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Cinema italiano - Wikipedia

Cinema italiano

Da Wikipedia, l'enciclopedia libera.

Stabilimenti di Cinecittà a Roma
Stabilimenti di Cinecittà a Roma

La storia del cinema italiano iniziò pochi mesi dopo la prima proiezione pubblica dei fratelli Lumière, avvenuta a Parigi il 28 dicembre 1895.

Il cinema viene portato in Italia dagli operatori Lumière nel corso dell' anno 1896. A marzo il cinematografo arriva a Roma e a Milano, ad aprile a Napoli, a giugno a Livorno, ad agosto a Bergamo, Ravenna e Bologna.

Indice

[modifica] I primi film pionieristici (1896-1902)

I primi film sono documentari, filmati di pochi secondi nei quali coraggiosi pionieri (primo fra tutti un ex-cartografo dell'Istituto Geografico Militare di Firenze, nonché inventore, operatore e regista, Filoteo Alberini) riprendevano con una semplice cinepresa a manovella fatti e personaggi del loro tempo, perlopiù regnanti, imperatori e papi.

Il primo filmato del quale si conosce il titolo è del 1896, realizzato sempre da Alberini, e purtroppo andato perduto, e riguardava la visita del Re e della Regina a Firenze.

Il primo filmato giunto sino ai giorni nostri e tuttora visibile riguarda Papa Leone XIII che si reca in preghiera nei giardini Vaticani e si rivolge alla macchina da presa per quella che è la prima benedizione papale filmata.

[modifica] Nascita dell'industria del cinema (1903-1909)

Tra il 1903 e il 1909 il cinema, finora considerato alla stregua di un fenomeno da baraccone e presentato da ambulanti girovaghi in spettacoli itineranti insieme ai circhi e alle giostre, si organizzò come industria, con case di produzione nelle principali capoluoghi (soprattutto Torino con la Società Anonima Ambrosio e la Itala Film, Roma con la Cines, Milano e Napoli) e una rete sempre più capillare di sale cinematografiche fisse nei centri delle città.

Questa trasformazione portò alla nascita dei film a soggetto, che per gran parte del periodo muto affiancarono il filmato documentario fino a sostituirlo quasi completamente all'inizio della prima guerra mondiale.

Il primo film a soggetto venne realizzato sempre da Alberini nel 1905, lo storico agiografico La presa di Roma - XX settembre 1870, ma i generi che attecchirono da subito presso il pubblico furono i drammi, passionali e storici, seguiti dalle comiche finali, come già da decenni avveniva negli spettacoli teatrali.

[modifica] Periodo aureo (1910-1914)

Tra il 1910 e il 1914 il cinema italiano riscosse in ogni parte del mondo un successo oltre ogni previsione, con kolossal storici e religiosi diretti da Mario Caserini (Gli ultimi giorni di Pompei, del 1913), Enrico Guazzoni (Marc'Antonio e Cleopatra sempre del 1913) e soprattutto Giovanni Pastrone, che realizzò nel 1914 il celeberrimo Cabiria che ebbe il grande onore di venire proiettato in anteprima alla Casa Bianca di fronte al Presidente degli Stati Uniti d'America e a tutto il personale.

[modifica] Primi divi e film di propaganda (1915-1918)

Francesca Bertini
Francesca Bertini

Attori come Emilio Ghione e Mario Bonnard, attrici come Lyda Borelli e Francesca Bertini furono i primi divi, soprattutto durante la prima guerra mondiale, tra il 1914 e il 1918, quando i drammi passionali presero il sopravvento nei gusti del pubblico.

Sempre durante questo periodo si sviluppò un filone particolare del cosiddetto film propagandistico: quello in cui un eroe, mitologico o anche delle vecchie comiche si immerge in avventure belliche distinguendosi per coraggiosi atti di eroismo, ma senza mai calcare la mano sulla violenza effettiva della guerra.

[modifica] La grande crisi (1919-1929)

Dopo la fine della Grande guerra, il cinema italiano attraversò un fortissimo periodo di crisi, dovuta soprattutto al proliferare di piccole case di produzione che fallivano generalmente dopo pochi film, e da alcune scelte organizzative sbagliate. Resistono ancora i drammi passionali, perlopiù ripresi da testi letterari e teatrali classici, diretti da specialisti come Roberto Roberti (padre di Sergio Leone) e i kolossal religiosi di Giulio Antamoro.

Nomi mitici del palcoscenico come Eleonora Duse (Cenere, del 1916) e la Bella Otero appaiono sugli schermi suscitando anche qualche perplessità. L'unico filone che resse fu quello napoletano, grazie all'opera della prima film-maker donna del cinema nostrano, Elvira Notari, che produsse e diresse moltissime sceneggiate e canzoni filmate (eseguite direttamente nelle sale cinematografiche da orchestre e cantanti famosi in sincronia con le immagini) che ottengono un successo travolgente tra gli italiani emigrati in Sudamerica (soprattutto in Argentina, Brasile e Uruguay).

Il fascismo, salito al potere tra il 1922 e il 1925, all'inizio non si preoccupò di rilanciare una cinematografìa in declino sempre più costante e precipitoso, fin verso la fine degli anni venti, quando fecero il loro esordio due futuri protagonisti dell'era dei telefoni bianchi: Alessandro Blasetti, con Sole! del 1928, e Mario Camerini, con il notevole Rotaie del 1929.

[modifica] Nascita di Cinecittà e il Monopolio (1937-1939)

Nello stesso momento il fascismo creò il Ministero della Cultura Popolare (popolarmente abbreviato in Min.Cul.Pop.) il quale, dopo un disastroso incendio, avvenuto nel 1935, negli studi cinematografici della vecchia Cines (episodio avvolto nel mistero, che continua ancora oggi a far discutere storici e studiosi) suggerì la creazione di una struttura importante per rilanciare un cinema italiano altrimenti destinato all'agonia.

Mussolini approvò in pieno: venne trovata un'area a sud-est della capitale e dopo due anni di lavoro, il 21 aprile 1937 il Duce stesso presenziò alla solenne inaugurazione di Cinecittà, coniando lo slogan celebre "La cinematografìa è l'arma più forte".

Venne concepita alla maniera di Hollywood, con tutto quello che qualsiasi cineasta poteva desiderare per la realizzazione di un film: teatri di posa, servizi tecnici, e il famoso Centro Sperimentale di Cinematografia, che si rivelò una vera e propria fucina per futuri celebri maestri, con annessa la Cineteca Nazionale.

Due anni più tardi, il 1 gennaio 1939, entrò in vigore il cosiddetto Monopolio, una legge che di fatto bloccava in gran parte l'importazione della cinematografìa estera (soprattutto americana, vista allora come il fumo negli occhi) favorendo una più ampia produzione di film italiani. Si svilupparono così due filoni principali, le commedie dei telefoni bianchi e il più impegnato calligrafismo.

[modifica] Telefoni bianchi e calligrafismo (1936-1943)

Per approfondire, vedi le voci Cinema dei telefoni bianchi e Calligrafismo.

La stagione cinematografica dei telefoni bianchi interessò un periodo di tempo relativamente breve. Il nome proveniva dalla presenza di telefoni bianchi nelle sequenze di alcuni film prodotti in questo periodo, sintomatica di benessere sociale: uno status symbol atto a marcare la differenza dai telefoni neri, maggiormente diffusi.

La critica degli ultimi anni preferisce definirla anche Commedia all'ungherese, perché, nonostante siano produzioni italiane, i soggetti e le sceneggiature di questi film sono attinti da autori ungheresi e ivi ambientati per ragioni censorie (l'argomento preferito di queste commedie, infatti, era una minaccia di adulterio o divorzio, cosa impensabile per l'Italia di quegli anni), oppure altra definizione è quella di Cinema Decò per la forte presenza di oggetti di arredamento che richiamano lo stile internazionale dell'Art Déco, molto in voga in quel periodo.

[modifica] La stagione neorealista (1943-1952)

Per approfondire, vedi la voce Neorealismo (cinema).

Subito dopo la fine della seconda guerra mondiale l'Italia era un paese distrutto. In questo contesto si sviluppò il neorealismo, un movimento artistico e culturale che riguardò tutte le forme di arte, ma in particolare il cinema.

Il cinema neorealista ha lo scopo principale di rappresentare la situazione reale del paese: le trame dei film trattano spesso di famiglie povere; gli attori sono spesso non professionisti, ripresi dalla vita di tutti i giorni; c'è una particolare attenzione all'uso della lingua, con grande ricorso ai dialetti regionali; per quanto riguarda l'immagine i registi (tra cui Luchino Visconti, Roberto Rossellini, Vittorio De Sica) si propongono di non truccare la realtà, rinunciando all'illuminazione artificiale e alle riprese in studio per privilegiare quelle all'aria aperta, con gli interni girati non negli studios ma in case di parenti o amici.

Film come quelli viscontiani (Ossessione e La terra trema), ma soprattutto la trilogia della guerra di Rossellini (Roma città aperta, Paisà e Germania anno zero) e la quadrilogia desichiana (Sciuscià, Ladri di biciclette, Miracolo a Milano e Umberto D.) ottengono moltissimi riconoscimenti a livello internazionale.

Nonostante il successo ottenuto (più di critica che di pubblico) quella stagione durò solo pochi anni. Con il ritrovato benessere, i toni si attenuarono e, dalla metà degli anni cinquanta, si sviluppò un fortunato sottofilone, denominato del neorealismo rosa, che di fatto è il progenitore della commedia all'italiana.

[modifica] Il cinema d'autore degli anni cinquanta (e successivi)

A partire dalla metà degli anni cinquanta il cinema italiano cominciò a emanciparsi dal neorealismo affrontando le tematiche esistenziali da punti di vista differenti, più introspettivi che descrittivi.

Inutile cercare di classificare il cinema profondamente autoriale che cominciò a svilupparsi in questo decennio e terminò, virtualmente, solo con la morte di Federico Fellini, a inizio anni novanta.

Michelangelo Antonioni (con film quali Le amiche, Il grido e la trilogia L'avventura, La notte e L'eclisse) portò alla ribalta un cinema esistenziale, introspettivo, estremamente attento alle psicologie dei personaggi più che agli eventi. Fama e riconoscimento internazionale vennero consolidati da opere come Blow up e Professione reporter: quest'ultimo in particolare è uno dei film figurativamente più belli dell'intero cinema italiano (e non solo).

Fellini, con capolavori come La strada (1954), con una bravissima Giulietta Masina nel ruolo di Gelsomina, Le notti di Cabiria, I vitelloni con Alberto Sordi, La dolce vita (1960), con la famosa scena di Anita Ekberg che fa il bagno nella Fontana di Trevi diviene un'icona del cinema italiano nel mondo. Il suo stile, inconfondibile, viene esaltato dal fortunato sodalizio artistico col compositore Nino Rota, le cui colonne sonore entreranno nell'immaginario collettivo.

Nel corso del decennio degli anni sessanta Fellini inizia una fase di sperimentazione col monumentale, visionario 8 e ½ (1963), che aprirà una nuova fase della sua già luminosa carriera: opere successive come Satyricon, Amarcord, Il Casanova di Federico Fellini, E la nave va, immaginifiche e visionarie, consacrano Fellini come uno dei più grandi artisti della macchina da presa del Novecento.

E poi, naturalmente, Luchino Visconti il grande esteta per definizione: dopo il folgorante esordio pre-neorealistico di Ossessione lascerà un segno profondo nel corso degli anni cinquanta-sessanta con opere quali Bellissima, Senso, Rocco e i suoi fratelli, Il Gattopardo, La caduta degli dei.

[modifica] Pasolini, un caso unico nel panorama italiano

Per approfondire, vedi la voce Pier Paolo Pasolini.

Un caso a parte nel panorama cinematografico e culturale dell'epoca è Pier Paolo Pasolini, regista, attore e scrittore, che nelle sue opere si oppose alla morale del tempo. Personaggio di rottura, fino alla morte (avvenuta in circostanze poco chiare nel 1975) non si stancò di combattere a tutti i livelli (letterario, cinematografico e politico) per proporre nuovi valori contrari al conformismo e al consumismo della società italiana a cavallo fra gli anni sessanta e settanta.

I suoi film, da Mamma Roma, (1962) con Anna Magnani nel ruolo di una prostituta, Il vangelo secondo Matteo (1964), una tra le più apprezzate ricostruzioni cinematografiche della vita di Gesù, Uccellacci e uccellini, una favola moderna con il comico Totò nell'unica interpretazione drammatica della sua carriera, Edipo re (1967), Teorema (1968), le trasposizioni cinematografiche de Il Decameron (1971), dei I racconti di Canterbury (1972) e le agghiaccianti scene di Salò o le 120 giornate di Sodoma (1975) hanno tutti scatenato lunghe polemiche, spesso con strascichi giudiziari ed episodi di censura in diversi stati del mondo.

Le prime pellicole di Pasolini (compresi folgoranti cortometraggi come Cosa sono le nuvole e La ricotta) colpiscono profondamente per lo straordinario lirismo e poesia che ogni inquadratura, ogni fotogramma restituiscono allo spettatore.

Pasolini, che non ha mai fatto mistero della sua omosessualità e della sua simpatia per l'ideologia comunista, è uno dei personaggi culturalmente più influenti di quegli anni, malgrado le sua posizioni siano state considerate estreme e la sua opera sia spesso stata discriminata.

[modifica] La grande stagione della commedia

Per approfondire, vedi la voce Commedia all'italiana.

In contemporanea si sviluppa anche il genere della commedia, spesso conosciuta come commedia all'italiana, una definizione che fa riferimento al titolo di un film di Pietro Germi: Divorzio all'italiana (1961) con Marcello Mastroianni e Stefania Sandrelli, due tra i più importanti attori del cinema italiano. Questo film ha vinto anche un Oscar nel 1963 per la migliore sceneggiatura originale.

A questo filone del cinema italiano si legano i nomi dei principali attori contemporanei del paese, da Alberto Sordi a Ugo Tognazzi, da Monica Vitti a Claudia Cardinale, oltre ai già citati Mastroianni e Sandrelli.

Generalmente si ritiene sia stato Mario Monicelli capostipite e massimo esponente della commedia italica, autore di pellicole come I soliti ignoti, L'armata Brancaleone, La grande guerra, Amici miei, Un borghese piccolo piccolo. Non è un caso che avvicinandosi alla fine degli anni settanta il tono delle commedie si faccia sempre più cupo ed esistenziale: l'ottimismo del dopoguerra appare, anno dopo anno, solo un lontano ricordo.

Gli anni sessanta sono il periodo del boom economico e anche il cinema risente dei cambiamenti che modificano radicalmente la società italiana. Fra i tanti film di questo decennio è importante ricordare Il sorpasso di Dino Risi, un film che riesce a mischiare bene la comicità e la serietà del soggetto, con Vittorio Gassman nel ruolo del protagonista. Il finale drammatico della pellicola e la colonna sonora, con pezzi di Edoardo Vianello (con Guarda come dondolo) e Domenico Modugno (con Vecchio frack) sono altri due elementi che contribuiscono a rendere questo film uno dei capolavori di quegli anni.

Tra gli ultimi capolavori della commedia italiana "classica" è doveroso segnalare Lo scopone scientifico di Luigi Comencini, C'eravamo tanto amati e La terrazza di Ettore Scola.

Il genere declina nel corso degli anni settanta per poi essere sostituito da commedie trash a sfondo (più o meno) erotico nel decennio successivo (commedia sexy all'italiana).

È giusto evidenziare che spesso le situazioni della commedia sono state mescolate ad arte a generi diversi, dando vita a pellicole inclassificabili. Luigi Comencini è stato maestro in questo: dopo aver raggiunto la celebrità con alcune commediole rosa degli anni cinquanta, ha regalato al cinema italiano opere come Tutti a casa, il già citato Scopone scientifico, lo sceneggiato Le avventure di Pinocchio, Il gatto in cui si fondono perfettamente e magistralmente generi e stili differenti.

[modifica] Il cinema sociale e politico

I movimenti studenteschi della fine degli anni sessanta e quelli del decennio successivo influenzano anche il cinema, che, oltre al filone della commedia, si sviluppa anche in un genere più impegnato socialmente e politicamente.

In questo contesto nuovi registi continuano e potenziano l'opera iniziata già anni prima tra gli altri da Francesco Rosi (Salvatore Giuliano, il film che narra la storia del famoso bandito siciliano, è del 1961).

Tra i film più importanti si ricordano Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto (1970) di Elio Petri, con la notevole interpretazione di Gian Maria Volontè, la trasposizione cinematografica del romanzo di Leonardo Sciascia Il giorno della civetta (1967) di Damiano Damiani e Il caso Mattei (1972), un film inchiesta in cui il regista Francesco Rosi cerca di far luce sulla misteriosa scomparsa di Enrico Mattei, manager del più importante gruppo statale italiano, l'ENI. La pellicola di Rosi vinse la Palma d'oro al festival di Cannes e divenne un modello per analoghi films d'inchiesta prodotti nei decenni successivi (a partire dal celebre JFK - Un caso ancora aperto di Oliver Stone).

[modifica] Lo spaghetti-western

Per approfondire, vedi la voce Spaghetti-western.

Nello stesso periodo anche un altro genere ottiene un grande successo, non solo a livello nazionale, ma anche e soprattutto a livello internazionale: lo spaghetti-western. Con questa definizione s'intendono tutta una serie di film italiani d'ambientazione western (spesso girati in Spagna), non solo con attori italiani, ma anche americani ancora non conosciuti, come Clint Eastwood.

Sergio Leone è il precursore di questo filone, con la cosiddetta trilogia del dollaro: Per un pugno di dollari (1963), Per qualche dollaro in più (1964) e Il buono, il brutto, il cattivo (1966). Lo stile leoniano, coadiuvato dalle eccezionali colonne sonore di Ennio Morricone, è di programmatica rottura con l'enfasi patriottarda e romantica dei classici statunitensi: crea un universo iperbolico, dominato da violenza e sopraffazione e dipinto con un incessante umorismo nero. La qualità filmica della trilogia raggiunge l'apice con l'ultimo capitolo: una sorta di la grande guerra ambientato durante il conflitto di secessione (1860-1865) e raccontato mescolando felicemente toni picareschi a momenti di grande lirismo. Leggendario il finale: raro capolavoro di montaggio e combinazione tra musica e immagine.

A questo trittico seguiranno lo straordinario kolossal epico C'era una volta il West (1968), girato in parte nella Monument Valley americana, e Giù la testa (1971).

Il grande successo internazionale dei film di Leone aprì la strada a una moltitudine d'imitazioni made in Italy (circa cinquecento pellicole in dieci anni): quasi tutte di scarsa qualità, pur con valide eccezioni. Da ricordare a tal proposito Il grande silenzio (1969) di Sergio Corbucci, La resa dei conti (1967) e Faccia a faccia (1968) di Sergio Sollima, Quien sabe? (1966) di Damiano Damiani, Keoma (1976) di Enzo G. Castellari.

Sono considerati spaghetti-western anche pellicole che uniscono all'ambientazione classica dei western una trama comica più legata alla tradizione della commedia all'italiana. Tra i tanti titoli ricordiamo Lo chiamavano Trinità... (1970) e il seguito ...continuavano a chiamarlo Trinità (1972), con il duo comico Bud Spencer e Terence Hill (nomi d'arte degli italiani Carlo Pedersoli e Mario Girotti).

Del 1972 è anche Il mio nome è nessuno: celebre, curiosa pellicola che unisce l'epicità (e il coprotagonista Henry Fonda) di C'era una volta il west con la comicità demenziale dei western-comici; il risultato è squilibrato ma memorabile.

[modifica] L'horror e il thriller

Per quanto riguarda il cinema di genere un'importante rilevanza va data all'horror e al thriller. Intorno agli anni sessanta e in particolare nel decennio seguente si è sviluppata un'ondata di registi che hanno reinventato diverse forme di cinema horror per i seguenti anni fonte per registi di fama internazionale (autori decisamente influenzati sono stati Quentin Tarantino, come Brian De Palma o Tim Burton).

I due nomi fondamentali di questa fase sono stati per primo Mario Bava, direttore della fotografia passato alla regia. Il quale ha non solo creato un vero presupposto per un horror di qualità in Italia ma si è rivelato soprattutto un notevole narratore, colto e raffinato. Titoli fondamentali della sua filmografia sono gioielli come La maschera del demonio (1960), La frusta e il corpo, Operazione paura (1966), I tre volti della paura, il postumo Cani arrabbiati o l'antesignano dell'horror moderno Reazione a catena (1971).

Dario Argento, ideale continuatore di certe atmosfere baviane, ha decisamente fatto diventare l'horror italiano una forma di cinema più popolare, oscillando dal thriller puro all'horror di natura più fantastica, con pellicole che sono tutt'ora prese a modello sia dal punto di vista formale ed estetico che da quello narrativo. Pur avendo attinto a piene mani a films come La ragazza che sapeva troppo e Sei donne per l'assassino, Argento ha saputo nei suoi migliori lavori emanciparsi dal maestro Bava grazie a un uso incalzante del montaggio in combinazione a colonne sonore di grande fascino, virtuosistiche e insinuanti (fondamentale, nel suo periodo d'oro, la collaborazione con i Goblins). Titoli da ricordare L'uccello dalle piume di cristallo (1970), Profondo rosso (1975), Phenomena (1985) e il suo capolavoro Suspiria (1977).

Comunque nell'ambito del cinema italiano di genere sono da segnalare anche Antonio Margheriti, Riccardo Freda, Lucio Fulci, Pupi Avati. Pellicole come L'orribile segreto del dr. Hichcock, Danza macabra, Contronatura, Non si sevizia un paperino, Sette note in nero, La casa delle finestre che ridono, Zeder sono titoli importanti della tradizione thriller/horror italiana.

[modifica] La crisi degli anni ottanta

Il cinema italiano attraversa tra la fine degli anni settanta e la metà degli anni ottanta, un periodo di lunga crisi. Si tratta di un processo fisiologico, legato per lo più all'avanzare della televisione commerciale, che investe nello stesso periodo altri paesi di grande tradizione cinematografica (Giappone in particolare, ma anche Francia).

In questi anni il cinema d'autore rimane una cosa isolata, spesso slegata dal resto del movimento, con tutta una serie di film che difficilmente si inseriscono in uno sviluppo comune, il che non è necessariamente un limite.

Tra le pellicole principali figurano La città delle donne (1980), E la nave va e Ginger e Fred di Fellini, L'albero degli zoccoli (1978), di Ermanno Olmi (vincitore della Palma d'Oro al Festival di Cannes), Una giornata particolare di Ettore Scola, Bianca (1984), e La messa è finita (1985) di Nanni Moretti. Anche se non sono film completamente italiani, non si possono dimenticare C'era una volta in America di Leone (1984) e L'ultimo imperatore (1987), la pellicola di Bernardo Bertolucci vincitrice di nove premi Oscar.

Proprio in questo periodo ottengono un grandissimo successo di pubblico i cosiddetti film trash, o meglio b-movie, commedie di nessun valore artistico che vorrebbero rompere alcuni tabù della società italiana, specie quelli legati alla morale sessuale. A questo genere di film legano la propria popolarità (almeno inizialmente) attori come Lino Banfi, Diego Abatantuono, Alvaro Vitali, Gloria Guida ed Edwige Fenech.

Si può considerare parte del genere trash anche la serie di film che hanno come protagonista il ragionier Ugo Fantozzi, il personaggio comico creato da Paolo Villaggio che comparve per la prima volta in Fantozzi (1975). Questo personaggio ha segnato la società italiana a tal punto che è tuttora diffuso l'aggettivo fantozziano.

[modifica] Dagli anni novanta a oggi

Vittorio Storaro, pluripremiato direttore della fotografia
Vittorio Storaro, pluripremiato direttore della fotografia

Una nuova generazione di registi ha contribuito a riportare il cinema italiano a discreti livelli a partire dalla fine degli anni ottanta.

A simboleggiare questa rinascita, perlomeno a livello popolare, è Nuovo Cinema Paradiso, il film con cui il regista Giuseppe Tornatore ha vinto il premio Oscar per la miglior pellicola straniera nel 1990, un successo bissato due anni dopo da Gabriele Salvatores con Mediterraneo, una storia ironica e amara su un gruppo di soldati italiani sperduti su un'isola della Grecia durante la seconda guerra mondiale.

Per il cinema d'autore degli anni novanta dev'essere ricordato anche Massimo Troisi che, dopo una serie di film comici, come Ricomincio da tre (1981) e soprattutto Non ci resta che piangere (1984), assieme a Roberto Benigni, ha ottenuto con Il postino riconoscimento a livello internazionale, poco prima della prematura scomparsa.

Il cinema impegnato degli anni novanta si lega soprattutto al nome di Nanni Moretti, con Caro Diario (1994), Aprile (1998) e il film vincitore della Palma d'Oro a Cannes, La stanza del figlio (2000); ma anche Roberto Faenza, con la trasposizione del romanzo di Antonio Tabucchi Sostiene Pereira (1995) (una delle ultime interpretazioni di Marcello Mastroianni) e I cento passi di Marco Tullio Giordana, autore anche dell'opera fiume La meglio gioventù (2003).

L'autore che più di ogni altro ha sintetizzato il cinema d'autore, cercando di attingere alla lezione del Neorealismo e rinnovandola con temi attuali e legati ai cambiamenti della società Italiana, è stato Gianni Amelio, regista premiato e amato dalla critica italiana e internazionale. Autore di riflessioni sull'Italia d'oggi come Il ladro di bambini (1992) e Lamerica (1995). Il suo cinema con il passare degli anni è diventato sia intiminta e riflessivo (vedi Le chiavi di casa (2004) che di ampio respiro epico (l'ultimo La stella che non c'è (2006)).

Leonardo Pieraccioni, che si richiama apertamente a Mario Monicelli, ha tentato di rinverdire i fasti della commedia ottenendo con Il ciclone un grande successo popolare. Sullo stesso filone va posizionato il lavoro di Paolo Virzì, autori degli apprezzati Ferie d'agosto, Ovosodo, Caterina va in città. Apprezzato dal pubblico anche il trio comico Aldo, Giovanni e Giacomo, autori di una serie di film come Tre uomini e una gamba o Chiedimi se sono felice.

Commedie di spessore sono Pane e tulipani, del regista milanese Silvio Soldini e il commovente La vita è bella, una pellicola con cui Roberto Benigni ha vinto tre premi Oscar (miglior film in lingua straniera, colonna sonora a Nicola Piovani e miglior attore protagonista).

Tra i registi emergenti di questi ultimi anni uno dei più importanti è Gabriele Muccino, che con film come Come te nessuno mai (1999), L'ultimo bacio (2001) e Ricordati di me (2003). Nel 2006 lascia l'Italia per Hollywood, dove gira La ricerca della felicità (con Will Smith protagonista).

Grazie ad una maggiore spinta produttiva, si è inoltre affermato un nuovo cinema d'autore, basato su un maggiore uso di alcuni modelli di cinema di genere (su tutti il noir e il thriller). Esempi in tal senso sono i film di Paolo Sorrentino, L'uomo in più (2003), Le conseguenze dell'amore (2004), e di Matteo Garrone, L'imbalsamatore (2002). Non è da meno Emanuele Crialese, autore del successo internazionale Respiro e di Nuovomondo.

Si afferma anche una nuova generazione di attori, tra i quali Claudio Santamaria, Stefano Accorsi, Kim Rossi Stuart, Pierfrancesco Favino, Jasmine Trinca, Elio Germano, ritrovati poi tutti in Romanzo criminale di Michele Placido (2005, basato sull'Romanzo criminale (romanzo)omonimo romanzo di Giancarlo De Cataldo). A questi si aggiungono i nomi di Laura Chiatti (L'amico di famiglia) di Paolo Sorrentino, Maya Sansa (Buongiorno, notte di Marco Bellocchio).

[modifica] Prospettive

Oggi (2006) il cinema italiano vive un momento importante di rinascita in quanto, grazie alla tecnologia digitale, girare un film indipendente non costituisce più un'impresa economicamente troppo impegnativa mentre i nuovi canali distributivi (Home video e Internet) offrono occasioni e spunti ai giovani cineasti per emergere al di fuori delle politiche del profitto dei grandi distributori. Sono sempre più numerosi i casi di film italiani distribuiti direttamente in DVD senza passare per le sale che riescono comunque ad arrivare al medio/grande pubblico. I primi esempi vengono dall'horror, e sono Ti piace Hitchcock? di Dario Argento, Il mistero di Lovecraft - Road to L. di Federico Greco, H2Odio di Alex Infascelli e AD Project di Eros Puglielli.

[modifica] Bibliografia

  • Brunetta G.P., Cent'anni di cinema italiano, Laterza, Roma-Bari, 1995.
  • Carabba C., Il cinema del ventennio nero, Vallecchi, Firenze, 1974.
  • Chiti R.-Lancia E., Dizionario del cinema italiano. I film. Vol.1. Dal 1930 al 1944, e Vol 2 dal 1945 al 1992 Gremese, Roma, 1993.
  • Chiti R., Lancia E., Orbicciani A., Poppi R., Dizionario del cinema italiano. Le attrici, Gremese, Roma, 1999.
  • Di Giammatteo F., Dizionario del cinema italiano, Editori Riuniti, Roma, 1995.
  • Faldini F.- Fofi G., ( a cura di), L'avventurosa storia del cinema italiano 1933-1959,Feltrinelli, Milano, 1979.
  • Faldini F., Fofi G., Il cinema italiano d’oggi 1970-1984, Mondadori, Milano, 1984
  • Giusti M., Dizionario dei film italiani stracult, Frassinelli, Milano, 2004.
  • Lancia E., Dizionario del cinema italiano. I film. Vol.6. Dal 1990 al 2000. Gremese, Roma, 2001-2002.
  • Lizzani C., Il cinema italiano. Dalle origini agli anni Ottanta. Editori Riuniti, Roma, 1992.
  • Poppi R., Dizionario del cinema italiano. I registi. Dal 1930 ai giorni nostri, Gremese, Roma, 1993.
  • Savio F., Cinecittà anni Trenta, Bulzoni, Roma, 1979.


[modifica] Collegamenti esterni

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