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Storia delle ferrovie in Italia - Wikipedia

Storia delle ferrovie in Italia

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(Coordinamento del:Progetto Trasporti)

La storia delle ferrovie in Italia iniziò con l'apertura di un brevissimo tratto di linea di poco più di sette chilometri, ai piedi del Vesuvio, la Napoli-Portici inaugurata il 3 ottobre 1839[1]. Il processo evolutivo del sistema ferroviario nazionale ha avuto peculiarità che lo rendono differente da quelli delle altre grandi nazioni europee.

Principalmente queste differenze possono essere ricondotte alla situazione geologica del territorio, lungo e stretto, e alla particolare situazione politica che l'Italia stava attraversando nel XIX secolo, che culminò con l'unificazione del territorio e delle relative reti ferroviarie.

Un'altra caratteristica notevole del sistema italiano è stato il precoce passaggio tra il vapore e la trazione elettrica e il rapido sviluppo di quest'ultima, anch'essi fortemente dovuti alla situazione politica e territoriale, incarnata nei desideri di autarchia del regime fascista.

Indice

[modifica] Il primo periodo

[modifica] Le origini

Le ferrovie in Italia nacquero quando l'Italia era, ancora, soltanto un sogno o un'utopia. Erano passati appena nove anni dall'inaugurazione, in Inghilterra della Manchester-Liverpool ma già per tutta l'Europa si erano accesi entusiasmi e progetti per l'utilizzo di quello che si era, da subito, rivelato essere un formidabile mezzo di trasporto al servizio sia delle persone che dell'industria e del commercio. In Italia, il primo tronco ferroviario, da Napoli a Granatello di Portici (km 7,640), venne inaugurato il 3 ottobre 1839; lo sviluppo successivo non fu adeguato alla celerità di partenza, all'unità infatti la linea arrivava a Capua e a Salerno. Questo in quanto le caratteristiche del territorio (notevoli rilievi nelle aree interne, scarsamente popolate rispetto alle coste) facevano preferire i collegamenti via mare. Peraltro, all'epoca erano state realizzate le opere (viadotti principalmente e parti del tracciato per la posa dei binari) per la Napoli-Brindisi e la Pescara-Foggia. Di rilievo, però, e all'avanguardia per anni, l'apparato tecnico produttivo che nacque a monte: sulla scorta delle esperienze già fatte dal 1837 con l'Opificio Meccanico ubicato nel Castenuovo (meglio noto come Maschio Angioino), fu promossa nel 1840 la realizzazione dell'Opificio di Pietrarsa che, nel giro di un paio d'anni, avvierà una produzione di locomotive (su licenza britannica, ovviamente) che saranno vendute anche al Regno di Sardegna. Viene realizzata, nello stesso stabilimento, una scuola per macchinisti ferroviari e navali.

Nel 1840 l'imperatore d'Austria concesse alla ditta Holzhammer di Bolzano, "il privilegio", di costruire la Milano-Monza di 12 km.

Intanto, su richiesta degli industriali milanesi e veneti, ma soprattutto perché se ne vedeva l'enorme potenzialità a scopi militari, era iniziata la costruzione della Venezia-Milano; nel 1842 venne inaugurato il tratto Padova-Mestre di 29 Km, e nel 1846 i tratti Milano-Treviglio di 32 Km, il tratto Padova-Vicenza di 30 Km e il ponte sulla laguna per Venezia.

Nel regno di Piemonte, con le Lettere Patenti del 18 luglio 1844 il re Carlo Alberto dispose la costruzione della ferrovia Torino-Genova via Alessandria che venne inaugurata il 6 dicembre 1853; seguiva l'apertura di altri tronchi in Piemonte che, nel 1859, aveva così collegato tra loro le frontiere svizzere e francesi con quella austriaca del Lombardo-Veneto.

Venne anche fondata una fabbrica di locomotive e materiale ferroviario a Genova allo scopo di liberarsi dal monopolio inglese nel settore. Questa fabbrica, col passare del tempo, divenne l'odierna Ansaldo.

In Toscana nel 1842 il duca di Lucca firmò la concessione a costruire la Lucca-Pisa e nel 1845 il Ducato di Parma cominciò la costruzione di una linea per Piacenza e una per Modena. Nello Stato Pontificio, fino alla morte del Papa Gregorio XVI - che aveva definito "opera diabolica" la prima ferrovia del Regno delle due Sicilie - nulla si era mosso. L'elezione del nuovo Papa Pio IX, alla fine del 1846, sbloccò le cose; questi infatti costituì una società nazionale per lo sviluppo e la costruzione delle ferrovie che diede inizio dopo qualche anno alla costruzione di alcune linee nell'odierno centro Italia.

Gli ostacoli che ritardarono in Italia il progresso del settore ferroviario sono quindi ascrivibili in gran parte alla divisione politico-amministrativa della penisola sino al 1860, oltre che alle condizioni orografiche; lo sviluppo delle linee ferroviarie nei singoli Stati fu diverso perché diverse erano le motivazioni e ciascuno lo realizzò con sistemi e mezzi differenti. Dato lo scopo prettamente logistico e militare le ferrovie del nord vennero, almeno all'inizio, costruite direttamente dai vari stati. Si rivelarono infatti determinanti nella sconfitta di Carlo Alberto a Peschiera perché proprio con la ferrovia affluirono ingenti truppe e in breve tempo, e nella sconfitta austriaca di Palestro e Magenta perché le truppe francesi di rinforzo arrivarono rapidamente con la Torino-Milano e stabilirono un campo di scontro lungo la massicciata, usata come trincea.

Alla vigilia dell'unità d'Italia la rete piemontese assommava a 850 Km, quella del Lombardo-Veneto a 522 Km, quella Toscana a 257 Km, quella del Regno delle due Sicilie a 99 Km e quella dello Stato Pontificio era in costruzione. La Sicilia avrà la sua prima, brevissima, ferrovia solo nel 1863 con la Palermo-Bagheria.

Alla costituzione del Regno d'Italia, nel 1861, lo sviluppo complessivo della rete ferroviaria era di km 2370.

Il ponte sul Po inaugurato nel 1865
Il ponte sul Po inaugurato nel 1865

L'insieme delle linee non costituiva una rete organica; vi erano linee di proprietà ed esercizio statale, linee di proprietà ed esercizio privato, e di proprietà privata, ma con esercizio affidato allo Stato. Era necessario creare un sistema organico e razionale delle ferrovie. Nel 1865, i lavori di allacciamento tra tronchi esistenti e la costruzione di nuove linee, iniziarono a creare una caratteristica di rete in un certo qual modo organica. Lo Stato, per favorire un ulteriore sviluppo ferroviario e industriale, prese poi il provvedimento di affidare le linee principali a cinque società concessionarie:

La guerra del 1866 portò ad una grave crisi dell'economia italiana che influì anche sull'esercizio ferroviario; le Società si ridussero in stato fallimentare e si rese necessario un intervento dello Stato.

[modifica] Dal 1870 alla statalizzazione delle principali ferrovie italiane

Una locomotiva tipo 981
Una locomotiva tipo 981

Nello Stato Pontificio Roma era collegata con Frascati, Civitavecchia, Terni e Cassino (via Velletri), all'epoca nel Regno delle due Sicilie, e modeste stazioni facevano da capolinea di queste linee. Al 1872 esistevano, in Italia, poco meno di 7.000 km di linee ferroviarie complessivamente, il cui esercizio veniva assicurato da 4 Società principali per un complesso di 6.470 km:

Altre linee erano divise tra varie Società minori, linee secondarie nelle quali il fine sociale era nettamente prevalente rispetto a quello economico. Con l'unificazione ricevettero impulso nuove costruzioni ferroviarie; l'attivazione del tratto di linea Orte-Orvieto (1875) completò la linea diretta tra Roma e Firenze, accorciando il più lungo percorso precedente, via Foligno-Terontola. Nel 1875 il governo Minghetti-Spaventa, fece un primo tentativo di riscatto delle linee concesse, per riunirle in un solo organo di gestione, ma il Parlamento respinse la proposta e provocò la caduta del governo. Intanto venivano accumulate forti passività soprattutto da quelle linee secondarie che non avevano traffici consistenti di viaggiatori e di merci. Queste linee presto determinarono il fallimento del regime delle concessioni.

Nello stesso periodo, intanto, nel resto d’Europa si affermava la tendenza ad affidare l'esercizio delle ferrovie alla gestione diretta dello Stato dato il fatto che le società concessionarie, perseguendo fini esclusivamente economici, trascuravano quelli sociali, lasciando completamente sprovviste di comunicazioni le zone depresse.
L'intervento dello Stato italiano però fu caratterizzato da quella lentezza burocratica che ha sempre accompagnato la maggior parte degli interventi statali dal 1861 ad oggi. Solo con le leggi del 1878 e del 1880 si decise di assumere l'esercizio delle linee gestite dalla Società dell'Alta Italia e da quella delle Strade Ferrate romane, che presentavano un gravissimo deficit, pur costituendo la parte più importante dell'intera rete ferroviaria italiana.

[modifica] Convenzioni del 1884: le ferrovie sotto il regime delle convenzioni

Venne finalmente approntata una Commissione parlamentare d'inchiesta; le proposte e le conclusioni di tale commissione, pur se poco coerenti, si pronunciarono a favore dell'esercizio privato e furono per la maggior parte accolte. Il 23 aprile 1884 furono stipulate, per la durata di 60 anni le Convenzioni tra lo Stato e tre Società private e approvate il 6 marzo 1885. Le Convenzioni ripartivano le linee in senso longitudinale e assegnavano alla Società Italiana per le strade ferrate meridionali l'esercizio della rete gravitante sull'Adriatico ( Rete Adriatica) e alle Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo e Società per le Strade Ferrate della Sicilia, la (Rete Mediterranea e la Rete Sicula) l'esercizio della rete gravitante sui mar Ligure, Ionio e Tirreno e la rete siciliana.

Le linee concesse a dette Società, distinte in principali e secondarie, avevano uno sviluppo di km 8510. Il nuovo ordinamento prevedeva che la vigilanza sulle costruzioni e sull'esercizio, venisse assunta dal Ministero dei lavori pubblici, a mezzo di un Ispettorato Generale delle Ferrovie. Precedentemente questa era esercitata da un Regio Commissariato Generale.

Lo Stato però non riuscì a risanare la difficile situazione economica della rete; ciò paralizzava lo sviluppo riflettendo i propri effetti negativi anche sul turismo. Il regime delle convenzioni, presentato nel 1885 come rimedio ai mali delle ferrovie, contribuì invece ad aggravarli lasciando allo Stato un'eredità gravosa.

Le Società furono costrette a mantenere in vita linee passive, la cui passività superava i proventi forniti dalle linee a maggior traffico e assorbiva quasi per intero i contributi dello Stato. Quindi i proventi che le Società potevano assicurare allo Stato, attivi per le reti principali e passivi per quelle secondarie, erano nettamente inferiori all'onere sostenuto dallo Stato per la costruzione e l'esercizio delle ferrovie che superava i trecento milioni di lire all'anno. Le strade ferrate, intanto, non cessavano di svilupparsi e avevano raggiunto i 10.510 km .

[modifica] Le Ferrovie dello Stato dal 1905 alla seconda guerra mondiale

L'auspicato riscatto delle Reti delle predette Società avvenne il 1 luglio del 1905. Lo Stato assunse la gestione diretta di 10.557 km di linee (di cui 9.868 già di sua proprietà), denominando il nuovo Ente Ferrovie dello Stato. L'anno dopo, con la confluenza della rete SFM rimasta, l'estensione della Rete di Stato raggiunse i 13.075 km, di cui 1.917 a doppio binario.

[modifica] Le Ferrovie si organizzano sotto la direzione di Riccardo Bianchi

Una locomotiva Gr640
Una locomotiva Gr640

Direttore Generale dell'Azienda F.S. venne designato il piemontese ingegnere Riccardo Bianchi, che era stato già Direttore Generale delle Ferrovie Sicule. Questi univa alle qualità di tecnico di grande valore anche grande capacità amministrativa. Bianchi fu coadiuvato, fino al 1907, da un Comitato di Amministrazione e poi da un Consiglio di Amministrazione, sotto la presidenza del Ministro dei Lavori Pubblici.

L'organizzazione della nuova Rete si presentò molto gravosa. Le condizioni degli impianti fissi e del materiale rotabile ereditati dalle cessate Società erano pessime; Era necessario coordinare i regolamenti di esercizio ed unificarli, elaborare il nuovo inquadramento funzionale e disciplinare il personale delle diverse provenienze.

Fu creata una Direzione Generale, con 13 Servizi Centrali e 2 Ispettorati Generali, con Sede in Roma; alla periferia vennero istituite 8 Direzioni Compartimentali.

Il problema più urgente era quello del materiale di trazione e rimorchiato. All'atto della creazione delle F.S., il parco locomotive a vapore era costituito di 2.664 unità, 738 delle quali con più di 30 anni di vita; le carrozze — a 2 o 3 assi — erano 6.985, anch'esse vecchie di più di 30 anni; i carri merci ammontavano a 52.778, un quinto dei quali con 40 o più anni di vita. Il primo provvedimento preso per fronteggiare la situazione fu, fra il 1905 ed il 1906, la costruzione di 567 locomotive, di 1.244 carrozze e 20.623 carri.

Vennero incoraggiati gli studi sulla elettrificazione, già esistente sulle linee varesine e su quelle Valtellinesi.

Sotto la guida dell'ing. Bianchi le F.S. si misero rapidamente in grado di rispondere alle maggiori esigenze pubbliche. Fra le altre iniziative prese, l'attivazione sulle principali linee del segnalamento semaforico (e graduale soppressione dei « dischi girevoli »), l'impianto delle prime cabine di apparati centrali idrodinamici di manovra degli scambi e dei segnali (in sostituzione dei più antichi apparati centrali Saxby ), dovuti all'ing. Bianchi, creazione o ammodernamento di grandi stazioni per viaggiatori e per merci, costruzione di nuovo e più moderno materiale rotabile (fra cui le prime carrozze a carrelli).

La direzione Bianchi durò 10 anni, ma poco dopo la sostituzione con l'ing. De Cornè, le F.S. furono coinvolte nella prima guerra mondiale (24 maggio 1915 - 4 novembre 1918). Uscite gravemente danneggiate dagli eventi bellici le Ferrovie dovettero riorganizzarsi per assolvere i propri compiti, aumentati nelle dimensioni tecniche e commerciali, anche per effetto dell'acquisizione di nuove linee (ex-austriache), diversamente attrezzate, e di personale con differenti regolamentazioni.
L'avvento del fascismo produsse importanti cambiamenti.

[modifica] Le Ferrovie dello Stato nel periodo fascista

Una littorina ALn56 in corsa
Una littorina ALn56 in corsa

Nel 1922 venne sciolto il Consiglio di Amministrazione e imposto un Commissario Governativo; nel 1924 venne costituito il Ministero delle Comunicazioni, il Ministro divenne il capo delle FS e il consiglio di amministrazione solo un organo consultivo. Le nuove costruzioni passarono invece al Ministero dei Lavori Pubblici a cui sono rimaste fino a tempi recenti.

Il periodo dal 1920 al 1939 fu uno dei più importanti e densi di grandi lavori e perfezionamenti agli impianti fissi di linee e stazioni, nuove applicazioni tecniche, di mezzi di trazione più potenti e veloci, di materiale trainato più moderno e confortevole, di nuovi sistemi di esercizio (Dirigenza Centrale e Dirigenza Unica).

Fra le maggiori realizzazioni compiute, dopo l'assetto generale della Rete (arricchita di altri 400 km di linee, col riscatto delle Ferrovie Reali Sarde) conseguito ai primi anni del dopoguerra, vi fu l'attivazione delle importanti direttissime Roma-Napoli e Bologna-Firenze. La nuova ferrovia, che dalla capitale conduceva verso il Meridione, ridusse di un'ora e mezzo i tempi di percorrenza sul vecchio tratto via Cassino.

Ma in particolar modo la seconda costituì un motivo di vanto per il "fascismo costruttore"; la difficile linea, fra le due città dell'Italia Centrale attraversando gli Appennini con una galleria che al tempo era la seconda più lunga del mondo dopo il Traforo del Sempione, testimoniava l'impegno del regime in uno sforzo straordinario nel campo delle opere pubbliche.

Venne inoltre dato l'avvio all'elettrificazione a corrente continua a 3000 V , che poi soppianterà il sistema a corrente trifase, adottato specialmente sulle linee liguri-piemontesi, alla estensione del blocco elettrico manuale ed alle prime applicazioni di quello automatico, alla introduzione dei segnali luminosi e dei primi apparati centrali elettrici a leve singole, alla nuova costruzione o all'ammodernamento di numerose stazioni (Milano Centrale, Milano Smistamento, Roma Ostiense, Napoli Mergellina, Roma Termini ecc.).

Progressi venivano fatti tanto nel settore delle locomotive a vapore, gradualmente destinato a cedere il posto alla trazione elettrica, che del materiale rimorchiato; in particolare, la comparsa dei mezzi leggeriautomotrici termiche ed elettriche (1933) che dava un nuovo apporto all'ammodernamento dei mezzi di trazione, e quello del materiale viaggiatori, con l'adozione delle carrozze a cassa metallica e l'estensione dei carrelli.

Sotto la guida tecnica dell' ingegner Giuseppe Bianchi e la direzione gestionale del Commissario Straordinario Edoardo Torre, nominato nel 1923 per l'esercizio provvisorio, dopo lo scioglimento del Consiglio di Amministrazione alla fine del 1922, venne sviluppata la prima generazione di locomotive elettriche, subito seguita dalle prime automotrici termiche e dalle elettromotrici rapide che ebbero grande successo e contribuirono a posizionare il regime fascista tra le potenze economiche ed industriali dell'epoca.

E428 in servizio
E428 in servizio

Il parco dei carri merci subiva importanti trasformazioni, con lo sviluppo di traffici interni ed internazionali, e l'impiego di materiale refrigerante per l'esportazione dei prodotti ortofrutticoli.

[modifica] Il periodo d'oro delle Ferrovie

Le velocità assolute e quelle commerciali dei treni venivano sensibilmente aumentate, con lo sviluppo del materiale leggero (gli elettrotreni tra Roma e Milano impiegavano 5 ore e 38' a coprire i 629 km del percorso), gli orari si perfezionavano con l'introduzione dei primi treni colleganti, senza trasbordo, importanti centri del Nord con altri del Sud d'Italia (nel 1928 vennero istituite le prime comunicazioni dirette tra Napoli-Roma-Torino e Milano e viceversa). Il 6 dicembre 1937 un elettrotreno ETR 200 (con a bordo dei tecnici francesi invitati), viaggiò sulla Roma-Napoli alla velocità di 201 km/h nel tratto fra Campoleone e Cisterna (la leggenda vuole che alla guida vi fosse Benito Mussolini, ma è, per l'appunto, una leggenda).

Il 20 luglio 1939, sul percorso Firenze-Milano, nel tratto fra Pontenure e Piacenza l'ETR 212, condotto dal macchinista Cervellati toccò i 203 km/h, stabilendo il primato mondiale per la categoria e dando inizio vero e proprio e con trent'anni di anticipo all'alta velocità ferroviaria.

È effettivamente un fatto che, come vuole il motto, durante il fascismo i treni arrivavano in orario. Ai mezzi moderni e alle linee ancora poco affollate si univa una disciplina durissima per i macchinisti, che lavoravano in condizioni di lavoro molto pesanti, con disciplina prussiana, orari lunghi e rispondevano economicamente, tramite multe e sanzioni, dei ritardi dei treni anche se a volte non dipendenti da loro.

Nel settore organizzativo venivano introdotte variazioni e modifiche: l'Azienda ferroviaria passava dalla giurisdizione del Ministero dei Lavori Pubblici (a cui rimase, una Direzione Generale delle Nuove costruzioni ferroviarie) a quella del nuovo Ministero dei Trasporti marittimi e ferroviari.

Nel 1938 la Direzione Generale risultava articolata su 7 Servizi Centrali (6 con sede a Roma, e quello del Materiale e Trazione, con sede a Firenze) e vari Uffici centrali, il Controllo viaggiatori e bagagli, a Firenze, ed il Controllo merci a Torino); alla periferia 14 tra Compartimenti e Delegazioni.

I Direttore Generali che seguirono all'ingegner De Cornè dal febbraio 1928 al 1939-1940 furono gli ingegneri Crova, Alzona (per poco più di 1 anno), Oddone e Velani. A questo punto però scoppiò la guerra che costituì il periodo più triste per le Ferrovie Italiane, e per tutto il Paese, col suo orrore e le sue devastazioni.

[modifica] Dal secondo dopoguerra agli anni ‘70

Littorina ALn556 in servizio presso L'Aquila
Littorina ALn556 in servizio presso L'Aquila

L’immediato dopoguerra trovava la Rete gravemente sconvolta e mutilata in seguito agli eventi bellici. Intere linee risultavano inagibili e il parco rotabili sconvolto e semidistrutto. Molte delle nuove locomotive elettriche erano state danneggiate e andavano sostituite, principalmente grazie all'aiuto del Piano Marshall.

Si riuscì — con pochi mezzi finanziari (e scarsa fiducia di governi e di opinione) a superare lentamente la situazione. Ricostruita gran parte della Rete — sia pure imperfettamente — giorno per giorno ripresero a circolarvi i treni carichi di uomini e cose. La scarsa attenzione al problema della ricostruzione e la miopia dei politici non permisero tuttavia, ora che si sarebbe potuto, di rimediare alle incongruenze della conformazione della rete che erano retaggio del passato, correggendo tracciati non più funzionali, costruendone di interamente nuovi.

[modifica] La ricostruzione

Rappresentante delle Ferrovie dello Stato (che avevano intanto assunto la denominazione di Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato) in questa fase della ricostruzione fu il Direttore Generale ing. Di Raimondo. Dall'esercizio 1957-58 in poi la dirigenza dell'Amministrazione fu tenuta dai Direttori Generali ing. Rissone, dr. Renzetti e ing. Fienga. Cominciava intanto un nuovo ciclo di intensa attività ferroviaria, con lo scopo di liberare la Rete dalle ultime conseguenze della guerra e avviarla a rapida rinascita. Nella struttura organizzativa vennero creati due nuovi Servizi (Sanitario e Affari Generali), e nel 1963 la giurisdizione del Ministero dei Trasporti venne estesa all' Aviazione Civile.

Nel campo tecnico le F.S., proseguivano nelle opere di ripristino, e alla costruzione di nuovi impianti nelle linee, raddoppio della fondamentale Battipaglia-Reggio Calabria, quadruplicamenti, infrastrutture, stazioni e depositi, rafforzamento dell'armamento, estensione del segnalamento luminoso e del blocco , introduzione degli Apparati Centrali a itinerari, ampliamento dell'elettrificazione delle linee a corrente continua a 3.000 Volt e inizio della trasformazione di quelle a corrente trifase.

Ammodernamenti e nuove costruzioni vennero realizzati anche nel campo dei mezzi di trazione: si assistette ad una progressiva diminuzione delle locomotive a vapore e alla crescita del numero di quelle elettriche e Diesel, alla costruzione di carrozze, materiale automotore e dei carri.

Con gli anni cinquanta cominciò la costruzione di carrozze unificate europee e nacquero i primi esperimenti di interoperabilità tra le diverse linee ferroviarie nazionali, che culminarono nella creazione dei cosiddetti treni TEE (Trans Europ Express).

Si crearono più moderne navi traghetto per l'attraversamento dello Stretto di Messina e, nel 1961, iniziava analogo servizio tra il continente e la Sardegna, aggiungendo ai traffici tradizionali di viaggiatori e di merci quello delle automobili a seguito del viaggiatore.

Un primo piano quinquennale, studiato ed attuato dall'Azienda tra il 1957 ed il 1962, pianificava i pochi mezzi finanziari erogati. Nel 1961, con la programmazione del Piano decennale di riclassamento, adeguamento e potenziamento della Rete F.S. veniva decisamente affrontata sotto tutti i suoi aspetti l'ulteriore sistemazione della Rete; poté essere finanziato per 1500 miliardi di Lire e realizzato tra il 1962 ed il 1972; nel periodo iniziava la costruzione della nuova linea direttissima Firenze-Roma, con ulteriore finanziamento di 220 mlrd.

[modifica] Il fervore del rammodernamento, progetti di alta velocità

 ETR 252 a Santhià.
ETR 252 a Santhià.

A quel tempo con i mezzi di trazione e il materiale rimorchiato disponibile le velocità massime dei treni in circolazione sulle linee principali non superavano i 160 km/h, (sia per l'insufficienza degli spazi di frenatura che per i mezzi frenanti esistenti).

Le Ferrovie dello Stato elaborarono un programma che prevedeva la costruzione di materiale ad alta velocità: 4 locomotive E.444, prototipo con velocità massima di 180 km/h (che in tratti della Roma-Napoli, con 5 veicoli rimorchiati, raggiunse i 250 km/h). Intanto un treno di elettromotrici ALe 601, in un esperimento dell’ottobre 1968 raggiunse i 240 km/h. Alla stessa epoca venne potenziato il parco dei mezzi leggeri esistenti, 6 elettrotreni ETR 220 Polifemo, 4 ETR 250, 3 ETR 300 vennero trasformati e messi in grado di viaggiare a 200 km/h, mentre 39 elettromotrici Ale 601, con rimorchi, vennero autorizzate a velocità massima di 180 km/h e 26 potenziate e trasformate per i 200 km/h.

Alla fine del 1970, le F.S. prevedevano di disporre di un parco di 53 locomotive E.444 atte alla velocità massima di 200 km/h per poter effettuare treni di carrozze su linee con blocco automatico a correnti codificate, impostati in orario a 160 km/h e con velocità massima di 200 km/h.

Per garantire l'arresto dei convogli nello spazio di frenatura previsto di 2.700 m venne implementato l'uso della frenatura elettrica reostatica del mezzo di trazione al di sopra dei 160 km/h e con la frenatura meccanica, sussidiata da quella elettrica, dai 160 km/h all'arresto.

Oltre a ciò, vennero condotti perfezionamenti al freno convenzionale esistente e al sistema di freno a dischi per il materiale rimorchiato.

Il Servizio Trazione delle F.S. mise allo studio nuovi tipi di locomotive, elettromotrici e materiale rimorchiato, destinati a consentire la effettuazione di convogli velocissimi. Si mise in cantiere il progetto di una locomotiva E.666 (primo esempio di locomotore con rodiggio Co-Co e 6000 kW) per trainare, a 200 km/h, convogli di elevata composizione e con frenatura elettrica reostatica da 200 a 30 km/h.

Intanto, avvenivano importanti progressi, nella sistemazione delle linee, come l'installazione di dispositivi per la ripetizione in macchina dei segnali, e nello studio di moderni treni con gli esperimenti di rotabili a pendolamento attivo, e con l’adozione di nuove tecniche di esercizio.

Il 25 giugno 1970, intanto, si apriva la storia della "Direttissima" Roma-Firenze, la prima vera linea ad alta velocità delle rete italiana. Si dava il via ai lavori della nuova linea partendo dall'opera di maggiore spicco: il viadotto sul Paglia, di 5.375 metri di lunghezza, il più lungo viadotto ferroviario d'Europa. La costruzione tuttavia procederà a tratti, con lunghi periodi di rallentamento e la linea completa verrà attivata solo all'inizio degli anni '90.

[modifica] La "pendolarizzazione" delle ferrovie

Una ALn668.
Una ALn668.

Uno dei problemi più urgenti era rappresentato dall'obsolescenza generale del materiale rotabile ormai inadeguato allo standard qualitativo richiesto.

Il Piano interventi straordinari del 1975 lo affrontò mediante un massiccio ordinativo all'industria ferroviaria. Tuttavia, i mutati orientamenti politici e di pianificazione dei governi di allora, dirottarono gli interventi verso il settore del trasporto pendolare, costringendo al rallentamento i programmi di velocizzazione della rete; così al posto di mezzi di trazione e di materiale rimorchiato veloci, vennero ordinate ulteriori 160 locomotive del tipo E.656, 80 complessi di elettromotrici dei tipi Ale 801 e Ale 940, 120 Automotrici del gruppo 668-1000, 35 locomotive diesel del gruppo D.345 e 215 da manovra dei gruppi 214, 225 e 245.

Per quanto riguarda il materiale per viaggiatori vennero commissionate 530 carrozze del tipo X e 100 del tipo Z, oltre a 300 unità del tipo a piano ribassato e pilota nBz e npBDz e 100 tra bagagliai ( Dz) e postali (UMIz). Completava il piano l'ordinazione di 7000 carri merce dei vari tipi. Erano anche questi interventi utili ma si esagerò con il materiale per pendolari producendone un inutile esubero.

[modifica] Gli anni della trasformazione

Una UIC-x semipilota e una E633 ferme in stazione
Una UIC-x semipilota e una E633 ferme in stazione

Il periodo a cavallo tra anni settanta e ottanta è stato per le ferrovie uno dei più controversi e difficili.

Nonostante fossero stati fatti degli investimenti, questi venivano utilizzati a pioggia, spesso senza alcuna razionalità che privilegiasse e pianificasse le scelte fondamentali. La sciagurata teoria che le ferrovie fossero fondamentalmente dei mezzi di trasporto pendolare e suburbano portò al quasi totale blocco delle linee veloci e fece perdere l'occasione propizia alle industrie italiane del settore, dato che il loro maggior committente erano proprio le FS.

Le tecnologie sviluppate nei mezzi di trazione e le avveniristiche tecniche di pendolamento attivo non trovarono più spazio nelle commesse determinando presto l'uscita dal mercato di molte di esse per perdita di competitività. I preziosi brevetti dei carrelli pendolanti, sviluppati da Fiat Ferroviaria, finirono acquisiti dai francesi di Alstom, e molti storici costruttori italiani ridussero le proprie attività o scomparirono dal mercato.

Ciò, in seguito, sarebbe stato pagato duramente dall'industria ferroviaria nazionale con l'unificazione dei mercati europei. Il 1985 è l'anno in cui cessa definitivamente l'amministrazione autonoma FS che, con la legge 210 del 17 maggio viene trasformata in "Ente Ferrovie dello Stato" sotto la vigilanza del Ministero dei Trasporti.

Iniziò così il complesso e travagliato cammino che nel 1992 la vide trasformarsi in Società per Azioni con unico azionista, al 100%, lo Stato, che tuttavia dovrà trasferirle, questa volta in concessione, le attività già svolte. Il periodo successivo vedrà costituirsi, sulle ceneri della vecchia Azienda Autonoma, una miriade di società con finalità ed intenti perfino estranei all'attività ferroviaria vera e propria.

La nuova fase organizzativa dovette misurarsi con la Direttiva 440/91/CEE, che stabiliva la divisione amministrativa tra il gestore della rete e il gestore del servizio.

Venne scorporata quindi l'infrastruttura ferroviaria, cioè il complesso degli impianti e delle linee ferroviarie dalla gestione dei servizi, in ossequio al principio della liberalizzazione del mercato, in analogia a quanto avviene nel trasporto su strada, nel quale l'infrastruttura viaria permette la circolazione di vettori diversi.

Con un certo ritardo, nel 1998 nacque la Divisione Infrastruttura e, l'anno successivo, le tre Divisioni, Divisione Passeggeri, DTR e Cargo, trasformando nel contempo il vecchio Servizio Materiali e Trazione in Unità Tecnologica Materiale Rotabile (UTMR).

Il 1 giugno 2000 il processo di trasformazione vede la nascita di Trenitalia, la società a cui viene attribuita l'attività di trasporto ferroviario di persone e di merci assieme alla dotazione di rotabili e di personale di condotta e di scorta dei treni; all'interno di questa viene mantenuta la ripartizione delle Divisioni, Passeggeri, Cargo e Trasporto regionale.

L'anno successivo, il 2001, divenne operativa RFI, la società proprietaria delle infrastrutture. A seguito di ciò si concretizzò quanto previsto dalla direttiva comunitaria e cioè la possibilità per più soggetti di usufruire delle infrastrutture nazionali, previa certificazione rilasciata dal CESIFER (l'organo di controllo che deve accertare l'idoneità dell'impresa ferroviaria a poter circolare sulla rete), pagamento di un canone e assegnazione di tracce orario.

Per quanto riguarda il trasporto locale, assegnato alle regioni dalle leggi e dai decreti del 1997, apposite società regionali, provinciali o consortili si iniziarono a costituire a macchia di leopardo, determinando in alcuni casi situazioni di rapido sviluppo e in altri situazioni di inaccettabile ritardo con conseguenze non facilmente quantificabili nel tempo.

[modifica] Imprese ferroviarie certificate dalla Direzione Tecnica CESIFER

Una EU43 di Rail Traction Company (RTC) presso il Passo del Brennero
Una EU43 di Rail Traction Company (RTC) presso il Passo del Brennero

Le imprese Ferroviarie in possesso del Certificato di Sicurezza autorizzate a circolare nella rete RFI sono rispettivamente:
Dal 2000

Dal 2001

Dal 2002

  • Del Fungo Giera Servizi Ferroviari S.p.A.
  • GTT S.p.A.(ex SATTI)
  • SERFER Servizi Ferroviari S.r.l.
  • Hupac S.p.A.

Dal 2003

Dal 2004

  • SBB Cargo Italia S.r.l.
  • Ferrovie Nord Cargo S.r.l.
  • Azienda Consorziale Trasporti di Reggio Emilia
  • Ferrovia Alifana e Benevento Napoli S.r.l.
  • Ferrovie Nord Milano Trasporti S.r.l.

Dal 2005

  • Trasporto Ferroviario Toscano S.p.A.(La Ferroviaria Italiana S.p.A.)
  • Ferrovie Centrali Umbre S.r.l.
  • Railion Italia S.r.l. (ex S.F.M.)
  • Rail One S.p.A.
  • Azienda Trasporti Collettivi e Mobilità S.p.A.
  • A.T.C. Bologna S.p.A.
  • Monferail S.r.l.

Dal 2006

  • SAD - Trasporto Locale S.p.A.
  • Nord Cargo S.r.l. (ex Ferrovie Nord Cargo S.r.l.)

[modifica] Voci correlate

[modifica] Collegamenti esterni

[modifica] Note

  1. Lucio Villari. Nove minuti che fecero una storia in 1839-1989: I centocinquantanni delle Ferrovie Italiane. speciale. Roma, Ferrovie dello Stato, 1989,8/9.

[modifica] Bibliografia

  • Cesare Pozzo. Il mito della velocità e la retorica del regime in Giuntini (a cura di) Il Treno. Milano , Soc.Mutua p.d.m., 1992 .
  • Enrico Barni. Profili di storia ferroviaria italiana in Amm. Ferroviaria. , 1990 .
  • Mario Cirillo. Vicende ed evoluzione delle ferrovie italiane in La tecnica professionale. Roma , CIFI, 1969.
  • Camillo Lacchè. Le costruzioni ferroviarie in Italia dal 1871 al 1873 in La tecnica professionale. Roma , CIFI, 1971.
  • Marcello Cruciani; Zanotti Roberto. Pubblico e privato nella storia delle ferrovie edizione= 223 in I Treni. Edizioni Etr, 2002.
  • Coletti. Il passaggio delle ferrovie dall'amministrazione privata all'amministrazione pubblica nel 1905 in La tecnica professionale. Roma , CIFI, 1972.
  • Nico Molino; Pautasso Sergio. Le automotrici della prima generazione. Torino , ElleDi, 1983. ISBN 88-7649-016-7
  • Gianfranco Tiberi. Gli investimenti ferroviari:150 anni di altalena in La tecnica professionale. Roma , CIFI, 1989.
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