Teresa di Lisieux
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Santa Teresa di Lisieux | |
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Data di nascita |
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Data di morte |
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Nome secolare |
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Nome da religiosa | Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo |
Ordine Religioso | Ordine dei Carmelitani |
Beatificazione | 1923 |
Canonizzazione | 1925 |
Dottore della Chiesa | 1997 |
Festa | 1 ottobre |
Teresa di Lisieux, al secolo Thérèse Françoise Marie Martin, (Alençon, 2 gennaio 1873 - Lisieux, 30 settembre 1897), fu una monaca e mistica cattolica francese del monastero carmelitano di Lisieux.
È venerata come santa dalla Chiesa cattolica nota anche come Santa Teresa del Bambin Gesù e del Santo Volto in base al nome da lei assunto al momento della professione dei voti.
Un anno dopo la sua morte nel 1898 vengono pubblicati i suoi "Manoscritti autobiografici" con il titolo di "Storia di un'anima" tuttavia dopo pochi anni da una prima pubblicazione degli scritti della mistica carmelitana, ad un più attento esame degli studiosi questi si sono rivelati manomessi e censurati e solo da pochi decenni se ne conosce la versione originale. La sua stessa personalità era stata falsificata. (Per un ulteriore approfondimento della questione riguardante la censura degli originali testi teresiani rimandiamo al proseguio di questa voce trattante per esteso più di cento anni di dibattito sulla figura di Thérèse Martin).
Il dibattito seguente alla sua morte infatti ha avuto quindi anche questo senso: di ripristinare la vera e autentica Thérèse.
È considerata, inoltre, sia una mistica dalla spiritualità ingenua o quasi infantile, la «santa delle rose», sia come uno dei vertici massimi del misticismo e della riflessione teologica.
Dalla prima traduzione inglese dei manoscritti autobiografici The Little Flower of Jesus, è conosciuta anche come il Piccolo fiore di Gesù, soprattutto presso i fedeli anglofoni. La sua festa liturgica ricorre il 1° ottobre.
Patrona dei missionari dal 1927, dal 1944 assieme a Giovanna d'Arco, è considerata anche patrona di Francia.
Nel 1978, per i ricercatori, è stato creato a Lisieux un centro di documentazione teresiana.
Dal 19 ottobre 1997, dopo che la richiesta di dottorato era stata fatta al Vaticano, una prima volta nel 1932 e poi ripresa nel 1987, è il 33° Dottore della Chiesa e la terza donna a ricevere questo riconoscimento dopo Teresa d'Avila e Caterina da Siena, entrambe dichiarate dottore della Chiesa cattolica da Paolo VI nel 1970.
[modifica] Gli inizi di una vicenda
(FR)
«Le bébé est un lutin sans pareil, elle vient me caresser en me souhaitant la mort : "Oh ! Que je voudrais bien que tu mourrais, ma pauvre petite Mère !... on la gronde, elle dit: "C'est pourtant pour que tu ailles au Ciel, puisque tu dis qùil faut mourir pour y aller. " Elle souhaite de même la mort à son père quand elle est dans ses excès d'amour !»
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(IT)
«La piccina è un folletto senza uguali, mi sta accarezzando e mi augura la morte: "Oh! Vorrei proprio che tu morissi, mia povera mammina!..." la si sgrida, ed ella dice: "È perché tu vada in Cielo, infatti tu hai detto che bisogna morire per andarci". Essa augura ugualmente la morte a suo padre quando è nei suoi eccessi d'amore! »
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(Brano tratto da una lettera di Zelie Guerin citato dalla stessa Thérèse Martin in Manoscritto autobiografico A,4v)
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Sommario: Thérèse Martin nacque ultimogenita di Louis Martin e Zelie Guerin i quali prima di sposarsi avevano entrambi tentato di abbracciare la vita monastica. La loro vocazione per una vita monastica era comunque genuina visto che inizialmente si proposero un matrimonio "giosefita", cioè un'unione non consumata per tutta la vita, sul modello del matrimonio di Maria e Giuseppe; un loro confessore comunque venendo a conoscenza di questo loro accordo li dissuase a perseguirlo ulteriormente, così ebbero nove figli, di cui quattro morti in tenera età: Elena Maria (1864-1870), Giuseppe-Luigi Maria (1866-1867), Giuseppe-Giovan-Battista Maria (1867-1868), Melania-Teresa Maria (16 agosto 1870- 8 ottobre 1870). Tutti i figli ebbero come nome anche Maria in segno di venerazione per Maria, madre di Gesù. Le rimanenti cinque figlie realizzarono tutte l'antico desiderio di una vita monastica dei genitori, ma sarà l'ultimogenita Thérèse a lasciare una traccia indelebile nella storia del misticismo di tradizione cristiana.
Dopo due mesi dalla nascita Thérèse venne data in affido ad una balia a Semallè e trascorse il suo primo anno di vita in campagna, tornando ad Alençon nell'aprile 1874. La madre morì quando Thérèse aveva solo quattro anni e mezzo creando in lei un vuoto affettivo enorme. È da questa mancanza della presenza concreta dell'affetto della madre che prese le mosse il suo percorso.
[modifica] La direzione di una forma di vita
Il problema della conoscenza di Thérèse Martin è quello della direzione di una forma di vita.
Una donna di oggi, Catherine Rihoit, nel presentare il suo progetto di una biografia su questa donna dell'ottocento che è Thérèse Martin, si domanda:
L'impressione che rimane è che la biografa, ben informata di Thérèse, Catherine Rihoit, pur animata da buona volontà e da simpatia per Thérèse, non sembra essere riuscita a cogliere il vero movimento di direzione verso cui il travaglio della mistica d'oltralpe tendeva a dirigersi, a risolvere infine il mistero di questa donna e della sua storia, mistero che sembra infine nascondersi ai nostri occhi proprio dietro le ultime maschere della tubercolosi e della tentazione ateo-materialista e a smentire infine con il suo lavoro quanto scrive Thérèse stessa:
«Voi non mi conoscete come sono in realtà»
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(Teresa di Lisieux)
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Va detto tuttavia che altri i quali non avevano questo limite, di essere stati educati alla "religione laica", l'hanno capita ancora meno come il proseguio di questa storia vera evidenzierà.
[modifica] Antefatti di una vicenda
Il 24 agosto 1997 a Parigi, dove si teneva in quell'anno l'incontro mondiale dei giovani, davanti un'immensa platea papa Giovanni Paolo II annunciava:
Ma come è accaduto che si è infine arrivati a questo evento ?
Il capitano dell'esercito napoleonico Pierfrancesco Martin (1877-1865) nel 1830 va in pensione. Vuole rivedere la sua terra natale che è la Normandia, decide perciò di stabilirsi ad Alençon. Pierfrancesco è il nonno paterno di colei grazie alla quale tutti i personaggi che sono partecipi di questa vicenda non sono scomparsi nell'oblio. Già Pierfrancesco è un uomo molto religioso e pur essendo lui un militare di professione, ha origini da contadini, che erano realisti all'epoca della rivoluzione del 1789. Risalendo nell'albero genealogico della mistica di Alençon troviamo un tale Giovanni Martin (1692) che precisa le origini contadine dei Martin.
Il capitano Pierfrancesco Martin si era sposata nel 1818 la figlia di un altro capitano dell'esercito, tale Annamaria Stefania Boureau (1800-1883), e da questa unione nasce nel 1823 a Bordeaux, quale loro terzo figlio, Louis Martin, chiamato Louis come il re di Francia, di tuttaltra indole: ama la poesia, i poeti del romanticismo e in particolare Lamartine e Chateaubriand e il disegno. Questi, che abbiamo così brevemente descritto, sarà destinato a divenire il papà di Thérèse.
Risalendo invece nell'albero genealogico della carmelitana lungo il ramo materno, troviamo una storia per certi aspetti simili. L'antenato Isidoro Guerin (1789-1868), infatti, che era nato proprio nell'anno in cui a Notre-Dame a Parigi veniva consacrata la Dea Ragione della nuova epoca illuminista che si apriva, anche lui divenuto militare di professione, nel 1844 si ritira in pensione ad Alençon. Sposatosi nel 1828 con Gianna-Luisa Macé (1804-1859), donna religiosissima, ebbe due figlie: Marie-Louise (1829-1877) che sarebbe divenuta monaca visitandina a Mans e Azélie-Marie detta Zélie (1831-1877) futura mamma di Thèrèse.
[modifica] Gli inizi di un itinerario evolutivo: prima infanzia ad Alencon (1873-1877)
In rue Saint-Blaise 42, ad Alençon, cittadina della Normandia situata nel nord della Francia, il 2 gennaio 1873 nasce Thérèse Martin. Allora Alençon contava 16 mila abitanti.
In una recentissima biografia romanzata, alquanto verosimile in quanto ben documentata, di Thérèse Martin, ( "La piccola principessa di Dio" di Catherine Rihoit, 1992, pagine 19-20), dove i temi dell'emancipazione della donna si intrecciano all'apologia della pratica della scrittura come via quasi mistica di salvezza in generale ma soprattutto per la donna che vuol salvaguardare la propria soggettività, tanto da trasformare nel suo scritto la vocazione di Thèrèse in vocazione alla scrittura, ma Thérèse fin dall'infanzia è più pensatrice (ma forse sarebbe meglio dire amante) che scrittrice, così vengono descritti i genitori di Thérèse:
«Da parte sua, mia madre fantasticava su Dio, con la benedizione di suo marito che, dal canto suo... si perdeva in una versione diversa dello stesso sogno. Sebbene per vie diverse, i loro pensieri si dirigono verso lo stesso luogo. Così, separati erano uniti. Un sogno per due: ecco l'origine dell'incontro, la nascita e la crescita del loro amore. Io sono nata da questo sogno, come pure le mie sorelle."......"Noi, i figli, nati da un duplice sogno di purezza, lo porteremo avanti, lo riprenderemo. Una famiglia intera ricamerà questo motivo, come nelle variazioni infinite del punto di Alençon. La forza che mi abita è l'eredità dei genitori. Il loro matrimonio si è costruito su una doppia delusione: il naufragio di due vocazioni di santità. Il loro voto rimbalzerà fino a me, amplificato dalla speranza.»
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(C.Rihoit "La piccola principessa di Dio")
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Thérèse Martin infatti nasce in una famiglia i cui genitori, Louis Martin e Zelie Guerin avevano desiderato entrambi di abbracciare la vita monastica, ma senza riuscire nel loro intento. Louis Martin, infatti, a 23 anni cercò di farsi accogliere in un monastero agostiniano ma fu respinto per mancanza di istruzione, in particolare per una insufficiente conoscenza del latino. I due monaci mancati, in seguito si conobbero e dopo un breve fidanzamento decisero di sposarsi, cosa che avvenne il 13 luglio 1858.
Così in seguito ricordava questa coppia la loro primogenita Maria Martin:
«Mio padre e mia madre avevano una fede così grande che, vedendoli parlare insieme dell'eternità, ci sentivamo disposte, quantunque fossimo tanto giovani, a considerare le cose del mondo come pura vanità»
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(Testimonianza di Marie Martin)
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Andati ad abitare in via del Pont-Neuf, vissero per dieci mesi come fratello e sorella. Uno studioso di questa vicenda e delle politiche del vaticano in tema di creazione di santi, Kenneth L. Woodward infatti rivela:
Accadde invece che il destino, tramite il loro confessore e padre spirituale, li dissuase da questo proposito, nacquero così nove figli ma di questi, quattro morirono ancora neonati a causa dell'alta mortalità infantile di quell'epoca. Particolare non secondario, a tutti i figli, anche ai maschi, diedero come secondo nome Maria segno evidente di quanta importanza attribuivano a questa figura della cristianità.
Il 15 dicembre 1872 poco prima della nascita della sua ultimogenita Thérèse scriveva:
E riferendosi a colei di cui è in attesa aggiungerà:
«Se il buon Dio mi facesse la grazia di poterla allattare, sarebbe un piacere nutrirla!»
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(Lettere di Zelie Guerin)
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L'ultimo figlio nacque nel 1873, Thèrèse appunto.
Zelie amava e aveva una grande considerazione di Louis tantè che quando il fratello Isidore dovette andare a Parigi per continuare gli studi in Farmacia, dopo essersi consultata con il marito che a Parigi aveva vissuto, lo mette in guardia dai pericoli possibili per la fede presenti nella grande metropoli e gli presenta Louis come un modello. (Lettere di Zelie Guerin)
Poiché il laboratorio di cucito di Zelie Guerin era molto più produttivo del negozio di orologiaio-orefice di Louis Martin, questi lo vendette e si dedicò all'amministrazione del lavoro della moglie la quale tra l'altro aveva ingaggiato una ventina di operaie alle quali dava lavoro e che considerava come una famiglia allargata. A contatto con le "signore" di Alençon iniziò a imparare l'arte dell'abbigliamento e la moda. Si diceva di Zelie che lavorava per abbellire le donne e le chiese.
Benché tutte le mattine alle prime luci dell'alba lei e Louis attraversavano Alencon per andare alla messa era una donna di ampie vedute per quell'ambiente impregnato di giansenismo: si racconta di un diverbio occorso tra lei e la sua confidente, sua sorella Louise che era anche monaca la quale gli rimproverava di aver mandato la sua primogenita al ballo. Zelie reagì vigorosamente:
Alcuni hanno voluto dare una spiegazione al rigore di Louise (suor Dositea) adducendo anche il fatto che quando era bambina gli era stato insegnato a leggere e scrivere utilizzando come testo niente di meno che l'Apocalisse di Giovanni. Questo a detta di loro l'avrebbe scossa fortemente mantenendola in una perenne posizione di timore rispetto al Dio.
Non passarono due mesi dalla nascita di Teresa che Zelie, a metà marzo 1873, fu costretta a dare l'ultima figlia, che ormai rifiutava completamente di nutrirsi, a balia presso Rosa Taillè una contadinotta prosperosa la quale abitava a Semallè (Orne) zona di campagna nei dintorni di Alencon. Rosa aveva un figlio e questi anche dopo la morte di Teresa, ormai divenuta famosa oltre i confini della Normandia, non rinuncerà mai a definirsi "fratello di latte della santa".
Thérèse, dopo un anno della sua prima infanzia vissuta così in campagna tra i contadini e i cui ricordi le rimarranno piacevolmente impressi per sempre come afferma in "Storia di un'anima", ai primi di aprile 1874 fa ritorno a casa.
[modifica] Un sogno di inizio percorso
Prima di addentrarsi nel racconto della sua giovinezza, Thérèse racconta nei suoi manoscritti autobiografici un sogno fatto molto prima, quando era ancora "un piccolo Folletto di quattro anni".(Ms A10v)
Il sogno dei tre diavoli
«Mi ricordo di un sogno che dovetti fare all'incirca a quell'età e che si è profondamente inciso nella mia immaginazione. Una notte sognai che stavo uscendo per recarmi a passeggiare sola in giardino. Giunta alla base dei gradini che bisognava salire per giungervi, mi arrestai, colta da spavento. Davanti a me, accanto al pergolato, si trovava un barile di calce e, su di esso, due orribili diavolini che danzavano con un'incredibile agilità, benché avessero ai piedi dei ferri da stiro. A un tratto essi gettarono su di me i loro sguardi fiammeggianti ed apparvero subito assai più spaventati di me. Si precipitarono giù dal barile e si andarono a nascondere nel guardaroba che si trovava di fronte. Vedendoli così poco coraggiosi volli sapere cosa andavano a fare e mi accostai alla finestra. I poveri diavolini erano là che correvano sui tavoli e non sapevano come sfuggire al mio sguardo. A volte si avvicinavano alla finestra, guardando con aria allarmante se ero ancora là; e vedendomi ricominciavano a correre come dei disperati...»
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(Teresa di Lisieux "Manoscritto autobiografico A 10v")
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Dopodiché benché Freud avrebbe pubblicato il suo "L'interpretazione dei sogni" solo tre anni dopo, Thérèse si improvvisa psicoanalista e prova ad interpretare il suo sogno e certamente la sua interpretazione è quella giusta, del resto gli stessi psicoanalisti per iniziare il lavoro d'interpretazione di un sogno partono sempre dando credito ai vissuti immediati del sognatore. In questo senso Teresa di Lisieux come autoanalista intepreta bene anche se forse la sua interpretazione è suscettibile di essere ulteriormente amplificata e precisata ma, Thérèse non era stata formata al metodo psicoanalitico, anche perché, come si sà, tale metodo, proprio negli stessi anni, era ancora in gestazione e stava giusto giungendo a maturazione.
Si è detto approposito di questo sogno che alcuni particolari, ad esempio il ferro da stiro ed altro fanno sicuramente riferimento all'attività imprenditoriale della madre Zelie.
[modifica] Una lettera per il dottor Freud
Per approfondire, vedi la voce Santa Teresa di Lisieux e la psicoanalisi. |
Intendiamo riferirci a una lettera scritta da Zelie Guerin, inviata a Pauline il 29 ottobre 1876.
Questa lettera è molto importante poiché segna l'inizio di un incontro che forse lei stessa non avrebbe disdegnato visto che proprio lei, che era molto sobria anche nelle cose della religione e del soprannaturale, dando poca importanza anche ai miracoli perfino del vangelo per concentrarsi sul fatto religioso in sè, proprio lei che non ha mai desiderato estasi e pur desiderando si la santità propendeva per una santità della vita quotidiana, una santità molto normale, ebbene proprio lei così come l'abbiamo descritta non ha mancato di occuparsi con interesse dei suoi propri sogni. Accadde anche che un'altra monaca del monastero come fosse una postina non mancò di farle conoscere un suo proprio sogno come fosse un messaggio che la riguardava sapendo come Thèrèse, proprio come Freud ma con meno abilità di interprete ovviamente, prendesse sul serio i sogni. E ancora Thérèse si rammaricava, proprio lei che era immersa nella religione tutta la giornata, che poi alla notte sognasse invece solo cose apparentemente frivole come fiori e paesaggi e atmosfere di campagna.
È, questo appuntamento ch'era nei tempi, comunque l'incontro tra due storie che il processo evolutivo, il divenire storico o il fato che dir si voglia, ha voluto per oscuri motivi che comunque si compisse: la storia della psicoanalisi e la storia di Thérèse.
Questo incontro avviene nel 1925 ad opera del nuovo delfino di Freud, dopo essersi consumato il disaccordo, con Carl Gustav Jung, sulla natura sessuale dell'energia psichica.
L'inglese Ernest Jones e una sua allieva psicoanalista Iseult F. Grant Duff colgono proprio in un passo di questa lettera un indizio rilevante dell'Edipo in Thérèse.
L'idea centrale è di Jones stesso ma la sua allieva prova a svilupparla ulteriormente in scritti successivi.
[modifica] La morte della madre
Accadde però che Zelie si ammalò di un tumore al seno, i cui primi sintomi si erano già manifestati da tempo, fin dal 1865 e quando Thérèse aveva appena quattro anni, nel 1877, la madre morì.
Nei suoi manoscritti Teresa racconta che questa fu la prima bara che vidi e la seconda fu soltanto quindici anni dopo, quando si trovò di fronte alla bara di madre Genoveffa di Santa Teresa, anch'essa una delle figure più significative della sua breve vita.
[modifica] Il percorso di conversione
(FR)
«Je n'étais encore qùune enfant qui ne paraissait avoir d'autre volonté que celle des autres, ce qui faisait dire aux personnes d'Alençon que j'étais faible de caractère...»
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(IT)
«Ero solo ancora una bambina che sembrava non avere altra volontà che l'altrui, ciò faceva dire alle persone di Alencon che ero debole di carattere...»
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(Thérèse Martin Manoscritto autobiografico A,43v)
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Sommario: Le due sorelle maggiori, Pauline prima e Marie dopo, sostituirono inizialmente la madre ma presto una dopo l'altra si fecero monache carmelitane chiudendosi per sempre in monastero. La crisi innescata dalla morte della madre si acuì sempre di più e Thérèse giunse a somatizzare anche gravemente il suo stato psichico. Inaspettatamente la nevrosi si risolse nella notte di Natale 1886.
Come spiegare questo evento se non dicendo che l'adolescente destinata a divenire un genio del misticismo ha avuto la fortuna, o la grazia per usare le sue parole, di vivere una guarigione spontanea da una nevrosi che la imprigionava all'interno degli affetti famigliari rendendola infantile per imbarcarsi in un viaggio tutto interiore alla fine del quale (notte della fede) emergeva prepotentemente nella religiosa ancora una volta la necessità di una nuova ristrutturazione del proprio orientamento esistenziale?! Resta il fatto che questa data del natale 1886 rimarrà per sempre impressa nella mente di Thérèse a significare un vero giro di boa della sua dinamica esistenziale. Dopo questa trasformazione Thérèse, infatti, non si riconobbe più e da qui ha inizio la sua «corsa da gigante» (Manoscritto A).
[modifica] La crisi dell'infanzia e la prima conversione (1877 - Natale 1886)
Isidore Guerin, fratello di Zelie, nel frattempo era stato nominato co-tutore delle cinque sorelle Martin. Consigliò così Louis Martin, rimasto solo ad accudire i figli, a trasferirsi a Lisieux, cittadina poco più a nord ancora di Alençon, dove lui appunto viveva con la sua famiglia. Louis ne convenne sulla sensatezza del trasferimento, allora Isidore cercò ed infine trovò per loro una villetta di periferia chiamata Buissonnets situata su una collina che dominava la via di Pont-l'Eveque e il 15 novembre 1877 avvenne il trasloco.
Isidore Guerin (1841 - 1909) era stato studente in farmacia all'università di Parigi e aveva avuto come compagno di studi il grande storico del cristianesimo Ernest Renan.
Adesso gestiva quale proprietario una farmacia in piazza Saint-Pierre a Lisieux.
Più incline all'azione che alla contemplazione a differenza di Louis Martin, Isidore Guerin impegnato socialmente e non solo nella preghiera, come monarchico e cattolico, dal 1891 fino al 1896 in qualità di giornalista del giornale "Le Normand", firmerà articoli in particolare avverse alla "Franc-Maconnerie" che, nella foga della polemica del tempo, deborderanno un po' sopra le righe facendo trasparire, tratti di antisemitismo. In particolare in questi articoli cercava di contrastare "le fanfaronate anticlericali" di Henri Cheron che adesso militava nelle file repubblicane ma che aveva lavorato, in passato, come dipendente nella sua farmacia e che in seguito ancora diverrà un noto statista.
Nel dicembre 1888 grazie a A. David, un cugino della moglie, che gli lascia una considerevole eredità tra cui un castello oltre a valori, terre e case, può ritirarsi dagli affari e vendere la farmacia per vivere agiatamente delle proprie rendite e consacrarsi al giornalismo, alla famiglia e ai Martin.
È lui che ha aiutato la famiglia Martin a trasferirsi a Lisieux ed è sempre lui che ha fatto stampare a sue spese la prima edizione di "Storia di un'anima" il 30 settembre 1898, sia pure, a dir la verità come sembrerebbe, senza grande entusiasmo.
Da parte sua Teresa, comunque, prenderà sempre le distanze dal modo di esprimersi della religiosità in suo zio, definendolo chiaramente "Ce chrétien d'un autre auge", "Questo cristiano d'altri tempi". ("Manoscritti Autobiografici" - Manoscritto A, f.51 v.)
Ebbe due figlie, Jeanne si sposerà con il medico Francis La Nèele e Marie, compagnia di giochi d'infanzia di Thérèse (particolare non insignificante: tra i tanti giochi che facevano giocavano a fare l'eremita), entrerà anch'essa al monastero di Lisieux e sarà una delle allieve novizie di Thérèse quando gli sarà affidato l'incarico di maestra delle novizie.
[modifica] Simbiosi e separazione
Teresa decise allora di adottare come sua seconda madre la sorella maggiore Paolina ma pure da essa si sentì abbandonata quando cinque anni dopo, il 2 ottobre 1882, Teresa aveva nove anni, entrò nel convento di clausura delle Carmelitane di Lisieux. Per Teresa che era molto attaccata a lei fu un duro colpo benché Marie, la maggiore di tutte, tentò di sostituire in questa funzione materna Pauline.
[modifica] I sintomi di un conflitto
Quest'insieme di cose: un'affetto enorme per la madre, la sua morte, e poi l'abbandono di quella che considerava una sua seconda madre, Pauline, produssero in Thérèse una crisi nervosa con manifestazioni somatiche anche di forte intensità.
Oltre a ciò le sembra di vedere tutto intorno al suo letto dei grossi precipizi.
Il dottor Notta, interpellato, ritiene tuttavia che non si tratti di isteria.
«Vedendola sfinita, volli darle da bere ma Teresa gridò in preda a terrore:
- Vogliono avvelenarmi.» |
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(Maria Martin)
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[modifica] Una nuova Madre
Il 13 maggio 1883 domenica di Pentecoste accade l'imprevedibile:
«...vidi Teresa guardare la statua della Santa vergine...come in estasi per quattro o cinque minuti, poi il suo sguardo si posò su di me con tenerezza.»
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(Maria Martin "Summarium")
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Si trattava della statua di "Nostra Signora delle Vittorie" detta della "Vergine del Sorriso".
«D'un tratto...mi penetrò fino in fondo...il sorriso incantevole della Madonna»
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(Ms A 30 r°)
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Teresa è guarita.
[modifica] Ritorno ad Alençon: la conoscenza del mondo
«Il buon Dio mi ha fatto la grazia di conoscere il mondo quel tanto che bastava per disprezzarlo e allontanarmi da esso. Posso dire che fu durante il mio soggiorno ad Alençon che feci il mio primo ingresso nel mondo. Attorno a me tutto era gioia e felicità; io ero festeggiata, coccolata, ammirata; in una parola, per quindici giorni la mia vita fu cosparsa solo di fiori...; e confesso che essa aveva dell'incanto ai miei occhi. Il libro della Sapienza ha ben ragione di dire: «Che la magia delle futilità del mondo seduce anche lo spirito lontano dal male». A dieci anni il cuore si lascia facilmente abbagliare; ed io considero una grande grazia non essere rimasta ad Alencon, poiché gli amici che vi avevamo erano troppo mondani e sapevano troppo conciliare le gioie della terra con il servizio del Buon Dio. Non pensavano abbastanza alla morte, anche se essa era andata a visitare un gran numero di persone che avevo conosciuti giovani, ricche e felici!!! Volentieri ritorno col pensiero ai luoghi deliziosi in cui erano vissute e mi domando dove sono adesso e che profitto hanno ricavato dai castelli e dai parchi in cui le vidi godere della comodità della vita...E vedo che sotto il Sole, tutto è vanità ed afflizione dello spirito...che il solo bene è amare Dio con tutto il cuore ed essere quaggiù poveri di spirito...»
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(Ms A32v)
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«Forse Gesù ha voluto mostrarmi il mondo prima della sua prima visita perché potessi scegliere più liberamente la via che dovevo promettergli di seguire.»
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(Ms A32v)
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[modifica] Scrupoli e sensi di colpa
[modifica] Il superamento dell'infanzia
La Cathédrale Saint-Pierre era anche la chiesa frequentata abitualmente da Thèrèse. Quì in questa chiesa comprese, per la prima volta in vita sua, quando non era ancora nemmeno adolescente, ciò di cui fin da bambina aveva sempre sentito parlare ma non compreso: il senso della passione del Cristo.
Da questo evento trasformativo, anteprima di una trasformazione ancor più visibile, quella della notte di natale 1886, ch'ella chiama "la mia conversione", deriva il suo secondo nome da religiosa: "Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo". Fu proprio questa comprensione che iniziò a sbloccarla dalla stasi energetica in cui versava (la cosiddetta malattia mentale o nevrosi) e fu quello anche il giorno che diede l'avvio alla sua ulteriore evoluzione.
«La notte di Natale del 1886 fu, è vero, decisiva per la mia vocazione, ma per essere più esatta, devo chiamarla: la notte della mia conversione. In questa notte benedetta, della quale è scritto che rischiara le delizie stesse di Dio, Gesù che si faceva bambino per amor mio, si degnò di farmi uscire dalle fasce e dalle imperfezioni dell'infanzia. mi trasformò in modo tale da non riconoscermi più. senza questo cambiamento, sarei dovuta restare ancora chissà quanti anni nel mondo. Santa Teresa, la quale diceva alle sue figlie: "Voglio che non siate donne in nulla, ma uguali in tutto ad uomini forti" (Teresa d'Avila "Cammino di perfezione" 7,8), Santa Teresa non avrebbe voluto riconoscermi per sua figlia, se il Signore non m'avesse rivestito della sua forza divina, se non m'avesse armata lui stesso per la guerra.»
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(Lettera di Teresa a Padre Adolphe Roulland del 1 novembre 1896)
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Ma che cosa era accaduto veramente? Quale avvenimento aveva messo in moto una simile reazione psichica positiva destinata a durare nel tempo?
«In quel momento salivo la scala per togliermi il cappello: Celine vedendo le lacrime nei miei occhi mi disse: «Oh Teresa! non scendere, ti farebbe troppa pena guardare subito nelle tue scarpe!». Ma Teresa non era più la stessa, Gesù le aveva cambiato il cuore. Reprimendo le lacrime discesi rapidamente e comprimendo i battiti del cuore presi le scarpe, le posai dinanzi a papà e tirai fuori gioiosamente tutti gli oggetti con l'aria beata di una regina. Celine credeva di sognare!La piccola Teresa aveva ritrovato la forza d'animo che aveva perduta a quattro anni e mezzo, e da ora in poi l'avrebbe conservata per sempre! In quella notte di luce cominciò il terzo periodo della mia vita.»
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(Brano tratto da "Manoscritto Autobiografico A 44v)
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[modifica] La via del monastero (1886 - 1888)
(FR)
«Dégagé de ses scrupules, de sa sensibilité excessive, mon esprit se développa.»
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(IT)
«Liberato dagli scrupoli, dalla sua sensibilità eccessiva, il mio spirito si sviluppò.»
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(Thérèse Martin, Manoscritto autobiografico A,46v')
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Sommario: Decise, quindi, seguendo l'esempio di Teresa d'Avila, di «mettersi sulle tracce» di Gesù di Nazareth, diventando anch'essa monaca, ma essendo minorenne non poteva ancora essere accettata nel monastero di Lisieux.
Fu così che, un anno dopo, nel novembre 1887, insieme all'anziano padre Louis ed alla sorella prediletta Celine, attraversò tutta l'Italia diretta a Roma per rivolgere, infine, questa sua richiesta direttamente a papa Leone XIII.
Thérèse si inginocchiò davanti al pontefice chiedendogli di intervenire in suo favore presso le autorità ecclesiastiche competenti, sebbene non avesse ancora raggiunto l'età minima per l'ammissione; il papa non diede l'ordine auspicato, ma e le rispose rassicurandola che se la sua entrata in monastero era scritta nella volontà di Dio, questo ordine l'avrebbe dato lui, il Signore stesso, la Divina Provvidenza, che certamente aveva più autorità del suo servo in terra.
Bisogna specificare che Leone XIII e la bambina probabilmente non si capirono bene anche perché il Papa stentava a capire il francese di Thérèse, la quale, a sua volta, rimpianse di non conoscere l'italiano. Sentendosi impotente, Thérèse si mise a piangere, ma due guardie svizzere la allontanarono.
L'episodio, che in realtà non ebbe una grossa importanza sull'evolvere del cammino spirituale della Santa, suscitò attenzione nei suoi confronti, da parte degli ecclesiastici francesi (e del restante gruppo di pellegrini), che accompagnavano il viaggio in Italia; attenzione che certo produsse i suoi frutti, dal momento che comunque Thérèse fu infine acolta in monastero pochi mesi dopo, con anticipo sull'età minima di ammissione.
[modifica] La via della scienza d'amore (natale 1886 - 1895)
«[...]cominciai, per così dire, una corsa da gigante.»
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(Manoscritto autobiografico A 45 r°)
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Superato così questo primo ostacolo che la necessità della sua evoluzione gli aveva presentato, Teresa continua il suo viaggio nella realizzazione del suo destino lasciandosi alle spalle la propria infanzia, quale fardello che la intralciava, per procedere ulteriormente verso la messa a fuoco della propria vera identità, proprio lei che più di ogni altro soffriva, come spesso diceva, di non riuscire a trovare le parole adeguate per esprimere la sua esperienza interiore. Più leggera, è pronta ad affrontare le nuove prove.
[modifica] Alla ricerca della "Scienza d'Amore"
(FR)
«Voici le maitre que je te donne, il t'apprendra tout ce que tu dois faire. Je veux te faire lire dans le livre de vie, où est contenue la science d'Amour.»
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(IT)
«Ecco il maestro che ti do, egli ti insegnerà tutto quello che tu dovrai fare. Voglio farti leggere nel libro della vita, dove è contenuta la scienza d'amore.»
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(Brano tratto dai testi di Margherita Maria Alacoque citato dalla stessa Thérèse Martin in Manoscritto autobiografico B)
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La staffetta prosegue e Thérèse così commenta le parole della sua sorella, di fatto antigiansenista, impugnandone il testimone che le porgeva e ripartendo per la millenaria corsa trasformativa dell'immagine di Dio sì che sotto i suoi passi da gigante si allontana e svanisce sempre più il dio antico e terribile degli antenati monoteisti verso il nuovo volto di Dio già nato 2000 anni fa ma con Margherita e Teresa riaffermato e riscoperto poichè nella loro mente in nuova gestazione.
(FR)
«La science d'Amour, ah oui! cette parole résonne doucement à l'oreille de mon ame, je ne désire que cette science-là. Pour elle, ayant donné toutes mes richesses, j'estime come l'épouse des sacrés cantiques n'avoir rien donné...»
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(IT)
«La scienza d'Amore, ah si! questa parola risuona dolcemente all'orecchio della mia anima, io non desidero altro che questa scienza qui. Per essa anche se dessi tutte le mie ricchezze, come la sposa dei sacri cantici, riterrei di non avere dato niente al confronto.»
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(Thérèse Martin in Manoscritto autobiografico B [f.1 r°])
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[modifica] La scienza d'amore e le altre scienze
«Il dubbio non era possibile, già la fede e la speranza non erano più necessarie, l'amore ci faceva trovare sulla terra Colui che cercavamo»
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(Manoscritto Autobiografico A)
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Dopo la cosiddetta "conversione di natale" Teresa cominciò ad essere posseduta da un desiderio di conoscenza incontenibile che lei si gestì nella maniera che racconta:
La voce interiore dell'amato in lei non era silenziosa come lo sarà in seguito nella "notte della fede", e non aveva bisogno, se non marginalmente, dei rappresentanti di questa voce:
«Come dice San Giovanni della Croce nel suo Cantico: "Non avevo né guida, né luce, fuorché quella che mi splendeva nel cuore, quella luce mi guidava più sicuramente che il fulgore meridiano al luogo ove mi attendeva Colui che mi conosce perfettamente".»
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[modifica] L'incontro con l'abate Arminjon
«A quattordi anni, dato il mio desiderio di scienza [...]»
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Teresa nella sua autobiografia (Ms A f.47v°),dice che fino all'incontro con Arminjon si "nutriva" soltanto con l'Imitazione ("L'imitazione di Cristo" del monaco agostiniano Tommaso da Kempis), l'unico libro che gli "faceva del bene", non perché non conosceva i vangeli, specifica, ma perché "non avevo ancora trovato i tesori nascosti nel vangelo." L'Imitazione era un testo sacro che Thérèse conosceva a memoria e lo portava sempre con sé indosso sia d'estate che d'inverno. [Manoscritto A f. 47 v°]
Contrariamente alle sue abitudini, perché non leggeva i libri di suo papà, Teresa chiese di poter leggere un libro che le carmelitane di Lisieux gli avevano imprestato. Si trattava di un testo apparso nel 1882 e che radunava una serie di conferenze tenute dall'abate Charles Arminjon (1824-1885) dal titolo "Fin du monde présent et mystères de la vie future" (La fine del mondo presente e i misteri della vita futura).
L'estasi del Belvedere
«[...] l'impressione che ancora ne risento è troppo grande e dolce perché io possa esprimerla. Tutte le grandi verità della religione, i misteri della eternità, immergevano l'anima mia in una felicità che non era di questa terra [...]»
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(Manoscritto A)
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Un giorno verso il tramonto Teresa e Celine stavano sul Belvedere dei Buisssonnets e discutevano quasi in estasi dei temi trattati dal canonico di Chambéry Arminjon che tra l'altro proprio ad Agostino si ispirava. Il Belvedere all'istante cessò di essere Lisieux: erano ad Ostia e si confondevano con Monica e Agostino.
Come si sà l'esperienza dell'unione mistica di Agostino con sua madre Monica in Dio fu un momento magico e infatti lo chiama nelle "Confessioni": "momentum intelligentiae", momento d'intelligenza.
Il filoso Jean Guitton lo ha sentito anche lui bene quel momento rivissuto da Teresa di Lisieux e infatti afferma:
[modifica] La grande decisione: una vita da filosofi
Teresa giunse alla conclusione che la sua scelta di vita non poteva che essere quella di incamminarsi su quella stessa strada già intrappresa dalle sue due sorelle magggiori: pauline e Marie che si trovavano già al carmelo.
[modifica] Il carmelo di Lisieux
L'ordine religioso carmelitano nato in terra di Palestina ha un'origine che risale al 1200 ma i carmelitani a cui Teresa si appresta ad unirsi sono il nuovo ordine carmelitano riformato nel 1500 da Teresa d'Avila (Teresa Sanchez de Cepeda Avila Y Ahumada) e Juan de la Crux (Juan de Yepes Alvarez) entrambi letterati, mistici e poeti.
La figura di Teresa d'Avila che così tanto colpisce la piccola Teresa è la figura di una donna delle grandi altezze ma anche donna terra terra di grande praticità e di grandi capacità organizzative da far invidia ad un manager della nostra epoca. Donna di pensiero ma anche donna d'azione.
Teresa, e quì intendiamo riferirci alla piccola Teresa, viveva completamente nel pensiero fin dall'infanzia e i nomi per lei erano per lei persone reali e viventi, i suoi amici per usare le sue stesse parole e non defunti o semplici personaggi storici e come tali li trattava nella sua vita quotidiana. Ecco che cosa vedeva quindi nel carmelo di Lisieux e perché sentiva provenire da esso un calore che l'attraeva. Inoltre aveva conosciuto personalmente le monache della comunità e provava per loro una naturale simpatia e pur conoscendola meglio solo dopo la sua entrata, fu colpita in particolar modo dalla figura di una di loro: madre Genoveffa di Santa Teresa.
La costruzione di questo carmelo è stato concepito dopo la rivoluzione francese allorché due donne di famiglia benestante Désirée et Athalie Gosselin desiderose di divenire carmelitane trovarono un impedimento sembrerebbe di ordine relativo alla loro cagionevole salute così decisero di impegnarsi alla creazione di un nuovo monastero in grado di poterle accogliere e poter così realizzare finalmente il destino a cui si sentivano chiamate.
Infine riuscirono ad entrare al carmelo di Poitiers. Tuttavia non ritornarono sul loro proprosito e il 3 octobre 1835, il vescovo di Bayeux di comune accordo con il parroco di Saint-Jacques di Lisieux propose loro proprio la cittadina di Lisieux appartenente alla sua diocesi come possibile luogo per l'edificazione del nuovo monastero. Nel frattempo Désirée et Athalie Gosselin si erano unite ad un'altra ragazza con i loro stessi propositi proveniente proprio da Lisieux: Caroline Guéret e il 15 marzo 1838 di comune accordo loro che non erano ancora monache partirono in compagnia di due vere monache: madre Elisabeth de Saint Louis et suor Geneviève de Sainte Thérèse (al secolo Claire Bertrand).
Giunti a Lisieux in Rue de Livarot costituirono il primo nucleo della nuova fondazione. Madre Elisabeth de Saint Louis fu eletta prima superiora del nuovo carmelo e suor Geneviève de Sainte-Thérèse, sotto priora e maestra delle novizie.
Nel 1842 alla morte di Madre Elisabeth de Saint Louis gli subentrò come priora proprio suor Geneviève de Sainte-Thérèse che rimase ininterrottamente in questa carica sino al 1886 sì che ormai suo nuovo appellativo era divenuto quello di "fondatrice del carmelo di Lisieux".
Se una scienziata del cuore è stata possibile questo lo si deve anche a queste semplici operaie che non potevano sapere per chi, mattone dopo mattone, stavano costruendo quella casa .
Se una scienziata del cuore è stata possibile questo lo si deve anche soprattutto, tra queste monache, a madre Geneviève de Sainte-Thérèse (1805-1891). Questo lo ha riconosciuto Thérèse e questo gli va riconosciuto. Infatti nessuno si fa da solo ma ognuno è un universale singolare: sono le relazioni che ci plasmano nel bene come nel male.
[modifica] Dalla decisione all'azione concreta
Presa la grande decisione tuttavia c'è un problema che rimane da risolvere. Teresa infatti ha ancora solo 14 anni e per questo deve chiedere prima l'autorizzazione a suo padre e poi anche a colui che è suo co-tutore dalla morte di sua madre: lo zio Guerin. Da parte loro, le monache del carmelo, hanno dato già il loro parere favorevole.
Teresa scelse intenzionalmente il 29 maggio 1887 giorno di Pentecoste per chiedere al padre il permesso di entrare al carmelo all'età di quindici anni. Si rivolse agli Apostoli per tutta la giornata perché gli ispirassero, a lei che, bambina timida, voleva divenire "l'apostolo degli apostoli", le parole che doveva dire.
Il padre gli fece osservare che era ancora troppo giovane per prendere una simile decisione ma Teresa difese tanto bene la sua causa che ben presto lo convinse. Louis Martin allora colse per l'occasione un fiore bianco dal giardino e lo regalò alla figlia che lo conservò e in seguito lo incollò in una immagina di Maria di Nazareth. Questa stessa immagine la ritroveremo a meno di un mese dalla sua morte poiché in essa aggiunse il suo ultimo autografo dell'8 settembre 1897.
«O Maria, se io fossi la Regina del cielo e voi foste Teresa, vorrei essere Teresa, affinché voi foste la Regina del cielo.»
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Ma in quel momento Teresa si identificò simbolicamente in quel fiore che veniva sdradicato dal mondo per "salire la montagna del carmelo" poiché come dice l'Imitazione, commenta Teresa, "Bisogna amare Gesù al di sopra di tutto".
Ottenuto il consenso del padre, cercò di ottenere anche quello del co-tutore, lo zio Isidore Guerin. Questi, al contrario, non gli dette il consenso alla partenza. Anzi gli proibì di parlargli di vocazione prima di avere diciassette anni.
E il miracolo ci fu. Qualche tempo dopo, infatti, lo zio ritornò sui suoi passi e non fece più opposizione.
Era giunto il momento, a questo punto, di affrontare le gerarchie della chiesa a cominciare dal superiore del carmelo di Lisieux chiamato dalle carmelitane "Nostro Padre" e che era anche parroco di Saint-Jacques, il reverendo Delatroètte. Ma questi, interpellato,
«non acconsentiva al mio ingresso prima dei miei ventun anni! Nessuno aveva pensato a questa opposizione, più invincibile delle altre.»
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(Manoscritto Autobiografico A)
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Papà Martin, difese la causa di Thèrèse ma il canonico, che già li aveva ricevuti entrambi molto freddamente, si limitò ad aggiungere che non c'erano pericoli ad aspettare e che comunque, nel frattempo, avrebbe potuto fare la carmelitana a casa sua.
Terminò ribadendo la sua contrarietà ma aggiungendo che comunque lui era solo un delegato del vescovo per cui se il vescovo fosse stato di parere favorevole lui non si sarebbe opposto. Uscirono entrambi tristi e papà Martin non sapendo come consolarla le promise che l'avrebbe accompagnata anche dal vescovo quando avesse voluto.
Ma Therèse piangente ma risoluta a raggiungere il suo scopo disse che se il vescovo non gli avesse dato il permesso si sarebbe rivolta al papa dato che era già in programma un pellegrinaggio a Roma.
A questo punto del suo manoscritto Thérèse aggiunge:
«Prima che entrassi al carmelo, ebbi ancora varie esperienze riguardo alla vita e alle miserie del mondo.»
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Dopodiché, senza entrare nei particolari di quali esperienze fece e di quali miserie conobbe, riprende il racconto della sua scalata al Monte Carmelo.
Il vescovo di Bayeux e Lisieux sin dal 1867 era Mons. Flaviano abele Antonio Hugonin che morirà nel 1898 poco tempo dopo aver dato la licenza per la stampa di "Storia di un'anima".
Il giorno 31 ottobre 1887 all'appuntamento con il vescovo e il suo vicario mons. Révérony, si presentarono Teresa che, per sembrare più grande di età si era fatta tirar su i capelli,e papà Martin. Un'espediente inutile questo di Teresa poichè Mons. Hugonin si mostra sempre più reticente al progetto di Teresa:
(J.Chalon "Una vita d'amore"))
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Benché bene accolti, padre e figlia alleati, tuttavia non riuscirono ad ottenere alcun permesso. Il vescovo disse che avrebbe prima parlato con il superiore del carmelo e già questo non prometteva bene.
L'ultima speranza era quindi quella di rivolgersi direttamente al discendente dell'apostolo Pietro: Papa Leone XIII.
Il pellegrinaggio a Roma era stato organizzato dalla diocesi di Coutances, dato che quello era l'anno delle nozze d'oro sacerdotali di leone XIII. La diocesi di Bayeux si volle associare a questa iniziativa per onorare il papa.
Leone XIII era il primo papa dopo Pio IX che pur continuando ad avere pretese territoriali,(e questo fino al 1929), sull'ex Stato Pontificio, per la prima volta dopo quasi duemila anni era senza più potere temporale.
[modifica] Teresa scende nell'arena dell'azione missionaria a titolo di esercitazione
Prima di proseguire con il racconto del viaggio a Roma per raggiungere il suo obiettivo di diventare carmelitana a tutti gli effetti, avviene nella seconda metà di questo 1887 come un intermezzo che dura circa due mesi i cui attori principali sono: questa ancora bambina tutto sommato, e un criminale incallito.
Thérèse Martin fa il suo ingresso nell'attività missionaria seguendo il mandato del rabbi Gesù di Nazareth dopo la crocefissione, proprio dopo una meditazione-contemplazione del mistero del calvario e crocefissione del maestro e rinnovatore delle antiche scritture ebraiche.
L'incontro col criminale Pranzini avviene immediatamente dopo. Ma chi era Henri Pranzini? Un assassino di tre donne di cui una era una bambina di 11 anni.
Il criminale che Thèrèse chiamava "il mio primo figlio"
Enrico Pranzini francesizzato in Henri-Jacques Pranzini e conosciuto anche con il soprannome di "le Chéri magnifique" era di lontane origini italiane ma nato ad Alessandria d' Egitto. Uomo colto e cosmopolita, parlava circa otto lingue, avventuriero entra nell'esercito dove svolge le funzioni anche di interprete per l'esercito inglese e partecipa alla guerra in Afghanistan. Gli si confaceva una vita libertina e a Parigi dove era giunto insieme ad un suo amico svedese che faceva il pittore frequentava volentieri gli ambienti artistici. Ma uomo d'azione, trafficante con la passione per il gioco questo finì per indurlo a frequentare gli ambienti della piccola delinquenza fino a che un giorno il destino lo farà incontrare con le sue tre vittime: Marie Régnault,che si faceva chiamare Régine de Montille originaria di Chalon, da taluni descritta come donna di facili costumi, aveva abbandonato la provincia per andare à Parigi con la speranza di fare fortuna, la sua domestica Annette Gremeret, e la sua figlia illegittima Marie-Louise, che faceva passare per la figlia della domestica.
La vicenda del Pranzini e delle tre donne troverà il suo epilogo drammatico nella notte tra il 19 e il 20 marzo 1887 con il triplice omicidio avvenuto al numero 17 di via Montaigne a Parigi e la susseguente esecuzione del Pranzini di lì a pochi mesi.
Il delitto ha un vasto eco sia sulla stampa locale, in Francia, che all'estero che sviscererà la vicenda delittuosa in lungo e in largo per il piacere dei lettori.
Gli inquirenti, da parte loro, accertano solo la scomparsa di alcuni gioielli nemmeno di tanto valore e una piccola somma di danaro ma infine seguendo le sue traccie arrestano a Marsiglia un uomo di 30 anni: è lui, il mostro, Pranzini che continuerà a dichiararsi innocente, finanche con un fare insolente e di disprezzo per gli accusatori, sino alla fine. A tutto questo si aggiungeva il fatto che aveva vissuto in Russia e questo rendeva facile accostarlo nel pregiudizio popolare con i nichilisti dell'impero zarista che incutevano terrore.
Il processo si svolge dal 9 luglio 1887 al 14 luglio 1887.
L'esito del processo è abbastanza scontato, la società civile non può perdonare e viene condannato alla ghigliottina come si usava in Francia allora. Il ricorso in cassazione viene respinto sicché la condanna è definitiva.
Tale processo viene seguito da Thérèse sul quotidiano "La croix", che era il giornale che acquistava abitualmente suo papà, malgrado proprio Louis Martin le avesse proibito di leggere qualsiasi giornale. Thérèse disubbidisce a questa ingiunzione ma si giustifica dicendosi che avrebbe letto solo le notizie riguardanti il "grande criminale" come lei lo chiama, il suo "primo figlio". Così ha inizio la sua attività missionaria che la vedrà ben presto passare d'un balzo dai "grandi peccatori" alle "anime sacerdotali" senza muoversi dalla casa paterna prima o dalla sua cella monastica dopo. Quando questi fatti accadevano aveva 14 anni.
"Non erano ancora le anime dei preti che mi attiravano ma quelle dei grandi peccatori..." (MS A)
"Ce n'étaient pas encore les âmes de prêtres qui m'attiraient, mais celles des grands pécheurs..."
Ma a Thèrèse del "grande criminale" importa solo la sua anima che vuole salvare a tutti i costi in una sorta di sfida personale con Satana e quasi per provare la solidità della sua alleanza con Dio.
Per il suo protetto, Pranzini, moltiplicherà preghiere e sacrifici coinvolgendo in questa azione di salvataggio all'ultimo minuto anche la sua sorella Celine che muore dalla curiosità di sapere per chi sono tutte quelle messe che Thérèse l'ha incaricata di far celebrare. Infine Thèrèse cede alla curiosità della sorella del cuore e svela il suo segreto: sono per il suo primo figlio spirituale, Pranzini. E per lei, donna di 14 anni, che aveva esperimentato come pochi altri cosa significa la mancanza della madre e che per giunta sà già di dover rinunciare alla maternità biologica, costituisce anche il suo incamminarsi verso il suo destino, anch'esso naturale, di maternità spirituale
Thérèse sente infine il bisogno di un feedbach delle sue capacità missionarie e lo ottiene. L'esecuzione viene eseguita all'alba del 31 agosto 1887 e leggendo "La Croix" del 1 settembre 1887 Thérèse trova il racconto delle ultime ore di vita del condannato: Pranzini si pente all'ultimo istante e bacia il crocifisso dopo un primo rifiuto. Satana è sconfitto dalla bambina. È l'ingresso vittorioso di Thérèse nell'attività missionaria.
Per un'ulteriore documentazione e approfondimenti su questa sezione:
- "Le Chéri magnifique - Histoire d’un crime " di Viviane Janouin-Benanti (2001)
[modifica] Un viaggio istruttivo: l'Italia
Ma proseguiamo con quella prova che è il viaggio a Roma che Thérèse deve superare, visto che non è assolutamente diponibile ad accettare, come invece gli era stato consigliato di fare, una "vita da filosofi" a casa sua, ma in un altra casa altra da quella paterna, un monastero concreto con delle regole ben precise e uno stile di vita concreto ben preciso come era il carmelo.
All'età di quattordici anni, dunque, nel novembre 1887, Teresa, sua sorella Celine e il padre attraversarono tutta l'Italia, per recarsi in pellegrinaggio a Roma.
- "Ah, che viaggio! mi ha istruita di più da solo, che non i lunghi anni di studio; mi ha mostrato come sia vano tutto ciò che passa, e come tutto sia afflizione di spirito sotto il sole![Ecclesiaste 2,11] Eppure, ho visto delle cose bellissime, ho contemplato le meraviglie dell'arte e della religione, soprattutto ho camminato sulla terra stessa dei santi Apostoli, la terra pervasa dal sangue dei martiri, e l'anima mia si è dilatata a contatto con le cose sacre..." [manoscritto A]
Il viaggio nel complesso durò un mese dal 7 novembre al 2 dicembre, l'organizzatore era l'agenzia Lubin di Parigi e prevedeva il viaggio in prima classe e il pernottamento nei più prestigiosi alberghi della penisola. Il gruppo dei pellegrini era formato da 197 persone, di questi un quarto appartenevano alla nobiltà francese e 65 erano ecclesiastici. La meta per Thérèse, come si sa, era Leone XIII, ma a detta di Celine durante quel viaggio "si combinavano matrimoni".
I tre Martin attraversarono Lisieux ancora addormentata il 2 novembre 1887 alle tre di notte per Parigi.
[modifica] Teresa e l'aristocrazia del nome
- "Non avendo mai vissuto in mezzo a gente di gran mondo, Celine ed io ci trovammo in mezzo all'aristocrazia che componeva quasi da sola tutto lo stuolo dei pellegrini. Ben lungi dall'abbagliarci, tutti quei titoli, e quei <<de>> ci parvero fumo e soltanto fumo. Da lontano mi avevano gettato, qualche volta, un po' di polvere negli occhi, ma da vicino vidi che <<tutto ciò che brilla non è oro>>, e ho capito la parola della Imitazione: <<Non correte dietro a quell'ombra che si chiama un gran nome, non desiderate legami numerosi, e nemmeno la particolare amicizia di alcuno>>. [Imitazione di Cristo, 1,3,c.24.2]"
Il pellegrinaggio che ebbe risonanza anche sui giornali italiani oltre che francesi, ebbe una cerimonia ufficiale di apertura che si svolse proprio a Parigi nella cripta della basilica del Sacro Cuore a Montmartre la domenica del 6 novembre.
Il treno partì alle 6,35 dalla Gare del l'Est a Parigi e per delicatezza Mons. Legoux volle assegnare al signor Martin lo scompartimento che portava il nome di san Martin. Ripartiti così da Parigi attraversarono la Svizzera e arrivati in Italia fecero tappa a Milano, Venezia, Padova, Bologna, Loreto, Roma ovviamente che era la meta e poi sulla via del ritorno sostarono anche a Pompei, Napoli, Firenze,Pisa, Genova.
Da Genova via Nizza, Marsiglia e Lione fecero ritorno a Lisieux.
[modifica] Milano: alla conquista del Duomo
«Milano fu la prima città d'Italia che visitammo. Ne visitammo, senza lasciarci sfuggire nulla, la cattedrale, tutta in marmo bianco, con le sue statue così numerose da costituire una moltitudine quasi infinita. Celine ed io non eravamo mai stanche, sempre le prime subito dopo Monsignor Vescovo, per vedere tutto quanto riguardava le reliquie dei Santi e capire bene le spiegazioni. Per esempio, quando il Vescovo offriva il santo Sacrificio sulla tomba di San Carlo, stavamo con papà dietro all'Altare, la testa appoggiata sulla cassa che racchiude il corpo del santo rivestito dei suoi paramenti pontificali.
Era sempre così... (Ma non quando si trattava di arrampicarsi dove la dignità di un Vescovo non l'avrebbe acconsentito; in questo caso ci staccavamo, senza troppo pensarci, da sua Eccellenza)... Lasciando che le signore paurose si nascondessero il viso fra le mani dopo avere salito sui primi pinnacoli che fanno da corona al duomo, seguivamo i pellegrini più coraggiosi finché giungemmo in cima all'ultimo pinnacolo di marmo, dal quale gustammo la vista sotto di noi della città di Milano i cui numerosi abitanti, sembravano un piccolo formicaio...Discese dal nostro osservatorio, cominciammo le nostre passeggiate in carrozza; dovevano durare un mese e appagarmi per sempre nel mio desiderio di viaggiare senza fatica! Il camposanto ci affascinò ancora più del duomo; tutte le sue statue in marmo bianco, che un geniale scalpello sembrava averle rese vive, sono poste nel vasto cimitero con una specie di disordine che me ne aumentava il fascino...Si sarebbe tentati di consolare gli ideali personaggi fra i quali ci si trova. La loro espressione è così vera, il loro dolore così calmo e rassegnato, che non si può non riconoscere la visione d'immortalità che doveva riempire il cuore degli artisti mentre eseguivano questi capolavori. Qui una bambina getta i fiori sulla tomba dei suoi genitori; il marmo sembra avere perduto la sua pesantezza e i petali delicati sembrano scivolare fra le dita della bambina, come il vento dà già l'impressione di disperderli assieme a quella di far muovere il velo leggero delle vedove e i nastri che ornano i cappelli delle giovinette.»
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(Ms A58v)
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[modifica] Un battibecco tra Thérèse e un pellegrino francese
[modifica] A Bologna uno studente manifesta il suo interesse per Thérèse
[modifica] Roma:alla conquista del Colosseo, un'azione fulminea di due disubbidienti
Fra le più dolci impressioni che ricorda, cita quella che la fece trasalire: la vista del Colosseo.
[modifica] Leone XIII
Ma la vera meta era l'ormai vecchissimo discendente di Pietro la cui udienza era fissata per il 20 novembre.
Arrivati nella città del Vaticano, dunque, Thérèse si trovò subito di fronte ad un primo ostacolo inaspettato: il monsignore che guidava il pellegrinaggio disse che non bisognava parlare al papa.
Thérèse era sgomenta ma approfittò dello sprone della sorella Celine che le consigliava di parlare lo stesso, per farsi coraggio, così chiese direttamente al Papa Leone XIII di entrare nel Carmelo di Lisieux.
Il monsignore che stava accanto al papa, alquanto contrariato, spiegò al pontefice all'oscuro della questione, brevemente di che si trattava. Il papa allora lasciandogli comunque la speranza rimandò tuttavia la decisione al vescovo della sua diocesi. Thérèse ovviamente cercava forse un ordine del papa in suo favore, ordine al quale nessuno avrebbe così osato opporsi ma questo non accadde.
"Monsignore" tuttavia sulla via del ritorno ebbe modo di cambiare opinione su Thérèse e tornati a Lisieux, scaricando ogni responsabilità futura sulle carmelitane di Lisieux che spalleggiarono sin dall'inizio la vocazione di Thérèse, diede il permesso, così che a poco più di quindici anni Teresa il 9 aprile 1888 fece il suo ingresso al carmelo dove assumerà il nome di "Teresa del Bambin Gesù" e in seguito vi aggiungerà "del Volto Santo" così che il nome completo di Thèrèse da religiosa è "Teresa del Bambin Gesù e del Volto Santo".
[modifica] Sulla via del ritorno: Napoli e Pompei
[modifica] A Firenze l'incontro col futuro scrittore Giovanni Papini
Lo scrittore fiorentino Giovanni Papini, che allora era un bambino, racconta che mentre era per via fu fermato da un terzetto formato da un signore con due ragazze, una delle quali in particolare lo impressionò, la ricorda come "dal volto pienotto, tondeggiante, illuminato da occhi dolci, ardenti, profondi". Poiché questi gli chiesero di indirizzarli verso la chiesa fiorentina di Santa Maria Maddalena dei Pazzi questi gli fece da guida.
[modifica] Genova
Alle 16.16 di domenica 27 novembre "La Superba" accoglie la sconosciuta turista Thérèse Martin che, proveniente da Pisa, discende alla Stazione Principe.
Sul quotidiano cattolico della città "Il cittadino" apparve un articolo dell'evento:
«Sono oggi attesi in Genova i duchi di Montpensier i quali si recano a visitare la nostra città. Scenderanno all'albergo Isotta. Trovansi pure a Genova , dove arrivarono ieri, duecento pellegrini francesi tra cui numerosi sacerdoti. Ieri visitarono i principali monumenti, la cattedrale, il deposito di Santa Caterina, e le principali chiese.[] Dopo tre settimane di pioggia, di fango, di ventaccio noioso e insoffribile, una giornata limpidamente serena, un sole primaverile, costituiscono addirittura una tale festività, che tutte quelle segnate nel calendario impallidiscono al confronto. Tutta Genova ieri era per via, a godere dell'insperato beneficio della natura che volle così ricompensarci di tanti giorni di broncio e di afflizione metorologica.»
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Anche il futuro dottore della chiesa pernottò in quello che allora era considerato uno dei più prestigiosi alberghi della città, il Grand Hotel Isotta al civico n°7 di via Roma. Ancor oggi, una gigantografia presente nell'atrio, ricorda la presenza in questo stabile, nell'ottocento di questo famoso Grand Hotel.
Più o meno in quegli stessi anni e sempre in autunno-inverno, soggiornava spesso a Genova a due passi da via Roma, in zona Portello, un professore universitario ritiratosi anticipatamente in pensione. Si trattava del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche. Questo spirito critico viene considerato a ragione insieme a Freud e a Marx un esponente della cosiddetta "scuola del sospetto".
Cento anni dopo, i nomi del profeta del "Crepuscolo degli idoli" e quello della mistica, tentata per lunghi anni e a più riprese dall'ateismo, appariranno insieme in più di un libro dedicato allo studio e all'analisi delle affinità e diversità presenti nel loro percorso di vita e di pensiero.
Il breve soggiorno genovese di Teresa è ricostruibile anche grazie al fatto che uno dei membri del pellegrinaggio tenne un diario particolareggiato del viaggio: si trattava del vicario della chiesa di Saint Etienne di Caen, monsignor Huet.
Ancora oggi sono conservate al carmelo di Lisieux due spille che Louis Martin comprò probabilmente nella bottega orafa di Egisto Sivelli al civico n°10 sempre di via Roma e che donò alle figlie.
«C'etait un papillon», così è scritto in alcuni appunti di viaggio tenuti dalla sorella Celine. In effetti si trattava di due farfalle in filigrana d'argento.
Il 28 novembre alle 14,30 ripartirono alla volta di Nizza.
[modifica] La Riviera di Ponente
[modifica] La vita in monastero (aprile 1888 - 1896)
(FR)
«Le bon Dieu m'a fait la grâce de ne pas craindre la guerre, à tout prix il faut que je fasse mon devoir.»
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(IT)
«Dio mi ha fatto la grazia di non temere la guerra, ad ogni costo bisogna che io faccia il mio dovere.»
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(Thérèse Martin, Manoscritto autobiografico C,23v)
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Sommario: Infine Thérèse riuscì ad ottenere il permesso di diventare carmelitana malgrado la sua giovane età, e nell'aprile 1888 entrò in monastero; Thérèse scrisse a proposito del suo desiderio di un monastero con lei sola come unico abitante. Qui dovette esercitarsi alla convivenza talvolta difficile con le altre monache. In una realtà ancora permeata dalle stagioni di spiritualità giansenista ebbe, tuttavia, modo di conoscere la fondatrice del carmelo di Lisieux, Madre Genoveffa, al secolo Claire Bertrand. Questa anziana monaca che raccontò a Teresa come da bambina veniva presa in giro dalle altre bambine che la dicevano «innamorata del prete», fu un vero conforto, modello di vita monastica e riferimento teologico per Teresa. È lei, infatti, che l'esortò a coltivare il valore della «pace» a cui Teresa già aspirava per sua indole. E attorno a questo tema Teresa ricamò il suo pensiero teologico. «Serva Dio con pace e con gioia, si ricordi, figlia mia, che il nostro Dio è il Dio della pace.» (Ms A f.78r) Così le disse colei che per Teresa rappresentò, come scrisse, il suo «modello di santità» che tanto cercava, un modello più confacente alla sua natura.
«Non sono venuta al carmelo per poter vivere con le mie sorelle, ma unicamente per rispondere alla chiamata di Gesù.»
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A partire da questo momento Thérèse esce definitivamente dopo 15 anni dalla comunità familiare ed entra per sempre in una nuova comunità: La Comunità delle Carmelitane Scalze della "Réforme de Sainte Thérèse en France, du Monastère du Sacré-Coeur et de l'Immaculée-Conception de Lisieux", anche se proprio in questa nuova comunità ritroverà anche la vecchia comunità familiare. Qui, tuttavia, per obbedienza alla regola deve innanzitutto rinunciare al tu familiare e dare del "voi" alle stesse sue sorelle di sangue.
A Lisieux passerà nove anni che si riveleranno di grande ricchezza spirituale. Quando Thérèse entrò al Carmelo vi si trovavano 26 suore e l'età media era di 47 anni. Il carmelo di Lisieux, che si trovava in via Livarot, era stato fondato di recente, nel 1838, ed una delle due fondatrici era ancora vivente proprio nello stesso carmelo, si trattava di madre Genoveffa di Santa Teresa al secolo Claire Bertrand (1805-1891) nata a Poitiers. Thérèse ebbe così modo di conoscerla e si fece un'altissima opinione su di lei e la considerava una santa tanto che, quando poi morì e come Thérèse stessa si esprime: "non se ne seppe più nulla", in qualche maniera questo contribuì ad alimentare in un certo qual modo i suoi "cattivi pensieri" sull'esserci del nulla dopo la morte.
Le giornate di Thérèse in monastero
- 4,45 - sveglia - (d'inverno alle 5,45)
- 5,00 - Preghiera
- 6,00 - Petites heures de l'office (prime, tierce, sexte, none)
- 7,00 - Messa et action de graces (domenica alle 8h)
- 8,00 - colazione
- - lavoro
- 9,50 - Esame di coscienza
- 10,00 - Pranzo
- 11,00 - Ricreazione
- 12,00 - Silenzio
- 13,00 - Lavoro
- 14,00 - Vespri
- 14,30 - Letture spirituali
- 15,00 - Lavoro
- 17,00 - Preghiera
- 18,00 - Cena
- 18,45 - Ricreazione
- 19,45 - Compieta
- 20,00 - Silenzio
- 22,30 / 23,00 - Dormire
Era lasciata a ciascuna carmelitana la facoltà di dedicare alla preghiera l'ora di siesta di mezzogiorno e l'ora di tempo libero la sera.
[modifica] Un direttore spirituale e il direttore dei direttori
Entrata al carmelo, il padre gesuita Almire Pichon (nato nei dintorni di Alencon nel 1843 e morto a Parigi nel 1919) diviene il suo direttore spirituale anche se per poco tempo in quanto parte presto per il Canada e Thérèse rimarrà in rapporto con il suo direttore solo per lettera. Purtroppo, non è rimasto niente di questo epistolario, tra l'altro, non molto intenso. Il gesuita le scriveva solo una volta l'anno e le lettere di Thérèse le ha distrutte tutte. Tuttavia, questo direttore spirituale di Thérèse è molto significativo nella vicenda di Thèrèse perché fu proprio lui che, benché, come dice Thèrèse lamentandosene: "Mi trattava troppo come una bambina", lungimirante o forse guidato da una mano invisibile, le disse di fare di Gesù stesso, che è "il direttore dei direttori", il suo direttore spirituale: "figlia mia, che Nostro signore sia sempre il suo Superiore e il suo maestro di noviziato". Thèrèse, anziché sentirsi delusa, fu entusiasta di questo suggerimento e lo applicò alla lettera: "Lo fu, infatti, ed anche 'il mio Direttore'." Tuttavia, Teresa a questo punto ci tiene a precisare:
In seguito, il gesuita fu anche testimone nel processo di beatificazione della santa e fu un ardente suo discepolo.
[modifica] In difesa della priora madre Gonzaga
La priora del carmelo ai tempi in cui vi ha vissuto questa suorina apparentemente insignificante, ora divenuta dottore, era madre Maria di Gonzaga che è stata, in tutti questi anni, accusata e difesa a più riprese. In effetti gli accusatori di questa superiora hanno ragioni da vendere tantè che alcuni si son dovuti arrampicare sugli specchi per trovare qualche buon motivo in suo favore. E, certamente, il fatto che elargiva a sua discrezione il permesso di poter fare la comunione alla giovane novizia che riusciva a catturare topi per il suo amato gatto non depone certamente a suo favore. Alcuni addirittura l'hanno tacitamente accusata della morte di Thérèse in quanto avrebbe potuto essere stata curata meglio e tempestivamente. La stessa Pauline Martin e le altre monache del cosiddetto "clan Martin" non hanno lesinato critiche e accuse nei suoi confronti dopo la dipartita dell'"enfant cherie du monde". Tuttavia, è stato tramandato un aneddoto che sembra riaprire la discussione su questa figura di monaca, in quanto, malgrado il suo autoritarismo e la capricciosità isterica (quando era giovane monaca aveva inscenato una grave crisi di gelosia verso un'altra monaca minacciando, addirittura, il suicidio), la mostra comunque donna di un certo buon senso che, evidentemente, faceva difetto, invece, ad abati di grande studi. Intendiamo con ciò riferirci all'abate Youf, cappellano del carmelo di Lisieux sin dal 1870.
Solo nella lettera del 1 settembre 1890 indirizzata alla sorella Pauline Teresa lo cita di sfuggita:
Domani vado a trovare don Youf. Mi ha detto di fargli un piccolo resoconto solamente da quando mi trovo al Carmelo. Preghi tanto perché Gesù mi lasci la pace che mi ha dato."
Il termine "pace" è quì evidenziato da Teresa, quella stessa pace a cui la fondatrice del Carmelo la esorterà a stabilirsi come conquista.
Ma ritorniamo alla vicenda, ecco quanto riporta Guy Gaucher in "Teresa Martin" avvertendo, comunque, il lettore, per una più chiara intelligilità della vicenda, di tenere presente quel movimento della cultura religiosa rappresentato dal giansenismo, le cui conseguenze avevano devastato la Francia ben più di ogni altro paese europeo: "...I tempi di ritiro continuano a essere per Teresa fonti d'inquietudine. I predicatori dell'epoca non si astengono dal terrorizzare le anime scrupolose insistendo sul peccato, le sofferenze del purgatorio e perfino dell'inferno (...). Teresa sperimenta, in quel momento, grandi prove di spirito, tanto da domandarsi perfino se c'è un Paradiso. Come raggiungere la santità, se il peccato incombe talmente da ogni parte? Il cappellano stesso, l'abate Youf, è uno scrupoloso. Un giorno suor Teresa di Sant'Agostino, religiosa austera e di vita regolarissima esce in lacrime dal confessionale e va a picchiare alla porta della priora.
"Madre mia -le dice - il confessore mi ha detto che ho già un piede nell'inferno e che, se continuo così, vi metterò ben presto anche l'altro".
"Stia tranquilla, io li ho già tutti e due" le risponde madre Maria Gonzaga.
Suor Teresa comincerà il ritiro nel 1891 nel turbamento. Durante tutto il tempo di questi esercizi, dirà suor Agnese di Gesù, " io la vedevo pallida e disfatta, non poteva più mangiare nè dormire, e sarebbe caduta ammalata se questi fossero durati a lungo ".
Non c'è che dire: almeno per quanto attiene a questo episodio, Maria di Gonzaga ne esce fuori a testa alta tanto da meritarsi la comprensione dei cultori di questa vicenda.
[modifica] Annunci della notte della fede (1890 e 1891)
La notte della fede, così come si manifestò chiaramente a partire dall'aprile 1896, non fu un fenomeno improvviso ma si era già annunciato precedentemente nel corso della breve vita di Thérèse.
Abbiamo già una prima avvisaglia di quella che sarà l'ultima prova della fede nel 1890.
Questo primo annuncio è documentato nelle lettere di Thérèse dei primi di settembre 1890.
In particolare, nella lettera alla sorella Pauline (Agnese di Gesù) del 1 settembre 1890 scrive:
Questo ritiro avrebbe dovuto preludere alla pronuncia dei tre voti di obbedienza, castità e povertà dell'8 settembre ed alla professione religiosa del 24 dello stesso mese.
Quel giorno, il 24 settembre era presente anche la cugina e compagna d'infanzia Maria Guerin che proprio in quell'occasione decise che sarebbe diventata carmelitana.
Dopo questo primo annuncio, le tentazioni contro la fede, dopo un periodo di tregua, riprendono, infatti, in un secondo annuncio del calvario finale durante il ritiro spirituale avuto luogo dall'8 al 15 ottobre 1891 e predicato da padre Alexis Prou (1844-1914). Thérèse così scrive a proposito di quest'altro evento:
«J'avai alors de grande épreuves intérieures de toutes sorte (jusqu'à me demander parfois s'il y avait un Ciel).»
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«In quel tempo avevo delle grandi prove interiori, fino a domandarmi talvolta se esistesse un Cielo.»
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(Manoscritto autobiografico A -F.80 v°)
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[modifica] Un ritratto di Thérèse al carmelo
Madre Maria di Gonzaga così descriveva Thérèse in una lettera inviata al monastero di Tours il 9 settembre 1890:
[modifica] La morte della fondatrice del carmelo di Lisieux
Il 5 dicembre 1891 muore colei che nel 1838 era stata la fondatrice di questo nuovo carmelo francese, quello di Lisieux. Da quello che Thérèse scrive su Madre Genoveffa di Santa Teresa se ne desume che era la persona che più stimava degli abitanti del suo monastero.
[modifica] Lotta di classe al carmelo
La lotta di classe nel XIX secolo, che ancor oggi lo si ricorda come il secolo di Marx e non solo il XIX secolo, non risparmiava il carmelo. Infatti, l'estrazione sociale della maggior parte delle altre monache presenti al carmelo, a parte la priora in carica che era di estrazione aristocratica, erano tutte figlie di contadini poveri, altrimenti di piccoli borghesi mentre il clan Martin composto da Thérèse e le sue sorelle a cui si aggiungerà la cugina Guerin, venivano considerate figlie di ricchi.
Quale sintomo di quanto era nell'aria del tempo si racconta che mentre Teresa disponeva fasci di fiori attorno al feretro della madre fondatrice, viene aggredita verbalmente da una carmelitana evidentemente travolta da una sorta di invidia di classe:
«Si vede che quei gran mazzi di fiori sono stati donati dalla vostra famiglia; nasconderanno certo quelli dei poveri.»
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Ma la nostra che, come è stato appurato, in quanto a spirito rivoluzionario ne aveva anche da vendere, ovviamente non le risponde e si rifugia come d'abitudine nel silenzio dove si celava il suo amico. (Fonte: "Una vita d'amore" di Jean Chalon)
[modifica] Il sogno del cuore in eredità
Dopo poco tempo la morte di madre Genoveffa, Teresa fa un sogno che così racconta:
[modifica] Un'epidemia al carmelo
Venti giorni dopo la morte della fondatrice del carmelo di Lisieux, il 28 dicembre 1891, esplode un'epidemia di influenza che sconvolgerà il carmelo. Questa epidemia l'anno precedente aveva già fatto 70 mila vittime in Francia. Alcune tra le più anziane delle monache muoiono, le altre sono immobilizzate a letto. Thérèse ed altre due carmelitane sono le uniche risparmiate dal flagello.
[modifica] Elezioni al carmelo: Pauline Martin nuova priora
Nel febbraio del 1893 al carmelo di Lisieux ci sono le nuove elezioni che avrebbero dovuto designare una nuova priora in quanto benché il mandato di priora a madre Maria di Gonzaga era già scaduto da un anno, le nuove elezioni erano state procrastinate per via dell'epidemia di influenza. Secondo la Costituzione non si potevano ammettere al Capitolo più di due monache della medesima famiglia. Maria e Pauline vi figuravano già per cui Teresa non entrerà mai al Capitolo e non avrà mai il diritto di votare.
Non senza difficoltà risulta eletta nuova priora, con mandato fino al marzo 1896, quella che fu ai Buissonnet la seconda mamma di Thérèse, Pauline ora madre Agnese di Gesù. Agnese di Gesù, quale nuova priora, nomina la priora uscente, maestra delle novizie, tuttavia, consiglia a Maria di Gonzaga di farsi aiutare nello svolgimento di questo incarico da Thérèse quale vice-maestra. Madre Maria di Gonzaga accetta il consiglio sicché questo incarico per lei sarà una investitura solo formale perché di fatto la nuova maestra delle novizie sarà Thèrèse e tale rimarrà sino alla morte.
In MsA f.80 v° Thérèse dice che poté veramente vivere non più nella "via del timore" proprio con l'elezione di Pauline a priora.
[modifica] Tutta la famiglia Martin al carmelo di Lisieux
Il 1894 è l'anno della morte di papà Martin che nei precedenti anni era stato colpito da arteriosclerosi cerebrale che gli aveva procurato stati di agitazione e gravi turbe psichiche. Come disse Teresa fu un calvario per tutta la famiglia. Nel "mondo" era rimasta Celine che tra l'altro si pensava, unica tra le sorelle, che si sarebbe maritata. Ma quando Louis morì anche Celine, che insieme ai signori Guerin gli prestava le ultime cure, entrò al Carmelo portandosi una delle nuove conquiste della nuova era tecnologica, la macchina fotografica, ed è a lei, che si deve, se sono rimaste fotografie di Thérèse. Con l'arrivo dell'Intrepida (soprannome dato da papà Martin a Celine mentre Thérèse era soprannominata l'orfanella della Beresina) tutta la famiglia Martin escludendo solo Leonie era al completo nello stesso carmelo di Lisieux. Celine, ormai venticinquenne, delle sorelle Martin è quella che ha trascorso più tempo nel mondo, ha rifiutato molte domande di matrimonio e della vita spensierata e frivola al castello di proprietà dei Guerin scrive a Thérèse:
«...passiamo le giornate a sbellicarci dalle risa, mentre io sono assetata di solitudine.»
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«Teresa mia!...Oh! ne ho fatte di meditazioni su di te, sul nostro affetto reciproco...mi sembra che...tu mi sia troppo indispensabile, perciò intuisci il resto!»
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Ma Celine entrando al carmelo non porta solo la macchina fotografica ma anche un grosso quaderno sul quale ha copiato numerosi passaggi del "Vecchio Testamento" che Teresa non conosceva perché erano proibiti al carmelo ed è proprio a questo quaderno che Teresa si interessa di più.
[modifica] L'allieva prediletta
Tra le novizie che, con il nuovo incarico, appresero dalla giovane maestra, una le era stata affidata in particolare, suor Maria della Trinità e del Santo Volto, al secolo Marie Louise Josèphine Castel (1874 - 1944).
Carmelitana a Parigi dal 1891 al 1893, entra nel Carmelo di Lisieux il 16 giugno 1894. Novizia prediletta dell'ormai dottore della chiesa Teresa di Lisieux, in seguito curò la pubblicazione della giovane maestra insieme alle sorelle Martin.
Il suo noviziato fu molto travagliato e Celine riporta questa frase di Teresa quando la sua allieva finalmente pronunciò i voti:
«Mi sembra di essere Giovanna d'Arco che assiste alla consacrazione di Carlo VII.»
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Maria della Trinità prima di entrare al Carmelo era stata testimone di alcuni fenomeni di "magnetismo". Ne mise al corrente Teresa la quale, il giorno seguente si racconta che le abbia detto:
«Vorrei farmi magnetizzare da Gesù! Sì, voglio ch'egli s'impossessi delle mie facoltà in tal modo ch'io non compia più se non azioni divine e dirette dallo Spirito dell'amore.»
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A testimonianza della loro amicizia ci sono rimaste le nove lettere che Teresa le scrisse tra l'aprile del 1896 e il 12 agosto 1897 più il "Cahier Rouge" dove Maria della Trinità scrisse i suoi ricordi di Teresa.
[modifica] Teresa al rogo
Per il 21 gennaio 1895 Teresa come autrice, scenografa e attrice di teatro è occupata a preparare un lavoro su Giovanna d'Arco. In questa rappresentazione teatrale l'autrice mette in scena una ventina di personaggi. Lo spettacolo è necessitato di prove su prove, confezione di costumi, preparazione della scenografia. Accade però che durante le prove, che si svolgono in maniera alquanto realistica, Teresa rischia di fare la fine della sua eroina, ma fortunatamente le fiamme vengono ben presto domate.
[modifica] Viver d'amore - Morir d'amore
Il 26 febbraio 1895 compone la poesia "Viver d'amore" che secondo la sorella Celine, rimane la regina delle sue composizioni poetiche. In essa Teresa, ancora una volta e meglio, canta le ragioni dell'amore, quelle ragioni di cui, lei, è consapevole che agli occhi del mondo appaiono una follia.
È un viver d'amore conseguente, radicale, estremista, il cui significato è, quindi, inevitabilmente anche "morir d'amore". Questo "morir d'amore" per Teresa rappresenta la consapevolezza che non è possibile trovare facili compromessi tra le ragioni dell'amore e le ragioni del mondo, per cui viver d'amore è anche un uscire dal mondo, vissuto, come è tradizione delle correnti apocalittiche della cristianità, come un esilio da quella che sarebbe, in questa concezione, la vera patria.
Questa poesia, recentemente è stata musicata dal compositore Frei Hermano Da Camara all'interno della sua "Missa Portuguesa".
[modifica] La crisi della maturità o la seconda conversione: la notte della fede (1896-1897)
(FR)
«Il faut avoir voyagé sous ce sombre tunnel pour en comprendre l'obscurité»
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(IT)
«Bisogna avere viaggiato sotto questo buio tunnel per comprenderne l'oscurità»
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(Thérèse Martin, Manoscritto autobiografico C,5v)
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Sommario: È quindi a partire da quell'evento del natale 1886 che si fece chiara in Thérèse la sua vocazione di carmelitana che non fu scalfita né dai dubbi sulla sua vocazione, avuti proprio alla vigilia della sua professione, né da quelli sulla sua stessa fede in Dio manifestatisi simultaneamente a quella tubercolosi che la condusse alla morte. Questi dubbi, come traspare da quel poco che ne ha scritto, sono da relazionarsi anche al clima di positivismo e scientismo di fine secolo che permeavano anche le mura di un monastero. È invece proprio in questa situazione di dubbio che Thérèse trovò forza per la sua vocazione. Questa vocazione più profonda è il suo essersi "sentita chiamata dall'amore" che l'indusse alla ricerca della "scienza d'amore" come ribadisce lei stessa nel citare la sua amica Margherita Maria Alacoque in quel «poema di settembre» che è il manoscritto B.
A questo punto del suo percorso evolutivo avvenne un fatto inaspettato, ma decisivo: l'ordine di scrivere la sua autobiografia impartitole dalla superiora del monastero (carica ricoperta, in quel periodo, dalla sorella maggiore della santa, entrata nello stesso Carmelo di Lieisux, anni addietro) nel 1895. Ha così modo di mettere in scritto la sua ricerca spirituale dell'amore e di farsi conoscere.
Morì due anni più tardi e gli scritti autobiografici, dal titolo di Storia di un'anima, indurranno alla riflessione i suoi devoti.
[modifica] Passione e morte di Thérèse Martin
Quello che segue è il racconto documentato degli ultimi 18 mesi di vita della mistica al carmelo di Lisieux. È il periodo che per consuetudine di tutti gli studiosi e conoscitori della vita della carmelitana di Lisieux, viene denominato "notte della fede" e che rapportato alla vita del suo maestro, costituisce il "calvario" di Thérèse, che è calvario in due sensi: nello spirito, per via della prova della fede e nel corpo, per via della tubercolosi, che a quei tempi era molto difficile curare e guarire. In quel periodo in Francia morivano di questa malattia, circa 150 mila persone all'anno. In quegli stessi anni il microbiologo tedesco Koch stava lavorando proprio allo studio e alla cura di questa malattia. Infine riuscì nel suo intento ma solo molti anni dopo.
Questi diciotto mesi sono i mesi della vera e propria passione di Thérèse che nella sua carne e sangue, con eroismo e combattività realizza l'imitazione di Cristo, anzi una vera e propria identificazione in Gesù di Nazareth, infatti non è un caso che nel "manoscritto C", scritto proprio nell'avvicinarsi della "sera", fa proprie le parole di commiato del Maestro riportate da Giovanni nel capitolo 17 del suo vangelo.
[modifica] La vera missione di Thérèse: "Amare l'amore e far amare l'Amore"
«Amare, essere amata e ritornare sulla Terra per far amare l'Amore»
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("Consigli e ricordi - 18 luglio 1897" di Celine Martin)
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Il suo desiderio di recarsi in missione in Indocina non si realizzò mai a causa della sua malattia, la tubercolosi, che cominciò a manifestarsi dall'aprile del 1896, nel giorno di pasqua. Il progredire inarrestabile della malattia, tuttavia, non le impedì di prendersi cura dei missionari in partenza per il sud-est asiatico e pregare per loro.
A questo scopo, madre Maria di Gonzaga che allora era la superiora del carmelo di Lisieux, affidò quali fratelli spirituali, secondo una consuetudine del tempo, i missionari Maurice Belliere e Adolphe Roulland, missionari rispettivamente in Africa ed in Cina, affinché essa sostenesse per mezzo della preghiera il loro lavoro apostolico. Thérèse che aveva sempre desiderato avere un fratello prete scrisse:
«Quel che gli chiediamo è di lavorare per la sua gloria, di amarlo e di farlo amare"»
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(Lettera 220, in Opere complete)
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In una lettera a padre Belliere paragona la loro unione a quella di Margherita Maria Alacoque e Claude La Colombière.
Maurice Bartolomeo Belliere era un seminarista della diocesi di Bayeux. Il 29 settembre 1897, vigilia della morte di Teresa, s'imbarcò per Algeri dove doveva entrare al noviziato dei Padri Bianchi. Dopo alcuni anni di missione in Africa, colpito dalla malattia del sonno, tornò in Francia e morì il 14 luglio 1907, all'età di trentatre anni.
Adolphe Roulland era un seminarista della Società delle Missioni Estere di Parigi. Ordinato sacerdote il 28 giugno 1896 si imbarcò per la Cina il 2 agosto dello stesso anno. Nel 1909 ritornò in Francia dove ebbe diversi incarichi. Morì il 12 giugno 1934.
Dei due "fratelli spirituali" Thérèse ha conosciuto di persona solo Adolphe Roulland che, divenuto sacerdote, andò a celebrare una delle sue prime messe proprio al carmelo di Lisieux.
Dello scambio epistolare di Thérèse e i missionari sono rimaste 36 lettere, di cui 11 di Thérèse a Belliere, 11 di Belliere a Thérèse, 8 di Roulland a Thérèse e 6 di Thérèse a Roulland.
[modifica] Il sogno dei cittadini del Cielo e la riconquista della fede
Tuttavia anche se le prove e le sofferenze in questi ultimi due anni non gli mancarono, già un mese dopo la manifestazione della malattia che la condurrà alla morte, non gli mancò il sostegno e il conforto di quelli che lei chiamava, suoi amici e "cittadini del Cielo".
Infatti il 10 maggio di quello stesso 1896, gli apparve, non in visione ma in sogno, nel suo vissuto quale una messaggera dell'aldilà, colei che in terra era considerata il braccio destro di Teresa d'Avila insieme a Giovanni della Croce: Anna di Gesù, al secolo Anna De Lobera, colei che realizzò, nel 1604, la riforma del carmelo in Francia. Questa le apparve insieme a due monache sconosciute e le confermò la stima e l'amore dei suoi amici dell'aldilà.
Il peso della vita materiale per Thérèse continuò ovviamente, anzi aumentò sino all'esito che conosciamo, ma certamente questo incontro, sia pure sul piano del sogno, deve averle dato quella forza di lucidità, per lo meno da non farla soccombere definitivamente, schiacciata dalle forze della materia ma soprattutto schiacciata dalle voci di questa forza che, se vincente, l'avrebbe condotta alla disperazione.
Questo è il racconto dalla viva voce di Teresa di quello che fu come un raggio di quella luce che comunque risplende e risplenderà per sempre nelle tenebre, fino alla vittoria finale.
[modifica] Genesi di "Storia di un'anima"
Nel 1895, durante il priorato della sorella Pauline, le fu ordinato, dalla stessa sorella, ora sua superiora, di mettere in iscritto i suoi ricordi. Nacque così il "Manoscritto autobiografico A" redatto quando ancora non era iniziata la prova della fede. In seguito, nel settembre 1896 e poi in giugno 1897, sempre in obbedienza alla nuova priora, madre Maria di Gonzaga (la quale fu consigliata in questo di nuovo dalla stessa Pauline), redasse rispettivamente gli altri due manoscitti: B e C che nell'insieme formarono quell'opera postuma che prenderà il titolo di Storia di un'anima, libro che ebbe una accoglienza eccezionale, nel quale racconta la sua vocazione e la semplicità della sua vita. La carmelitana ha chiaramente precisato il suo progetto sin dall'inizio del Manoscritto:
Alcuni studiosi dei suoi scritti formatisi al metodo psicoanalitico nel quale storicamente il metodo dell'associazione di idee costituiva assieme al pensiero onirico la via maestra per accedere all'inconscio, ritengono che questi manoscritti di Teresa sono paragonabili ad una vera e propria anamnesi psicoanalitica dove la resistenza operata dal pensiero razionale viene messa come in pausa.
Dopo l'edizione critica, i manoscritti erano riprodotti secondo un ordine cronologico: A, B, C. Attualmente però alcune edizioni pubblicano i manoscritti A [Agnese], da taluni chiamato dall'incipit anche "Storia primaverile di un piccolo fiore bianco" , e C rinominato G [Gonzaga] come costituenti uno il seguito dell'altro, infine il manoscritto B rinominato M [Maria] come uno scritto autonomo. A quest'ultimo scritto talvolta ci si riferisce come al "poema di settembre" perchè composto in settembre e perchè il più poetico dei tre. Per chi conosce la genesi di tali manoscritti, non può che condividere questo tipo di presentazione, in quanto il più corrispondente al vero.
[modifica] Ateismo e materialismo
Tuttavia fu proprio quando era ormai minata fisicamente dalla tubercolosi che è stata tentata a più riprese dall'ateismo e dal materialismo in una lotta interiore che lei stessa racconta nei manoscritti B e C: una personale (e presumibilmente drammatica e sofferta) notte della fede, ultima crisi ed anche ultimo passo di conversione verso la santità.
E ancora a madre Agnese confida il suo timore peraltro non fondato e tipico del freddo e ottuso scientismo ma che comunque lei paventa come qualcosa di serio e di molto prossimo a realizzarsi:
[modifica] La prova della fede: descrizione e testimonianze
- A partire dalla Pasqua del 1896 inizia per la carmelitana di Lisieux un periodo caratterizzato dalla "notte della fede", che perdurerà fino alla morte. Tale tentazione contro la fede è descritta soprattutto nel "Manoscritto C", nei "Derniers Entretiens" e in alcune lettere e poesie di quest'epoca.
- Emmanuel Renault che si è occupato in particolare della prova della fede che la carmelitana di Lisieux ha patito, cita la confidenza fatta da Thérèse ad una consorella:
«Se sapesse in quali tenebre sono immersa. Non credo alla vita eterna. Mi sembra che dopo questa vita mortale non ci sia più niente: tutto è sparito per me, non mi resta che l'amore.»
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- Madre Agnese (Pauline) rivela a suor Luisa di Gesù (carmelitana del monastero di Lisieux dal 1919 al 1982) che Thérèse si sentiva talvolta assalita con una tale violenza da uno spirito di blasfemia che si mordeva le labbra con forza per non proferire le parole empie che le venivano, malgrado la sua volontà, alla bocca.
Proprio riferendosi a questa testimonianza, taluni hanno parlato di confidenza indiretta a proposito di quanto Thérèse stessa scrive nella "Preghiera n°18":
«Spesso devo far diventare rossa con il sangue del mio cuore l'arena del combattimento.»
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[modifica] Un carmelitano smarrito
Proprio in questo ultimo periodo della vita della mistica di Lisieux un ex-provinciale dell'ordine dei carmelitani, padre Giacinto Loyson (1827 - 1912), aveva abbandonato il suo ordine religioso e la chiesa cattolica stessa e si prodigava con grande impegno in attività contrarie ad esse anche se in buona fede sembrerebbe e non per un qualche tornaconto personale, percorrendo la Normandia e facendo conferenze. Si trattava in particolare soprattutto di un suo disaccordo sul nuovo dogma, proclamato da poco, sull'infallibilità papale.
Questo padre carmelitano aveva un grande talento di oratore, sennonché intorno al 1864 assunse toni liberali ammettendo i principi della rivoluzione francese. Nella sua prima conferenza a "Notre Dame" "Dio personale e vivente" seguita da ben 4000 persone, affermava che appunto questa questione era il nodo religioso del XIX secolo. Nel 1867 veniva scelto come superiore della "Maison de Paris" e nel 1868 il papa lo riceveva e si felicitava. Tuttavia in quello stesso 1868 comincia a domandarsi se non deve uscire dalla chiesa cattolica per poter continuare a seguire la sua religiosità.
Nel 1869 Loyson decide di lasciare l'ordine carmelitano e si comincia a parlare di un nuovo Martin Lutero. A 45 anni nel 1872 si sposa, si associa ai "Vieux-Catholiques" e si sforza di fare esistere una Chiesa cattolica non-romana.
Nel 1873 gli nasce un figlio e fa un giro di conferenze in Svizzera, Olanda, Belgio.
I punti principali del suo programma sono:
- 1 - Rifiuto dell'infallibilità del Papa.
- 2 - Elezione dei vescovi direttamente dal clero e dal popolo cristiano.
- 3 - Celebrazione eucaristica nella lingua nazionale.
- 4 - Libertà di sposarsi per i preti.
- 5 - Intiera gratuità del culto.
Loyson nel 1909 scriverà di suo figlio Paolo che si era sposato nel 1896:
Teresa venne a conoscenza di questa vicenda, vicenda che la rattristò molto e lei che già era presa più che mai dall'impegno per la propria conversione da una sorta di ateismo istintivo, il 19 agosto di quel 1897 in particolare innalza una preghiera per il ritorno del Loyson alla casa comune. Dopo la morte di Teresa, padre Loyson venne a conoscenza dell'amore fraterno che essa ebbe per lui e le conserverà un affetto e una stima particolari che non verranno mai meno. (Corrispondenza tra il Carmelo di Lisieux e Loyson del 1911)
[modifica] Un nuovo amico: Théophan Venard
Come si è visto è nel Cielo più che sulla Terra che la mistica ha vissuto la sua breve vita terrena ed è nel Cielo più che sulla Terra che essa aveva e coltivava le sue amicizie, alcune grandi, altre minori e sconosciute ai più ma per lei molto significative. Tra queste negli ultimi anni della sua vita, quindi già a malattia inoltrata, va annoverata la sua grande amicizia per un giovane missionario in Indocina Théophan Vénard (1829-1861) morto martire all'età di 31 anni e di cui nel novembre 1896 aveva letto la vita e alcune sue lettere. Thèophan Venard, come dirà in alcune sue lettere indirizzate alle sorelle, Teresa lo sentiva proprio come suo simile e il 2 febbraio 1897 per il trentaseiesimo anniversario del suo martirio scriverà un'intera poesia a lui dedicata e che spiega anche l'ultimo suo desiderio che però la tubercolosi gli rese impossibile attuare: di partire anche lei come il suo amico Théophan per la terra di missione e proprio nella medesima terra di missione che è l'attuale Vietnam dove le monache di Lisieux avevano fondato da poco un nuovo Carmelo ad Hanoi.
Quando pensieri di una concezione puramente materialistica della storia e della vita la attaccano e ossessionano tentandola ripetutamente, Teresa cerca il ritratto di di Théophan per cercare un po' di conforto e questo ritratto non la lascerà mai più.
[modifica] Sogno di una monaca su Thérèse
L'8 gennaio 1897 nell'iniziare l'ultimo anno della breve vita di Thérèse una consorella di Thèrèse, suor Teresa di Sant'Agostino fa un sogno.
Di questa monaca Thérèse esprime una sua opinione in Ms C, 13 v°/14r°. Ulteriori informazioni su questo argomento si possono trovare in "Ultimi colloqui" - Testimonianza di suor teresa di Sant'Agostino.
Si riporta qui di seguito il sogno e il commento che ne fa Thèrèse dopo esserne venuta a conoscenza.
Il sogno dello sposalizio di Thérèse
Teresa in questo sogno vi riconobbe esattamente il suo stato d'animo, infatti questo fu il suo commento:
Del resto Thèrèse di questa prova di purificazione, "bisogna che sia bellisssima", aveva scritto:
«[Questa prova]...mi toglie tutto quel che si sarebbe potuto trovare di soddisfazione naturale nel desiderio che avevo del Cielo...»
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«...enlève tout ce qui aurait pu se trouver de satisfaction naturelle dans le désir que j'avais du ciel...»
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(Ms C, 7v°)
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[modifica] Fino alla fine il desiderio del sacerdozio anche per le donne
Teresa ha sempre desiderato di poter accedere al sacerdozio che invece gli era negato per il suo esser donna. Sembrerebbe che non sia riuscita a farsene una ragione se fino alla fine continuerà a nutrire speranze in questo senso.
All'8 febbraio 1897 risale infatti l'ultimo suo componimento teatrale su San Stanislas Kostka che di nuovo riprende proprio questa tematica.
Fu santa Barbara infatti che portò la comunione al santo gesuita che la richiedeva. In questo lavoro teatrale Thèrèse sostiene che forse Santa Barbara proprio come lei Teresa abbia desiderato essere sacerdote quando era sulla Terra ma che abbia potuto realizzare questo suo sogno solo una volta in Cielo. In questo modo Thèrèse con la storia di santa Barbara e San Stanislas Kostka sembra risolvere la questione che riguarda anche lei.
[modifica] Una poesia bellicosa: "Le mie armi"
In questo ultimo anno della vita di Thérèse c'è da segnalare che il 25 marzo 1897 una delle sue novizie, la cugina e amica d'infanzia Maria Guerin, fa la professione religiosa e diviene suor Maria dell'Eucarestia. Questo evento ispira a Thérèse una delle sue poesie più bellicose:"Mes armes" (Le mie armi).
Alcuni esegeti dei testi teresiani leggono questa poesia come il testamento di Teresa. Questo testamento venne cantato nel coro della comunità dalla stessa Maria Guerin che era considerata per la sua voce "l'usignuolo" della comunità.
Tuttavia proprio in quel periodo uno dei suoi due "fratelli preti", l'ancora seminarista Maurice Belliere stava svolgendo controvoglia il servizio militare di cui non vedeva l'ora che terminasse. Nel momento storico in cui si svolse questa vicenda infatti lo stato francese valutava che l'essere seminaristi non esentava dal servire la patria. Così Thérèse decise di inviare "Le mie armi" anche al suo fratello soldato Maurice.
[modifica] Una vicenda tra satanismo e massoneria
Tra i lavori teatrali composti da Thérèse e di cui fu anche oltre che autrice, regista, scenografa e attrice, ve n'è uno composto per la festa di san Luigi Gonzaga che cadeva il 21 giugno 1896 e che era anche la festa della madre priora Maria di Gonzaga subentrata di nuovo, dopo il priorato di Madre Agnese, nell'incarico. Questo lavoro si intitolava "Il trionfo dell'umiltà". La vicenda trattata da Thèrèse ha un precedente nella vita reale in una vicenda tra satanismo e massoneria che ha i suoi inizi nel maggio-giugno 1895 e che, mentre Thèrèse e le altre monache mettono in scena al teatro del carmelo, è ancora in corso di svolgimento.
Come si sa, Giovanna d'Arco rappresentava per Teresa l'eroina per antonomasia. Ebbene Teresa in questo testo teatrale non esita ad affermare che la nuova Giovanna D'Arco si chiama Diana Vaughan. Ma chi è Diana Vaughan? Una fidanzata di Satana pentitasi e convertitasi a fidanzata di Gesù. Il nome di Diana Vaughan in quel periodo era nelle prime pagine dei giornali che la descrivevano come figlia di un americano e di una francese che a vent'anni viene iniziata al palladismo, una sorta di spiritismo-satanico-massonico. Precisiamo, per correttezza, che i massoni in quell'epoca venivano presentati come spaventosi demoni, le etichette tuttavia nel loro semplicismo non rendono ragione della complessità di un movimento di pensiero, basti pensare che l'evangelista Giovanni è sempre stato tenuto in alta considerazione dalla massoneria.
Orbene nel 1893 Diana Vaughan va ad abitare a Parigi dove entra in amicizia con il dottor Bataille e un marsigliese Leo Taxil il cui vero nome è Gabriel Jogand-Pagés. Entrambi sono dei fuoriusciti dalla massoneria.
Nel 1895 la satanista è pronta per convertirsi al cattolicesimo, almeno così recitano i giornali, in particolare il giornale cattolico «La Croix» che l'8 maggio 1895 invita i suoi stessi lettori a pregare Giovanna D'Arco per la conversione dell'ormai ex satanista. Finalmente il 6 giugno la Francia cattolica esulta e il 13 giugno viene confermata come data della conversione ufficiale.
Arrivati a questo punto, con una inversione di marcia, l'ex sacerdotessa di Satana si lancia in una lotta senza tregua contro il satanismo e la massoneria pubblicando le "Memorie di una ex palladista".
Nella primavera 1896 Diana Vaughan raggiunge il massimo di notorietà e il giornale "L'univers" gli dedica un ampio articolo. Tuttavia Diana Vaughan fino ad allora nessuno l'aveva mai incontrata di persona benché il suo nome era arrivato anche in Vaticano da Leone XIII il quale, letta "La Novena Eucaristica" composta dalla stessa Diana Vaughan, mostra approvazione.
Chi fa conoscere Diana Vaughan alla nostra ingenua mistica è lo zio Isidore Guerin che porta "Le memorie di una ex palladista" al carmelo.
Anche Thèrèse risulta molto interessata a questo racconto della lotta tra le forze della luce e il principe delle tenebre, da qui l'ispirazione alla composizione di un breve lavoro teatrale "Il trionfo dell'umiltà".
Questo lavoro di Thèrèse messo in scena da lei stessa nel piccolo teatro del carmelo è un successo presso il pubblico di sole carmelitane e Madre Agnese chiede a Teresa,che ormai ha fama di poetessa, di scrivere qualcosa di poetico per incoraggiare Diana Vaughan nel perseguire sulla nuova strada.
Teresa tuttavia non riesce a scrivere alcunché così invia a Diana Vaughan semplicemente una lettera con una sua foto nei panni di Giovanna D'Arco che era stata fatta da Celine durante il lavoro teatrale in cui Teresa recitava la parte della Pulzella d'Orlean.
L'epilogo di questa storia avviene il 19 aprile 1897. Nel frattempo erano cominciati a sorgere forti dubbi, così Diana Vaughan per quella data annuncia una conferenza stampa a Parigi in cui si mostrerà al pubblico.
All'appuntamento sono presenti quattrocento giornalisti. "Le Normand" del 24 aprile 1897 pubblica un lungo resoconto di quella conferenza stampa.
Teresa quando seppe la verità, lei che aveva ricevuto anche una lettera di risposta dalla sedicente Diana Vaughan, andò a prendere quella lettera che aveva conservato e la gettò nel letamaio.
Alla conferenza stampa infatti i giornalisti videro proiettata una immagine di Giovanna D'Arco in prigione: era la foto di Teresa. Poi entrò un signore basso, grassottello, calvo e barbuto e disse: "Diana Vaughan sono io!". Si trattava di Leo Taxil esponente di una loggia massonica ed ex direttore del giornale "L'anticlericale".
[modifica] La morte della grande mistica
A partire dall'8 luglio 1897 lasciò definitivamente la sua cella per l'infermeria del monastero e due giorni dopo interrompe la composizione del manoscritto C che rimane così incompiuto.
[modifica] Tre segretarie per Thérèse Martin
Le tre segretarie sarebbero Pauline, Marie e Celine , le sue tre sorelle al carmelo e lei inferma e a letto un giorno vedendosi attorniata da loro tre che l'ascoltavano e prendevano appunti delle sue parole le chiamerà affettuosamente Pietro, Giacomo e Giovanni identificando come altre volte sé stessa con Gesù di Nazareth.
[modifica] Thérèse Martin è Gesù di Nazareth
Questo del resto è in sintonia con la sua linea interpretativa dei quattro testi sacri che stanno a fondamento del cristianesimo: i vangeli.
Mettendo a confronto nel "Manoscritto autobiografico C" Matteo (22,37-40) con Giovanni (13,34) approposito della legge cristiana che affranca dalla ormai obsoleta legge ebraica veterotestamentaria, sottolinea come nella formulazione di Giovanni c'è meno ambiguità. Quì infatti non si tratta più di amare il prossimo come sè stessi ma di amarlo come Gesù lo ama. Il progetto che va sdipanandosi nella mente di Teresa si fa sempre più chiaro: Gesù è Teresa dunque così come Teresa è Gesù. Non si tratta più di avere fede ma come ebbe modo di scrivere, anche la speranza non è più necessaria: l'amore è sufficiente per fondere due cuori in uno solo. Non sono più io che vivo ma è Dio che vive in me.
[modifica] Genesi dei "Derniers Entretiens"
A partire dal 6 aprile 1897 Madre Agnese di Gesù aveva cominciato a raccogliere le ultime parole di Thérèse nel famoso "Cahier Jaune" e presto, dal luglio 1897, era stata imitata dalle altre due sorelle incoraggiate in questo progetto del resto anche dall'unica sorella che si trovava ancora nel mondo, Leonie, che viene regolarmente al parlatorio per chiedere notizie della sorella malata. A Celine, infatti Leonie scrive il 18 luglio 1897:
Alla morte di Thérèse e dopo la pubblicazione e fortuna di "Storia di un'anima", l'insieme di questi scritti più altre testimonianze prenderanno il nome di "Derniers Entretiens" o "Ultimi Colloqui" che susciteranno contestazioni soprattutto da parte di quei lettori e studiosi della carmelitana che non condivideranno la chiave di lettura conformista e riduttiva della vita e delle opere di Thérèse che pur avendo avuto tanta fortuna tra i devoti meno esigenti non riscuote assolutamente credito tra i lettori più smaliziati di Thérèse che dal loro punto di vista la vedono, in tali schemi interpretativi, sminuita e ridotta, falsificandone, anche se quasi sempre in buona fede, la sua vera identità.
Tale critica trova ulteriore giustificazione nel fatto che i "Derniers Entretiens" (o "Ultimi Colloqui") non sono propriamente le parole che Thérèse ha scritto in prima persona come gli altri scritti a lei attribuiti ma sono gli appunti delle ultime conversazioni che lei ha intrattenuto, tra il luglio e il settembre 1897, in particolare con la sorella Pauline/suor Agnese di Gesù.
Le parole che in questi appunti vengono a lei attribuiti non danno la certezza che furono proprio quelle le sue parole come invece per gli altri scritti di cui si hanno gli originali autografi. Occorre poi tener presente la disinvoltura con cui - a parere degli storici - le sue consorelle, e in primo luogo Pauline/suor Agnese, corressero i suoi scritti originali prima che fossero pubblicati.
I "Derniers Entretiens" sono ovviamente una interessante e utile documentazione che si aggiunge ad altre per comprendere più profondamente il vero senso della vicenda Thérèse Martin ma il rispetto per la verità di questa storia con le sue luci e anche con le sue ombre esige comunque che ogni affermazione che in esso viene a lei attribuito vada per lo meno preso con le pinze.
Uno studioso di questa vicenda oltre che carmelitano, Jean François Six, riteneva che tale insieme di scritti non andassero nemmeno inseriti nell'edizione delle "Opere Complete di Thèrèse Martin" ma che dovessero essere semmai pubblicati a parte.
[modifica] Poter morire in un campo di battaglia
Stando a quanto scritto in "Ultimi colloqui" la religiosa di Alencon il 4 agosto 1897 avrebbe riferito di avere fatto il seguente sogno:
All'8 settembre risale il suo ultimo autografo su una immagine di Nostra Signora delle Vittorie a lei molto cara.
[modifica] Ultime persecuzioni
[modifica] La tentazione del suicidio
Il 22 settembre la sua situazione si fa particolarmente drammatica: la sofferenza raggiunge punte elevatissime e Thérèse sente che non ce la fa più a sopportare tanto dolore. Vede vicino a lei i medicinali, vorrebbe farla finita. Poi però non ne fa nulla ma si confida con le sue sorelle e chiede di non lasciare più vicino a lei la possibilità di una simile scorciatoia. (Tratto dalle annotazioni del "Cahier Jaune")
[modifica] Il giorno della vittoria
«Non muoio, entro nella vita»
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(Lettera di Thérèse a Maurice Bellière del 9 giugno 1897))
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All'ora dell'Angelus (le 18) la comunità che da circa due ore stava nell'infermeria è congedata dalla priora. Teresa sospira:
«"Madre mia! Non è ancora l'agonia?...Non muoio ancora?..."
"Sì, povera piccola, è l'agonia ma il buon Dio la vuole forse prolungare di qualche ora."» |
Poi verso le sette di sera, stando al racconto riportato nei "Derniers Entretiens" Teresa guardando il suo Crocifisso avrebbe esclamato:
«"Oh! Io l'amo!...Dio...ti amo!..."
Improvvisamente, dopo aver pronunciato queste parole, cadde dolcemente indietro, con la testa inclinata a destra.» |
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(Derniers Entretiens)
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Morì il 30 settembre, di giovedì, verso le 19,20.
Risuona ancora la sua voce:
«Tu che mi sorridesti all'alba di mia vita
Vieni e sorridi ancora...Madre... scende la sera!...» |
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(Teresa di Lisieux "Poesia n°54" - maggio 1897)
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Madre Agnese fece recapitare ai Guerin un biglietto:
«Alzati, amica mia, bellezza mia e vieni. Poiché sì, l'inverno è passato, la pioggia è cessata, se n'è andata. Riappaiono i fiori sulla terra, il tempo del canto è venuto e la voce della tortora si ode nella nostra terra.»
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(Questa citazione tratta dal Cantico dei Cantici era stata scelta da Celine Martin per dedicarla alla sua sorella morente - "Consigli e ricordi - 28 settembre 1897" di Celine Martin)
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[modifica] Un'ultima fotografia
Il giorno dopo il corpo di Teresa venne esposto nel coro, dietro le grate. Davanti al feretro sfilarono fino alla domenica sera parenti, amici e fedeli facendo toccare al corpo esamine di Teresa rosari e medaglie come era usanza di quei tempi.
[modifica] La sepoltura
Il ricordo di Madre Genoveffa e di Théophan Venard ritornano a farsi presenti ancora una volta nell'ora suprema quali presenze gemelle, anime grandi tra le più affini alla sua.
Lunedì 4 ottobre alle ore nove un carro funebre trainato da due cavalli conduce l'involucro mortale del grande spirito vivente nel nuovo cimitero delle Carmelitane e ne occupò il primo posto. Segue un piccolissimo corteo con alla testa la sorella Leonie Martin che porta il lutto, circondata dai Guerin.
[modifica] Ritornerò
Già a suo tempo la mistica aveva già espresso il suo pensiero per cui sarebbe ben andata volentieri anche all'inferno se lì avesse potuto portare avanti l'opera di redenzione, adesso "ritornare" è il verbo che sintetizza il suo ultimo anelito nel momento della dipartita. Non restare ma ritornare, non vegliare dall'alto ma ritornare quì, in una parola "discendere".
«Tutto passa in questo mondo mortale, anche la piccola Teresa passa...ma tornerà!»
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(Derniers Entretiens - 1 agosto 1897)
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««Tu ci proteggerai dal cielo, non è vero?»
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("Consigli e ricordi - 25 settembre 1897" di Celine Martin)
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[modifica] Cento anni dopo......
Uno dei tanti possibili finali per questa bella storia vera è quello immaginato dal biografo di Thérèse, Jean Chalon: un finale irriverente senza dubbio e tuttavia vi si intuisce che l'autore vuol suggerirci una qualche verità su Thérèse che certamente infine ha colto quale assiduo frequentatore della sua vita e dei suoi scritti.
[modifica] Thérèse Martin dopo la morte
Questa è la storia della vicenda Thérèse Martin che però non finisce con la sua morte ma continua, almeno per quel che ci è dato di vedere nel regno del visibile, con il dibattito su Thérèse Martin tuttora in corso mentre scriviamo.
[modifica] Voci correlate
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[modifica] Collegamenti esterni
- (EN, FR, ES) Basilica Santa Teresa di Lisieux
- Pagine su Teresa di Lisieux - Sito ufficiale Ordine Carmelitano di Francia
Teresa di Lisieux (1873-1897) | |
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Teresa di Lisieux (il dibattito 1897-2007) | |
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Documentazione | Teresa di Lisieux e la psicoanalisi |