5 kg.
Gli spagnoli accolsero il concetto creando il galeone.
[modifica] L'equilibrio sovvertito: la fanteria prende il sopravvento sulla cavalleria
Nel Medioevo, il guerriero montato ebbe a lungo il predominio. Il cavaliere - tipicamente munito di pesante armatura, ben motivato ed in sella a cavalli allevati specificamente per la guerra - rappresentava una forza soverchiante, piuttosto che un semplice "competitore" per il contadino arruolato a forza, o per l'"uomo libero" (l'agricoltore era spesso servo della gleba) armato alla leggera, che fossero abbastanza sfortunati da trovarsi sulla strada del cavaliere stesso. Solo le classi nobili potevano permettersi la spesa dell'attrezzatura cavalleresca, e la supremazia del combattente a cavallo fu in gran parte causa ed effetto della gerarchia sociale medievale.
Ma il vento del cambiamento si era già levato. Tatticamente vi erano solo due strade che consentissero alla fanteria di sconfiggere la cavalleria in una battaglia diretta: la potenza di fuoco e la massa. Come abbiamo già detto, la potenza di fuoco poteva essere ottenuta con il lancio di proiettili, laddove la massa consisteva di falangi di uomini ristretti in ranghi serrati.
Entrambe le soluzioni erano "roba vecchia", tecniche ben note dai tempi antichi. I romani usavano anche truppe addette alle armi da lancio, ma il nerbo consisteva nelle legioni, che tentavano di respingere le cariche a cavallo formando dei quadrati vuoti, il cui perimetro era irto di giavellotti (pilum, in latino). Gli strateghi asiatici puntavano maggiormente sulla potenza di fuoco, schierando reggimenti di arcieri per scongiurare la minaccia che proveniva dalla cavalleria avversa. Alessandro Magno combinò i due metodi nei suoi scontri contro gli "sciami" di cavalieri asiatici, schermando il nerbo centrale di fanti con frombolieri, arcieri e lanciatori di giavellotti, prima di scatenare la sua cavalleria alla ricerca degli attaccanti. E pertanto furono proprio le fanterie europee a sovvertire, da ultimo, l'equilibrio delle forze sul campo, a sfavore della cavalleria. Vi sono parecchi esempi in proposito, ma qui discuteremo i più sorprendenti: i picchieri svizzeri e gli arcieri (tiratori di longbow) inglesi.
[modifica] Maestri della massa: i picchieri svizzeri
L'uso di lunghe picche e di schieramenti molto compatti di fanteria non era raro nel Medioevo. Ad esempio, i fanti fiamminghi alla battaglia di Courtrai (Belgio) affrontarono vittoriosamente gli orgogliosi cavalieri francesi intorno al 1302, e gli irriducibili scozzesi tennero testa ai loro invasori inglesi (battaglia di Stirling, 1297). Parimenti, nello sbarco di Damietta (Egitto) nel corso della crociata di San Luigi (1249), cavalieri francesi (momentaneamente) appiedati formarono un'impenetrabile falange di lance e scudi per respingere la cavalleria egiziana e spostarono detta falange allo scopo di coprire successivi sbarchi, prima di tornare in sella alle proprie cavalcature approdate all'asciutto. Identica tattica viene descritta nelle fonti norrene quanto meno a partire dal XII secolo. Tuttavia, il merito di aver istituzionalizzato la tattica della picca nel Tardo Medioevo viene spesso attribuito agli svizzeri.
[modifica] Morale e motivazione
Gli svizzeri formavano milizie nell'ambito di un medesimo cantone [1] o di una stessa città, e queste compagini erano in grado di alimentare un esprit du corps che si perpetuava nelle compagnie di ventura. Questo, di per sé, non rappresentava una novità.
[modifica] Mobilità
Risulta da documenti storici che gli svizzeri, marciatori coriacei, riuscissero talora a tenere il passo della cavalleria, sia pure nel terreno circoscritto delle regioni alpine. Una tale mobilità è sorprendente, anche se non priva di analogie con le prestazioni di altri fanti, ma gli svizzeri si distinguevano particolarmente per questa attitudine. Vi sono resoconti di operazioni romane contro i barbari germani che descrivono fanti nemici trotterellare a fianco della cavalleria, a volte riposandosi le mani sui cavalli usati come sostegno. L'esercito inglese di Enrico V, durante la campagna di Agincourt tentò (peraltro senza successo) di eludere le forze francesi, marciando da 60 a 90 kilometri al giorno seguendo uno schema tortuoso allo scopo di sottrarsi alla presa dei francesi. Secoli più tardi, i celebri impi, guerrieri zulu in Africa meridionale, segnarono un risultato epocale, raggiungendo - si dice - una sensazionale cadenza di marcia di 75 km giornalieri.
[modifica] Armi ed equipaggiamenti
Gli svizzeri per lo più vestivano la stessa corazza ed usavano le stesse armi di qualunque altra forza di fanteria pesante del tempo. Tuttavia, la loro esperienza permetteva loro di servirsi di tali mezzi con grande efficacia.
[modifica] Manovra e formazioni
In numerose battaglie antecedenti all'affermarsi degli svizzeri, era piuttosto comune che i picchieri si radunassero ed attendessero l'attacco della cavalleria nemica. L'utilità di una tale scelta varia molto con le circostanze. Se può infatti risultare vantaggiosa quando la falange occupa una posizione forte, favorita dalle caratteristiche del terreno, tuttavia presenta la contropartita di concedere maggiore iniziativa agli attaccanti. Per esempio, nella battaglia di Falkirk (1298), i picchieri scozzesi, che pure avevano riportato parecchie vittorie iniziali, fronteggiarono energicamente la cavalleria nemica, ma furono colti in una posizione statica; subirono la disfatta, ironicamente, proprio per opera di quello che sarà il secondo pilastro della nascente egemonia del fante: l'arco lungo (o longbow, secondo la denominazione britannica). Gli svizzeri migliorarono la tattica dei picchieri aggiungendo formazioni flessibili e manovre aggressive.
Una tipica formazione di picchieri svizzeri era disposta su tre sezioni di colonne. Gli svizzeri erano particolarmente flessibili: ciascuna sezione poteva operare in autonomia, o al contrario combinarsi con le altre per darsi reciproco sostegno. Potevano formare un quadrato vuoto per svolgere una difesa verso ogni direzione esterna. Potevano avanzare formando una sorta di "scaletta", o produrre un assalto disponendosi a triangolo, creando un effetto cuneo. Potevano costruire attacchi dalle ali dello schieramento - con una colonna che "fissava" [2] l'avversario al centro, mentre un'altra aliquota di svizzeri batte i fianchi della schiera nemica disponendosi "a scaletta". Potevano radunarsi in profondità in una posizione naturalmente forte, come una collina. Quel che più risultava sconcertante per i nemici, era il fatto che gli svizzeri attaccavano e manovravano aggressivamente. Non se ne stavano ad aspettare i cavalieri che attaccassero, ma prendevano loro stessi l'iniziativa, obbligando il nemico a rispondere alle loro mosse. Era una formula che li avrebbe condotti a numerosi successi sul campo.
[modifica] Efficacia degli svizzeri
Essi ottennero una serie di strepitose vittorie in tutta Europa, di cui ricordemo quanto meno: Morgarten, Laupen, Sempach, e Granson. In alcuni scontri la falange svizzera comprendeva anche un certo numero di balestrieri, fornendo alla formazione un potere di arresto per mezzo di proiettili (nella specie, parliamo di dardi o più specificamente verrettoni propulsi dalla balestra). Il grado di efficacia degli svizzeri, negli anni tra il 1450 ed il 1550, era talmente alto che i più importanti principi europei erano indotti ad assoldare i picchieri svizzeri o a copiarne tattica ed armi (un buon esempio è fornitp in proposito dai lanzichenecchi tedeschi).
[modifica] Maestri della potenza di fuoco: gli arcieri inglesi (longbow)
L'arco lungo inglese portò un'efficienza operativa nuova nei campi di battaglia europei, sino ad allora ampiamente priva di precedenti per le armi da getto tradizionali. Ma era innovativo anche il tipo di arco usato. Laddove gli asiatici si avvalevano di archi "compositi" (multi-pezzo e multi-materiale), gli inglesi facevano affidamento sul longbow, costistente di un unico pezzo [3], che proiettava un'acuminata "testata", assolutamente rispettabile quanto a gittata e forza d'urto, idonea a penetrare simultaneamente la piastra dell'armatura ed anche la sottostante maglia (di ferro, s'intende).
[modifica] Tiratori di longbow ed arcieri normali
Nelle Isole Britanniche, gli archi erano noti dai tempi remoti, ma fu tra i gallesi tribali che l'efficienza nel relativo uso e costruzione divenne altamente sviluppata. Grazie agli archi di cui disponevano, i gallesi imposero un elevato tributo di sangue agli inglesi che invadevano la loro terra. Anche se adattato dagli inglesi, il longbow restò in ogni caso un'arma difficile da padroneggiare, ed anzi richiedeva anni di uso ed esercizio per ottenere risultati soddisfacenti. Perfino la costruzione di tale arco era di lunga durata: talvolta erano necessari fino a quattro anni di stagionatura delle "doghe" prima che esse fossero preparate e foggiate per l'impiego finale.
[modifica] Bibliografia particolare sulla sezione (in inglese)
- Technology and War: From 2000 BC to Present, 1989, Martin Van Creveld
- The Military Revolution: Military innovation and the Rise of The West, 1988, Geoffrey Parker
[modifica] Voci correlate
[modifica] Note
- ↑ Il testo inglese da cui è in massima parte tratta questa voce contiene il vocabolo canons, che tuttavia è stato ritenuto un refuso abbastanza palese, ed è stato pertanto inteso come cantons .
- ↑ Nel gergo militare, questa espressione si usa nel senso di impegnare il nemico con azioni di fuoco, od in altro modo, per impedirgli di fatto la libertà di manovra.
- ↑ Facciamo ovviamente astrazione dalla cosiddetta "corda" dell' arco.
[modifica] Bibliografia generale sull'argomento (in inglese)
- Contamine, Philippe. War in the Middle Ages. Oxford: Basil Blackwell, 1984.
- Keegan, John. The face of battle : a study of Agincourt, Waterloo, and the Somme. London : Barrie & Jenkins, 1988.
- Keen, Maurice. Medieval Warfare: A History. Oxford University Press, 1999.
- McNeill, William Hardy. The pursuit of power : technology, armed force, and society since A.D. 1000. Chicago: University of Chicago Press, 1982.
- Nicholson, Helen. Medieval Warfare. New York: Palgrave Macmillan, 2004,
- Oman, Charles William Chadwick. A history of the art of war in the Middle Ages. London: Greenhill Books ; Mechanicsburg, Pennsylvania: Stackpole Books, 1998.
- Kosztolnyik, Z.J. Hungary in the thirteenth century. New York: Columbia University Press: Stackpole Books, 1996.
[modifica] Collegamenti esterni (in inglese)
(Occorre dire che il sito predetto contiene pure svariati contibuti in italiano)
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